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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Maschio o femmina? Da un certo punto della gravidanza in poi, una semplice ecografia alla pancia della mamma può rivelare il sesso del nascituro, ma non in tutte le situazioni presenti in natura la risposta appare così chiara

• Maschio o femmina? Da un certo punto della gravidanza in poi, una semplice ecografia alla pancia della mamma può rivelare il sesso del nascituro, ma non in tutte le situazioni presenti in natura la risposta appare così chiara. Mentre nell’adulto basta uno sguardo per rendersi conto che già dall’aspetto fisico sono molte le differenze tra i sessi, spesso l’osservazione superficiale dei piccoli di molte specie non ci aiuta a capire se ci stiamo rivolgendo a un maschio o a una femmina. Se però avessimo una lente d’ingrandimento così potente da guardare dentro ad una singola cellula di questi cuccioli, e se la risoluzione fosse tale da distinguere i cromosomi dentro il nucleo, ci renderemmo conto che il segreto è proprio lì. il cromosoma Y: che esiste unicamente nelle cellule maschili, mentre nelle cellule femminili è del tutto assente. Questo piccolo pezzetto di DNA è il responsabile delle differenze tra i due sessi, in quanto promuove lo sviluppo di tutti i caratteri maschili, attraverso l’azione di pochi ormoni e di altre proteine attive unicamente nei maschi.
• Il cromosoma Y, insieme al cromosoma X, è uno dei due cosiddetti ”cromosomi sessuali”, così chiamati proprio perché nei mammiferi, a seconda di come sono assortiti nella cellula, determinano il sesso della cellula stessa e quindi dell’individuo. qui che si trovano tutte le informazioni genetiche necessarie per lo sviluppo degli organi e dei caratteri sessuali tipici dei due sessi. Nell’uomo i sessi sono due, come in tutti gli altri mammiferi, perché due sono i sessi nelle cellule, a seconda dei modi in cui questi cromosomi si combinano. Le cellule somatiche dei maschi hanno infatti un corredo cromosomico leggermente diverso da quello delle femmine. Tutte le cellule contengono 44 cromosomi, detti ”autosomi” perché presenti sia in quelle somatiche maschili che in quelle femminili, più la coppia di cromosomi sessuali. Nei maschi troviamo un cromosoma X e un Y, mentre nelle femmine due X. Ma se ognuna delle 22 paia di autosomi è formata da due bastoncelli di uguali dimensioni e contenenti gli stessi geni, i cromosomi sessuali formano una ”strana coppia”. I bastoncelli sono infatti morfologicamente e geneticamente diversi. Se il nostro cromosoma X è grande quanto i più grandi autosomi e contiene circa 3000 geni, il cromosoma maschile Y è invece uno dei più piccoli cromosomi del genoma umano. Oggi sappiamo che l’Y contiene solo poche decine di geni, sparpagliati all’interno di estese regioni di ”DNA spazzatura”, lunghe sequenze di sequenze prive di informazioni utili per la cellula. Per di più, mentre gli autosomi portano sempre due copie dello stesso gene, una di origine paterna e una di origine materna, alcuni geni dell’Y sono unici e non se ne trovano di omologhi sul cromosoma X che lo accompagna.
• Due sono i tipi di geni che troviamo sul cromosoma maschile: geni omologhi, che hanno cioè un fratello sull’X, e che svolgono funzioni vitali in tutte le cellule dell’organismo, e geni unicamente presenti sull’Y. Questi sono espressi solo nei testicoli, dove fabbricano proteine specializzate per l’espressione dei caratteri sessuali maschili. Tipicamente la produzione di spermatozoi, della barba, la statura e la stazza corporea, tutti fattori importanti per vincere la gara per la selezione sessuale. La competizione sessuale garantisce infatti la trasmissione di quei caratteri in grado di avvantaggiare alcuni individui maschi nella corsa al successo riproduttivo. Sia perché più attraenti per il sesso femminile, sia perché effettivamente più fertili di altri. Secondo gli scienziati, le femmine sceglierebbero i maschi dai caratteri maschili più marcati, in quanto garanzia di maggior vitalità e salute, per trasmettere i geni migliori alla progenie. In realtà sappiamo bene come, almeno nella specie umana, questi non siano gli unici fattori che intervengono nella scelta di un partner. Spesso entrano in gioco altri fattori come per esempio lo status sociale che nulla ha a che fare con la genetica. Il fatto però che questi caratteri vengano trasmessi invariati di padre in figlio, fa sì che i geni del maschio, sfavorevoli per il gentil sesso, rimangano segregati sul cromosoma maschile. La selezione sessuale favorisce quindi quei caratteri vantaggiosi unicamente per i maschi. Perciò, chi ha problemi di sex-appeal, si rivolga al proprio cromosoma Y! Ma che cos’è la determinazione del sesso? Si tratta di tutti quei processi di formazione, sviluppo e maturazione dei tessuti embrionali che formeranno gli organi sessuali: i testicoli nei maschi e le ovaie nelle femmine. Nel corso dell’evoluzione la natura ha messo a punto due sistemi diversi per decidere se un individuo sarà maschio o femmina: uno di questi utilizza la genetica e l’altro l’ambiente. Ma per prima cosa, prendiamo la nostra super lente d’ingrandimento e andiamo a vedere ancora più da vicino come questo avviene quando è la genetica, attraverso i cromosomi sessuali e l’attivazione o la soppressione di geni, ormoni e delle proteine necessare per i caratteri maschili e femminili, a determinare il sesso dell’individuo come nel caso dell’uomo e di tutti gli altri mammiferi.
• I cromosomi X partecipano alla formazione di una femmina insieme a tutti gli altri cromosomi perchè i geni necessari allo sviluppo delle gonadi femminili sono sparsi su tutto il genoma. nel maschio il cromosoma Y è invece l’unico protagonista responsabile dello sviluppo dei caratteri sessuali. Questo perché su di esso si trovano i geni direttamente responsabili della formazione dei testicoli e delle cellule germinali maschili. Il ”gene del maschio” si chiama SRY, che sta per ”sex-determining region Y”, o regione dell’Y che determina il sesso. Il gene è stato scoperto una decina d’anni fa grazie all’esistenza di individui che mostravano la cosiddetta ”inversione del sesso”. Nel mondo esistono però migliaia di maschi XX (anziché XY) e femmine XY (anziché XX) che scoprono di essere vittime di questa sindrome solo nell’età dell’adolescenza. Queste persone hanno ereditato dal padre un cromosoma sessuale difettoso. Durante la produzione degli spermatozoi, la regione del cromosoma Y responsabile dei caratteri sessuali maschili si è staccata per trasferirsi sul cromosoma X, rendendolo capace in questo caso di fabbricare un maschio. Il sequenziamento del DNA di questa regione dell’Y ha permesso di individuare il gene SRY. I ricercatori hanno scoperto che già nell’embrione umano di sole sei settimane il SRY agisce sui tessuti ancora indifferenziate per cominciare a formare i testicoli. In seguito, sono l’attivazione di altri geni coinvolti nella determinazione del sesso e la continua produzione di testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, a garantire lo sviluppo degli organi genitali maschili fino alla nascita e oltre. In una femmina invece, SRY è assente, e questo causa la formazione delle ovaie. D’altra parte, introducendo SRY in cellule femminili al momento giusto, esso è in grado di convertire in maschio, seppur sterile, un embrione che altrimenti sarebbe diventato una femmina. Nei mammiferi lo sviluppo sessuale è perciò un processo a due stadi: il primo consiste nella formazione delle gonadi, maschili o femminili, a seconda dei cromosomi sessuali presenti nelle cellule. Successivamente, se si sono formati i testicoli, questi producono testosterone che induce tutte le cellule a seguire la via di sviluppo maschile. Se invece si formano le ovaie, l’assenza di testosterone permette alle cellule di seguire la via di sviluppo femminile. Vale a dire che donne si nasce mentre maschi si diventa, Potrà sembrare riduttivo ai cultori del ”machismo”, ma nel maschio la determinazione del sesso equivale alla determinazione dei testicoli. Quindi se i maschi sono tali, lo devono esclusivamente ad un pezzettino del loro cromosoma Y!
• Sul cromosoma Y troviamo altri geni maschili, questa volta implicati nella fertilità. Non a caso sono numerosissime le forme di sterilità di origine genetica. In circa la metà delle coppie colpite da problemi di infertilità, la causa risiede nell’uomo, che produce pochissimi spermatozoi o addirittura nessuno. Da quando, una trentina di anni fa, i ricercatori hanno cominciato a osservare il cromosoma Y al microscopio, si sono accorti che al 10% degli uomini con questi problemi mancano regioni del cromosoma, presenti invece nel negli uomini fertili. Oggi sappiamo che le regioni assenti nei cromosomi difettosi degli uomini sterili sono tre e contengono i geni per la fertilità, responsabili della produzione spermatica e quindi della capacità riproduttiva maschile. Il funzionamento di questi geni, non è però ancora del tutto chiaro e scoprirne il meccanismo d’azione potrebbe suggerire la messa a punto di nuove terapie per la cura dell’infertilità maschile. Ma non solo: con sollievo di molte donne, le stesse informazioni potrebbero servire a ideare nuovi farmaci anti-spermatici e mettere a punto nuovi metodi di contraccezione maschile. Lo strumento principale per ovviare ai problemi di sterilità maschile è sono i nuovi sistemi di fecondazione assistita. Tra questi vi è l’ICSI (intracytoplasmic sperm injection, o iniezione di spermatozoo intracitoplasmatica), in cui la cellula uovo femminile viene iniettata con uno spermatozoo proveniente direttamente dal testicolo di un individuo che risulta sterile per la sua ridotta produzione di spermatozoi. però facile rendersi conto che questo sistema non risolve il problema dell’infertilità maschile, ma lo rimanda alla generazione successiva. L’Y si trasmette praticamente immutabile dipadre in figlio e i maschi così concepiti erediteranno inevitabilmente il cromosoma Y difettoso e da adulti si ritroveranno con l’identico problema di sterilità.
• La determinazione del sesso legata al cromosoma Y è una caratteristica dei mammiferi, ed è quindi associata alla loro comparsa sulla Terra, circa 300 milioni di anni fa, quando durante l’evoluzione, insieme agli uccelli, si sono separati dai rettili. Oggi esistono tre gruppi di mammiferi: i placentari, di gran lunga i più numerosi e a cui appartiene anche l’uomo, i marsupiali come i canguri ed i monotremi come l’ornitorinco e l’echidna. In tutti e tre, sebbene la riproduzione sia anche molto differente, (i neonati umani nascono a sviluppo completato, i bebè canguri terminano lo sviluppo dopo la nascita nel marsuoio della mamma, e l’ornitorinco depone le uova, ma allatta i piccoli), lo sviluppo del maschio dipende ancora dal cromosoma Y. Il quale, nonostante sia via via sempre più piccolo dai monotremi a noi, conserva il medesimo gene SRY. Ma la genetica non è l’unico modo per fabbricare maschi e femmine. un sistema piuttosto sofisticato, nato con i mammiferi e quindi relativamente recente nella storia evolutiva. Come si faceva prima che esistessero i cromosomi sessuali? Perfortuna la natura ha inventato modi più semplici per distinguere i maschi dalle femmine, che possiamo osservare anche oggi. Può sembrare sorprendente, ma in alcuni rettili, come lll tartarughe, è la temperatura alla quale vengono incubate le uova a decidere il sesso del nascituro. Se è al di sopra dei 32°C nascono delle femmine, se invece la temperatura è inferiore ai 28°C, le uova daranno dei maschi. Quelle incubate a temperature intermedie producono sia maschi che femmine. In alcune specie di pesci e anfibi invece, i due sessi sono intercambiabili, a seconda degli ormoni prodotti dall’individuo o da fattori comportamentali, come per esempio il numero di individui di ciascun sesso all’interno del gruppo. Se ci sono più maschi che femmine alcuni esemplari possono cambiare sesso per farsi fecondare e mantenere un equilibrio sessuale nel gruppo. Nel vermetto marino Bonellia poi, le larve sono sessualmente indifferenziate e diventeranno femmine o maschi a seconda che si depositino sul fondo marino o si attacchino al corpo di una femmina adulta. Ancora più peculiare è il mondo degli invertebrati, dove il sesso viene deciso in modi davvero bizzarri. Ad esempio nella Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta, e nel vermetto nematode Caenorhabditis elegans, il sesso dipende dal rapporto tra il numero di cromosomi ed il numero di autosomi. Nella mosca, se questo è pari a 1 l’individuo è femmina, se è pari a 0,5 l’individuo è maschio. Tra i due valori, l’individuo è un ”intersesso”, con caratteristiche intermedie tra i due! Le api e le formiche non possiedono cromosomi sessuali, e così se le uova non vengono fecondate esse danno dei maschi con un singolo corredo cromosomico. Se invece c’è fecondazione il numero di cromosomi raddoppia e nascono delle femmine. Nel Saccharomyces cerevisiae, il comune lievito di birra, esistono invece due sessi distinti solo perchè portatori di due forme diverse dello stesso gene.
• Così come i paleontologi possono risalire all’evoluzione delle specie analizzando le ossa degli animali viventi e i fossili, i biologi molecolari hanno imparato a ricostruire l’evoluzione dei cromosomi e dei geni esaminando la sequenza del DNA. Il cromosoma Y, oltre che ad essere essenziale per fabbricare un maschio, si sta rivelando uno strumento utilissimo per ricostruire la propria storia evolutiva, o addirittura per risalire a dove viveva ”Adamo”, il primo uomo sulla Terra, e ai suoi flussi migratori per colonizzare il pianeta partendo dall’Africa. Le sequenze di DNA del cromosoma Y di maschi appartenenti ai diversi continenti, come rivelano gli studi del Prof. L. Luca Cavalli Sforza, uno dei genetisti di popolazioni più famosi del mondo, ci raccontano l’evoluzione e la conservazione del cromosoma nei diversi popoli. I protagonisti di queste scoperte sono i polimorfismi del DNA: delle piccolissime differenze tra le basi azotate che costituiscono i geni. In sostanza, anche se due individui sono portatori dello stesso gene, nel loro DNA vi saranno delle piccolissime differenze, una specie di firma molecolare che identifica ciascuno di noi in modo inequivocabile. lo stesso principio che che si utilizza nei test genetici per verificare la consanguineità o in tribunale per risalire ad una persona sulla base di campioni biologici. Per la gioia dei ricercatori i geni dell’Y si trovano regioni del cromosoma molto conservate e rappresentano quindi una miniera di informazioni sull’origine e sulla datazione dell’uomo che li porta. A quasi ogni popolazione, sono associate sequenza di DNA caratteristiche e ricostruendo l’albero genealogico di questi cambiamenti sul cromosoma maschile si è scoperto che il primo ”uomo moderno” si è spostato dall’Africa insieme alla sua compagna circa 100 mila anni fa. però possibile dire c’erano anche altre donne, grazie al DNA dei mitocondri. Questi organelli, presenti nel citoplasma di tutte le cellule, si trovano anche nella cellula uovo, ma non negli spermatozooi costituiti quasi esclusivamente dal materiale genetico. Sono quindi il corrispettivo femminilie del cromosoma Y perchè si trasmettono esclusivamente di madre in figlia, permettendo così di ricostruire l’albero genealogico della linea materna. Si è scoperto ad esempio che gli abitanti del Nord e Sud America hanno un’origine comune, e che deriverebbero da un antenato siberiano o asiatico. O che gli attuali giapponesi discenderebbero da immigranti coreani o cinesi. O ancora: che gli europei hanno un antenato fenicio o mediorientale che nel Neolitico (7000-3000 a.C.), avrebbe messo piede in Europa. Pensate che la genetica suggerisce perfino che le popolazioni semite, che comprendono ebrei e non ebrei del Medio Oriente, inclusi palestinesi, siriani e libanesi, hanno un’origine comune. Anche il cromosoma Ydi Oëtzi, la mummia ritrovata dieci anni fa tra i ghiacci dello Similaun in Tirolo, è sotto gli occhi dei ricercatori, per studiare le differenze del suo cromosoma Y rispetto a quello degli attuali altoatesini.
• Ma qual è l’origine del cromosoma Y? La storia dei cromosomi sessuali è incredibilmente dinamica, segnata da un continuo scambio di sequenze di DNA tra i due bastoncelli, che continua ancor oggi. Come se non bastasse, il piccolo cromosoma Y, ritenuto da sempre piuttosto privo di informazioni utili per la cellula, si sta rivelando una miniera di novità. Come abbiamo detto poco fa, l’Y è nato quando i mammiferi hanno fatto la loro comparsa sulla Terra, e in tutto questo tempo è riuscito a mantenere i geni importanti per la sopravvivenza dei maschi e per garantirne la fertilità. Ma se la condizione normale sarebbe quella di avere due cromosomi uguali, da dove deriva il cromosoma del maschio? Il fatto che la maggior parte dei geni sull’Y abbia un omologo sul cromosoma X, dimostra che i due discendono da una coppia di cromosomi molto simili presenti in un antenato comune. Secondo le teorie più recenti, l’evoluzione degli attuali cromosomi X e Y sarebbe avvenuta in diverse tappe, che hanno portato prima a un cromosoma Y piuttosto specializzato e selezionato in base alla capacità di rendere il maschio sempre più fertile e più ”virile”. In seguito, la diversificazione dell’X dall’Y sarebbe avvenuta grazie all’aggiunta di frammenti cromosomici diversi, e all’arresto della ricombinazione, dello scambio cioè di pezzi di DNA tra i due cromosomi, causato da cambiamenti nella loro struttura. Un esempio di divergenza nella struttura dei cromosomi è il nostro gene SRY, di cui esiste una versione corrispondente sul cromosoma X, chiamata SOX3, che però non partecipa alla determinazione del sesso. Quello che è successo in questo caso è che lo stesso gene, a causa di una mutazione, ovvero della cambiamento casuale di una parte della sua sequenza, è diventato capace di svolgere delle funzioni completamente diverse, e trasformarsi da SOX3 in SRY, ”il gene del maschio” appunto. Ciò che invece ha reso il cromosoma Y così esile sembra essere stata una continua e irreversibile ”usura”, o perdita di pezzi, dovuta alla mancanza di un cromosoma fratello capace di controllare l’accumulo di mutazioni deleterie e di rimpiazzarele con versioni corrette delle stesse sequenze. Alcuni scienziati sono a favore dell’ipotesi che tra qualche generazione (seppur numerose, state tranquilli!), si potrebbe arrivare a una degenerazione del cromosoma Y che a lungo andare ne provocherebbe addirittura la scomparsa! Come si manifesterà allora la mascolinità? Come saranno i futuri maschi? Tutte domande assai inquietanti. Parola di donna.
• Come mai il dispari è maschile e il pari femminile? In alcune regioni se una donna incinta prende un pugno di grano ed il numero di chicchi è dispari il nascituro sarà maschio, se è pari femmina. Altra prova molto popolare è quella della forcella di pollo. Un uomo e una donna afferrano ciascuno un’estremità della forcella e la tirano fino a spezzarla: se la parte più lunga resta in mano all’uomo nascerà un maschio. Durante la gravidanza una pancia appuntita, per allusione al fallo, sarebbe il segno che sta per nascere un maschio, la rotondità preannuncerebbe invece una femmina. Ancora: se il ventre è più ingrossato a destra, il seno destro è più voluminoiso o il piede destro più irrequieto, sarà maschio. Tra gli indizi elencati c’è una caratteristica comune: quelli che annuncerebbero la nascita di un maschio sono positivi. Il numero dispari ha infattiqualcosa in più rispetto al pari. La parte più lunga della forcella di pollo è una trasparente allusione a quel ”qualcosa in più” anatomico che il maschio possiede. Analogamente, il lato destro del corpo è considerato il più importante, il più nobile, il più forte, e comunque il più attivo. L’ospite importante siede alla destra del padrone di casa; viceversa, alzarsi dal letto poggiando a terra per primo il piede sinistro è di pessimo auspicio. Altre credenze: se il feto si muove entro i quattro mesi sarà maschio, se si muove solo dopo femmina. Questo perché i teologi avevano stabilito che l’anima entrasse nel feto 89 giorni dopo il concepimento per i maschi, e dopo altri 38 giorni per le femmine. Per riflesso, anche la vivacità e laprecocità nel muoversi veniva messa in relazione col sesso maschile del nascituro.
• La moda del fiocco colorato di rosa o di celeste fu lanciata da una levatrice bolognese nel 1929. «In passato non si dava grande importanza alla moda infantile: per i neonati (maschi e femmine) c’era il bianco, simbolo di purezza»,spiega Mara Parmegiani, storica della moda: «I neonati inoltre per tutto il primo anno di vita venivano stretti nelle fasce dal collo ai piedi. Solo quando, tra una fasciatura e l’altra, il bimbo riusciva a prendersi il piedino con la mano voleva dire che era arrivato il momento di sfasciarlo definitivamente». Il sesso delle divinità.Anche l’usanza d’indicare il sesso maschile con il cerchio e la freccia puntata verso l’alto deriva dall’antico simbolo grafico del pianeta Marte, dio della guerra e della virilità, nella mitologia greco-romana accoppiato a Venere, dea della bellezza, della sensualità e della fertilità, il cui pianeta era rappresentato dal cerchio sostenuto dalla croce. La furbizia è femmina. Secondo Ugo Volli, docente di Filosofia del Linguaggio all’Università di Bologna, «la percezione che le diverse culture hanno dei due sessi investe anche il modo di rappresentare gli animali: così ad esempio abbiamo la volpe, simbolo di astuzia, malizia, furtività e altre caratteristiche non sempre proprio positive ritenute appannaggio del sesso femminile, e il leone, simbolo di forza. Anche se poi sembra che al momento della caccia le leonesse siano molto più cattive e spietate dei loro compagni: ancora una volta, insomma, le nostre rappresentazioni mentali risultano indipendenti dall’effettiva realtà biologica. Del resto la lettera a dell’alfabeto greco-romanoche utilizziamo oggi, deriva dall’ebraica aleph, lettera che a sua volta rappresenta una stilizzazione del geroglifico egiziano originale, che indicava la mucca o un altro animale con le corna».
• Che rapporto c’è tra il genere maschile o femminile di una parola e il suo significato? E perché alcune parole cambiano di ”sesso” da una lingua all’altra? Secondo il professor Serianni, ordinario di Storia della Lingua all’Università La Sapienza di Roma e presidente del Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri, «in realtà non c’è un rapporto preciso tra genere e significato. In linea di massima si può dire che, quando una stessa parola dispone di entrambi i generi, la lingua attribuisce loro significati diversi per sottolineare la differenza tra l’uno e l’altro: ad esempio, la parola ”fronte” nell’Ottocento era di genere maschile (il fronte) e indicava tanto il particolare anatomico, ”il fronte del viso”, che ”il fronte della battaglia”: in seguito i due significati vennero scissi, ”la fronte” indica oggi solo il particolare fisico. Un caso analogo è quello della parola latina ”fons”, maschile, che in italiano ha assunto significati e generi diversi: ”la fonte” come sorgente d’acqua, ma ”il fonte” battesimale. In questo caso si tratta però solo di sfumature di significato, simili a quelle esistenti ad esempio tra ”il fosso” e ”la fossa” (il primo è un po’ più stretto della seconda, ma nel complesso tra i due c’è poca differenza). In passato sono stati fatti tentativi, un po’ ingenui a dire il vero, di legare il significato delle parole al loro genere. In tedesco, ad esempio, il sole è femminile (die Sonne): qualcuno spiegò la cosa dicendo che dipendeva dalla sua debolezza rispetto al sole mediterraneo, ovviamente maschile perché forte, ”virile”. Tentativi del genere oggi fanno sorridere».
• In alcune lingue non esistono i generi: «si tratta di un’evoluzione interna alla lingua, che tende a semplificare e dunque ad eliminare i generi (l’inglese li conserva solo per i pronomi personali). In quest’ottica potremmo dire che l’italiano ha una struttura ridondante e in ritardo. Se ad esempio noi diciamo ”le case basse”, segnaliamo per ben tre volte la stessa cosa, cioè il fatto che stiamo parlando di un plurale, mentre per capirlo era sufficiente la sola parola ”case”: la lingua inglese è arrivata prima a questa conclusione, e ha abolito i generi tanto per gli articoli che per gli aggettivi. Il discorso, insomma, è riconducibile ai ritmi diversi con cui i vari idiomi si evolvono e si semplificano: basti pensare che il lituano conserva ancora addirittura il duale, il caso del greco antico, mentre l’italiano ha abolito del tutto i casi del latino e il tedesco ne conserva solo poche tracce. Quando si dice che l’inglese non ha grammatica è inesatto, ma che si tratti di una grammatica semplificata è vero» spiega ancora Luca Serianni.
• In alcuni dialetti come il siciliano, gli organi sessuali sono di genere invertito rispetto alla lingua colta: «Si tratta di derivazioni dal latino, in cui l’organo sessuale maschile è indicato col termine ”mentula”, di genere femminile: in siciliano trasformato in ”minchia”», spiega Palmira Cipriano, glottologa de La Sapienza. «Bisogna tener presente che spesso i dialetti hanno una natura più conservativa rispetto alla lingua ufficiale, per cui vi si trovano facilmente continuazioni di forme latine immutate quanto al genere». Ancora: in siciliano la vagina è maschile e si chiama ”sticchio”, vocabolo di origine incerta, forse derivato dal greco ”astegos” (’nudo”, ”non coperto” o ”vergognoso della sua nudità”) o ”stichos” (’riga”, ”linea”). All’origine latina sono dovuti molti ”falsi femminili”, in realtà riconducibili a plurali neutri: «Uno dei casi più noti è quello del femminile ”orecchia”, derivante dal plurale neutro ”auricula”, che a causa della desinenza in – a viene percepito come femminile e assimilato al femminile singolare», spiega Paolo Di Giovine, professore di glottologia a La Sapienza. «Ancora, in alcune lingue, come il francese, il mare, neutro in latino, diventa femminile (’la mer”): secondo alcuni lo sarebbe diventato anche per analogia con il suo opposto, la terra (ma è solo un’ipotesi). Sempre in francese la vagina è maschile, ”le con”, dal latino ”cunnus”».
• Controversa l’etimologia del termine ”cazzo”. Prati, in ”Vicende” 191-192, lo fa derivare da cazza, ”mestolo”, con cambio di genere conseguente al riferimento al genitale maschile. Il ”Dizionario Etimologico Italiano” di Battisti-Alessio (Barbera 1968), invece, lo collega al greco ”akàton”, ”albero della nave”. Più recentemente Crevatin ha proposto la derivazione da oco ”maschio dell’oca”, con l’aggiunta del suffisso spregiativo ”azzo e la sottrazione della vocale iniziale. L’uso metaforico di ”fica”, basato sulla somiglianza tra il frutto aperto e l’organo sessuale femminile, ha una simbologia molto complessa. La foglia che copre il sesso di Adamo ed Eva caduti nel peccato è appunto di fico.
• Avere una sola donna, trattarla bene, fare pochi figli e investire tutto su di loro. Oppure mettere su un harem, fare marmocchi a tutto spiano e mandarli allo sbaraglio nel mondo. In fondo è tutto qui il dilemma riproduttivo maschile, che potrebbe essere spiegato anche dallo studio delle differenze biologiche tra uomo e donna, e di come tale diversità si siano modificate nel corso dell’evoluzione. Oltre all’Homo sapiens molti altri animali sono sessualmente dimorfici, presentano cioè delle differenze morfologiche ben visibili tra i maschi e le femmine della stessa specie. Il pavone maschio per esempio, ha delle penne molto appariscenti che ricoprono la coda, del tutto assenti nella femmina. «Il dimorfismo sessuale, con maschi notevolmente più grandi delle femmine, è molto comune nei mammiferi. D’altra parte, sono numerosi gli animali che si si trovano nella situazione contraria, con le femmine più grandi dei maschi”, spiega il professore Steve Leigh, del dipartimento di Antropologia dell’Università dell’Illinois. Tra le scimmie, i nostri cugini più prossimi nel regno animale, i maschi possono essere più o meno diversi dalle femmine. Il gorilla è una delle specie più dimorfiche: la femmina, infatti, è di gran lunga più piccola del suo compagno e pesa appena 70-110 chilogrammi, contro una media di ben 160 del maschio adulto, quasi il doppio. I gibboni maschi e femmine sono invece praticamente identici: hanno lo stesso colore, peso e anche la dentatura è uguale. La specie umana sta in mezzo a questi due estremi, con le differenze dei tratti maschili e femminili note a tutti: il timbro della voce, la distribuzione dei peli, lo sviluppo dei muscoli nel maschio e dei seni nelle femmine.
• Questi caratteri, chiamati sessuali secondari, si sviluppano alla pubertà, sotto l’azione degli ormoni sessuali prodotti dalle gonadi. Lo sviluppo in senso maschile o femminile delle gonadi dipende a sua volta dalla costituzione genetica dell’individuo, che può avere la coppia di cromosomi XY (maschio) oppure XX (femmina). Nell’Ottocento lo studioso inglese Charles Darwin spiegò perché ci sono tante differenze tra i sessi e in che modo esse sono legate alla strategia riproduttiva e all’evoluzione. «Tra i primati il dimorfismo dipende soprattutto dalla competizione fisica tra i maschi» spiega David Geary, professore di psicologia dell’Università del Missouri, «la competizione può essere uno contro uno, come nei gorilla, o in coalizione, come negli scimpanzé».
• «Quando c’è questa competizione» osserva Geary, «i maschi dominanti tendono a monopolizzare sessualmente le femmine, così che pochi maschi generano la maggior parte della progenie». Nel caso del gorilla il maschio più grosso ha la meglio su quello mingherlino, si riproduce maggiormente e ha più figli, che ereditano i caratteri, e i muscoli, del padre. Negli scimpanzé invece i maschi tollerano l’attività sessuale dei compagni della loro coalizione, sono poligami e spesso non investono granché nelle cure parentali. In questo caso maschi e femmine sono appena un po’ diversi. Oltre alla competizione anche la scelta delle femmine ha una certa influenza: «Le femmine preferiscono accoppiarsi con i compagni più grossi», spiega Leigh, «ma è difficile misurare l’importanza di questo fattore, come della competizione». Qualche volta poi i due sessi sono identici: è il caso dei monogami, quelli che si ”sposano” con una sola compagna. Secondo Geary, «le specie senza dimorfismo sessuale tendono ad avere un solo partner, e i maschi spesso contribuiscono all’allevamento dei piccoli quanto le femmine e certe volte anche di più». Tra queste tre strategie riproduttive, l’uomo quale ha scelto?
• Dallo studio dei fossili i paleontologi si sono convinti che l’antenato dell’Homo sapiens era molto più dimorfico del suo discendente, deducendone che i maschi, almeno in parte, erano poligami e combattevano tra loro per le femmine. Nel corso dell’evoluzione i maschi hanno cominciato a investire di più nella prole, diventando monogami. Questo ha ridotto le differenze tra uomini e donne. Ancora adesso competizione tra maschi e preferenza femminile potrebbero essere forze all’opera. Ma ricorda Leigh: ”Tutto questo è difficile da dimostrare, perché i comportamenti umani dovuti alla cultura sono così diversi tra loro”.