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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

L’Italia negli anni della Guerra Fredda dal piano Marshall alla caduta del Muro

• Un ricordo milanese. «Ricordo di essere tornato a Milano nella primavera del 1944, dopo due anni di assenza, e di aver trovato una città largamente distrutta. La repubblica fascista si serviva di queste devastazioni per la sua propaganda e su ogni casa colpita era scritto: ”Distrutta dai liberatori anglosassoni”».
• Sionismo. Il movimento sionista, fondato alla fine dell’Ottocento da Theodor Herzl, fu «ispirato per certi aspetti alle idee di Giuseppe Mazzini».
• Irgun zwai leumi. Nel secondo dopoguerra, vi fu un vero e proprio terrorismo ebraico. Tra gli altri, si ricorda un attentato organizzato a Roma «da una delle maggiori organizzazioni segrete ebraiche, l’irgun zwai leumi, e diretto contro l’ambasciata di Gran Bretagna a Porta Pia».
• La foto di Truman. Harry Truman, il successore di Roosvelt alla presidenza degli Stati Uniti, era giudicato «un grigio personaggio dell’America provinciale. Addirittura circolava una sua fotografia di quando era il semplice impiegato di un negozio di camicie».
• Palla al piede. Gli americani, dopo aver corteggiato l’Italia perché entrasse nel Patto Atlantico, finirono con il considerarci una "palla al piede", nel timore di dover estendere il loro controllo militare su un’area troppo vasta. Fu grazie ai francesi che l’Italia entrò nella Nato: gli Usa, su pressione della Francia, estesero così il loro protettorato all’area del Mediterraneo.
• Mao. «Mao Tse-tung era figlio di un contadino della provincia di hunan. A un giornalista americano che lo intervistava durante la Lunga marcia disse che aveva scoperto il comunismo quando era bibliotecario dell’Università nazionale di Pechino nel 1920, un anno prima della fondazione del partito».
• Tolleranza. «Non appena arrivati al potere, i comunisti cinesi si comportarono con grande tolleranza. Promulgarono leggi che apparivano, addirittura, quasi liberali. Riconobbero la libertà di pensiero, incoraggiarono le cooperative, garantirono il diritto di residenza e di culto».
• Processi di massa. Nel febbraio del 1951, i comunisti cinesi tennero una serie di «processi di massa, nel corso dei quali migliaia di giurati vocianti condannavano a morte gli imputati e le esecuzioni avevano luogo lì, sul posto, immediatamente dopo la sentenza».
• India 1. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, «si costituì un esercito indiano anti-britannico, composto da circa 30 mila uomini» capeggiati dal leader nazionalista Chandra Bose, «che aveva avuto negli anni precedenti contatti con la Germania nazista e con l’Italia, e nel corso di alcune visite a Roma era stato ricevuto anche da Mussolini».
• India 2. Uno degli elementi più favorevoli alla causa dell’indipendenza dell’India dalla Gran Bretagna «fu la straordinaria partecipazione degli indiani alla seconda guerra mondiale. Si calcola che nell’esercito britannico essi fossero due milioni e mezzo e che tutti abbiano combattuto a fianco degli alleati in qualità di volontari».
• Testa e ostensorio. Uno dei principali artefici della politica filo-europeista dell’Italia del dopoguerra fu il ministro degli Esteri Carlo Sforza. «Sforza era un uomo intelligente, vanitoso, talvolta un po’ troppo consapevole della sua intelligenza e della sua superiorità intellettuale. Le cattive lingue dicevano di lui che portava la sua testa come un ostensorio».
• Intellettuali. Dopo l’intervento militare sovietico in Ungheria del 1956, molti intellettuali europei abbandonarono il partito comunista. «Fu il caso, in Italia, di Antonio Giolitti, che divenne poi ministro in alcuni governi italiani e commissario a Bruxelles, e di Italo Calvino».
• Can-can. Il leader sovietico «Chruscëv, nel settembre del 1959, fece una famosa visita negli Stati Uniti. Fu persino portato a Hollywood, dove si arrabbiò, mentre assisteva alle riprese di un film, per una scena di ”can-can”, un ballo che considerò segno evidente della decadenza morale dell’Occidente».
• Le scarpe di Chruscëv. Chruscëv «era un contadino intelligente e scaltro, una specie di Bertoldo con improvvisi lampi di saggezza e di buon senso, capace di sbattere la scarpa sul tavolo, come fece una volta alle Nazioni Unite, ma anche perfettamente in grado di capire che il futuro dell’umanità era troppo importante per essere pregiudicato con dichiarazioni aggressive».
• Missili e memorie. Durante la crisi dei missili cubani del 1962, il segretario della Difesa statunitense Robert McNamara scrisse nelle sue memorie: «Sono andato a casa questa sera, e tornando in famiglia, lungo la strada, mi sono chiesto se non sarebbe stato quello l’ultimo giorno in cui l’avrei vista».
• Parole. Le parole chiave del progetto politico di Michail Sergeevic Gorbaciov erano perestrojka (’ristrutturazione”) e glasnost, «parola che significa ”pubblicità” e che noi abbiamo, forse non del tutto correttamente, tradotto con ”trasparenza”».
• Superpotenza. «L’America è una grande potenza democratica e dobbiamo esserle grati di molte cose, ma non credo che il predominio mondiale di una superpotenza giovi ai rapporti internazionali».
• In questo saggio Sergio Romano racconta la storia degli gli ultimi cinquant’anni, dal piano Marshall al trattato di Maastricht, dalla guerra di Corea ai numerosi conflitti regionali degli anni Novanta, dalla nascita della Repubblica popolare cinese alla disintegrazione dei Balcani e dell’Africa. E rievoca la parte - ora modesta ora significativa - che l’Italia ha avuto in queste vicende. Sergio Romano, nato a Vicenza nel 1929, ha iniziato la carriera diplomatica nel 1954. Si è dimesso nel 1989, dopo essere stato direttore generale delle relazioni culturali, ambasciatore alla Nato e, dal settembre 1985 al marzo 1989, ambasciatore a Mosca. Come storico si è occupato prevalentemente di storia italiana e francese tra Otto e Novecento. Tra gli ultimi libri: "La storia d’Italia dal Risorgimento ai nostri giorni" (1998), "Confessioni di un revisionista" (1998), "Mussolini: una biografia per immagini" (2000), "I luoghi della storia" (2000). Ha insegnato a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard, Pavia e alla Bocconi di Milano. editorialista del "Corriere della Sera" e di "Panorama".