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 2005  ottobre 29 Sabato calendario

Storie - Se la mafia ha una storia, allora ha avuto un principio e avrà una fine (come diceva Giovanni Falcone)

• Storie. Se la mafia ha una storia, allora ha avuto un principio e avrà una fine (come diceva Giovanni Falcone).
• Mafiusi. In dialetto siciliano in origine significava "bello", "ardito", "sicuro di sé". L’aggettivo assunse una connotazione criminale a causa della pièce teatrale I mafiusi della Vicaria, scritta e rappresentata da una troupe di filodrammatici girovaghi nel 1863, protagonisti una banda di detenuti per estorsione del carcere palermitano della Vicaria (ma la parola ”mafiusi”, compare solo nel titolo). Da allora si chiamarono mafiusi i criminali che si comportavano come i personaggi dello spettacolo. Ebbe origine anche il mito della mafia buona. Infatti il capobanda trattiene i suoi dal maltrattare i detenuti deboli, e quando viene ucciso un uomo perché ha parlato alla polizia, s’inginocchia in preghiera per implorare perdono.
• Limoni. I primi racket mafiosi della protezione-estorsione furono attuati nell’Ottocento negli agrumeti intorno a Palermo, al tempo la terra agricola più redditizia d’Europa. Introdotti dagli arabi nel IX secolo, già nel Settecento i limoni erano esportati in Gran Bretagna, come rimedio usato dalla Royal Navy per curare lo scorbuto degli equipaggi e nell’Ottocento per aromatizzare il tè Earl Gray. Verso il 1880 si calcola che furono esportate a New York due milioni e mezzo di casse di arance e limoni, quando ancora questa frutta era sconosciuta all’interno dell’isola. La prima vittima fu il dottor Gaspare Galati, stimato chirurgo, proprietario del Fondo Riella, quattro ettari di limoni e mandarini, che rifiutò la protezione della mafia dell’Uditore, e ogni volta che assumeva un nuovo guardiano glielo uccidevano. Denunciò invano le minacce alle autorità e fuggì a Napoli.
• Esploratori. Nel 1876 Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino compirono un’esplorazione in Sicilia per condurre un’inchiesta sulla mafia, armati di carabine a ripetizione, pistole di grosso calibro e muniti di bacinelle di rame (riempite d’acqua, servivano a piantarvi le gambe del letto e a tenere lontani gli insetti). Nel rapporto pubblicato in particolare Franchetti spiegò la genesi della mafia partendo dall’anno 1812, quando gli inglesi che occuparono la Sicilia durante le guerre napoleoniche, avviarono il processo di abolizione del feudalesimo nell’isola. Non essendo subentrato al potere dei baroni il monopolio della violenza da parte dello Stato, i bravacci dei signori feudali incominciarono ad agire in proprio, estorcendo denaro in cambio di protezione.
• Pizzu. In dialetto siciliano "becco" (pagando il pizzo si permette all’estorsore di "bagnarsi il becco").
• Maffia. La parola ricorre per la prima volta in un documento ufficiale del 1865, nel rapporto inviato dal prefetto di Palermo, il marchese Filippo Antonio Gualterio, al ministro dell’Interno. Secondo le conclusioni si trattava di una associazione malandrinesca che per accrescere il proprio potere offriva il suo braccio a diversi raggruppamenti politici e che in quel momento si schierava con chiunque si opponesse al governo.
• Sordomuti. Antonio Cappello, operaio, sordomuto fin dalla nascita, ma alla visita di leva nell’ospedale militare di Palermo nel 1863 i medici, settentrionali, non gli credettero e lo torturarono applicandogli bottoni di metallo roventi sulla schiena per farlo confessare (in quel periodo i disertori e renitenti alla leva in Sicilia ammontavano a ventiseimila). Il giornalista di un foglio di opposizione fece circolare le foto del corpo martoriato con una didascalia che accusava il governo di barbarie, e in risposta dopo tre settimane il medico del carcere fu insignito dal re della Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro su proposta del ministro della Guerra.
• Omertà. Codice mafioso del silenzio, da ”umirtà”, in dialetto siciliano ”umiltà”. In origine indicava il codice della sottomissione degli affiliati al capo.
• Sfumature. Giuseppe Alongi, autore di La maffia nei suoi fattori e nelle sue manifestazioni: studio delle classi pericolose della Sicilia (1886), definisce il linguaggio dei mafiosi "breve, sobrio, reciso". Per esempio, quando dicono: "lassalu iri" (’lascialo andare”), intendono: "hai da fare con un imbecille, ci va della tua dignità a misurarti con lui, non val la pena di occuparsene o compromettersi". Dicendo "Lassalu stari" (’lascialo stare”), invece, intendono il contrario: "Costui merita una severa lezione, ma per ora non è il caso, aspettiamo, e quando meno se lo aspetta lo raggiungeremo".
• Pazienza. "Il maffioso vero veste dimessamente, assume un linguaggio ed un atteggiamento di bonomia fratesca, ingenua, stupidamente attenta, soffre pazientemente l’ingiuria e gli schiaffi, ma alla sera... ti spara " (Giuseppe Alongi).
• Professori. "È stato per noi come un professore di lingue che ti permette di andare dai turchi senza parlare con gesti" (Giovanni Falcone, a proposito delle rivelazioni del pentito Tommaso Buscetta).
• Piramidi. Fu Tommaso Buscetta a spiegare a Giovanni Falcone la struttura di comando piramidale di Cosa Nostra. Alla base ci sono i soldati, suddivisi in gruppi di dieci, e ciascuna "decina" è posta agli ordini di un "capodecina". Questi risponde al boss eletto di una banda locale, la "Famiglia", ed è affiancato da un sottocapo e da uno o più "consiglieri". Tre Famiglie con territori contigui sono organizzate in "mandamento". Il capo di ciascun mandamento è membro della Commissione, il parlamento di Cosa Nostra per la provincia di Palermo. In teoria al disopra di questo livello provinciale c’è un organismo regionale costituito dai boss mafiosi di tutta la Sicilia. Ma in pratica la mafia è dominata a Palermo: quasi il cinquanta per cento del centinaio di Famiglie attive nell’isola hanno i loro territori nel capoluogo regionale e nella sua provincia, e il capo alla Commissione palermitana comanda l’intera mafia siciliana.
• Abbandoni. "Io non ho lasciato Cosa Nostra. È Cosa Nostra che ha lasciato me" (Tommaso Buscetta).
• Abbracci. Salvatore Cancemi, capo-mandamento, membro della Commissione quando fu approvato l’assassinio di Falcone e Borsellino, nel 1993 si presentò a una caserma dei carabinieri per costituirsi e consegnò il suo patrimonio, in tutto cento miliardi di lire. Coimputato con Tommaso Buscetta ad un processo, quando confessò di avere eseguito personalmente l’ordine di Riina di strangolare due dei figli di Buscetta, questi lo abbracciò e disse: "Tu non potevi rifiutare, io ti perdono perché so cosa significa Cosa Nostra".
• Gradi. "Il male sono questi pentiti, perché se non fosse per questi, anche tutto il mondo unito contro di noi non ci farebbe un baffo. Quindi noi li dobbiamo ammazzare fino al ventesimo grado di parentela a partire dai bambini di sei anni" (parola di Totò Riina, riferita da Salvatore Cancemi, dopo essersi pentito).
• Arrotondamenti. Giovanni Brusca, detto lo "scannacristiani", pentito, ammise di aver ucciso "molti più di cento, di sicuro meno di duecento".
• Conversioni. Leonardo Vitale, affiliato a Cosa Nostra come uomo d’onore della Famiglia di Altarello di Baida, nel rango di capodecina, a trentadue anni, il 29 marzo 1973, verso le undici di sera entrò negli uffici della Squadra Mobile di Palermo e si costituì, adducendo una crisi religiosa. Monitorato da un gruppo di periti psichiatri, incaricati dagli inquirenti, arrivò il giorno in cui si coprì dei propri escrementi, ma lui stesso spiegò il senso del gesto: "Penso che fare queste cose mi abbia aiutato a capire in un certo qual modo... a capire che queste cose non sono brutte, mentre sono così brutte le altre, non sono cose queste che possono recare danno alle persone, bensì cose brutte sono le altre, le cose che facevo prima". Dichiarato "seminfermo di mente" e ristretto per lo più in manicomi giudiziari, fu condannato a ventotto anni di carcere. Messo in libertà nel giugno del 1984 fu ucciso sei mesi dopo con due colpi di pistola sparati da un uomo rimasto ignoto, di domenica, mentre rientrava da messa con la madre e la sorella.
• Vocazioni. "Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi" (Giovanni Falcone).