Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Giornate - «Marco chiese spiegazioni all’amico sul fatto che il domestico aveva giudicato bellissima una giornata piovosa e così l’aveva annunciata
• Giornate. «Marco chiese spiegazioni all’amico sul fatto che il domestico aveva giudicato bellissima una giornata piovosa e così l’aveva annunciata. Seppe che, giustamente, il domestico giudicava bellissima una giornata piovosa per ragioni esclusivamente estetiche, come moltissimi giapponesi che a una giornata di pieno sole preferiscono, per gusto proprio, una giornata più sfumata e ambigua, sempre al punto di tramutarsi in pioggia o sole, con vari e delicati passaggi di luce, ad una netta visione solare. Inoltre il domestico non si sarebbe mai sognato, per questioni di educazione, di svegliare un ospite con la notizia di una giornata di brutto tempo».
• Occhi. «Tutti gli occhi degli esseri umani traspaiono qualche cosa” si disse Marco ”ma gli occhi dei giapponesi, che ho davanti ai miei, pure non facendo trasparire nulla, fanno sentire molte cose che si potrebbero riassumere in un solo sentimento: la timidezza infantile».
• Cibo. «Marco che, com’è noto, era stato precedentemente in Cina, conosceva l’uso delle bacchettine per portare il cibo alla bocca, ma da quel primo approccio con il Giappone si avvide immediatamente che, per quanto raffinata, la cucina cinese risultava quasi grossolana in confronto ai sapori giapponesi. Gli parve così, da quello che aveva visto fino a quel momento, che il Giappone, nel suo insieme, fosse una derivazione della Cina, ma una derivazione estremamente perfezionata e portata ai più alti gradi termici dell’estetismo. Come un vetro dentro un altoforno nell’istante della sua massima fusione».
• Articoli. «Chigusa rispose che un articolo della nuova costituzione giapponese, imposta dagli americani, impediva al Giappone di armarsi e che nemmeno la polizia era armata».
• Roberto. «Marco aveva fatto capire di essere di nazionalità italiana [...] A quella notizia i giapponesi mostravano grandi sorrisi, stranamente si permettevano qualche colpetto sulle spalle e scandivano a bassa voce il nome di Roberto, con dei cenni di scherzosa minaccia. Marco pensò si riferissero a Roberto Rossellini, forse noto in quel paese per le sue avventure sentimentali, ma non si trattava di Rossellini perché, a questo nome, i giapponesi tacevano pensierosi e stupiti. Significava invece le prime tre sillabe di Roma-Berlino-Tokyo, l’asse militare e politico costituito dai governanti di quei tre paesi molti anni prima».
• Strutture. «Esisteva una struttura grammaticale per parlare con un superiore e un’altra, completamente diversa, con un inferiore e ancora un’altra se ci si rivolgeva invece a un familiare di pari grado come ad esempio un fratello o una sorella. L’imperatore parlava addirittura un linguaggio unico, che pochi giapponesi erano in grado di capire, un linguaggio nutrito di suoni e significati arcaici, tanto alta e irraggiungibile anche linguisticamente era la sua figura simbolica, che non aveva cognome ma solo nome».
• Scorte. «Per paura o per amor proprio, i giapponesi arrivavano sempre un quarto d’ora in anticipo sugli appuntamenti e per lo stesso sentimento si inchinavano mille volte di fronte alle persone, per la stessa ragione erano tutti primi della classe e ancora per la stessa ragione provvedevano in super anticipo e in abbondanza alle scorte di oro e di petrolio».
• Continuum. «Marco ricavò l’idea che quel paese aveva incontrato la rivoluzione industriale giusto in tempo per uniformarsi ad essa e non in contrasto con le abitudini di vita precedenti come era accaduto in Occidente. In altre parole, come il feudalesimo e il suo ordine che avevano governato per millenni quel paese così anche la rivoluzione industriale era giunta dall’alto in modo feudale e burocratico, un continuum senza soluzione dal castello alla fabbrica».
• Orologiai. «Quei modi di abitare e di curare la campagna provenivano dalla Cina ma parve a Marco che la meticolosità delle coltivazioni, nella disposizione del riso ad asciugare e soprattutto nei vivai di aceri sulle montagne poco distanti fosse molto maggiore, perfezionata e per così dire micromaniaca, compiuta con la mente di un orologiaio più che con quella di un contadino».
• Restauri. «Quel castello sembrava nuovissimo, infatti, come sempre si fa in Giappone, era stato ricostruito ex novo assolutamente identico al precedente, che a sua volta era stato ricostruito ex novo e sempre uguale al castello costruito la prima volta nel lontano passato. Anche questo criterio di perfezionismo artigianale stupì e meravigliò Marco che era stato educato nella balorda idea del restauro del’opera d’arte come questa fosse un unicum irripetibile».
• Sfumature. «L’occhio di Marco trascorreva così con immenso piacere su quei banchi che cominciavano con pezzi di tonno rosa scuro e quasi violaceo per passare a molte altre qualità di rosa dello stesso tonno o di altro pesce, piano piano, delicatissimamente fino ai bianchi via via sempre più bianchi fino a sfumarsi nell’azzurro».
• Riassunti. «Il grande poeta giapponese Sito Ryokuu aveva detto che ”l’eleganza è frigida” e mai in così grande brevità a Marco pareva riassunto tutto il Giappone».
• Sex Shop. «Visitò anche le botteghe di sex shop, che vendevano i soliti apparati in vendita in tutto il mondo con una sola originalissima variante: le riviste prnografiche erano tutte censurate nei punti genitali dove era stata applicata una pecetta nera che a Marco parve infinitamente più graziosa, nel suo messaggio, delle immagini sottostanti così note in Occidente. Seppe poi che questo lavoro veniva commissionato a pagamento agli studenti».
• Porti. «Yokohama, il famoso porto di Madama Butterfly».
• Canne. «Di questo tempio, così simile a tutti gli altri ma già immerso nelle prime tenebre del crepuscolo Marco fu colpito immensamente da un rumore, uno solo nel silenzio: era il suono prodotto da una breve canna di bambù posta in equilibrio tra un ruscello e una pozza sottostante. L’acqua si infilava colando dal ruscello, percorreva la canna, poi saltellava in basso nella limpida pozza di ninfee dalle larghe foglie abbandonate. La canna appesantita dall’acqua che scorreva all’interno si piegava fino al bordo della pozza e una volta svuotata del contenuto tornava indietro per riempirsi un’altra volta e così via».
• Obi. «L’ammirazione di Marco ebbe altro nutrimento in un laboratorio di tessitura a mano, dove si creavano gli obi, cioè quella cintura che serve a stringere il chimono alla vita. Anche qui il procedimento era simile, ma ciò che si otteneva con i colori dell’atelier di Moriguchi, qui si doveva ottenere invece con il telaio, in un materiale di seta più spesso e quasi cremoso. Gli furono mostrati alcuni obi, sembravano onde infuriate di un mare limpido e azzurro con spume bianche e altri soli nascenti o calanti. Chiese il permesso di toccarli e poi chiese che gli fosse spiegata l’insistenza dello scrittore Tanizaki ed altri nel descrivere la qualità sonora dello scricchiolio di queste sete. Gli venne confermata. Lo scricchiolio, dunque la qualità della seta di un obi, si deve uniformare sia ai suoi colori, sia a quelli del chimono che cinge, sia all’ambiente e all’atmosfera in cui la persona si trova».
• Haiku. «Nel vecchio stagno / una rana si tuffa. / Il rumore dell’acqua»
• Colpi. «I duellanti, con mosse simili a quelle dei ballerini o di certi animali in lotta fatale saltellavano sulle punte dei piedi nudi in estrema tensione, con la spada alzata tra le due mani, di tanto in tanto compiendo una finta, altre volte colpivano. In quel momento, forse per impaurire l’avversario, o dare a se stessi maggiore aggressività, urlavano, quell’urlo terribile e continuato, lanciandosi correndo contro il nemico per colpirlo».
• Goffredo Parise nasce a Vicenza l’8 dicembre del ’29. Esordisce a 22 anni con Il ragazzo morto e le comete. Nel ’54, il suo terzo libro, Il prete bello, diviene uno dei primi best seller del dopoguerra. In Africa e Oriente, per il Corriere della Sera, realizza negli anni ’70 reportage di guerra, raccolti nel volume Guerre politiche. Oltre a L’eleganza è frigida, ha scritto altri due libri di viaggio, Cara Cina, uscito nel ’66, Odore d’America, pubblicato postumo nel ’90. morto il 31 agosto dell’86. Ha vissuto a Venezia, Milano, Roma, Ponte di Piave e Salgareda.
Il Giappone narrato in terza persona, da Marco, alter ego dello scrittore, in modo coinciso e terso. Alla ricerca di una penetrazione dell’anima del paese. Tra templi buddisti e zen, fabbriche e laboratori artigianali, quartieri a luci rosse e ristoranti sushi, haiku e inchini.