Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 22 gennaio 2005
Gianfranco Josti
• Investimenti. La prima volta che Pantani fu investito da una macchina, i genitori lo tenevano ancora per mano. Sottraendosi alla loro stretta per precipitarsi incontro a nonno Sotero, quella volta Marco attraversò la strada proprio mentre passava una macchina e fu messo sotto. Se la cavò con una lussazione alla spalla.
• Pagelle. Ritenendolo un bambino difficile la maestra Neri avrebbe voluto un’insegnante di sostegno tutta per Marco Pantani. Dalla pagella della seconda elementare: "Situazione di partenza incerta, nonostante l’intelligenza vivace alla quale si contrappone un temperamento nervoso e irrequieto. Troppo vivace, molto aggressivo, irrimediabilmente negligente e disordinato. Nella vita coi compagni vuole essere sempre all’avanguardia e non ammette la sconfitta".
• Stimoli. "Per trovare stimoli, talvolta è indispensabile sopravvalutarsi" (Marco Pantani).
• Incubi. Tonina, la madre di Pantani, costretta a lungo in ospedale da una depressione quando il figlio era ancora piccolo, di notte sognava sempre la morte di Marco, annegato in uno di quei mastelli che si usavano per lavare la biancheria.
• Manutenzione. La prima bicicletta, una Vicini Tour de France color rosso sangue, regalo per il tredicesimo compleanno di nonno Sotero. Marco ci teneva talmente tanto da pulirla alla fine di ogni uscita, e se si sporcava di fango, se la caricava in spalla fin dentro casa per lavarla nella vasca da bagno.
• Tatuaggi. A diciott’anni Pantani si fece tatuare un diavoletto sul deltoide dell’avambraccio destro e una farfalla su quello sinistro. Per dedicarsi esclusivamente alla bicicletta aspettò di compiere diciannove anni.
• Curve. Il primo Giro d’Italia, da dilettante, nel 1990. Una curva presa male, forse a causa della bici speciale a ruote lenticolari, e Pantani si lussò una spalla. L’allenatore Roncucci voleva che si ritirasse e chiamò il padre Paolo, perché lo venisse a prendere, ma Marco convinse entrambi a lasciarlo proseguire. Arrivò fino alla fine, classificandosi terzo, senza fare forza sul braccio, ma usando solo la mano per frenare.
• Camper. Quando poteva Paolo Pantani seguiva il figlio in camper durante le gare a tappe. Nel 1995 stazionò davanti al CTO di Torino durante tutta le degenza di Marco, in seguito all’incidente in cui incappò nella Milano-Torino, scendendo da Superga (in una curva secca a sinistra si era trovato davanti all’improvviso un’autoambulanza, il tutto per errore dei vigili urbani, che avevano riaperto il traffico troppo presto).
• Scatti. "Quando scatto, cerco di distruggere psicologicamente i miei avversari, che non sanno mai fin dove posso arrivare. Sicuramente è faticosa la responsabilità di accendere sempre la corsa, così come è sempre pesante affrontare una salita, sapendo la fatica che ti aspetta" (Marco Pantani in conferenza stampa, durante il Tour de France del 1998, vinto di seguito al Giro d’Italia dello stesso anno, ripetendo la doppietta di Fausto Coppi).
• Sanremo. Uno dei sogni di Marco Pantani, partecipare al festival di Sanremo. Per l’edizione del 1999 aveva scritto col compositore Marcello Pieri la canzone In punta dei piedi e quasi quasi avrebbe partecipato se non fosse stato che la rassegna coincideva con l’inizio della stagione sportiva.
• Batoste. "Ripartire dopo una batosta come questa... L’ho fatto dopo grossi incidenti, mi sono sempre rialzato, ma questa volta non mi rialzo più. Ora vorrei solo un po’ di rispetto. Penso ai miei tifosi, mi dispiace per loro e per il ciclismo" (Marco Pantani, a Madonna di Campiglio nel 1999, dopo la squalifica dovuta all’ematocrito troppo alto).
• Superiorità. "Io dico che quel giorno Marco poteva correre in mountain bike o con le scarpe da ginnastica, perché era talmente forte, talmente superiore, che nessuno poteva batterlo" (Beppe Martinelli, direttore sportivo della Mercatone Uno, la squadra di Pantani, subito dopo la squalifica di Madonna di Campiglio).
• Cocaina. "Ma guarda che devo fare, anche andare dallo psicologo, io che li ho sempre odiati. Ma stai tranquilla, quello lì lo faccio diventar matto io, vedrai che dopo dieci minuti che parla con me va lui a farsi curare" (Marco Pantani, convinto dalla sua manager Manuela Ronchi a rivolgersi a uno psicologo per smettere di drogarsi).
• Autoritratti. L’autoritratto di Marco Pantani: in sella a una bicicletta con la ruota anteriore molto grande e quella posteriore molto piccola, con le ali, un coltello conficcato nel cuore, e un cappio al collo da cui pende un masso pesante (lo schizzo risale a dopo i fatti di Madonna di Campiglio).
• Passaporto. "Torrida tristezza" (tra le parole vergate da Pantani sul suo passaporto durante l’ultimo viaggio ai Caraibi, prima di morire, il 14 febbraio 2004, a Rimini).