Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Tra menzogna e ironia
• «Chi, in quella grigia mattina del 16 dicembre 19..., si fosse trovare introdotto furtivamente, e a proprio rischio e pericolo, nella camera in cui si svolge la scena che dà principio alla nostra storia, sarebbe rimasto oltremodo sorpreso nel trovarvi un giovane coi capelli arruffati e le guance livide, che passeggiava nervosamente avanti e indietro; un giovane nel quale nessuno avrebbe riconosciuto il dottor Falcuccio, prima di tutto perché non era il dottor Falcuccio, e, in secondo luogo, perché non aveva alcuna rassomiglianza con il dottor Falcuccio. Osserviamo di passaggio che la sorpresa di chi si fosse introdotto furtivamente nella camera di cui parliamo è del tutto ingiustificata. Quell’uomo era in casa propria e aveva il diritto di passeggiare come e finché gli piacesse». (Campanile)
• «Il comico e l’umorismo sono il modo in cui l’uomo cerca di rendere accettabile l’idea insopportabile della propria morte - o di architettare l’unica vendetta che gli è possibile contro gli dèi che lo vogliono mortale».
• «I bravi nominano don Rodrigo e ”questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in un confuso gli oggetti, e accresce il terrore”. Di fronte a questo potere del nome bisognerebbe dire che, di tutti i flatus vocis di cui non ci possiamo fidare, i nomi propri, per la loro natura indicale, assumono uno statuto particolare che li rende affini ai sintomi, ai segni visivi... Certo il romanziere deve dare fiducia ai nomi propri, per identificare senza ambiguità i propri personaggi. Ora pare che quando abbia bisogno di etichette indispensabili, come per Renzo, Lucia, Agnese, Tonio, o donna Prassede, Manzoni faccia la scelte più neutrali possibili, pescando tra calendario e scritture, giocando al massimo di qualche tipizzazione molto catecresizzata. Per gli indispensabili personaggi storici di sfondo, usa i nomi che la storiografia lo obbliga a usare (Federigo, Ambrogio Spinola, Ferrer), ma per tutto il resto pone la massima attenzione nell’usar quanti meno antroponimi e toponimi egli possa, con il grande spreco di stellette che tutti sappiamo, e antonomasie piatte come ”la signora”, sino ad arrivare a quel capolavoro di reticenza che è l’’innominato”, scritto persino con la lettera minuscola». I nomi propri: segni imbarazzanti, parole non attendibili. Il caso di Azzeccagarbugli, definito in partenza dal proprio soprannome.
• «Nel capitolo XXIII [de I Promessi sposi, ndr.], quando don Rodrigo riceve i primi avvisi della peste, avverte segnali interni inequivocabili, su cui non può ingannarsi, e il Griso capisce subito in quale stato sia il padrone osservandogli il viso. In un universo in cui, come Manzoni ci ha raccontato nelle pagine precedenti, tutta la società ha fatto a gara nell’ignorare o nel non intendere i sintomi del male, e poteva farlo in quanto traduceva le evidenze visive in relazioni e asserti verbali, i sintomi di don Rodrigo non possono che essere interpretati nel modo giusto, perché non possono essere mediati verbalmente. Siamo di fronte all’evidenza naturale di un ”sozzo bubbone di un livido paonazzo”. Ma immediatamente il linguaggio interviene per coprire la realtà. Mente Rodrigo dicendo di star bene, mente il Griso incoraggiandolo, a parole, e professandogli obbedienza quando già si appresta a consegnarlo ai monatti. Rodrigo e il Griso si capiscono a sguardi e si ingannano a parole».
• «Negli errori e massime negli errori di molti, ciò che è più interessante e più utile a osservarsi, mi pare che sia appunto la strada che hanno fatta, l’apparenze, i modi con cui hanno potuto entrar nelle menti, e dominarle» (Manzoni). Eco: «Non mi pare ci sia modo migliore per indicare un processo di formazione dell’opinione pubblica attraverso una distorta interpretazione dei segni, sia per ragioni casuali e istintive, sia per progetto o ”reo disegno”».
• Il conte di Saint-Germain «mostrò a Luigi XV la sorte dei suoi figli in uno specchio magico, e il re indietreggiò inorridito vedendo l’immagine del Delfino senza testa. Saint-Germain e Cagliostro si erano incontrati in Germania, nell’Holstein, e fu - dicono - il primo a iniziare l’altro e a dargli i gradi mistici. All’epoca della sua iniziazione, Cagliostro osservò personalmente il celebre specchio che serviva a evocare le anime» (da Gerard ee Nerval Les Illuminés 1852).
• «Delle leggendarie isole di Salomone, dove si sperava di trovare l’oro del re omonimo, era già andato alla ricerca nel 1528 Alvaro de Saavedra, muovendosi invece tra le Marshall e le isole dell’Ammiragliato; ci arriva nel 1568 Mendaña, le battezza, e dopo di lui nessuno riesce più a ritrovarle, neppure egli stesso, quando riparte alla loro riscoperta con Quiros, quasi trent’anni dopo, e le manca per un pelo, approdando a sud-est, all’isola di Santa Cruz. Da quel momento la storia dell’esplorazione del Pacifico è la storia di gente che scopre sempre la terra che non andava cercando».
• Differenza tra il comico e l’umoristico: «Per Hegel era essenziale al comico che chi ride si senta così al sicuro della sua verità da poter guardare con superiorità alle contraddizioni altrui. Questa sicurezza, che ci fa ridere della disgrazia di un inferiore, è naturalmente diabolica. Pirandello fa l’esempio di una vecchia ormai cadente che si copre di belletti, si veste come una ragazza e si tinge i capelli. Egli dice: ”Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia signora rispettabile dovrebbe essere”. Ecco l’incidente, la rottura delle aspettative normali, il senso di superiorità col quale io (che capisco l’errore altrui) rido. «Ma a questo punto Pirandello ci dice che l’avvertimento del contrario può diventare sentimento del contrario. La riflessione compie qui un nuovo processo; cerca di capire le ragioni per cui la vecchia si maschera, illudendosi di riconquistare la giovinezza perduta: il personaggio non è più distaccato da me, io cerco di entrare dentro di lui. «Facendo questo perdo la mia superiorità, perché penso che anch’io potrei essere come lui. Il mio riso si mescola con la pietà, diventa un sorriso. Sono passato dal comico all’umoristico. Pirandello vede con molta chiarezza che per passare dal comico all’umoristico occorre rinunciare al distacco e alla superiorità (caratteristiche classiche del comico).
• «’Raccontando un giorno che aveva conosciuto Pilato a Gerusalemme, il conte di San Germano descriveva minuziosamente la casa del governatore, e citava i piatti serviti a cena. Il cardinale de Rohan, credendo di ascoltare delle fantasie, si rivolse al cameriere del conte di San Germano, un vecchio dai capelli bianchi e dall’aria onesta. ’Amico mio,” gli disse ”faccio fatica a credere a quel che dice il vostro padrone. Che sia ventriloquo, passi; che faccia dell’oro, d’accordo; ma che abbia duemila anni e abbia veduto Ponzio Pilato è troppo. Voi eravata là?’ ’Oh no, monsignore’, rispose ingenuamente il cameriere ’sono al servizio del conte solo da quattrocento anni’”» (Collin de Placy Dictionnaire infernale).
• «’Ho visto il mondo cambiar faccia; ho potuto vedere, nel corso d’una sola vita, Lutero e Napoleone, Luigi XIV e Bismarck, Leonardo e Beethoven, Michelangiolo e Goethe. Ed è forse per questo che mi son liberato dalla superstizione dei grandi uomini. Ma questi vantaggi son pagati a duro prezzo. Dopo un paio di secoli un tedio incurabile prende possesso degli sciagurati immortali. Il mondo è monotono, gli uomini non imparan nulla e ricascano a ogni generazione negli stessi errori ed orrori, gli avvenimenti non si ripetono ma si somigliano, quel che c’era da sapere s’è avuto il tempo di impararlo: finiscono le novità, le sorprese, le rivelazioni. Posso confessarlo a voi, ora che soltanto il Mar Rosso ci ascolta: la mia immortalità m’è venuta a noia. La terra non ha più segreti per me, e non ho più speranza. E ripeto volentieri le parole di Amleto, che ascoltai la prima volta a Londra nel 1594: ’L’uomo non mi dà nessun piacere... no, e nemmeno la donna’’» (Papini).
• La semiosi della peste manzoniana in Umberto Eco Tra menzogna e ironia Bompiani 1998. «Curioso processo di amplificazione: se prima molte morti non erano state sineddoche sufficiente per il morbo, ora pochi legni sono sineddoche abbondante per il tempio intero, e per l’inquinamento generale». Pagine 45 e seguenti.
• «Preparata dal lungo inganno dei dotti, che con pretesti vari avevano negato il contagio, e dallo stesso timore dei semplici, che per naturale passione avevano cercato di rimuovere le evidenze, la capacità semiosica popolare, che durante tutto il romanzo aveva pur sempre contrastato con la parola dei mestatori, è definitivamente corrotta» (sempre sulla peste manzoniana).
• Campanile che s’incaponisce certe volte a spiegare le barzellette: «in una della Tragedie in due parole, dopo aver avuto l’idea brillante di un elefante che inorridisce perché trova un pollo nella minestra, sente il dovere di chiosare che i polli sono le mosche degli elefanti».
• Presentazioni. «’Permette? Io sono il signor Pericle Fischietti. E lei?” ”Io no”» (Campanile).
• Massime della conversazione secondo Paul Grice: 1 - Fa’ che il tuo contributo alla conversazione non sia più o meno informativo di quanto richiesto dalla situazione; 2 - Evita ambiguità 3 - Sii pertinente 4 - Sii veritiero Le massime sanciscono ”il patto tra conversanti”, la cui violazione in Campanile provoca effetti esilaranti (pagine 85 e seguenti).
• «Io non mi fido degli autori, che sovente mentono. Mi fido solo dei testi» (Umberto Eco).