Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  aprile 12 Lunedì calendario

Elle Kappa su ”Cuore” dell’8 aprile: «Il dubbio è lacerante

• Elle Kappa su ”Cuore” dell’8 aprile: «Il dubbio è lacerante. Fossimo noi dentro un lager preferiremmo sapere che dall’altra parte si sta dando da fare la Nato o Bertinotti?»
• «Mentre gira la boa della terza settimana di bombardamenti la guerra presenta il seguente bilancio: lanciati dalle navi quasi 200 missili da crociera, finiti parte contro obiettivi assegnati e parte chi sa dove. Sganciate almeno seimila bombe, sulle quali è meglio (per la Nato), non dare notizie particolareggiate (infatti non lo fa) perché nessuno può garantire dove siano cadute: basti dire che a Pristina è stato preso in pieno il quartier generale della Croce Rossa».
• L’ipotesi di una guerra lampo sembra ormai tramontata mentre si comincia a parlare di un impegno terrestre. Generale Jean, affrontiamo subito il tema più delicato. L’intervento delle truppe via terra. Lei lo ritiene possibile o necessario? «Non c’è dubbio che, se le cose proseguiranno in questo modo, non rimarrà altra via. Certamente Milosevic lo presenterebbe come una guerra di conquista della Serbia. Ma nessuno, alla Nato, si sogna di occupare Belgrado. Certo l’attacco da terra sarebbe difficile e pericoloso. Ma le truppe sono tra le migliori di cui l’occidente dispone. [...] L’esercito serbo dispone di pochi aerei, di tank obsoleti, di missili russi datati. Ma ha un formidabile apparato contraereo che non è stato ancora impiegato se non per l’abbattimento del famoso F-117, che a mio parere è stato centrato da un missile sensibile al calore che si è infilato nel motore. Milosevic sa tanto bene che si arriverà, salvo colpi di scena, a un attacco terrestre, da riservare la sua contraerea per gli elicotteri, che sono un supporto fondamentale delle truppe» (Carlo Jean, generale degli alpini, docente di strategia militare, a Sandro Ottolenghi).
• «La Nato ipotizza che il Kosovo forse non è potentemente difeso, ma sa che l’ipotesi può rivelarsi infondata. In più, qualunque serio stratega sa che l’armata serba non è composta solo da guerriglieri. In terra schiera tre armate, sette corpi d’armata, sei brigate corazzate, cinque d’artiglieria, due brigate antiaeree armate con tutta la dinastia dei missili Sam. In cifre significano 1.270 carri armati che sanno muoversi in montagna (e non è facile) 1.232 pezzi d’artiglieria, 167 lanciarazzi multipli, (quelli che fanno partire 48 colpi tutti insieme), tremila mortai (che in montagna sono micidiali), 135 missili anticarro teleguidati».
• Un’invasione via terra del Kosovo da parte della Nato richiederebbe almeno 100 mila soldati per sconfiggere l’esercito jugoslavo. Per allestire la spedizione (truppe, mezzi corazzati e equipaggiamenti) ci vorrebbero circa sei settimane (per qualcuno tre giorni, per altri alcuni mesi). Una forza Nato di intervento sul suolo potrebbe essere così composta: Usa 30.000 soldati, Gran Bretagna 12.000 soldati (4.000 già presenti in Macedonia), Francia 10.000 soldati (2.500 già presenti), Italia 10.000 soldati (1.000 già presenti), il resto da altri paesi Nato. Per entrare nella provincia contesa esiste una sola strada in grado di sopportare un traffico militare pesante e attraversa la valle di Lepanac (tra Macedonia e Kosovo) in uno stretto passo di montagna facilmente difendibile dai serbi. La strada che parte dall’Albania non è giudicata agibile alle colonne militari pesanti. Anche il porto greco di Salonicco è considerato inadatto a sostenere una vasta operazione militare.
• «Al momento la Forza Nato se ne sta nelle sue basi, sparse in Europa e negli Usa, ma è in allarme da quindici giorni e secondo una previsione, ottimistica e poco credibile, può essere trasportata in Macedonia in 72 ore con un ponte aereo che vede impiegati i giganteschi aerei da trasporto Galaxy e Hercules c-130. La Macedonia di aeroporti ne ha pochi ma quegli aerei scaricano in dodici minuti, non spengono neppure i motori e sgombrano subito le piste. Dal mare Adriatico, ormai intasato da 15 unità, tra cui tre portaerei, non si può fare niente, oltre che lanciare missili o aerei: la costa e il retroterra sono troppo impervie. Comunque il Kosovo non ha sbocco al mare e bisognerebbe attraversare il Montenegro. L’Albania, militarmente parlando (e non solo), è una sciagura: tutta montagna e niente strade; può servire solo da base agli elicotteri controcarro. E sono già arrivati gli elicotteri: 24 Apache americani progettati per sfondare i carri armati».
• L’elicottero Apache: lunghezza 17,7 metri, un equipaggio di due persone sistemate nell’abitacolo come su un tandem, davanti l’armiere-navigatore, dietro il pilota. armato con un cannone automatico a tiro rapido con 1200 colpi, 76 razzi da 70 millimetri e 16 missili anticarro Helfire. Ha un sistema di rilevazione dei bersagli che agisce in tutte le condizioni operative, il cannoniere vede l’obiettivo dal visore montato direttamente sul suo casco e manovra il cannoncino di prua con il movimento della testa.
• L’Italia manderebbe i sette migliori reparti del suo esercito. Col Moschin: (600 ”incursori” di base a Livorno) attualmente già presente con una compagnia in Bosnia e un nucleo in Macedonia. Comsubin: (400 uomini di stanza a La Spezia) sono considerati tra i migliori commandos di marina. Negli ultimi anni sono stati impiegati in Somalia e Albania. Folgore : (brigata di 7 mila uomini) già presente in Bosnia con 1.700 unità, una cinquantina di cingolati e blindati. Tuscania: (1.000 uomini) reggimento d’élite dell’Arma dei Carabinieri, sempre presente in tutti gli interventi militari all’estero. Garibaldi: (4.000 uomini) nuova brigata composta interamente da soldati professionisti, 1.000 sono già schierati in Macedonia con mezzi blindati e obici semoventi. San Marco: (700 uomini) brigata anfibia interforze con esperienza di Libano, Kurdistan e Albania. Taurinense: (3.000 soldati) è la brigata alpina incaricata di condurre l’operazione ”Alba 2” nel nord dell’Albania con i reparti logistico e sanitario.
• Tasso di perdite previste: otto per cento della forza d’attacco. «Percentuale degna dello sbarco in Normandia. Tradotto in cifre assolute significa che se la Nato progetta di invadere il Kosovo con un’armata di terra e eliportata di centomila uomini, ha già messo in conto di lasciare tra quelle montagne almeno ottomila giovanotti tra fanti, carristi, piloti d’aereo e elicotteri. Una carneficina alla quale nessun governo occidentale potrebbe sopravvivere. E infatti l’ipotesi di occupare quella provincia della Federazione jugoslava è diventata un incubo per tutti, militari e politici [...]. Se era stato ipotizzato di piegare la Serbia con le bombe lanciate da diecimila metri, i fatti dicono che la Serbia non si è piegata. [...] Del resto, erano stati proprio i militari del Pentagono ad avvertire la Casa Bianca (lo ha rivelato il ”Washington Post”, giornale non facile da smentire) che con i bombardamenti si sarebbe concluso poco e con tutta probabilità sarebbe stato necessario andare allo scontro frontale. credo vecchio quanto gli eserciti che ”nessun posto è conquistato e sicuro finché sopra non c’è l’impronta dello scarpone della fanteria”».
• Un’eventuale operazione terrestre non va auspicata. «Ma allo stesso tempo sarebbe un errore strategico escluderla, errore beninteso giustificato non solo dalla volontà di ridurre al minimo le perdite. La Nato infatti non sta facendo la guerra alla Serbia per sconfiggerla o occuparla sobbarcandosi il problema del mantenimento di dieci milioni di serbi. Quello che si vuole è risolvere in modo ragionevole e tutto sommato moderato l’oppressione del Kosovo».
• Stefano Silvestri, vice presidente dell’Istituto Affari Internazionali. Sul piano strategico-militare coma va inquadrata l’escalation dei bombardamenti Nato? «L’estensione dei bombardamenti alle capacità industriali, energetiche e produttive della Serbia indica una maggiore pressione sulla società civile serba. I cittadini soffrono di più le conseguenze del conflitto, sentono più vicina la guerra, si rendono conto che le cose non stanno come appaiono alla televisione o sui giornali controllati dal potere. L’altra novità è una maggiore concentrazione - che crescerà ulteriormente quando entreranno in azione gli elicotteri da combattimento Apache - sulle forze di terra serbe, in particolare quelle impegnate nel sud, in Kosovo e nelle zone limitrofe. Questo non significa, è bene chiarirlo, che con le forze aeree e gli elicotteri si possa distruggere l’esercito di Milosevic, significa invece che si cerca di impedirgli un controllo tranquillo del territorio e la libertà di movimento». [...] Sulla base delle informazioni a disposizione è possibile prevedere la durata del conflitto e la sua possibile evoluzione? «Se l’efficacia dei bombardamenti aerei è quella dichiarata e se le operazioni potranno continuare con questa intensità - e ciò dipende da diversi fattori: dalle condizioni atmosferiche alla tenuta politica dell’Alleanza - allora è possibile che la Serbia non abbia più di 20 -25 giorni di resistenza. A quel punto si tratterà di vedere se Belgrado tenterà un’ultima disperata mossa o se saremo chiamati a ”raccogliere i cocci”» (Stefano Silvestri a Umberto de Giovannangeli) .
• Quanto costa la guerra? La banca americana d’investimenti Lehman Brothers stima che un mese di bombardamenti sulla Jugoslavia costa 5.400 miliardi di lire. Un missile Cruise costa 1 miliardo e 800 milioni (ogni giorno ne vengono sparati circa 30), ogni missione aerea di bombardamento (150 al giorno) costa circa 180 milioni. Nella guerra del Golfo gli Usa spesero 61 miliardi di dollari (110 mila miliardi di lire) ma ne recuperarono 54 dai paesi che non diedero contributo militare, soprattutto Kuwait, Arabia Saudita, Germania e Giappone. Costo del programma alimentare dell’Onu per sfamare (per tre mesi) 650 mila profughi kosovari: 450 miliardi di lire. Per riportare a casa i profughi ci vorrebbe un ”Piano Marshall balcanico” che comprendesse Macedonia, Albania e Kosovo. Ogni nucleo familiare (due genitori e due figli) da riportare al proprio luogo d’origine costa circa 20 mila dollari. Dovrebbe riguardare circa 2 milioni di persone per un costo di 22 mila miliardi di lire (restano escluse le spese per la ricostruzione delle infrastrutture, strade , ponti, edifici pubblici, telecomunicazioni).
• Non esistono regole interne alla Nato per la divisione delle spese tra i paesi membri. Attualmente il maggior onore è sulle spalle degli Usa visto che sono americani quasi tutti i missili lanciati e due terzi della forza aerea impiegata (Alessio Altichieri, ”Corriere della Sera” 10/4/99). «Si arriva a un punto oltre il quale i costi crescono a dismisura e quando la guerra passa dal cielo alla terra diventano enormi soprattutto perché nessuno sa quanto durerà il conflitto. I governi sono impreparati a fronteggiare queste emergenze, basti pensare che un paese come la Francia non ha attualmente linee di credito per finanziare interventi di terra. Molto presto i paesi Nato dovranno discutere la ripartizione dei costi e qui si può già prevedere con largo anticipo il tenore della discussione: gli americani sosterranno la tesi secondo cui hanno aiutato gli europei a risolverere un problema europeo, gli europei sosterranno che non deve essere sottovalutato l’interesse strategico degli Usa» (Christian Schmidt, esperto di economia dei conflitti)
• La guerra non ha avuto alcun peso sull’economia dei paesi impegnati. Perché la finanza internazionale non reagisce alla guerra? « molto semplice: non c’è in gioco il petrolio, non c’è interesse commerciale da difendere, non ci sono altre materie prime il cui controllo sia conteso. Né sui Balcani esiste un mercato per i consumi così importante per l’Occidente: tranne qualche isola felice, si tratta di paesi che stanno ai margini della crescita economica e del reddito».
• «Dopo il record di Wall Street, con il Dow Jones che ha toccato per la seconda volta quota 10.000, anche la borsa di Londra ieri ha fatto scintille».
• Gli Usa si sono detti disponibili a «ospitare temporaneamente» fino a ventimila profughi del Kosovo nella base navale di Guantanamo a Cuba. Secondo il comando militare americano i rifugiati potrebbero «riposarsi in tranquillità, gustare cibi tropicali dimenticando gli orrori della guerra».