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 2005  febbraio 28 Lunedì calendario

Le memorie di un credente contro le ideologie del male

• Le memorie di un credente contro le ideologie del male.
Come un film. Due battute. «’Dove?”. Rispose: ”Al ventre”. ”Fa male?”. ”Fa male”». Un flash. «Sì, ricordo quel viaggio verso l’ospedale. Per un po’ di tempo rimasi cosciente. Avevo la sensazione che ce l’avrei fatta. Stavo soffrendo, e questo era un motivo per temere - nutrivo però una strana fiducia». Un altro scambio di battute. «’Praticamente ero ormai dall’altra parte”. ”Poi fu fatta una trasfusione di sangue”». Una nota a margine. «I medici fecero l’intervento senza credere alla sopravvivenza del Paziente». Sembra la sceneggiatura di un film: sono alcuni frammenti della conversazione in cui il Papa e il suo segretario, monsignor Stanislaw Dziwisz, raccontano come andò quel 13 maggio del 1981, dopo che in piazza San Pietro Alì Agca aveva sparato alzando una mano in mezzo alla folla.

• Sulla sua pelle. Conviene partire da qui, dall’epilogo, per leggere Memoria e identità, l’ultimo libro di Giovanni Paolo II. A maggior ragione in questi giorni in cui Karol Wojtyla, 84 anni (27 di pontificato), torna a sperimentare sulla sua pelle la devastazione della malattia. Il libro si chiude così: «Ogni sofferenza umana, ogni dolore, ogni infermità racchiude una promessa di salvezza, una promessa di gioia: ”Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi” scrive san Paolo (Lettera ai Colossesi 1,24). Ciò vale per ogni sofferenza provocata dal male; vale anche per quell’enorme male sociale e politico che oggi divide e sconvolge il mondo: il male delle guerre, dell’oppressione degli individui e dei popoli; il male dell’ingiustizia sociale, della dignità umana calpestata, della discriminazione razziale e religiosa; il male della violenza, del terrorismo, della corsa alle armi - tutto questo male esiste nel mondo anche per risvegliare in noi l’amore, che è dono di sé nel servizio generoso e disinteressato a chi è visitato dalla sofferenza. Nell’amore che ha la sua sorgente nel cuore di Cristo sta la speranza per il futuro del mondo. Cristo è il Redentore del mondo: ”Per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Isaia 53,5)».
• «Agca sapeva come sparare, e sparò certamente per colpire. Soltanto, fu come se qualcuno avesse guidato e deviato quel proiettile...». La lettura provvidenziale della vicenda non impedisce al Papa una sottile analisi politica: «Durante il tempo di Natale del 1983 ho fatto visita all’attentatore nella prigione. Abbiamo parlato a lungo. Alì Agca, come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire che l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun altro a idearlo, che qualcun altro l’aveva a lui commissionato. Durante tutto il colloquio apparve chiaro che Alì Agca continuava a domandarsi come mai l’attentato non gli era riuscito. Aveva fatto tutto ciò che si doveva, curando ogni minimo dettaglio. Tuttavia la vittima designata era sfuggita alla morte. Come poteva essere accaduto?»
• Dziwisz: «L’attentato, nella dimensione umana, è rimasto un mistero. Non l’ha chiarito il processo né la lunga carcerazione dell’attentatore. Sono stato testimone della visita del Santo Padre ad Alì Agca in carcere. Il Papa lo aveva perdonato pubblicamente già nel suo primo discorso dopo l’attentato. Da parte del carcerato non ho udito le parole: ”Chiedo perdono”. Lo interessava solamente il segreto di Fatima» [Il 15 febbraio, subito dopo la morte di suor Lucia (l’ultima dei veggenti e custode del terzo segreto), il terrorista turco, rinchiuso dal 2000 nel carcere di Istanbul, ha scritto una lettera alla ”Repubblica” (20/2/2005) in cui chiede al Vaticano di «rivelare il nome dell’Anticristo finale”. Il giorno dopo gli ha risposto il prefetto della Congregazione per le cause dei santi, cardinale Martins: «L’Anticristo non esiste. solo frutto di fantasia. Forse sarebbe meglio parlare di antiuomo, cioè di personaggi reali che hanno fatto tanto male all’uomo, come avvenuto nel secolo scorso con figure come Hitler e Stalin che hanno fatto uccidere milioni di persone». Secondo Paolo Mieli (’Corriere della Sera” 23/2/2005), la questione dell’attentato «va riaperta sul piano internazionale, ora che è passato del tempo e si sono aperti gli archivi. Ed è un fatto che deve interessare più noi laici, da storici, che la Chiesa»].
• Dal punto di vista del contenuto, l’opera si divide in due parti (più l’epilogo). La prima (capitoli dall’uno al dieci) è più teoretica e riflette sul male e la libertà. La seconda (dall’undicesimo al venticinquesimo capitolo) è di intonazione maggiormente pastorale, affronta i temi della patria e della nazione nel contesto della storia polacca ed europea e approfondisce l’analisi della democrazia con le sue potenzialità e i suoi rischi.
• Si Deus est, unde malum? (Se Dio c’è, da dove viene il male?). Il Papa torna a porsi la domanda della teodicea sullo sfondo del Novecento, «il ”teatro” in cui sono entrati in scena determinati processi storici, e ideologici, che si sono mossi nella direzione della grande ”eruzione” del male», ma anche «lo scenario del loro superamento». Ma le «ideologie del male», nazismo e comunismo, «sono profondamente radicate nella storia del pensiero filosofico europeo». La frattura con la tradizione cristiana risale al cogito, ergo sum di Cartesio che ribalta la filosofia dell’esse: «Dopo Cartesio, la filosofia diventa una scienza del puro pensiero: tutto ciò che è esse - sia il mondo creato sia il Creatore - rimane nel campo del cogito, come contenuto della coscienza umana. La filosofia si occupa degli esseri in quanto contenuti della coscienza, e non in quanto esistenti fuori di essa». L’illuminismo è il punto di arrivo di questa deriva col suo «rifiuto di Cristo e, in particolare, del suo mistero pasquale - della croce e della risurrezione». Di conseguenza, l’uomo rimane solo: «Solo come creatore della propria storia e della propria civiltà; solo come colui che decide di ciò che è buono e di ciò che è cattivo, come colui che esisterebbe ed opererebbe etsi Deus non daretur - anche se Dio non ci fosse». Ma «se l’uomo può decidere da solo, senza Dio, ciò che è buono e ciò che è cattivo, egli può anche disporre che un gruppo di uomini debba essere annientato».
• La sistematicità del male. «Nei nostri tempi il male si è sviluppato a dismisura, servendosi dell’opera di sistemi perversi che hanno praticato su vasta scala la violenza e la sopraffazione. Non parlo qui del male compiuto da singoli uomini per mire personali e mediante iniziative individuali. Il male del XX secolo non è stato un male in edizione piccola, per così dire ”artigianale”. stato un male di proporzioni gigantesche, un male che si è avvalso delle strutture statali per compiere la sua opera nefasta, un male eretto a sistema».
• Wojtyla ha fatto esperienza di entrambi i totalitarismi. «Più tardi, ormai a guerra finita, pensavo tra me: il Signore Dio ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo dodici anni quel sistema è crollato. Si vede che quello era il limite imposto dalla Divina Provvidenza ad una simile follia. In verità, non era stata soltanto una follia - era stata una ”bestialità” [...]. Se il comunismo è sopravvissuto più a lungo e se ha ancora dinanzi a sé, pensavo allora tra me, una prospettiva di ulteriore sviluppo, deve esserci un senso in tutto questo». In termini di fede, «ciò che veniva fatto di pensare era che quel male fosse in qualche modo necessario al mondo e all’uomo. Succede, infatti, che in certe concrete situazioni dell’esistenza umana il male si riveli in qualche misura utile, in quanto crea occasioni per il bene. Non ha forse Goethe qualificato il diavolo come ”ein Teil von jener Kraft, / die stets das Böse will und stets das Gute schafft – una parte di quella forza, / che vuole sempre il male e opera sempre il bene?”. San Paolo, per parte sua, ammonisce a questo proposito: ”Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Lettera ai Romani 12,21)».
• Autoironia del vincitore. «So di non essere io solo ad agire in ciò che faccio come Successore di Pietro. Prendiamo l’esempio del sistema comunista. [...] Alla sua caduta certamente ha contribuito la carente dottrina economica. Ma rifarsi unicamente ai fattori economici sarebbe una semplificazione piuttosto ingenua. D’altra parte, so bene che sarebbe ridicolo ritenere che sia stato il Papa ad abbattere con le proprie mani il comunismo. Penso che la spiegazione si trovi nel Vangelo».
• Aborto uguale Shoah? «Dopo la caduta dei regimi costruiti sopra le ideologie del male, in quei Paesi le forme di sterminio nominate poc’anzi sono cessate. Permane tuttavia lo sterminio legale degli esseri umani concepiti e non ancora nati. E questa volta si tratta di uno sterminio deciso addirittura da Parlamenti eletti democraticamente, nei quali ci si appella al progresso civile delle società e dell’intera umanità. Né mancano altre gravi forme di violazione della Legge di Dio. Penso, ad esempio, alle forti pressioni del Parlamento europeo perché le unioni omosessuali siano riconosciute come una forma alternativa di famiglia, a cui competerebbe anche il diritto di adozione. lecito e anzi doveroso porsi la domanda se qui non operi ancora una nuova ideologia del male, forse più subdola e celata, che tenta di sfruttare, contro l’uomo e contro la famiglia, perfino i diritti dell’uomo».
• L’eredità buona dell’illuminismo. Il Papa non dimentica che il pensiero illuminista «ha avuto anche frutti di bene come l’idea di libertà, di uguaglianza e di fratellanza, che sono poi valori radicati nel Vangelo», preparando così il terreno «per una migliore comprensione dei diritti dell’uomo». L’idea di un diritto della nazione e la formazione dei postulati della giustizia sociale sono due conquiste frutto dell’illuminismo con il quale la Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, ha dialogato senza imbarazzo perché «la sollecitudine nel portare aiuto all’uomo è incomparabilmente più importante delle polemiche e delle accuse riguardanti, per esempio, lo sfondo illuministico delle grandi catastrofi storiche del XX secolo». Lo sguardo sulla civiltà odierna, invece, è decisamente critico.
• Tornare a san Tommaso. Per non farsi risucchiare dal vuoto delle ideologie post-illuministe, che hanno rifiutato «la nozione di natura umana come ”dato reale”» in luogo di un «’prodotto del pensiero” liberamente formato e liberamente mutabile a seconda delle circostanze», il Papa chiede un’inversione di rotta: «Se vogliamo parlare in modo sensato del bene e del male, dobbiamo tornare a san Tommaso d’Aquino [l’autore più citato nel libro, ndr], cioè alla filosofia dell’essere. Con il metodo fenomenologico, ad esempio, si possono esaminare esperienze come quella della moralità, della religione o anche dell’essere uomo, traendone un arricchimento significativo della nostra conoscenza. Non si può però dimenticare che tutte queste analisi, in modo implicito, presuppongono la realtà dell’essere uomo, cioè di un essere creato, e anche la realtà dell’Essere assoluto. Se non si parte da simili presupposti ”realisti”, si finisce per muoversi nel vuoto».
• Il limite divino del male. Più che l’approccio filosofico, a Giovanni Paolo II interessa il discorso di fede, perché «Colui che può porre un definitivo limite al male è Dio stesso». Il mistero della Redenzione è il cuore della sua riflessione teologica: «Dio stesso è venuto a salvarci, a liberare l’uomo dal male, e questa venuta di Dio, questo ”Avvento”, che celebriamo in modo così gioioso nelle settimane che precedono il Natale del Signore, ha carattere redentore [...]. Il mistero della Redenzione di Cristo è radicato molto profondamente nella nostra esistenza. La vita contemporanea è dominata dalla civiltà tecnica; anche a questa arriva l’efficacia di tale mistero». L’evento pasquale «ha introdotto nella storia umana, che è storia di peccato, una sofferenza senza colpa, affrontata unicamente per amore. questa la sofferenza che apre la porta alla speranza della liberazione, dell’eliminazione definitiva di quel ”pungiglione” che strazia l’umanità».
• La fede dà luce nuova anche a concetti come patria, nazione, Stato che hanno giocato un ruolo determinante nella storia europea. «Nel suo senso originale, patria significa ciò che abbiamo ereditato dai nostri padri e dalle nostre madri sulla terra. L’eredità che dobbiamo a Cristo orienta ciò che fa parte del patrimonio delle patrie umane e delle umane culture verso la Patria eterna [...]. La dipartita di Cristo ha aperto il concetto di patria sulla dimensione dell’escatologia e dell’eternità, ma non ha tolto nulla al suo contenuto temporale». «Col termine nazione si intende designare una comunità che risiede in un certo territorio e che si distingue dalle altre comunità per una propria cultura. La dottrina sociale cattolica ritiene che tanto la famiglia quanto la nazione siano società naturali, e quindi non frutto di semplice convenzione. Perciò nella storia dell’umanità esse non possono essere sostituite da nient’altro. Non si può, per esempio, sostituire la nazione con lo Stato, benché la nazione per sua natura tenda a costituirsi in Stato, come dimostra la storia delle singole nazioni europee e la stessa vicenda polacca. [...] Meno ancora è possibile identificare la nazione con la cosiddetta società democratica, perché qui si tratta di due ordini distinti, benché collegati».
• Luci e ombre della democrazia. «Dopo il tramonto delle ideologie del XX secolo, e specialmente dopo la caduta del comunismo, le speranze delle varie nazioni si sono aggrappate alla democrazia. Ma proprio a questo proposito è opportuno chiedersi che cosa dovrebbe essere un democrazia». «Se da un lato l’Occidente democratico continua a dare testimonianza dell’azione e del fermento evangelico, dall’altro non meno forti sono le correnti dell’anti-evangelizzazione. Essa colpisce le basi stesse della morale umana, coinvolgendo la famiglia e propagando il permissivismo morale: i divorzi, l’amore libero, l’aborto, l’anti-concezione, la lotta contro la vita nella fase iniziale come in quella del tramonto, la sua manipolazione. Questo programma opera con enormi mezzi finanziari, non soltanto nelle singole nazioni, ma anche su scala mondiale. [...] Dinanzi a tutto ciò, ci si può legittimamente domandare se non sia questa un’altra forma di totalitarismo, subdolamente celato sotto le apparenze della democrazia».
• La cornice essenziale. «La Chiesa custodisce in sé la memoria della storia dell’uomo sin dall’inizio: la memoria della sua creazione, della sua vocazione, della sua elevazione e caduta. In questa cornice essenziale si inscrive tutta la storia dell’uomo, che è storia di redenzione. La Chiesa è madre che, a somiglianza di Maria, serba nel suo cuore la storia dei suoi figli, facendo propri tutti i problemi ad essi connaturali».