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 2002  luglio 01 Lunedì calendario

WorldCom, la ”bomba” finanziaria esplosa mercoledì sui mercati: falsi contabili per la cifra record di 3,8 miliardi di dollari, spese ordinarie contabilizzate come investimenti per truccare i bilanci

• WorldCom, la ”bomba” finanziaria esplosa mercoledì sui mercati: falsi contabili per la cifra record di 3,8 miliardi di dollari, spese ordinarie contabilizzate come investimenti per truccare i bilanci. Senza questi trasferimenti illegali, la società avrebbe chiuso in rosso gli ultimi cinque trimestri: i dati ufficiali indicano invece un utile netto di 1,4 miliardi di dollari nel 2001 e di 130 milioni di dollari nel primo trimestre del 2002. La seconda società Usa delle telecomunicazioni (dopo At&t) rischia la bancarotta, trascinando nel crack migliaia di investitori. Il titolo al Nasdaq mercoledì è stato sospeso dopo il crollo in preapertura dell’88 per cento a 10 centesimi di dollaro (64,5 dollari i massimi del giugno ’99).
• Un topolino salito sulla groppa di un elefante. Bernie Ebbers, il ”telecom cowboy”, in 17 anni ha trasformato una piccola società di telecomunicazioni del Mississippi nel secondo gruppo Usa di telefonia fissa e in uno dei maggiori provider Internet negli Usa (35,1 miliardi di dollari di fatturato, 85.000 dipendenti). Canadese di origini sudafricane, cresciuto nel New Mexico, aveva saputo sfruttare la sentenza Antitrust che nel 1984 spezzava il monopolio della At&t «per inventarsi un mestiere nella telefonia, di cui non sapeva un granché. Ma aveva un gran fiuto e una notevole dose di spregiudicatezza» (Giuliana Ferraino). «Il colpo grosso lo fece nel 1997 quando, approfittando della nuova legge sulle telecomunicazioni che aveva liberalizzato il mercato, soffiò la Mci alla compagnia britannica Bt Group per 30 miliardi di dollari. Era come un topolino che saliva sulla groppa di un elefante, perché Mci era un colosso in lotta con la At&t per il controllo del mercato telefonico negli Stati Uniti».
• Negli anni Novanta WorldCom assorbì oltre 60 società, la maggior parte delle quali venne pagata con azioni, che all’epoca sembravano non poter che salire visto che «da un lato era al centro del sistema finanziario Usa, con tutte le straordinarie sollecitazioni della borsa normale e di quella dei derivati; e al tempo stesso viveva - e anzi la guidava – nell’economia reale dell’internet e della comunicazione per voce, per dati, per immagini. Le frequenti acquisizioni la tenevano sempre sotto i riflettori di Wall Street; e gli analisti erano costretti a manifestare la massima fiducia sui suoi titoli, dal momento che nessuno voleva rischiare di non aver consigliato WorldCom ai clienti maggiori. La necessità di crescere continuamente, per tenere alto il valore di borsa, nella soddisfazione di analisti e gerenti dei fondi pensione, spingeva a sempre nuovi acquisti. WorldCom valeva allora in borsa 150 miliardi di dollari, ciò che ne faceva una società della classe di Aol Time Warner, o Cisco, o Verizon o Viacom. [...] Quando scoppiò la bolla speculativa, scese all’87° posto nella classifica stilata dal ”Financial Times” tra le società mondiali di maggior valore borsistico nel 2001 e precipitò al 215° nella classifica del 2002. [...] Solo quest’anno l’azione ha perduto il 97 per cento del suo valore. A questo punto le banche si sono dileguate» (Guglielmo Ragozzino).
• WorldCom possiede beni per circa 100 miliardi di dollari, il doppio della Enron. Il suo fallimento diventerebbe il più grande nella storia degli Stati Uniti. «Oltre il trenta per cento di tutte le telefonate fatte ogni giorno in America passa attraverso le sue strutture. Persino il Pentagono ha le mani nei capelli, perché la compagnia di Clinton, nel Missouri, gestisce una parte consistente del suo network e diverse apparecchiature di massima sicurezza. Ancora un po’, e chiamando Washington, i soldati dell’Afghanistan rischieranno di trovare occupato» (Paolo Mastrolilli).
• Il titolo WorldCom era uno dei più diffusi tra gli investitori americani. «Il Fondo pensioni dello stato di New York, uno dei più ricchi e prudenti del paese, ha già perso 300 milioni di dollari a causa dei soldi pompati in questa frode» (Paolo Mastrolilli).
• WorldCom si è autodenunciata «prima di essere colta con le mani nel sacco». « stato il suo stesso amministratore delegato a comunicare agli azionisti e alla Sec, la Consob americana, di aver scoperto l’enorme ammanco durante una revisione dei conti interna. E, a propostito di contabili, forse non sorprenderà nessuno sapere che il revisore di WorldCom fino a un mese fa era Andersen, la stessa che ha firmato i bilanci di Enron [...] La solerzia nell’aprire i bilanci al pubblico ha un motivo preciso: l’azienda era stata messa sotto inchiesta dalla Sec, insospettita da alcune operazioni di ”contabilità creativa”» (Elena Molinari).
• La falsificazione contabile è stata denunciata dai revisori della Kpmg LLP, ingaggiati a maggio per sostituire la Andersen. La prima conseguenza è stato il licenziamento in tronco di Scott Sullivan, 40 anni, fin dal 1994 responsabile della finanza, uomo di fiducia di Ebbers. Un comunicato WorldCom ne fa il ”grande colpevole”. «L’azione di John Sidgmore, l’uomo che è ora a capo della società, ha rispettato in pieno tutte le tre fasi che il copione in queste circostanze prevede. Prima fase, detta della verginella: afferma di essere ”choccato” dalla scoperta fatta; seconda fase (della facciata): ha assicurato ”i nostri clienti e i nostri impiegati” che ”la compagnia rimane vitale ed è impegnata in un futuro di lungo termine”; terza fase (del rigore): ha annunciato il licenziamento di 17.000 dei suoi 85.000 dipendenti. La speranza è di evitare la bancarotta e di schivare le conseguenze legali» (Franco Pantarelli).
• settembre, Bin Laden, le Torri Gemelle... ”WorldCom Trade Center” (Vauro). «Con WorldCom, oggi, ed Enron, mesi fa, è come se fossero crollate due torri finanziarie gemelle, trascinando con sé non tanto vite umane (per quanto la messa in libertà di diciassettemila dipendenti del colosso delle telecomunicazioni non sia uno scherzo), quanto la fiducia degli investitori, grandi e piccoli» (Luigi Geninazzi). «La vera vendetta di Osama Bin Laden è questa: smascherare sotto le rovine del World Trade Center il marciume del capitalismo americano, mettere a nudo la corruzione della finanza Usa» (un operatore di Wall Street). «Qualcuno mi deve spiegare come mai il giorno dopo l’11 settembre Bush ha messo in moto un’enorme macchina militare per battere il terrorismo in tutto il mondo mentre dopo lo scandalo Enron che ha azzoppato le Borse mondiali si sta limitando alle prediche domenicali» (l’economista Giacomo Vaciago).
• Alla fine degli anni Novanta abbiamo vissuto dentro un’enorme bolla speculativa. «L’andamento della Borsa andava contro la logica e contro la storia, ma ci siamo voluti convincere che le aspettative irrealistiche generate avessero una base autentica. I soldi facili hanno fatto perdere la testa ai leader delle grandi compagnie, che hanno cominciato pratiche contabili discutibili o illegali, spinti anche dal nuovo sistema di compensazioni legato ai titoli e ai loro risultati. La maggior parte dei risparmiatori non poteva conoscere gli imbrogli che stavano avvenendo, ma sapeva che la bolla esisteva. Sono diventati ricchi in fretta quando la speculazione è decollata, con prezzi a livelli assurdi per tutto, dalle azioni di Internet ai beni delle aziende tradizionali. Hanno pensato che questa tendenza potesse continuare all’infinito, e chi ha continuato a giocare d’azzardo troppo a lungo è rimasto bruciato [...] Chi era davvero povero, o comunque non benestante, non ha giocato i suoi soldi in Borsa. Inoltre la maggior parte dei risparmiatori ha perso ricchezza che esisteva solo sulla carta, e molti sono ancora in positivo rispetto a quando avevano cominciato. Quindi gli effetti sociali di questa crisi, per quanto triste, non dovrebbero essere catastrofici» (Jeffrey Sachs, professore di Harvard). «Con la ”bolla” della new economy molti risparmiatori, attirati dal miraggio della ricchezza facile, si sono trovati usati e gettati via, come certe ragazze acerbe che credono di aver trovato la scorciatoia per la bella vita. Come loro, oggi se la prendono col mondo» (Salvatore Bragantini).
• Che fossero necessari migliori controlli era evidente da tempo. «Fra il ’93 e il ’94 ho lavorato a lungo a un progetto di riforma degli standard di contabilità delle aziende americane. Che il sistema fosse a rischio, e che i controlli fossero inadeguati, era evidente fin da allora. Ma tutti preferivano guardare da un’altra parte. Anzi, sia gli gnomi di Wall Street, sia il Tesoro Usa, sia soprattutto la Silicon Valley, tutti fecero pressioni per impedire qualsiasi riforma. La Borsa correva, tutti guadagnavano ed erano felici che le cose andassero avanti così» (Joseph Stiglitz, Nobel per l’economia 2001).
• L’abbandono della celebre legge Glass-Steagall che ingabbiava le banche americane. «Era stata adottata dopo il grande crack del 1929 per separare il mestiere della banca commerciale (che raccoglie depositi e fa prestiti) da quello della banca d’investimento che acquista partecipazioni nelle aziende [...] Oggi le grandi banche d’affari americane fanno prestiti alle aziende di cui sottoscrivono (e collocano al pubblico) le azioni. Le società di revisione sopravvivono grazie a consulenze che le rendono obiettivamente complici del management aziendale. In queste condizioni la ”mano invisibile” del mercato ha cessato di funzionare ed è stata mozzata» (Guido Rossi).
• Siamo di fronte al fallimento del mercato? «Sì se si pensa che il mercato possa a tutto provvedere, no se si crede, invece, che al mercato spetti perseguire il suo scopo di profitto nell’ambito delle norme esistenti, e sia la regolamentazione a doversi far carico delle esigenze del pubblico interesse. Se il mercato pensa di poter fare da solo, si sbaglia, e paga pegno. Come accade ormai da mesi, triste ma salutare. Sia chiaro, anche una buona regolamentazione e un mercato ben funzionante non eviteranno mai frodi e scandali. La vicenda WorldCom fa però svanire un mito degli ultraliberisti, la peer pressure, cioè l’azione di coloro che, facendo lo stesso tuo mestiere, sarebbero danneggiati da un tuo comportamento scorretto, e quindi ti impediranno di sbagliare» (Salvatore Bragantini).
• La vertigine del far denaro attraverso il denaro. «Sarò retrò, ma voglio riprendere due citazioni di Marx, tratte dalla introduzione di Giulio Pietranera (ma chi lo ricorda?) al Capitale finanziario di Hilferding. 1) ”Il Capitale industriale è l’unico modo di essere del capitale in cui la sua funzione non sia soltanto l’appropriazione di plusvalore, rispettivamente di plusprodotto, ma contemporaneamente la sua creazione”. 2) ”Il processo di produzione appare soltanto come un termine medio inevitabile, come un male necessario per far denaro. Ma tutte le Nazioni a produzione capitalistica vengono colte periodicamente da una vertigine nella quale vogliono far denaro senza la mediazione del processo di produzione”. Noi viviamo questa fase: l’abbandono del principio di realtà e la vertigine del far denaro attraverso il denaro senza la mediazione del prodotto materiale, della merce. In questa fase i manager diventano i padroni dei proprietari (gli azionisti anonimi) e vogliono far denaro con il denaro che gestiscono senza produrre alcunché [...] questa la fase dell’apoteosi delle stock option, il manager imbroglia per far salire il titolo (che può anche vendere) e guadagna miliardi. Non conta il risultato materiale, il volgare fatturato, ma la capitalizzazione dell’impresa, la sua quotazione in borsa. Di conseguenza i migliori investimenti sono quelli nella corruzione delle società di certificazione e anche nel mondo del potere politico: soprattutto contributi alle campagne elettorali. Un tempo - dice Krugman (e riprendo la citazione da un articolo di Luca Paolazzi su ”Il Sole-24 Ore”) - avevano una retribuzione 40 volte superiore alla media, ora l’hanno di 500 volte superiore» (Valentino Parlato).
•  stata la tentazione delle ”stock options” a fare l’uomo ladro? «Io continuo a credere che pagare i manager con le azioni della propria compagnia sia una pratica positiva, perché dà incentivi ad operare bene che non potrebbero mai venire da uno stipendio fisso. Le stock options, però, hanno dimostrato anche di essere uno stimolo a comportamenti discutibili o illegali da parte dei dirigenti, per gonfiare artificialmente il valore dei titoli e quindi i loro compensi. Esiste una via di mezzo, per conservare i vantaggi della pratica ed evitare i rischi. Le aziende devono contabilizzare con chiarezza queste offerte di azioni e indicare nei bilanci il loro valore presunto, in modo da limitare lo spazio per manovre illegali e allontanare la tentazione» (Gary Stanley Becker).
• Perché in Italia e in Europa non si assiste a un fenomeno analogo? «I casi patologici non sono evitabili in alcun paese al mondo perché, come diceva De Filippo, ”o’ mariuolo è mariuolo” - e le imperfezioni di alcuni sistemi contabili come quello americano che vogliono essere prescrittivi fino in fondo, non offrono principi, e quindi lasciano spazi di facile elusione» (Luigi Spaventa). «In realtà scandali simili sono già capitati in Europa, ad esempio con Deutsche Telekom. Fino a ieri si diceva il contrario: le pratiche contabili americane, con l’obbligo di presentare i risultati ogni tre mesi, erano giudicate molto più trasparenti e severe di quelle europee. Forse chi le critica ora ha solo l’interesse ad evitare riforme gravose» (Gary Stanley Becker). «Una delle differenze è questa: noi qui siamo alluvionati da una legislazione che, abolendo di fatto i reati societari, tende a non fare neppure emergere certe situazioni. Inoltre in Italia e in Europa c’è la tradizione di coprire e proteggere le grandi aziende in difficoltà, naturalmente a spese dei contribuenti, anziché far esplodere il bubbone come accade negli Stati Uniti. [...] Da noi lo Stato è immerso fino al collo nelle contraddizioni e nelle debolezze del capitalismo privato, lo protegge, congela i problemi e rinvia le soluzioni. [...] Se la General Motors fosse nella stessa situazione della Fiat, probabilmente sarebbe già ricorsa al Chapter 11, la liquidazione fallimentare. Ma anche la Volkswagen ha sempre avuto un trattamento di favore da parte della Germania. Ecco perché gli scandali scoppiano negli Stati Uniti» (Guido Rossi).