Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 31 maggio 1999
Il tribunale internazionale dell’Aja ha incriminato Slobodan Milosevic e altri cinque alti funzionari serbi per lo sterminio di 370 cittadini jugoslavi di etnia albanese ammazzati in Kosovo tra il 15 gennaio e il 4 aprile di quest’anno
• Il tribunale internazionale dell’Aja ha incriminato Slobodan Milosevic e altri cinque alti funzionari serbi per lo sterminio di 370 cittadini jugoslavi di etnia albanese ammazzati in Kosovo tra il 15 gennaio e il 4 aprile di quest’anno. Sugli accusati pende la richiesta di arresto immediato trasmessa a tutti i paesi che fanno parte dell’Onu. Milosevic non può più uscire dalla Serbia, neanche per firmare un eventuale accordo di pace. E neppure po
trebbe farlo dopo: non sono reati che cadono in prescrizione.
• Quando la Nato entrerà in Kosovo,di-
sarmerà l ’Uck?"Potrebbe essere neces-
sario,ma se continua lo strapotere serbo
il fucile glielo dobbiamo lasciare.Co-
munque per la Nato l ’Uck non è un allea-
to,è una delle parti che verranno separa-
te dalla forza di interposizione "(Piero
Giovannetti,generale italiano,viceco-
mandante del contingente Nato in Mace-
donia a Claudio Lazzaro,’Corriere della
Sera ”23/5/99).
• Il Tribunale internazionale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia è stato istituito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu a seguito di una risoluzione votata il 25 maggio 1993. il primo Tribunale Internazionale dopo quello di Norimberga. Si articola in due sezioni di prima istanza più una terza d’appello. Può giudicare su tutti i crimini commessi nell’ex Jugoslavia a partire dal ’91.
• «Alla fine del processo di Norimberga, chiesi all’avvocato Schlabrendorf, difensore dei condannati, cosa pensava del verdetto. Schlabrendorf aveva assunto quell’incarico perché era uno dei due o tre soli scampati alla strage seguita all’attentato di Stauffenberg, contro Hitler. Per l’attiva parte svolta nel complotto, era stato rinchiuso, in attesa del processo, in un sotterraneo del lager di Buchenwald. Un bombardamento alleato - quello credo in cui perì Mafalda di Savoia - distrusse i documenti dell’istruttoria e prima che venissero ricostruiti, arrivarono i liberatori alleati. Schlabrendorf aveva quindi, come perseguitato, le carte in regola per difendere i suoi persecutori senza incorrere nel sospetto di essere un loro complice. E mi rispose: ”Fatto dai tedeschi, questo processo avrebbe potuto avere un grande significato di giustizia. Fatto dai vincitori, sarà soltanto un atto di vendetta che esenterà il popolo tedesco dall’esame di coscienza sui crimini del nazismo"» (Indro Montanelli).
• Slobodan Milosevic ci teneva a non finire sotto processo. «Era stata una delle prime condizioni che aveva posto a Viktor Cernomyrdin: l’immunità giudiziaria contro qualsiasi tentativo di processarlo per crimini di guerra. L’inviato di Boris Eltsin se ne era fatto portavoce in tutte le sedi e ne aveva parlato anche nel viaggio lampo a Roma con Massimo D’Alema. A nessun leader politico quello sembrava l’ostacolo maggiore sulla
via della pace. Chi con il silenzio assenso, chi addirittura con impegni formali, avevano glissato sulla questione dando assicurazioni alla Russia. Buon ultimo Gerard Schroeder, che, per eliminare qualsiasi equivoco, aveva dichiarato pochi giorni fa ”Piaccia o non piaccia, Milosevic è il nostro interlocutore per risolvere la crisi nei Balcani”. Non lo è
più».
• Cosa succederà adesso? Si negozierà con un ricercato? Emma Bonino: «Non sarebbe una novità. Holbrooke incontrò Karadzic persino a Dayton. L’importante è che si sia fatta chiarezza: si tratta con un signore che è incriminato. Prima si pensava che Milosevic dovesse essere parte della soluzione, ora si rovesciano i termini: lui è il problema».
Gli si offriranno garanzie per l ’immunità?
«Nessuno può andarlo ad arrestare a casa sua. Il problema si porrà se si dovesse negoziare che so, a Ginevra. Ma si può trovare una formula...Certo è improbabile che vada all’Aja a farsi processare, e il tribunale non prevede processi in contumacia [...] In fondo è il primo caso di scontro tra real politik e diplomazia etica. Si fanno gli accordi anche con il diavolo, purché sia chiaro che è il diavolo».
• Il tribunale dell’Aja è un organismo indipendente o agisce su suggerimento della Nato? C’è chi sostiene che agendo in questo modo e in questi tempi, il Tribunale dell’Aja non ha manifestato indipendenza di giudizio, bensì sudditanza ai voleri politici di alcuni Paesi Nato, in primis gli Stati Uniti: « cattiva dietrologia, da quando agisce, vale a dire dal
1993, il Tribunale è stato composto da personalità altissime del mondo del diritto, che hanno sempre dato prova di capacità e indipendenza. Non credo proprio che il Tribunale possa essere stato ”eterodiretto”. Si può discutere sull’opportunità politica di aprire adesso questo procedimento, ma in temini giuridici l’apertura di un fascicolo-Milosevic è perfettamente legittima». (Luigi Bonante, docente di relazioni internazionali a Umberto De Giovannangeli).
• Lucio Caracciolo, direttore di Limes. «Pensare di risolvere i conflitti balcanici a suon di sentenze di tribunale mi sembra proprio ipocrita».
Ma secondo lei alla base dell’incriminazione di giuridico non c ’è nulla?
«Milosevic è certamente responsabile di crimini orrendi in Kosovo come in Bosnia. Ma dobbiamo chiederci: vogliamo fare la guerra o il tribunale?».
Si spieghi meglio.
«I tribunali si fanno alla fine delle guerre. Prima bisogna cercare di chiudere bene questo conflitto,poi decidere chi è colpevole e di cosa. Ricordo che anche l’Uck ha compiuto qualche crimine, ma i guerriglieri non verranno mai sanzionati».
• Milosevic è stato messo con le spalle al muro. «Un portavoce della Corte ha dichiarato che la decisione è stata presa di propria iniziativa e responsabilità, senza consultare altri organismi internazionali quali l’Onu e la Nato. Speriamo che non sia vero. Perché se lo fosse, da portare sul banco degli imputati sarebbe quel tribunale per aver preso quella delibera proprio nel momento in cui si profilava, grazie ai russi, la possibilità di indurre Milosevic a sedersi a un tavolo di trattativa. Con quali probabilità di successo, non lo so. Ma so che ad incriminare Milosevic si è aspettato fino ad oggi, si poteva aspettare anche il risultato di questo estremo tentativo, il cui fallimento sarebbe comunque servito ad appesantire i suoi capi d’accusa. Il passo del Tribunale si può spiegare in un modo solo: che sia stato suggerito dalla Nato per mettere Milosevic con le spalle al muro: o la resa, o la guerra non più soltanto aerea, ma anche terrestre con tutto ciò che essa comporta».
• L’America è pronta a mandare un contingente di terra da 90 mila uomini se la crisi non sarà risolta entro tre settimane. Sull’ipotesi di un’offensiva sul terreno le posizioni all’interno della Nato sono diverse. Il governo inglese è favorevole e gode del sostegno dell’opinione pubblica; Clinton non la esclude come faceva all’inizio del conflitto (i repubblicani ammoniscono che serve l’approvazione del Congresso), il 57 per cento degli americani si dichiara contrario; il governo di Parigi è tra i più impegnati militarmente
nelle operazioni e viene data per probabile una sua partecipazione anche all’invasione; la Germania non parteciperebbe con le sue truppe sul terreno ma non si opporrebbe in Consiglio Atlantico alla decisione dell’attacco. Carlo Scognamiglio: «Nel caso venisse deciso un intervento di terra, l’Italia sarebbe dalla parte di esso».
• Ritenendo che le poche centinaia di copie giacenti in magazzino non fossero sufficienti nel caso di una guerra su larga scala come quella che si potrebbe combattere tra poche settimane in Kosovo, il Pentagono ha commissionato a un’azienda del Texas 9.000 medaglie Purple Heart: l’onoreficienza che l’esercito americano concede ai militari morti o feriti in servizio. Lee Graves, direttore degli stabilimenti Graco di Tomball, nel Texas: «Mi sembra di capire che novemila feriti potrebbero essere il dieci per cento delle truppe mandate a combattere». Anna Guaita,
• Dopo un avvio in sordina, con missioni limitate alla difesa dello spazio aereo nazionale da incursioni dei Mig 29 jugoslavi e alla distruzione delle batterie missilistiche serbe che
prendevano di mira i jet alleati, l’Aeronautica militare italiana partecipa a tutte le operazioni di bombardamento pianificate dal comando della Nato e gestite dalla Quinta Ataf (Allied Tactical Air Force) di Vicenza. Anzi, con 54 aerei messi a disposizione della Nato, l’Aeronautica italiana è per certi versi la più importante forza aerea coinvolta nelle
operazioni, seconda solo all’imponente dispositivo schierato dagli Stati Uniti e superiore ai contingenti schierati anche dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Ma non solo gli aerei sono stati impegnati in missioni di guerra: secondo Panorama, accanto ai reparti speciali inglesi che operano dietro le linee serbe ci sono anche piccoli nuclei di incursori italiani
del reggimento Col Moschin.
• La Nato ammassa truppe ai confini della Serbia ma l’intervento via terra non è ancora stato deciso. Piero Giovannetti, generale italiano, vicecomandante del contingente Nato in Macedonia: «Entreremo solo quando l’azione diplomatica e politica avrà portato al cessate il fuoco».
Non ci proverete nemmeno quando l’esercito serbo sarà sfinito dai bombardamenti aerei?
«No. Loro non saranno mai abbastanza deboli. Anche se i soldati serbi fossero rimasti in 100, il rischio rimarrebbe troppo alto. Mentre sminiamo diverremmo i bersagli dei cecchini». [...]
I più preoccupati da eventuali perdite umane?
«I più esarcebati sono gli americani».
• Senza la minaccia dell’intervento terrestre, le vie dell’accordo non sarebbero mai forti abbastanza. Daniel Cohn-Bendit, eurodeputato verde: «Milosevic fa guerre da dieci anni. Ha perduto le prime tre e non si è mai fermato, ora sta combattendo la quarta: perché mai dovrebbe tirarsi indietro proprio questa volta senza una potente e definitiva minaccia?».
La minaccia perciò va preparata?
«Preparata subito, adesso. A differenza di quello che sostengono certi settori verdi io non sono affatto un guerrafondaio. Non mi piace la guerra ma non vedo altra soluzione. Provi a pensare se non accadesse nulla: niente accordo Onu, niente intervento di terra. Sarebbe la vittoria di Milosevic e la morte dell’Europa».
sicuro che il Consiglio di sicurezza potrebbe ratificare la guerra di terra?
«Chi dice che i veti di Russia e Cina sarebbero insormontabili si sbaglia. Entrambi hanno bisogno dell’Occidente, per ragioni economiche e politiche. Entrambi hanno posizioni negoziabili e a nessuno dei due conviene giocare la carta dell’isolazionismo».
• Un’alternativa all’invasione di truppe Nato sarebbe armare i volontari dell’Uck. «Un’invasione diretta di truppe di terra è fuori questione, e se le truppe arrivassero fra tre mesi, sarebbero comunque in ritardo per salvare vite umane. L’unica alternativa possibile, anche se per molti resta una bestemmia, è quella di armare e assistere l’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck). Oltre ai 6-10 mila miliziani presenti nelle roccaforti all’interno del Kosovo, come quella bombardata per errore dalla Nato la settimana scorsa, ce ne sono altri 10-15 mila in Albania. Essi sono convinti che se ricevessero armi migliori e un qualche supporto logistico, potrebbero sfondare le difese serbe di frontiera e consolidare il controllo sui corridoi attraverso i quali hanno finora sporadicamente infiltrato i rifornimenti. Loro, e non la Nato, subirebbero perdite. Essi sarebbero felici di correre il rischio, proprio come noi rifuggiamo un simile pensiero. Una volta penetrati in Kosovo, potrebbero essere appoggiati dalla Nato con gli elicotteri Apache e con gli altri mezzi aerei. Per una missione di sostegno urgente come questa la Nato sarebbe certamente giustificata ad agire come l’aeronautica dei ribelli kosovari. I ribelli fornirebbero le forze di terra di cui gli elicotteri e gli aerei della Nato hanno bisogno per essere efficaci. Una volta attraversata la frontiera, i ribelli potrebbero rendere sicura una testa di ponte che noi potremmo usare per aviotrasportare cibo e medicinali per i profughi all’interno del Kosovo. Ciò permetterebbe alla Nato di esercitare pressioni sulle forze serbe in Kosovo, evitando i costi che comporterebbe lo spezzare le loro difese di confine appena rinforzate».
• Ellekappa su ”l’Unità” di sabato: «La Nato vuole finire questa guerra al più presto». «Ci sono India e Pakistan che l’aspettano». India e Pakistan si contendono la regione del Kashmir dal ’47, quando ottennero l’indipendenza dall’Inghilterra. Si sono già combattute due guerre, la prima nel 1948 e la seconda nel 1965. Il Pakistan rivendica la regione per questioni religiose: la maggioranza della popolazione (musulmana) dovrebbe poter decidere della propria sorte con un referendum. L’India sostiene che il territorrio gli è stato ceduto dal marajah della regione Hari Singh nell’ottobre del 1947. La settimana scorsa l’aviazione indiana ha bombardato i guerriglieri perdendo nelle operazioni alcuni elicotteri.