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 1999  giugno 14 Lunedì calendario

Massimo Piattelli Palmarini sul ”Corriere della Sera” di sabato: «Nel suo monumentale affresco della società medievale, lo storico francese Jacques Le Goff insisteva sulla presenza costante, universale e ossessiva della fame lungo molti secoli

• Massimo Piattelli Palmarini sul ”Corriere della Sera” di sabato: «Nel suo monumentale affresco della società medievale, lo storico francese Jacques Le Goff insisteva sulla presenza costante, universale e ossessiva della fame lungo molti secoli. Tanto che erano diffusissimi i racconti umoristici e le satire teatrali centrati, appunto, sulle eterne peripezie degli affamati in cerca di momentanea sazietà. Tutti vi si riconoscevano. Nelle moderne società industriali la fame è stata da tempo debellata, grazie a una colossale razionalizzazione dei processi di coltivazione, allevamento, trasformazione, conservazione e distribuzione. Inutile tentare di nascondersi il fatto che, senza questa colossale elaborazione industriale, e quindi anche chimica e genetica, dei prodotti della natura, la fame non tarderebbe a ritornare, soprattutto tra i meno abbienti. Ma l’ossessione, nel frattempo, ha preso un segno inverso a quello che aveva nel Medioevo. Oggi ci si preoccupa principalmente della difesa personale dal troppo cibo, e soprattutto dal cibo malsano. Storditi dalla pletora di termini chimici, si cerca di ricordarsi se quelli da evitare sono i poli-saturi (grassi solidi, per esempio il burro) o i poli-insaturi (grassi liquidi, come l’olio), se la metionina liquida (un farmaco che metabolizza i grassi) è ok, se la presenza di E-coli (un batterio che in dosi elevate può creare disturbi intestinali) è normale».
• «Le contraffazioni alimentari, le frodi e gli avvelenamenti conseguenti hanno accompagnato la fame ancestrale dell’umanità, hanno assediato i mercati e certamente ci sopravviveranno. La lotta incessante dei funzionari dell’annona contro i truffardi e i sofisticatori ha accompagnato l’ascesa e la caduta degli imperi, delle signorie urbane, in tutto il mondo, dagli albori della storia».
• Michele Serra, sempre sabato, sulla ”Repubblica”: «Ad ogni nuovo allarme alimentare la cosa più curiosa, e più incongrua, è la nostra pretesa di padroneggiare, per giunta nell’emergenza, una materia che ci è del tutto o quasi sconosciuta. Come il velista che pretenda di imparare l’abicì della navigazione proprio transitando per capo Horn, il carrellista si fa improvvisamente occhiuto, prudente e scafato laddove nemmeno un Nobel per la biochimica saprebbe destreggiarsi. Bordeggiando tra gli iperscaffali si cerca sulle confezioni, in un dedalo di stampigliature, avvertenze, ricette-lampo, prezzature e punti-premio, quel marchio d’infamia ”B” (Belgio! Il paese delle tenebre!) che da solo avrebbe il potere, come la stella che Milady portava sul braccio, di svelare il male compiuto. Sappiamo bene che nella nostra precedente prassi, per non dire di quella futura, né gli scampoli di gallina né qualsivoglia prodotto venivano sottoposti a una così spietata pulizia etnica [...]. La catena alimentare è tanto frammentata e sofisticata (in entrambi i sensi) da non potersi fondare che sulla fiducia cieca nel precedente anello: il consumatore spera che l’incellofanatore non si scaccoli durante l’orario di lavoro, l’incellofanatore conta sul fatto che le salme di gallina siano arrivate fino a lui riposando su camion puliti e non frollando in betoniere arroventate, il trasportatore si augura di consegnare cosce tornite dal footing e non dopate dall’allevatore, l’allevatore confida che il suo fornitore di mangimi non ingrassi le granaglie con l’olio usato del suo trattore, il produttore di mangimi confida nell’acquisto di chicchi cresciuti a sole e acqua e non troppo aspesi di pesticidi e altri cancheri».
• Polli sospettati di contaminazione: 12 milioni. Aziende che avrebbero ricevuto mangime alla diossina: 1.459.
• Una volta, quando gli animali d’allevamento morivano venivano sotterrati. Oggi vengono portati in stabilimenti, cotti a vapore e pressati. «Il liquido ottenuto da questa spremitura è essiccato o diventa una pasta di grasso. La parte proteica è trasformata in farine animali e i grassi vengono riciclati per finire anch’essi nei mangimi [...] I grassi utilizzati nei mangimi sono dal punto di vista nutrizionale delle bombe caloriche. Nel giro di 40-50 giorni un pollo è già pronto. una questione di profitti e di costi minori: le farine proteiche costano la metà rispetto a quelle ricavate dalle soia».
• Il ciclo della diossina. «La Verkest (una piccola fabbrica con cinque operai vicino a Gand) avrebbe immesso olio di motore e fluido di raffreddamento (presente nei trasformatori elettrici) nelle materie grasse che ricavava principalmente dagli scarti delle carcasse degli animali. Con le elevate temperature si sono liberate sostanze tossiche, probabilmente il policlorobifenile, che a sua volta ha prodotto diossina. La Verkest ha poi venduto il suo grasso alle aziende produttrici di farina animale per mangimi (come la De Brabander, la prima a notare qualcosa di strano e ad avvertire gli ispettori del ministero). Queste hanno poi venduto i mangimi contaminati agli allevatori che hanno nutrito con la farina animale i loro animali: polli, maiali, mucche».
• Emma Bonino. «L’emergenza rischia di allargarsi a macchia d’olio. Come fece il governo inglese con la Bse (sindrome della mucca pazza), anche quello belga ha cercato di coprire la cosa. Non ci ha avvertito tempestivamente, come invece ha fatto con Olanda e Francia, peggiorando le cose». In che modo? «Avremmo potuto adottare immediate misure di salvaguardia accompagnandole con interventi per la decontaminazione degli alimenti. Invece ora ci troviamo di fronte a un compito gigantesco che è quello di tentare di ricostruire tutto il percorso che nel frattempo animali e prodotti derivati hanno fatto in giro per il Belgio e l’Europa». In altre parole sono i controlli nazionali che non hanno funzionato e non il sistema di allarme comunitario? «Sono varie le cose che non hanno funzionato. Prima di tutto i controlli delle autorità belghe nelle fabbriche di mangime, un settore dove per esperienza si sa che non sempre è garantito il rispetto delle norme sanitarie».
• Belgio. Si sono dimessi il ministro della sanità Marcel Colla e quello dell’agricoltura Karel Pinxten. «Il sistema partitico ”bloccato” del Belgio attribuisce dal 1958 il ministero dell’agricoltura ai partiti cattolici, senza ricambi. E Pinxten appariva molto legato al sindacato agricolo fiammingo Boerenbond, grande potenza economica-finanziaria, interessata a tacitare ogni allarme (nelle Fiandre si concentra il 93% della produzione avicola belga). Proprio nell’area fiamminga si è concentrata anche la ”mafia degli ormoni” bovini: la scorsa settimana un allevatore recidivo è stato condannato a quattro anni di reclusione per aver somminstrato sostanze vietate alle proprie vacche».
• Italia. «Può darsi che da noi in Italia non ci sia un problema di contaminazione; mi meraviglio che si possa dire che non c’è problema in assenza di dati analitici: l’Italia non ha neanche i laboratori in grado di fare analisi sulle diossine, ce ne saranno due o tre in tutto il paese» (Fabrizio Fabbri di Greenpeace).
• Michele Carruba, docente di farmacologia a Milano (negli anni 70 si era occupato della nube di diossina fuoriuscita dall’Icmesa di Seveso): «Le eventuali quantità di diossina presenti su carne avicola e uova sono infinitesimali e pertanto non pericolose. Una persona, per riportare dei danni alla salute, avrebbe dovuto mangiare per esempio un pollo al giorno per mesi. Non mi risulta che qualcuno mangi pollame per così tanto tempo».
• La reale valutazione dei danni da diossina è difficile. I test per individuarne la presenza negli alimenti sono costosi (fino a tre milioni), complessi e pochi i laboratori (sette in Italia) sono in grado di eseguirli. Inoltre, l’impatto sulla salute dipende da molte variabili: la durata dell’esposizione (quanta carne di pollo o altri cibi contaminati sono stati mangiati), dal peso corporeo del consumatore, dal suo tipo di alimentazione e dai paramentri usati per calcolarne la quantità che non esponga a rischi».
• La diossina non dà sapore particolare e nemmeno odore ai cibi. « impossibile riconoscerla con il gusto perché è stata diffusa in concentrazioni minimali. [...] Il calore e soprattutto il mescolare mentre si cuoce favoriscono l’ossidazione e quindi diminuiscono la pericolosità. Il freddo conserva invece la tossicità della diossina» (Michele Carruba).
• Gaetano Fara, direttore dell’Istituto di igiene all’università La Sapienza di Roma: «Fa più danno un pacchetto di sigarette che un intero pollo alla diossina». Dal suo discorso sembra che l’incubo dei polli belgi sia frutto di un delirio di massa. «Non dico questo, però la gente non capisce quanto si comporti in modo irrazionale: tutti si mobilitano atterriti per i cibi contaminati, ma continuano a fumare e a tollerare chi fuma [...] La diossina rispetto al fumo è roba da ridere».
•  morta in Europa una civiltà rurale che aveva nella terra il suo riferimento costante. «Con l’apparizione dell’agro-industria e degli agro-dirigenti, la concentrazione produttiva e la ricerca sistematica del valore aggiunto sono diventati i nuovi riferimenti dell’agricoltura, hanno paradossalmente sostituito la terra [...] Oggi un produttore avicolo o di uova non è più un imprenditore agricolo e neanche il vero padrone della sua impresa. Quasi sempre è una specie di ricco salariato che lavora agli ordini di un gruppo multinazionale e al quale vengono forniti i pulcini, i mangimi e tutte le attrezzature tecniche necessarie. A sua immagine e somiglianza è il produttore di carne suina nei cui locali, spesso alle porte della città, sono raccolti migliaia di maiali che non vedono mai la luce del giorno fino a quando non vengono macellati per giungere, poco dopo, sulla mensa di chi magari crede alla favola del cibo genuino».
• «Dalla mucca pazza alla crisi belgo-olandese c’è una costante. La verità è stata inizialmente soffocata dall’omertà di singoli governi. Per timore di seminare panico, di danneggiare l’agricoltura e l’industria nazionale, i governi hanno minimizzato. Dovendo scegliere hanno protetto i portafogli degli allevatori anche a costo di tollerare atti criminali e di mettere in pericolo i cittadini. Ogni volta l’autorità più severa è stata la Commissione europea: ancora ieri protagonista di un durissimo scontro con il governo belga che continua a non prendere provvedimenti adeguati [...] Noi italiani dovremmo saperlo. Centinaia di norme a tutela della salute e dell’ambiente (dalla benzina verde all’obbligo di indicare ingredienti e scadenze nelle confezioni alimentari) sono leggi del nostro paese perché le ha imposte l’Europa».
• «Perché non mettere a tavola le uova delle galline ruspanti a 500 lire l’una? Perché quelle di batterie costano la metà. Visto che l’Italia è un paese che mangia (anche troppo), visto che l’italiano medio è, tra gli europei, al secondo posto per obesità, ed allora anche tutto questo ci insegna che dobbiamo mangiare di meno, ma meglio, accettare di spendere di più, ma con la garanzia di sapere, attraverso le marche di qualità, che quel pollo, quel coniglio, quel pesce di mare, hanno sanità, gusto, buongusto».
• «Molti (più che altro molte) di noi temono la diossina, ma non possono dar retta ai guru. Che invocano la chiusura delle frontiere alle schifezze tossiche per le masse, proponendo un’autarchia alimentare che faccia scoprire i veri sapori. I nostri motivi sono banali: chi ha dalle tre quelle tre-quattro orette al giorno per trasformare i pasti in ciò che il grande Edoardo Raspelli definisce un ”percorso della gioia e della gola”? Ci piacerebbe; ma la vita è fatta di corse al supermercato, spese lampo dal droghiere di sotto, pranzi in tavole calde con soprannomi tipo ”Seveso” o ”lo zozzone”».