Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 15 luglio 2002
Torna il medico della mutua, speriamo bene
Nella classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità, il sistema italiano è considerato il secondo del mondo dopo quello francese
• Torna il medico della mutua, speriamo bene
Nella classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità, il sistema italiano è considerato il secondo del mondo dopo quello francese. In rapporto al Pil, la nostra spesa sanitaria è inferiore alla media europea.
• Senza interventi il rapporto spesa sanitaria/pil italiano salirebbe dal 6 per cento del 2001 al 7,9 del 2050. Buona parte di questa crescita deriverebbe dall’invecchiamento dei figli del baby-boom che finiranno per pesare sui costi sanitari intorno al 2035.
• Il servizio sanitario attuale «è soddisfacente e copre tutti i cittadini». Girolamo Sirchia, ministro della Salute: «Ci sarà qualche sbavatura ma funziona. Invece gli anziani non hanno i servizi che dovrebbero avere [...] Mancano 10 miliardi di euro che servirebbero per gestire l’assistenza a questi soggetti che ne hanno diritto come gli altri. I soldi non ci sono: che dobbiamo fare, aumentare le tasse? [...] La colpa non è di nessuno, ovvero è dell’andamento della demografia. Tutto il nostro sistema è orientato a curare i malati acuti, poi la medicina è migliorata, l’età si è allungata e si è posto il problema della cronicità e dunque di assistere, soprattutto a domicilio, gli anziani che non sono autosufficienti e hanno bisogno di cure, infermieri, assistenza».
• Gli over 65 italiani sono quasi 4 milioni, nel 2030 saranno 7 milioni e 200 mila, oltre il 13 per cento della popolazione. Le situazioni che impediscono di essere pienamente autonomi sono concentrate oltre i 75 anni di età. Rischiano soprattutto gli uomini, che più spesso delle donne hanno difficoltà a lavarsi, vestirsi, fare il bagno, mangiare. Altro problema: le famiglie assistono sempre meno i loro anziani (l’aumento del tasso di lavoro femminile ha fatto sparire la figura della donna che cura il parente in difficoltà). In Italia ci sono 2 milioni e 615 mila disabili, la loro assistenza costa 15 miliardi di euro l’anno: per evitare il dissesto della sanità pubblica, serve una soluzione. Sirchia l’ha trovata nel modello tedesco.
• In Germania, dal 1994, è stato istituito un nuovo ramo delle assicurazioni sociali contro il rischio di non autosufficienza. Lo Stato non esercita la gestione diretta della sanità, ma svolge una funzione di controllo e crea la cornice entro la quale si realizza la collaborazione tra le Casse mutue, i professionisti del settore sanitario e gli ospedali. I contributi sono ripartiti a metà tra datori di lavoro e dipendenti. Ogni mutua è tenuta a garantire agli assicurati definite prestazioni, che vengono stabilite a livello federale, indipendenti dal reddito e dai contributi versati. Tutti i lavoratori dipendenti il cui reddito non supera un tetto prestabilito sono iscritti d’obbligo. Chi lo supera può scegliere tra la mutua e un’assicurazione privata.
• Torna il medico della mutua, abolito con la riforma del 1978. Il governo, spiega il Dpef 2003-2006 presentato mercoledì in Parlamento, punta a rafforzare il sistema delle prestazioni socio-assistenziali «arricchendolo con l’introduzione, in via sperimentale, di strumenti assimilabili alle mutue che, nella storia del nostro paese, hanno prodotto effetti straordinari di efficienza e sicurezza». L’iscrizione alle mutue professionali sarà, per il momento, volontaria. Le associazioni verranno gestite dalle Regioni, assieme ai sindacati e alle categorie professionali. I costi verranno ripartiti tra gli iscritti che continueranno a pagare anche i contributi al Servizio sanitario nazionale. Dovrebbero essere esentate dalle quote le fasce deboli. I premi assicurativi potranno essere detratti dall’imponibile fiscale degli associati. La massa finanziaria che deriva dalle contribuzioni dovrebbe servire all’assistenza degli anziani non autosufficienti, dei malati cronici, disabili, lungodegenti.
• Le categorie professionali più ricche hanno già a disposizione forme di assistenza integrativa privata che assicurano standard più elevati di quelli offerti dal Sistema sanitario nazionale. Cosa faranno queste categorie? « difficile pensare che accetteranno un regime diverso, dove saranno le Regioni a stabilire i livelli di assistenza adeguati. A meno che, come accade in Germania, la mutua professionale non diventi obbligatoria» (Mario Reggio).
• Oltre 2 milioni di cittadini fanno riferimento a fondi integrativi sanitari gestiti da categorie (dirigenti, giornalisti ecc.) o da aziende (Telecom, Fiat, Enel, Banca d’Italia, Eni, Atm). Altri 450 mila integrano le prestazioni del Ssn associandosi a una cassa di mutuo soccorso in cui non esistono discriminanti legate a categorie o aziende. Due milioni si affidano alle compagnie d’assicurazione. Marta Nicolini, presidente della Federazione italiana mutualità integrativa volontaria: «è stato detto che le casse offriranno servizi per gli anziani e i malati cronici. Bene: se a pagare i contributi saranno solo queste categorie, inevitabilmente bisognerà fare i conti con premi alti. Di conseguenza viene a cadere lo spirito di mutua assistenza. Inoltre, questo genere di prestazioni dovrebbe essere affidato a enti non profit». Giovanni Marchiani, responsabile del Coordinamento dei fondi integrativi sanitari: «O si rende il contributo obbligatorio per tutti o le quote di adesione rischiano di essere elevate. La proposta è apprezzabile. Ma è necessario mantenere un principio di solidarietà».
• Con le mutue non ci sarà più un sistema universalistico e solidale? Rosi Bindi: «Si introduce il principio che ognuno potrà usufruire di forme di assistenza sanitaria in base ai premi assicurativi pagati durante la vita lavorativa. Così salta il principio di solidarietà tra i soggetti e viene a mancare l’altro punto fermo della sanità pubblica, vale a dire l’universalità delle prestazioni, a prescindere dai livelli di reddito [...] Il governo l’ha detto chiaramente. Intende destinare sempre meno fondi alla sanità pubblica e passare gradualmente alla gestione della salute da parte delle assicurazioni private. Vogliono arrivare ad un sistema misto che reintroduce la variabile del reddito personale che determina l’assistenza proprio nella fase più debole della vita, cioè di chi supera i 65 anni [...] Per molti anziani sarà più complicato accedere ai servizi sanitari, fare le analisi di laboratorio, le visite specialistiche. Ma il prezzo lo pagheranno tutti, anche i ceti medi che oggi risparmiano con il Servizio sanitario, perché domani l’assistenza si baserà sulla polizza che hanno contratto e i premi che hanno pagato [...] Così si rompe il vincolo di solidarietà, si abbassano le entrate fiscali, diminuiscono i fondi per la sanità pubblica, aumentano i premi assicurativi. Un meccanismo infernale che porterà all’impoverimento complessivo della gente e non solo degli immigrati clandestini, dei lavoratori precari, delle famiglie monoreddito. [...] Noi proponiamo di rafforzare il Sistema sanitario nazionale con una quota di finanziamento adeguato che oggi non c’è. Noi proponiamo che la quota arrivi al 7 per cento del prodotto interno lordo dal 5,7 di oggi. Proponiamo l’istituzione di un fondo che si formi attraverso la fiscalità generale per coprire i costi dei servizi sociali domiciliari e residenziali, integrati con i servizi sanitari, per tutti coloro che sono in una situazione di non autosufficienza e che abbiano superato i 65 anni di età».
• Anche medici di famiglia e consumatori sono contro il ritorno alle mutue. Per i primi, associati nella Fimmg, «con le mutue sostitutive si ucciderà il servizio pubblico». Il segretario Mario Falconi: «La misura è folle anche dal punto di vista economico perché i ricchi già ricorrono alla sanità privata». Il Movimento Consumatori: «Questo è il primo passo per lo smantellamento di un servizio che, pur con le sue pecche, garantisce un livello di assistenza universale e capillare su tutto il territorio nazionale». A favore la Confartigianato, convinta che l’iniziativa sia «sacrosanta» per garantire alle categorie l’alternativa ad «un servizio pubblico che non risponde alle aspettative».
• Le mutue più ricche daranno servizi migliori? Da un’intervista di ”la Repubblica” a Sirchia: «’Sarà lo Stato a determinare gli standard minimi di assistenza e controllare se saranno attuati. Inoltre se una mutua dovesse fallire ci sarà l’intervento dello Stato, nessuno scapperà con il malloppo”. La mutua più ricca potrà comunque garantire servizi di qualità maggiore? ”Questo è ovvio se ci sono più soldi... Ma gli standard minimi saranno uguali per tutti”. Se tutto funzionerà che servizi si potranno aspettare gli anziani dalle mutue? ”Cure domiciliari, pulizie della persona, medicinali, fisioterapia. Tutto quello di cui ha bisogno un anziano malato e non autosufficiente. Per farlo restare in famiglia, perché quando esce è già l’anticamera della fine”. Mettiamo che le nuove mutue scattino da domani mattina: i giovani cominceranno a pagare l’assicurazione in busta-paga e i vecchi? Restano senza assistenza? ”No, perché si tratterà di un sistema solidaristico, appunto una mutua, i giovani cominceranno a pagare e con quelle risorse si assisteranno gli anziani”. Le assicurazioni private faranno parte del progetto? ”Certo, con le adeguate garanzie, le assicurazioni dovranno fornire il supporto tecnico, insieme con Regioni, sindacati e categorie che gestiranno i nuovi soggetti”. Quando cominceranno ad operare le nuove mutue? ”Io spero di far inserire una norma in Finanziaria e di cominciare almeno la sperimentazione nel 2003. Sarebbe già un successo. Intanto si sta per insediare una commissione con il ministro del Welfare Maroni”. Chi saranno i primi a partire, ha avuto già contatti? ”I commercianti hanno mostrato interesse; alcune Regioni potrebbero avviare le mutue in via sperimentale”. Quali? ”è presto per dirlo, ma presto si saprà”».
• Per risparmiare si crea un nutrito numero di casse mutue «le quali dovranno dotarsi di strutture, apparati, dipendenti, insomma di un’organizzazione atta a garantire lo svolgimento delle proprie funzioni. Facciamo pure il volo pindarico di immaginare che queste nuove entità non ripetano l’amara esperienza dei carrozzoni di un tempo, ma si attengano a una gestione di efficienza privatistica. Ciò significa che il costo di funzionamento di queste strutture si porterà via, comunque, un buon 20/25 per cento delle risorse disponibili. Certo, il bilancio dello Stato e delle Regioni potrà anche risultare alleggerito di alcuni oneri, ma la spesa sanitaria globale del paese rischierà di crescere ulteriormente: e non per migliorare i servizi forniti alla cittadinanza, ma per pagare più stipendi agli impiegati delle nuove mutue. Aspetto quest’ultimo tutt’altro che negativo in un’ottica di lotta alla disoccupazione, ma specularmente pernicioso dal punto di vista dei pazienti anziani, che vedranno ridotta in proporzione la quantità di denaro disponibile per l’assistenza e per le terapie di cui hanno bisogno» (Massimo Riva).
• Il modello Thatcher. «La lezione alla quale guardano i nostri attuali governanti - anche se, mettendoli per iscritto, i programmi elettorali dicono semmai l’opposto - è quella di Margaret Thatcher. Ovvero di un’Inghilterra che, prima della lady di ferro, aveva il miglior servizio sanitario del mondo civile, e oggi ne ha uno dei peggiori a dispetto dei maggiori spazi offerti alla sanità privata» (Massimo Riva). Il National health service assorbe il 6 per cento del prodotto interno lordo britannico (69 miliardi di sterline nel 2000). Tra i maggiori problemi i tempi di attesa: il 4 per cento dei pazienti aspetta fra i 12 e i 17 mesi per un intervento di chirurgia generale; il 6,6 per cento fra i 12 e i 17 mesi per uno di ortopedia; il 30 per cento fra i 6 e gli 11 mesi per un intervento di cardiochirurgia, il 2 per cento arriva a 17 mesi; il 4,9 per cento dei pazienti aspetta fra i 12 e i 17 mesi per un intervento di neurochirurgia. Per risolvere il problema, i malati vengono spediti all’estero (Italia compresa), dove vengono operati a spese dello Stato (500 milioni di sterline l’anno). Lorenzo Orta, presidente dell’associazione che riunisce le case di cura private dell’Emilia Romagna: «Hanno sbagliato i conti e sono stati troppo ossequianti ai diktat del budget».
• I francesi si sentono generalmente poco bene (la mortalità prima dei sessant’anni è la più elevata d’Europa). «Il nuovo governo di destra ha deciso di puntare sugli ospedali pubblici: subito settecento milioni di euro in più; di qui al 2007 un piano di investimenti per altri sei miliardi di euro. Per quanto la Francia abbia enormi problemi di deficit pubblico, ”la salute non ha prezzo”, ha dichiarato il ministro Jean-François Mattei in un’intervista a ”le Monde”. [...] La sicurezza sociale registra un deficit di 2,4 miliardi di euro; l’’assurance maladie” un buco di 5,6 miliardi. Colpa della sinistra che ha governato per cinque anni e non ha saputo capitalizzare un lungo periodo di crescita e di benessere, ma colpa anche della destra che nel ’95 con il governo Juppé lanciò un piano di contenimento delle spese che è stato uno ”smacco” totale. E fin qui la situazione è paragonabile a quella di molti paesi europei. Ma la soluzione proposta da Mattei e dal governo di Jean-Pierre Raffarin non è quella che ci si potrebbe aspettare secondo lo schema convenzionale destra-privato/sinistra-statale, è piuttosto una soluzione alla ”francese” con la difesa del servizio pubblico elevato a religione repubblicana» (Cesare Martinetti).
• La soluzione Mattei affronta il problema della spesa pubblica sanitaria in modo opposto a quello del centro destra italiano: «No alle privatizzazioni, ma investimento su quel che c’è che è il ”bene comune di tutti”. Il livello di spesa, dice Mattei, non deve più essere calcolato unicamente con criteri di bilancio, ma con criteri sanitari. E la crescita delle spese in sanità è ”ineluttabile” perché la popolazione invecchia e aumenta il costo delle nuove tecnologie mediche e la ricerca del benessere. Questo significa che la spesa sanitaria è destinata ad aumentare all’infinito? Falliti tutti i tentativi di tagliarla e scartata l’ipotesi di disinvestire sul servizio pubblico, Mattei dice che l’ultimo tentativo va fatto contando sulla fiducia nei medici che, per esempio, un mese fa hanno firmato un accordo per aumentare gli onorari impegnandosi a diminuire le spese sui farmaci. E anche nella prevenzione medica e sociale: in Francia ogni giorno muoiono 50 persone a causa del tabacco, trenta per incidenti domestici, venticinque sulle strade, trenta per suicidio. Ogni settimana undici per Aids. Migliorando la vita della gente, effettivamente, si risparmierebbe parecchio" (Cesare Martinetti).