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 2000  dicembre 02 Sabato calendario

L’Aldil࿡ dell’Uomo

• «L’uomo d’esser mortal par che si sdegni» (Torquato Tasso).
• Dopo la morte, nella tradizione sumerica, dell’uomo non sopravvive che un’ombra, la quale, dopo aver attraversato il ”fiume divoratore dell’uomo”, scende nel Kur, un paese senza luce, pieno di polvere, sudiciume, acqua salmastra e pane amaro.
• I sumeri ritenevano che gli Inferi fossero organizzati come una grande città al centro della quale si trovava il Palazzo degli dèi sovrani (Nergal e Ershigal). Per giungere alla grande fossa che vi dava accesso, i morti dovevano compiere un lungo viaggio fino al luogo dove il sole tramonta. Per fare in modo che durante il viaggio non gli mancasse nulla, il morto veniva dotato di orzo, cereali, verdura secca, bevande varie, calzature di ricambio, cinture e talismani fatti di metallo e conchiglie.
• Per i sumeri la vita era il bene sommo, la morte il massimo dei mali.
• Tra i sumeri, le apparizioni degli spiriti dei defunti (etemmu) erano giudicate di cattivo augurio.
• «Nella camera principale giaceva il morto, disteso dentro un sarcofago di legno, mentre tutto intorno, nelle camere circostanti, erano disposte le provviste chiuse nelle giare. Pur conservando sostanzialmente queste linee, la struttura della tomba si sviluppò, si affinò nei suoi particolari, fino a raggiungere la forma che, con termine arabo, è detta Mastabà (banco di pietre): si tratta di un massiccio rettangolare in muratura di mattoni crudi o di pietre squadrate; un pozzo discendeva alla camera sepolcrale scavata nel sottosuolo. Sulle pareti era raffigurata l’immagine del defunto con il suo nome e scene della sua vita».
• «Nelle regioni sotterranee il morto esplicava una attività paragonabile a quella esercitata sulla terra. Una volta sazio di riposo, si svegliava, si alzava e, grazie al suo potere di aprire ciò che era chiuso, circolava liberamente nella sua tomba e mangiava... Il morto poteva fondare una proprietà (costruire un palazzo, scavare canali), aumentare il proprio prestigio sugli altri morti e giungere persino a essere accolto come ospite dal re che regnava sulle ombre».
• Secondo Platone, le anime dei malvagi che abitano l’aldilà recano i segni delle proprie scostumatezze. Sono piene di cicatrici, quasi fossero state flagellate.
• «Se la morte fosse la fine di tutto, sarebbe una fortuna inaspettata per i malvagi morire» (Platone).
• «Proclama beata la vita allorché l’anima è lontana dalle peregrinazioni del nascere, quando si arresta per lei il ciclo delle rinascite e può riprendere fiato, innalzandosi oltre la miseria dell’esistenza di quaggiù» (Proclo, filosofo neoplatonico).
• Gli antichi Greci erano convinti che i riti iniziatici garantissero speranze più dolci riguardo alla fine della vita e della stessa eternità. Agli iniziati defunti veniva affidata una laminetta d’oro, con incise le istruzioni per il viaggio da intraprendere e per il comportamento da tenere nell’aldilà.
• Anche la Roma repubblicana conosceva i misteri, grazie ai quali, diceva Cicerone, i suoi concittadini erano stati «affinati e addolciti da una vita rozza e feroce a una cultura umana...Così in verità abbiamo conosciuto i principi della vita, e abbiamo ricevuto la dottrina del vivere non solo con letizia, ma anche con una speranza migliore nella morte» (de legibus, 2, 14, 36).
• Tra gli ebrei, la peggiore maledizione per i defunti era di essere abbandonati senza sepoltura, in preda alle bestie.
• Gli ebrei non praticarono mai l’imbalsamazione. Uniche eccezioni: Giacobbe e Giuseppe, che morirono in Egitto e che da morti furono trattati secondo le consuetudini di quel paese.
• In un testo apocrifo ebraico (Visio beati Esdrae), un uomo di nome Esdra passa in rassegna i peccatori degli Inferi, tra i quali diverse donne tormentate da serpenti che succhiano le loro mammelle. Si tratta delle donne che uccisero i propri figli o che non vollero allattare i bambini orfani.
• «Vidi delle fanciulle vestite di nero, e quattro terribili angeli aventi tra le mani catene infuocate che gettavano attorno al loro collo e le conducevano così tra le tenebre. Nuovamente in lacrime, interrogai l’angelo: Queste chi sono, signore? Mi rispose: Sono le vergini che macchiarono la loro verginità all’insaputa dei loro genitori. Perciò scontano senza tregua le loro pene» (da L’Apocalisse di Paolo).
• «Chi sa se il vivere non sia morire/e il morire invece vivere?» (Euripide).