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 1999  giugno 05 Sabato calendario

Alla scoperta degli Inuit

• Il termine Inuit, plurale di Inuk, significa ”le persone”. Lentamente, anche anche nei vocabolari occidentali, sta sostituendo la parola esquimese (che vuol dire ”mangiatori di carne cruda”).
• Secondo la leggenda gli orsi polari, quando sentono caldo, sono capaci di sfilarsi la pelliccia.
• Durante le tormente i cani, per conservare un po’ di calore, si lasciano ricoprire di neve.
• Per la caccia al tricheco, gli Inuit utilizzano barche tozze con l’albero molto basso. L’arma è un rudimentale arpione in legno e avorio con la punta di acciaio. Gli arpioni sono assicurati con una corda di cuoio ad alcuni galleggianti di pelle di foca, gonfiati a fiato dai cacciatori. Tra gli amuleti portati d’abitudine sulle barche, un mazzo di temperini in avorio legati insieme con un tendine (hanno il significato simbolico di tagliare il tempo).
• Le donne Inuit portano i bambini nel cappuccio del loro parka di caribù, assicurato con una striscia di cuoio abbottonata sul davanti. I bottoni sono di solito d’avorio, ovali e molto decorati.
• Per viaggiare a bordo delle slitte il capo d’abbigliamento più importante sono gli stivali, di solito in pelle di foca, alti fino al ginocchio, cuciti con tendini. Le suole sono di una speciale pelle senza grasso che impedisce il passaggio del freddo. Sotto gli stivali si indossano calze di pelle di caribù, con folta pelliccia, alte fino alla coscia, e babbucce di pelle di foca.
• Per motivi di origine sciamanica, le pelli di foca che formano un kayak devono essere cucite dalle donne tra l’alba e il tramonto. Prima di salire a bordo bisogna accertarsi che le suole degli stivali siano perfettamente pulite (persino dei granelli di sabbia potrebbero raschiare la pelle e bucarla).
• Per costruire un igloo gli Inuit utilizzano cumuli di neve piuttosto alti, scavati in verticale per estrarre i blocchi. Gli igloo di ghiaccio, molto rari, vengono costruiti di solito per conservare la carne oppure, in mancanza di neve, durante la caccia.
• Le Ugas, ”case per le danze”, sono igloo capaci di contenere una quarantina di persone. Hanno cupole talmente alte che un tempo, per costruirle, gli Inuit si arrampicavano sulle traverse delle slitte messe in verticale (adesso utilizzano scale a pioli).
• Quando è la casa di una famiglia, l’igloo non ha soltanto una stanza ma anche complicati corridoi di passaggio da una cupola all’altra (all’interno ci deve essere spazio per conservare le provviste, ospitare parenti o persone in visita). Per impedire il passaggio di aria fredda, l’ingresso è in alto rispetto al livello del suolo. Il cunicolo di ventilazione, detto narice, simile a un comignolo, viene chiuso durante la notte. Sotto la narice di solito c’è l’unica finestra, una lastra di ghiaccio trasparente spessa dai 10 ai 15 centimetri. Questa lastra è sempre di ghiaccio d’acqua dolce: il ghiaccio d’acqua di mare, così spesso, sarebbe troppo opaco.
• Quando abbandonano un igloo, gli Inuit ne tagliano un lato, in modo che possa riempirsi di neve. La pratica non avrebbe altro scopo che quello di ”rito magico”.
• Poiché non è possibile scavare vere e proprie tombe, gli Inuit ”seppelliscono” i defunti ammucchiando pietre pesanti intorno e sopra al cadavere. In questo modo evitano che il corpo sia sbranato dagli animali ma anche che il morto si alzi e vada in giro a terrorizzare uomini e cani.
• Gli antenati degli Inuit sono un popolo che emigrò, intorno al 2500 avanti Cristo, dall’Asia verso l’Alaska e l’Artico. La loro cultura, chiamata Pre-Dorset, durò approssimativamente fino al 1300 dopo Cristo. Gli studiosi non hanno trovato molto della cultura Dorset: quasi tutto è sepolto nel permafrost, il ghiaccio permanente. Gli archeologi hanno portato alla luce soprattutto piccole sculture in avorio e amuleti.
• Nel 1000 dopo Cristo arrivò un’altra ondata migratoria che impose una nuova cultura detta Thule. Furono le popolazioni Thule a ”inventare” la slitta trainata da una muta di cani, il kayak, i trapani ad arco e forse anche gli igloo.
• Gli Inuit erano convinti che sotto il mare e sotto la superficie terrestre ci fossero altri mondi. Uno dei miti più famosi riguarda la dea del mare, chiamata Sedna, Nuliayuk, o Taluliyuk. Secondo il mito, il padre portò Sedna a una battuta di pesca. Sulla via del ritorno scoppiò una tempesta e i marinai, per alleggerire la barca, gettarono in mare la ragazza. Sedna cercò di arrampicarsi, ma il padre le tagliò le mani, allora si aggrappò al bordo con le braccia, ma il padre le tagliò pure quelle e lei sprofondò negli abissi trasformandosi nella dea mezza donna e mezza foca che con la sua lampada alimenta la vita di tutte le creature del mare.
• All’inizio di ogni nuova stagione gli Inuit gettano in mare, per Sedna, un pezzo di fegato del primo animale marino catturato.