Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 5 marzo 2001
«Un tempo, quando ero ragazzo, pensavo che scrivere fosse un’impresa ardua e temibile, e leggere, al contrario, un dono del Cielo, naturale e spontaneo come bere e mangiare, tanto mi sembrava facile divorare i libri
• «Un tempo, quando ero ragazzo, pensavo che scrivere fosse un’impresa ardua e temibile, e leggere, al contrario, un dono del Cielo, naturale e spontaneo come bere e mangiare, tanto mi sembrava facile divorare i libri. Il tempo ha cambiato la mia opinione» (Cesare Garboli).
• «A Lucca si vive e si conosce la corruzione con più profondità che in ogni altro luogo della terra. Appartiene al peccato tutto ciò che viene all’aria e alla luce, mentre è promessa di perdono e di grazia tutto ciò che viene custodito nel segreto dell’intimità casalinga, chiuso nella cassaforte dei risparmi e delle memorie. Più della morte, il lucchese teme gli scandali, le novità, i mutamenti. Così imprigiona le proprie contraddizioni: da una parte il benessere, gli agi, l’intraprendenza, dall’altra un’acuta percezione della vanità e della miseria del mondo» (Cesare Garboli nel saggio introduttivo del libro Toscana terra di alpe e di mare, curato dalla Provincia di Lucca e contestato dal Comune).
• «E meno male che doveva essere un libro promozionale su Lucca, e meno male che la Provincia ha pagato 180 milioni per stamparlo e lo ha pure portato alla Borsa internazionale del turismo, cioè alla fiera più importante che dovrebbe servire ad invogliare la gente a venire qui. Quel Garboli parla solo male di noi, ci dipinge come una comunità di corrotti» (il consigliere regionale di Forza Italia Maurizio Dinelli). Il municipio decide di chiedere i danni e il sequestro della pubblicazione.
• Divina Commedia, canto XXI, cerchia VIII, bolgia 5. «A quella terra che n’è ben fornita / ognun v’è barattier, fuor che Bonturo / del no per il denar vi si fa ita». Secondo la lettura di Natalino Sapegno, Lucca è città di barattieri, cioè «coloro che per lucro o altro vantaggio fanno mercato frodolento delle cose pubbliche a danno del Comune». «Un altro commento, a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, spiega che barattiere è colui che ”inganna, beffa e baratta la Repubblica e la sua Patria”. Secondo il Landino, il mestiere del barattiere ”è vendimento o compramento di quello che per proprio officio si deve fare senza prezzo”. Tutto questo in una città dove ”del no per il denar vi si fa ita”, vale a dire dove il no diventa sì per denaro».
• «Se chiedono i danni a me, e il sequestro, cosa mai faranno a Dante Alighieri?» (Cesare Garboli a Jenner Meletti).
• «Secondo questi libertari io avrei dovuto chiamare il professor Cesare Garboli e dire: mi scriva questo e quello, poi me lo faccia vedere e decido io se va bene. Certo, non va bene a chi pensa che ci sia bisogno soltanto di celebrare, e non di ragionare. Una cosa però mi preoccupa: dopo quella di danni e sequestro cautelativo, verrà la richiesta di preparare un rogo?». (Andrea Tagliasacchi, presidente della Provincia).
• "Io non ho scritto che i lucchesi sono la gente più corrotta del mondo. Io ho scritto che ”a Lucca si conosce e si vive la corruzione con più profondità che in ogni altro luogo della terra”. L’accento batte non sulla corruzione, ma sulla ”profondità”, che vuol dire maggiore senso del peccato, maggiore consapevolezza della nullità e della miseria dell’uomo, maggiore rigore, e, per conseguenza, maggiore timore di Dio" (Cesare Garboli).
• «Ho profonda stima dei lucchesi. In fondo in quel saggio dico soltanto che invece di esibire i loro vizi, loro li coltivano in segreto, mettendo in risalto un tratto signorile del loro carattere e distinguendosi in questo dal resto dei toscani» (Cesare Garboli).
• "S’io veggio in Lucca bella mio ritorno / che fi’ quando la era fie ben mezza, / in nullo core uman tanta allegrezza / già mai non fu, quant’io avrò quel giorno. / Le mura andrò leccando d’ogni intorno / e gli uomini, piangendo d’allegrezza; / odio, rancore, guerra ed ogni empiezza / porrò giù contra quei che mi cacciorno" (sonetto scritto sul finire del Duecento da Pietro Faitinelli detto Mugnone, aristocratico guelfo di parte nera, esiliato da Lucca dal ghibellino Uguccione della Faggiuola).
• «E pensare che pensavo di essere protetto, perché avevo ricevuto la benedizione da un lucchese purosangue, Arrigo Benedetti, direttore de ”Il Mondo”. Mi aveva chiesto un servizio sulla città e io lo mandai. Fu pubblicato il 10 maggio 1971, a pagina 21. ”Accidenti - mi disse Arrigo Benedetti - ma come hai fatto, tu che sei viareggino, a capire così bene i lucchesi?”. Quando mi hanno chiesto la prefazione, ho pensato a quell’articolo, e ho copiato un pezzo di me stesso, proprio quella parte che sta scatenando le polemiche, trentuno anni dopo la prima pubblicazione» (Garboli a Jenner Meletti).
• «Nel mio lavoro di scrittore ho constatato che oggi è sufficiente esprimere un’opinione, un pensiero originale e personale che non trovi appoggi in uno schieramento di consenso precostituito, per creare uno scandalo. Questo una volta non succedeva, e parlo anche della letteratura, dove lo scandalo è oggi creato da un pensiero non accademicamente impostato» (Cesare Garboli a Jenner Meletti).
• Forza Italia ha deciso di stampare dei manifesti per denunciare le frasi offensive contenute nel saggio. Vincenzo Placido, capo provinciale di Forza Italia: «Sono di quattro tipi, e ognuno riporterà una frase di Cesare Garboli. Cinquecento copie per ogni frase, duemila manifesti in tutto». (Jenner Meletti).
• «A Lucca si vive la corruzione con più profondità che in ogni altro luogo della terra». «Il buccellato è grigio e avaro di liquori». « una vergogna e un insulto, Forza Italia non ci sta».
• «In quel pezzo c’è scritto che oltre a coltivare i vizi della lussuria, della gola, dell’avarizia, qui a Lucca anche la corruzione è una pratica diffusa. Addirittura Garboli arriva a mettere in discussione il buccellato, il nostro dolce tipico, dicendo che è grigio, incolore e insapore come i lucchesi. Bella pubblicità» (consigliere regionale di Forza Italia Maurizio Dinelli).
• Il buccellato, dolce tipico di Lucca, una focaccia di farina e zucchero. «L’operazione è semplice: tutto viene aspirato, e il contenuto del pensiero viene azzerato. Alla fine sembra che io parli di cucina. Invece io ho scritto che non è facile penetrare nel mistero storico di Lucca. Se io dico a una persona: è difficile capirti ma sei pieno di valori e contraddizioni che vanno compresi, è chiaro come il sole che questa persona mi interessa. Credo comunque che gli abitanti di questa città siano intelligenti e l’abbiamo capito» (Cesare Garboli).
• «Mi piace l’indifferenza dei lucchesi verso tutte quelle parole che non sono necessarie o appropriate a uno scopo, a un negozio da concludere, una cultura anche questa. E per le stesse ragioni mi piace il dolce tipico di Lucca, il buccellato, che qualche lucchese mi rimprovera di aver definito ”quasi insapore”. E chi ha detto che un dolce ”quasi insapore” sia un dolce di gusto ingrato? Certo, il buccellato non è carico di lussi e gusti come la cassata siciliana, o i dolci sardi, o il millefoglie e la zuppa inglese. Ma chi inzupperebbe nel caffè mattutino, o nel tè pomeridiano, una cassata siciliana? Il buccellato mi piace per le stesse ragioni per le quali amo i lucchesi. Perché non ha nulla di dolciastro. una semplice focaccia di farina e zucchero con un po’ d’anice e uvetta, austera e severa. Un dolce che ignora i profumi, i liquori, la crema, le ciliegine, e tutte quelle panne montate che così tanto piacciono ai bambini» (Cesare Garboli).