Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 28 gennaio 2006
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• Indifferenza. "No, non odiavo mia madre, mia madre era bellissima, non era un mostro. L’ho uccisa perché mi era indifferente" (Erika De Nardo, che a sedici anni, nel 2001, uccise la madre Susy e il fratello Gianluca, a Novi Ligure, con la complicità del fidanzatino Omar).
• Angeli. Proprio pochi giorni prima di morire Gianluca, dodicenne, aveva dedicato un tema in classe alla sorella Erika: «Le voglio tanto bene. di carnagione chiara, ha il viso liscio con un piccolo e sottile naso... gli occhi neri molto brillanti; la bocca piccola è rossa come una rosa, e i capelli neri... La voce è molto dolce, solo quando urla diventa un po’ roca... ha un carattere umile, calmo ed educato come quello di un angelo».
• Voti. "L’unica cosa strana era un due che aveva preso a scuola e che non voleva raccontare" (Francesco De Nardo, padre di Erika).
• Cuscini. Sulla bara di Susy e Gianluca anche un cuscino di rose bianche con su scritto in oro il nome di Erika (l’addetto alle pompe funebri spiegò ai giornali che il cuscino era già stato preparato prima che si scoprisse la responsabilità di Erika).
• Disturbi. I periti psichiatrici rilevarono disturbo narcisistico di personalità per Erika, disturbo dipendente di personalità per Omar, assenza di personalità paterna di riferimento per entrambi, ma dichiararono i due imputati capaci di intendere e di volere.
• Male. Il caso di Novi Ligure non è stato classificato come forma di ”devianza” (tipica dei delitti spiegabili in considerazione della esperienza di vita del colpevole o delle circostanze in cui sono stati commessi). Non essendo stata trovata nessuna spiegazione sociologica, la sua dimensione teorica è il male.
• Diavolo. Colui che getta qualcosa attraverso il cammino, pone ostacoli e impedisce l’attività umana (dal greco diabàllein, ”gettare attraverso”).
• Nazisti. Adolf Eichmann, esecutore della ”soluzione finale” progettata da Hitler, catturato nel 1960 dai servizi segreti israeliani e giudicato e condannato a Gerusalemme un anno dopo, fu giudicato dai periti psichiatrici "non solo normale", ma alla luce dei rapporti che aveva con famiglia e amici, fu anzi indicato come esempio di "psicologia ideale".
• Banalità. Hannah Arendt, inviata come corrispondente di ”The New Yorker” al processo a Eichmann, fu impressionata dalla mediocrità del personaggio che durante le udienze si esprimeva solo con clichés e frasi retoriche, e per descrivere la sua enigmaticità, coniò l’espressione ”banalità del male”, per dire che si trattava di una persona incapace di pensare (thoughtlessness), cioè di vedere le cose dal punto di vista degli altri: "Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di pensiero possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell’uomo".
• Coerenza. Possibilità di ricondurre le vicissitudini della propria esistenza all’unità di narrazione, superando senso di frammentarietà e indeterminatezza. Implica anche capacità di integrare bisogni e aspirazioni, immagini di sé e di altri, ragione e passione.
• Vitalità. Esperienza di forza che deriva dalla congruenza tra il proprio presente, proprio passato e futuro percepito come progetto. gioia perché il presente è colto nella progressione verso ciò che si è deciso di essere.
• Profondità. Conoscenza di sé nel senso di accedere a dinamiche personali anche conflittuali tra loro, ma di incorporarle nel progetto della propria identità.
• Maturità. Capacità di venire a patti col mondo senza compromettere la propria integrità. flessibile, tollera l’ambivalenza emotiva e accetta la propria finitezza senza svalutare ciò a cui si rinuncia.
• Dimensione dialogica. Colloca il sé autentico in un orizzonte intersoggettivo ("la nostra identità ha bisogno del riconoscimento degli altri", Ch. Taylor, Il disagio della modernità), ponendolo nello spazio morale: "Il sé non è una dotazione naturale dell’individuo, così come lo sono i suoi organi, ad esempio il fegato o i polmoni... affinché esista, deve essere invece radicato in qualche luogo, collegato a fonti morali che ne forniscano l’indispensabile contesto e insieme una ”topografia”, la descrizione di uno spazio mediante un linguaggio discriminativo che individua un dentro e un fuori, un sopra e un sotto, un centro e una periferia".
• Follie. "Tutte le vite senza la follia e senza la costante influenza dell’altrui follia vengono ugualmente condannate come scialbe e avare, prive di conoscenza profonda" (M. Nussbaum, La fragilità del bene, 1996).
• Eudaimonia. In greco ”vivere una buona vita”. Secondo Aristotele richiede apertura verso il mondo, carattere e anima cedevoli e ricettivi, mentre è incompatibile con atteggiamento di autodifesa e chiusura. Chi cerca una buona vita non riduce la sua condotta a un insieme di doveri semplice e autosufficiente, ma accoglie complessità e rischio delle imprese umane, è flessibile e resta aperto, cercando sempre un nuovo equilibrio tra ordine e disordine, tra controllo e vulnerabilità.