Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  aprile 26 Lunedì calendario

L’Opa Olivetti partirà il 30 aprile e si chiuderà il 21 maggio

• L’Opa Olivetti partirà il 30 aprile e si chiuderà il 21 maggio. Olivetti accetterà i titoli solo se le adesioni saranno tra il 67% ed il 100% del capitale. Se le adesioni saranno tra il 35 ed il 67%, Olivetti si riserva di accettare «solo se in grado di controllare Telecom e concretizzare il piano industriale».
• Bernabè, attuale amministratore delegato di Telecom, ha sempre respinto l’Opa Olivetti con le seguenti motivazioni: prezzo inadeguato, leva finanziaria eccessiva (troppi debiti), piano industriale basato esclusivamente su tagli e dismissioni. Piano di Bernabè: sviluppo senza debiti, integrazione con la telefonia mobile, pochi esuberi.
• Dopo varie peripezie, per rispondere all’Opa Bernabè ha concordato la fusione con i tedeschi di Deutsche Telekom. Una società di nuova costituzione (NewCo), con sede in Germania, lancerà un’offerta pubblica di scambio sui titoli Deutsche Telekom e Telecom Italia. Per ogni titolo tedesco ne serviranno tre italiani: poiché il titolo tedesco quota in borsa attorno a 36 euro, quello italiano è stimato da quest’offerta intorno a 12 euro (Colaninno ne offre 11,5).
• Dopo varie peripezie, per rispondere all’Opa, Bernabè ha concordato la fusione con i tedeschi di Deutsche Telekom. Una società di nuova costituzione (NewCo), con sede in Germania, lancerà un’offerta pubblica di scambio sui titoli Deutsche Telekom e Telecom Italia. Per ogni titolo tedesco ne serviranno tre italiani: poiché il titolo tedesco quota in borsa attorno a 36 euro, quello italiano è stimato da quest’offerta intorno a 12 euro (Colaninno ne offre 11,5).
• Il gruppo che potrebbe nascere dalla fusione di Deutsche Telekom e Telecom Italia (la più grande della storia) varrebbe 81 miliardi di dollari.
• Deutsche Telekom fa una volta e mezzo il fatturato di Telecom Italia (35.126 miliardi contro 23.141), fa più o meno gli stessi utili (2.160/1.925), è quattro volte e mezzo più indebitata (35.000/8.000 miliardi), ha quasi il doppio dei dipendenti (216.000/126.100).
• Telecom è più efficiente di Dt. Abbonati per dipendente di Dt: 220. Di Telecom: 300. Di un’ipotetica società perfettamente efficiente: 350.
• Telecom è forte nei cellulari, DT in internet e nel settore multimediale. I tedeschi sono forti nell’Europa dell’Est e in Asia, Telecom in Sudamerica.
• Questa fusione non ha molto senso dal punto di vista industriale. La quasi totale complementarità geografica delle due società, che operano in Stati neppure confinanti, non presenta grandi prospettive di riduzione dei costi. Dwayne Taylor di Robert Flemings: «Dt avrebbe più interesse ad acquisire Cable & Wireless dato che metterebbe un piede in Asia, avrebbe una presenza in Internet e si radicherebbe in un mercato competitivo come quello Gb».
• Per il quotidiano britannico ”Independent” il governo italiano «sarebbe pazzo» se non usasse la golden share per bloccare la fusione di due società «inefficienti al di là di ogni speranza, grasse e pigre». Soluzione proposta: un accordo con British Telecom.
• Il 74% di Dt è ancora di proprietà dello Stato tedesco. La società derivante dalla fusione avrebbe all’incirca il seguente azionariato: Stato tedesco 38%, altri azionisti Dt 20%, nocciolo duro Telecom 2,3%, altri azionisti Telecom 39,7% (in sostanza sarebbe una società pubblica tedesca). Per evitare questa eventualità, il governo italiano si è detto favorevole alla fusione a due condizioni: che lo Stato tedesco esca al più presto da Dt e che l’unione avvenga «su basi paritetiche». Le dimissioni dell’ex ministro socialdemocratico Oskar Lafontaine, fermamente contrario alla privatizzazione, rendono più facili le cose. Altro punto a favore della privatizzazione: lo Stato tedesco ha bisogno di soldi per ridurre di almeno 20 miliardi di marchi il deficit pubblico.
• Eugenio Scalfari: «Si può tener per buona l’eventuale promessa di Schroeder di privatizzare Deutsche Telekom? Chi può firmare validamente questa promessa? In quanto tempo sarebbe effettuata la privatizzazione? Lo Stato tedesco uscirebbe completamente dalla Deutsche o ne conserverebbe una quota? Quale? Una società come la Deutsche si controlla agevolmente anche con il 30 e anche con il 20 per cento».
• Nerio Nesi del Pdci: «Chiunque creda che il governo tedesco possa passare dal 72 al 49 per cento in breve tempo o è un pazzo o è un ignorante».
• Per Bernabè il dibattito sulla pariteticità tra italiani e tedeschi è «una questione di lana caprina»: «I nostri maggiori azionisti, come i fondi Capital o Fidelity, partecipano a entrambe le società. La fusione non fa che mettere insieme le quote dei fondi, quelle dei soci e dei risparmiatori. Se guardiamo la struttura dell’azionariato, già oggi in Telecom Italia prevalgono gli stranieri. Ma dobbiamo dire che l’azienda non è italiana?».
• «Uscire da Telecom e comprare Olivetti, ricomprare Telecom e fondersi con Deutsche Telekom. un triplo salto mortale con avvitamento quello che Franco Bernabè propone ai cosiddetti ”soci forti” di Telecom [...] gli Agnelli, gli Arcuti, i Lucchini eccetera [...] Secondo le ricostruzioni delle ultimissime ore l’idea ”smarcante”, manco a dirlo, sarebbe venuta al solito Enrico Cuccia dopo il tè con D’Alema a casa Marchini [...] Il piano sarebbe questo. La prima fase consisterebbe nel far partire, come previsto, l’Opa Olivetti a fine aprile, ma quasi contemporaneamente scatterebbe una fase due, e cioè l’ingresso dei soci ”ex-stabili” di Telecom (quelli meno impresentabili, ghignano a Botteghe Oscure), nel capitale Olivetti. Come? [...] facendogli rilevare la quota che attualmente ha la Mannesmann [...] Arrivati ormai a metà maggio, si conoscerebbe il risultato dell’Opa: presumibilmente il 65-70% di Telecom che si ridurrebbe al 25% circa in mano a Olivetti, quota che secondo i patti sarà equivalente a quella detenuta dal governo tedesco se la promessa di alleggerimento sarà mantenuta».
• «Nulla vieta agli azionisti del nocciolo duro di aderire all’Opa, vendendo le proprie quote alla luce del sole. Nel caso lo facciano tutti, incasserebbero 5.000 miliardi in contanti, più azioni e obbligazioni Tecnost per un valore virtuale di altri 3.000 miliardi [...] Questo capitale potrebbe essere reinvestito nella Tecnost oppure in Olivetti. Un’altra ipotesi è che i soci del nocciolo apportino direttamente le proprie Telecom diventando azionisti Olivetti. Il nocciolo si ricostituirebbe dentro l’azienda di Ivrea, fino a un massimo del 30% del capitale. A comandare in Olivetti sarebbero gli Agnelli, le Generali, Mediobanca e Lehman, a cui potrebbero aggiungersi altre banche italiane. Nel finale a sorpresa il nocciolo duro di Telecom sarebbe il vero padrone di Colaninno, che di capitali suoi ne ha ben pochi».
• Gianni Agnelli a Luca Cordero di Montezemolo che richiesto di un parere aveva detto di veder bene Colaninno alla Fiat: «E se questo poi lancia un’Opa sulla General Motors?».