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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Guido Morselli: immagini di una vita

• Sci spezzati. «Inquieto, poco socievole, solitario. Guido non ama la scuola, gli studi, segue suoi personali interessi e letture. Ha fretta di bruciare le tappe, di fare esperienze precoci, con disappunto del padre, che fatica a tenerlo sotto controllo. Un giorno di primavera, mentre la famiglia si prepara a una gita fuori porta, l’autista si aggira intorno al garage vuoto. Guido, appena quindicenne, ha rubato l’auto e se n’è andato in giro per conto suo. Dopo alcune ore torna a casa, guidando con destrezza: il padre lo aspetta infuriato e gli assesta un sonoro ceffone davanti a tutti. In altra occasione, per punirlo gli spezza gli sci a metà».
• Abbandoni e incontri. «Le donne erano attratte da lui, non dal suo fisico tutt’altro che apparente, ma da un quid misterioso che emanava dalla sua eccezionale personalità, da una sensibilità squisita, acuta, penetrante, da una passionalità che, purtroppo, quando all’interesse subentrava l’amore, spesso straripava, era causa di drammatici conflitti, perché diveniva allora possessivo, dispotico, esigente, intransigente, morboso, sicché anche la più innamorata delle creature a lungo non resisteva e se ne andava» (Maria Bruni Bassi, amica).
• Difficoltà. «Innamorarsi di una donna non è difficile. Difficile è amarla» (29 dicembre 1943 – Diario, Adelphi).
• Necessità. «Una donna può esserci necessaria, e non esserci sufficiente» (2 gennaio 1944 – Diario, Adelphi).
• Camelie. «Nel 1938 ci fu un imponente funerale a Varese, per la sorella Luisa. Morta di tbc, nonostante le cure prodigate dal fidanzato medico, che aveva fatto venire persino una nuova macchina sperimentale per curarle i polmoni. Lei se lo sentiva che stava per morire: alle cinque del pomeriggio mandò a chiamare un prete e volle confessarsi; alle nove e mezzo di sera non c’era più. Fu adagiata su un letto di camelie».
• Capirsi. «Badate: in quanto a non esserci capiti, niente di male. Tra uomo e donna, capirsi significa esaurirsi, significa in altri termini, non avere più niente da dire» (lettera a Maria Galli, del ’43).
• Scontrosa sensibilità. «Insofferente di ogni rumore, nel ’52 decide di costruire un villino in località ”il Sasso” di Gavirate, alle pendici del Campo dei Fiori, fra alberi, prati, boschi, in totale solitudine. Lo chiamò ”la casetta di Santa Trìnita”. Vi teneva il cavallo, una bellissima bestia che il padre gli aveva regalato e che lui montava con spericolata e felice assiduità, girovagando per i pittoreschi paesini del Gaviratese, per gli impervi sentieri della montagna, in riva al lago. Zeffiro aveva la scontrosa sensibilità del padrone... Un giorno, mentre ero con due mie amiche, salivamo i ”gironi” (lo stretto sentiero per arrivare alla casetta), eccolo apparire a una svolta, venire verso di noi volando, criniera al vento, e scomparire passando fra l’una e l’altra senza sfiorarci. Ci volle un pezzo prima che riprendessimo fiato. Sembrava un cavallo mitico» (Maria Bruni Bassi).
• Ghiri sul comodino. «Alla sera stava a casa, mangiava pochissimo, soltanto latte o formaggio. La notte era tormentato dai rumori. Una volta raccontò che quando aveva allungato la mano sul comodino per accendere la luce, aveva sentito il contatto con un ghiro. I ghiri sul tetto della villetta di Gavirate gli toglievano il sonno. Erano un vero tormento per lui» (ancora Isella).
• Caffè in sella. «Amava cavalcare per i monti e le campagne del Varesotto, ma anche percorrere le strade di Gavirate, dove lo ricordano ancora prendere il caffè quasi senza scendere da cavallo. Zeffiro morì nel ’67».
• Epitaffi. «Una scritta, appesa alla libreria, recitava ”Etiam omnes, ego non” (Tutti sì, io no)».
• Ebanite. «Quando non fumava la pipa, ma le sigarette, le spezzava a metà e usava un bocchino lunghissimo di ebanite che riempiva di cotone».
• Appunti volanti. «Scriveva e riscriveva, correggendo, sempre a mano. Scriveva con una stilografica, che lasciò in eredità al fratello Mario. Annotava appunti volanti su qualsiasi pezzetto di carta, persino su scontrini, conti di trattoria, calendari, pacchetti di sigarette».
• Sguardi. «Era un uomo elegante, raffinato, un perfetto dandy inglese: abiti vecchi e gusto impeccabile. Estremamente galante, di umore capriccioso e mutevolissimo. Astratto, distratto, o preciso fino alla pignoleria. Un uomo di continui controsensi. Era tutto e il contrario di tutto. Affascinava e allontanava allo stesso modo. Certe volte, a tavola, poteva fissarti a lungo, in silenzio, guardandoti profondamente negli occhi, ignaro di tutti intorno. Metteva paura: si aveva l’impressione di essere quasi ”violentati” dal suo sguardo» (Franca Zighetti, figlia di Maria Bruna Bassi).
• La ragazza dall’occhio nero. «Guido Morselli si sarebbe sparato un colpo di rivoltella nella notte del 31 luglio 1973, nel bagno, seduto su una sedia a sdraio di tela, nella dépendance, soprannominata ”Tanina”, di via Goldoni 14, vicino alla casa dei custodi della Villa di via Limido, dove aveva traslocato nel dicembre del ’72, abbandonando definitivamente la casetta di Santa Trìnita a Gavirate. La pistola era una Browning militare, la celebre ”ragazza dall’occhio nero” nominata nei suoi romanzi».
• Figlie in fiore. «Di Guido Morselli ricordo l’eleganza nel vestire. Nulla del guardaroba di grande sartoria. Poche cose di gusto, portate con disinvoltura e classe. Camicie di Oxford, con collo alto, senza svaso per il nodo della cravatta, anzi con i due capi, in quel punto vicini e paralleli, disposti per ricevere, senza generosità, cravatte fantasia sopra la spilla che li univa. Giacca di tweed, rosso ruggine, pantaloni di flanella, scarpe sportive con suole di para, adattate al suo andare elastico, con il corpo leggermente inclinato in avanti, a favorire il passo che iniziava sulla punta del piede e mai chiudeva sul tacco, giovanile, anche sui sessant’anni, quando scendeva da Bosto, lungo il Nifontano, a tributare attenzione alla figlia in fiore di un casellante... Era bello a suo modo e certamente fuori del comune» (Giuseppe Bertolazzi, notaio di Varese).
• Pastori e prati. «Si racconta che una notte d’inverno, il prato coperto di neve intorno a Santa Trìnita fu invaso dalle pecore. Guido invitò con insistenza il pastore a ricoverarsi in casa, ma costui rifiutò: ”Un pastore deve dormire a cielo aperto”».
• «Tutto è inutile. Ho lavorato senza mai un risultato; ho oziato, la mia vita si è svolta nella identica maniera. Ho pregato, non ho ottenuto nulla; ho bestemmiato, non ho ottenuto nulla. Sono stato egoista sino a dimenticarmi dell’esistenza degli altri; nulla è cambiato né in me né intorno a me. Ho amato, sino a dimenticarmi di me stesso; nulla è cambiato in me né intorno a me. Ho fatto qualche poco di bene, non sono compensato; ho fatto del male, non sono stato punito. Tutto è ugualmente inutile» (Guido Morselli, Diario, Adelphi).
• Romanziere postumo, come lo hanno definito, Guido Morselli nasce a Bologna il 15 agosto 1912 da famiglia agiata. Con la sua aria da signore di campagna, si dedica allo studio e alla scrittura in un villino sul lago di Varese. Conduce una vita solitaria, punteggiata di grandi e piccoli amori, finché, la notte del 31 luglio 1973, si spara, dopo avere ricevuto l’ennesimo rifiuto editoriale. L’anno dopo, Adelphi inizia la pubblicazione di tutte le sue opere. Scoppia così ”il caso Morselli”, come lo definirono i giornali di allora. Questa biografia, arricchita da bellissimo corredo fotografico, ne ricostruisce l’esistenza appartata e clamorosa. Valentina Fortichiari è la massima studiosa dell’opera e della vita di Morselli. Lavora nell’editoria.