Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Le modelle di nudo
• Quando dipingeva, Giovanni Boldini «era sistematicamente colto da raptus di libidine, anche se le signorine che si facevano fare il ritratto, spesso dame altolocate, erano vestite e addobbate» (Luciano Spadanuda, Le modelle di nudo).
• Ranocchia. La prima modella che si conosce è Frine. Nata a Tespia, in Beozia, nel 328 a. C., si chiamava in realtà Mnesarete, ma era soprannominata Phriné, che vuol dire ranocchia, per via del suo colorito olivastro. Prassitele la raffigurò in una statua di bronzo, che sarebbe stata posta su una base di marmo nel tempio di Delfi. Divenne l’amante dello scultore.
• Arringhe difensive. Con l’accusa di aver diffuso il culto di una divinità straniera, Frine fu processata ad Atene. Rischiava una condanna a morte, così l’"avvocato", Iperide, che fu tra i suoi numerosi amanti, le suggerì un colpo di scena. E lei lo eseguì: si alzò in piedi, fece cadere l’abito e si mostrò ai giudici in tutta la sua abbagliante bellezza. Fu assolta.
• Cose naturali. «Il qual disegno non può avere buon’origine se non s’ha dato continuamente a ritrarre cose naturali, e studiato pitture d’eccellenti maestri, e di statue antiche di rilievo, come s’è detto tante volte. Ma sopra tutto il meglio è gl’ignudi degli uomini vivi e femmine, e da quelli avere preso in memoria per lo continovo uso i muscoli del torso, delle schiene, delle gambe, delle braccia, delle ginocchia e l’ossa di sotto» (Giorgio Vasari; nell’introduzione alle Vite).
• Aria. Un certo Bartolomeo Torre, nativo di Arezzo, nel 1554 andò a bottega da un pittore a Roma. Fu cacciato perché impestava l’ambiente con i pezzi di cadaveri che gli servivano per gli studi anatomici.
• Sezioni. Leonardo si faceva procurare cadaveri da una persona fidata. A quanto si sa, ne sezionò una trentina. Ne trasse molti disegni. 779 ci sono pervenuti.
• Permessi. Michelangelo aveva dal priore del convento di Santo Spirito il permesso di studiare i frati morti.
• Donne. «L’arte è lontanissima dalla mente femminile: queste cose non si fanno se non si possiede talento, che nelle donne è di solito molto scarso» (Giovanni Boccaccio, De claris mulieribus).
• Meraviglie. Plinio, nella sua Historia Naturalis, tra le meraviglie del mondo elencava sei donne che dipingono: Trimarete, Elena e Aristarete, figlie di pittori, Lala di Cizico, Olimpia, Marsia, ritrattista.
• Volti. Il pittore Filippo Lippi, quand’era cappellano del convento femminile di Santa Margherita a Prato, ricevette dalla madre superiora l’incarico di dipingere una pala dell’altare maggiore. Mentre lavorava s’innamorò di una suora, Lucrezia, figlia del fiorentino Francesco Buti. Chiese il permesso di farla posare per il volto della Madonna. Lucrezia, sedotta dal fascino dell’artista, accettò di fuggire con lui. Nel 1456, approfittando dell’ostensione della Sacra Cintola poté uscire dal convento e fuggì col Lippi. Quando la ritrovarono, cinque anni dopo, gli aveva dato un figlio.
• Atelier. Il pittore inglese Walter Richard Sickert (1860-1942) ospitava nel suo atelier londinese una folta schiera di scolarette. Quelle più devote e meno dotate le sfruttava per i lavori umili. Quelle più dotate le sfruttava per le mansioni più impegnative e le valorizzava. Ne sposò due, entrambe molto più giovani di lui: Christine Angus, e poi, dopo la sua morte, Thérèse Lessore.
• Fontane e grazie. Quello delle modelle fu un fenomeno artistico che raggiunse il suo culmine a Parigi, negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo. In place Pigalle, ogni lunedì, attorno alla fontana, si radunavano ragazze, ma anche ragazzi, che si offrivano ai pittori. La scelta del luogo di ritrovo derivava dal fatto che la maggior parte degli artisti abitava alle pendici di Monmartre. Tariffa: 5 franchi. Molti venivano dalla Puglia.
• Degas 1. «Degas pretendeva che le modelle, prima di essere fissate in una determinata posizione, si muovessero in maniera naturale e spigliata come fossero nell’intimità della loro casa».
• Degas 2. «Una ragazza che timidamente gli aveva fatto osservare che lei non aveva il naso come lui l’aveva dipinto, fu cacciata fuori dall’atelier nuda com’era, con gli abiti in braccio, senza avere il tempo di rivestirsi».
• Tempo di posa. «Mi metto al lavoro come altri corrono dalle loro amanti» (Delacroix).
• Riposo e abbandono. «Quando ho una modella nuova è nel suo abbandono e nel suo riposo che scopro la forma più adatta di cui divento schiavo» (Matisse).
• Jeanni Hébuterne. Pittrice e modella di Modigliani, che la ritrae in una ventina di quadri, mai nuda. Quand’egli, alcolizzato e malato ai polmoni, torna a Parigi dopo un lungo soggiorno in Costa Azzurra, lei lo segue nella deriva. Li trovano in stato di semi-incoscienza sul letto dell’appartamento di lui. Modigliani, ricoverato in ospedale, entra in coma e muore. il freddo gennaio 1920. Jeanne, ripresasi, va a visitare la salma. Gli amici devono trascinarla via a forza. L’accompagnano dai genitori, in rue Amyot. Sembra che si sia calmata. All’alba, si alza e si getta dalla finestra. Volo di cinque piani. Aveva ventidue anni.
• Da Frine, che ispirò le sculture di Prassitele allietandone anche le ore, fino a Jeanne, che divise la deriva di assenzio e oppio con Modigliani, la storia delle compagne, aiutanti, allieve, modelle, amanti che vissero nell’ombra dei grandi artisti.
Luciano Sapadanuda, 70 anni, saggista e giornalista romano, ha pubblicato vari studi sul costume, tra cui Storia delle mutande e Storia del bidet. Ha lavorato per trent’anni nella redazione del ”Messaggero”, ora collabora con ”Playboy”.