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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Se il giornalismo è il fatto separato dall’opinione, secondo Walter Benjamin il collezionismo è l’oggetto separato dalla sua funzione

• Se il giornalismo è il fatto separato dall’opinione, secondo Walter Benjamin il collezionismo è l’oggetto separato dalla sua funzione. Si raccolgono monete per non spendere, francobolli per non imbucare: l’hobby più conservativo, forse il più conservatore. Sullo sfondo, l’imprevedibile chimera della completezza: una collezione è sempre la porzione reale di una totalità solo ideale. Ma se la spinta alla collezione, in generale, è spiegabile, la scelta delle singole categorie di oggetti da collezionare desta sempre nuovi stupori. Un elenco indicativo delle collezioni attualmente praticate in Italia è stato steso, dopo un’indagine informale, in occasione di una recente mostra sugli hobby, ad Alba (27-28 maggio: era organizzato dall’Alatel del Piemonte e della Valle d’Aosta, Associazione lavoratori anziani di Telecom Italia). Le categorie sono più di duecento, ognuna delle quali raduna più generi (fra i collezionisti di abbigliamento c’è chi raccoglie solo cappellini d’epoca, chi cravatte di marca eccetera). Facile dire «francobolli». Ci sono raccolte dedicate esclusivamente a francobolli sulla lotta all’Aids, raccolte di francobolli che riproducono conchiglie (e, assieme, delle conchiglie che sono state raffigurate su francobollo). Inutile pensare che tutti i frammenti formino un disegno sensato: ci si deve limitare a qualche scheda, a un collezionismo di collezionismi.
• L’anglista Mario Praz è stato un grande collezionista, soprattutto di mobili in Stile Impero. Alla sua abitazione romana (prima in via Giulia, poi a Palazzo Primoli) ha dedicato un celebre volume, La casa della vita (Adelphi), in cui la storia degli oggetti collezionati diventa l’unica forma concepibile di autobiografia. Dopo la sua morte (1982), la collezione fu intaccata da un furto e poi accantonata in magazzino. Solo da poco la casa ha riaperto e il pubblico può visitare la collezione.
• Italo è un romanzo, appena uscito, di Marco Belpoliti (ed. Sestante, pp. 400, lire 20 mila). Quasi all’inizio viene citato il volantino propagandistico di un negozio di filatelia che dice: «Non vi pentirete mai di essere entrati nell’affascinante mondo dei francobolli. Passerete ore interessanti e piacevoli dimenticando, in loro compagnia, noie, problemi e contrarietà della vita di tutti i giorni. Se non pretenderete di guadagnare dall’oggi al domani, anche dal lato economico la filatelia vi darà ampie soddisfazioni. Provate a chiederlo a qualche collezionista avanzato. Vi confermerà che la filatelia, presa sul serio, è l’unico hobby che rende anziché costare». A queste frasi Italo, il protagonista, ribatte: «I francobolli non mi servono per dimenticare, ma per ricordare». Infatti è a partire dai francobolli che racconterà la sua storia italiana (la sua storia di italiano, la sua storia d’Italia negli anni 1954-2010).
• Italo Calvino ha intitolato Collezione di sabbia la sua ultima raccolta non postuma di saggi (Garzanti 1984). Il titolo si riferisce a una mostra parigina che, nel 1974, esponeva una collezione di collezioni bizzarre: campane da mucche, involucri di carta igienica, maschere antigas e, appunto, manciate di sabbia raccolte in vari deserti e spiagge del mondo. Recensendo la mostra, Calvino parlava dell’«oscura mania che spinge tanto a mettere insieme una collezione quanto a tenere un diario, cioè il bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie d’oggetti salvati dalla dispersione, o in una serie di righe scritte...»
• Numismatica. A Roma, a Palazzo Barberini, è conservato in 26 armadi di 180 cassetti il Corpus Nummorum Italicorum, collezione di monete coniate in Italia nel Medioevo e nell’età moderna. Il collezionista era Vittorio Emanuele III.
• Filippo III collezionava nani e portatori di handicap assortiti. Fra le collezioni enumerate da una raccolta francese di personaggi eccentrici, troviamo la collezione di oggetti portati dagli extraterrestri e la collezione di escrementi di personaggi famosi. Si parla anche di un francese che bussa alle porte degli sconosciuti e li prega di vendergli oggetti che avevano fatto loro del male: da un paio di cesoie alla carcassa di un’auto incidentata.
• In Crash (Rizzoli), di J.G. Ballard, compare un album di fotografie scattate dopo incidenti automobilistici e usate a fini prevalentemente erotici (i protagonisti del romanzo condividono la perversione di eccitarsi soltanto durante collisioni stradali).
• Il povero Carlo, il ragioniere positivista di cui l’Adalgisa gaddiana è vedova, non era uno che pensasse solo ai piaceri («domà a godere»). «Le raccolte... erano il suo più grande ideale»: collezionava buste con francobolli, minerali e, soprattutto, scarabei (chiamati «bordòkk» dalla moglie spazientita). La non profumata cattura dell’Ateucus Sacer Linnaei è stata il culmine della carriera entomologica di Carlo. Lui morto, la sua raccolta di scarabei finirà sotto la ruota di una carrozza, durante un trasloco.
• Quando arrivò in America, nel 1940, Vladimir Nabokov passò quindici anni dedicando più tempo alla caccia (estiva) e allo studio (invernale) delle farfalle che alla sua professione accademica e alla scrittura dei suoi romanzi (qualche anno fa è stata allestita una mostra con i suoi esemplari). Chi caccia farfalle è un numismatico che può battere moneta: se trova una farfalla ancora sconosciuta, può darle il proprio nome, e così esistono alcune farfalle che si chiamano ”nabokovi” e c’è un genere Nabokovia in Sud America. Questa sua competenza entomologica consentì a Nabokov, fra l’altro, di stabilire che Gregor Samsa di Kafka non si metamorfosa affatto in uno scarafaggio (Adalgisa: «bordòkk»), bensì in uno scarabeo stercorario (come l’Ateuco del gaddiano Carlo). Samsa, dunque, sarebbe potuto fuggire dalla propria stanza volando attraverso la finestra aperta.
• L’imperatore Rodolfo II collezionava opere e curiosità esotiche come unico rimedio contro la depressione. L’eroe eponimo di Utz di Bruce Chatwin (Adelphi) ha raccolto più di mille porcellane, le ha riparate dalla guerra e dallo stalinismo, le ha conservate in un appartamento di due stanze. Il suo amico Orliz colleziona mosche praghesi: quando ne cattura una, la osserva al microscopio ed è in grado di determinare il quartiere di provenienza.
• Giuseppe Panini è noto per essere stato, con i suoi fratelli, fondatore della casa editrice delle figurine: la sua fortuna è stata costruita sull’ansia collezionistica dei ragazzi. Egli stesso è un collezionista: di libri e riviste d’enigmistica, di fisarmoniche e (certo) di figurine da tutto il mondo.
• Antonio Magliabechi (1693-1714) era di origini modeste e lavorava come garzone in gioielleria. A quarant’anni si mise a studiare, si acculturò con rapidità prodigiosa e presto gli fu affidata la Biblioteca Palatina. Era considerato «l’uomo più brutto, più trascurato, più sudicio, più erudito che fosse al suo tempo» e ispirò ogni sorta di maldicenza: si dice che si cibasse solo di insaccati e che usasse fette di salame a mo’ di segnalibro. Non mise mai piede fuori Firenze se non quella volta che, per vedere un certo manoscritto, si spinse fino a Prato. La sua collezione di 25 mila volumi forma il fondo originario della Biblioteca Nazionale di Firenze.
• Bibliomania: «Furore d’avere libri e di ammucchiarli». Bibliomane: «Uomo posseduto dal furore dei libri» (definizione dell’Encyclopédie di D’Alembert e Diderot).
• Verso la fine del Nome della Rosa di Umberto Eco, Guglielmo e Adso visitano i reliquiari dell’Abbazia e vedono la punta della lancia che trafisse il costato di Gesù, un chiodo e un pezzo della croce, un pezzo della mangiatoia di Betlemme; e poi la spada di Santo Stefano, una tibia di Santa Margherita, il mento di Sant’Eobano, l’anello di fidanzamento di San Giuseppe, la verga di Mosé e varie reliquie di questo genere. Il commento di Guglielmo scandalizza Adso: «Di frammenti della croce ne ho visti molti altri, in altre chiese. Se tutti fossero autentici, Nostro Signore non sarebbe stato suppliziato su due assi incrociate, ma su di un’intera foresta... Tempo fa, nella cattedrale di Colonia, vidi il cranio di Giovanni Battista all’età di dodici anni». Adso si meraviglia e obietta che «il Battista fu ucciso in età più avanzata». Guglielmo conclude: «L’altro cranio deve essere in un altro tesoro».
• Collezionare unica (plurale di unicum: sono oggetti di cui esiste un solo esemplare) è, naturalmente, arduo. Un collezionista di unica fa la sua comparsa nella Vita Istruzioni per l’uso (Rizzoli) di Georges Perec. Dice Perec di tali collezionisti: «La diffidenza li porterà ad accumulare fino all’eccesso le prove dell’autenticità e - soprattutto - dell’unicità dell’oggetto in questione: la passione li porterà a una credulità a volte senza limiti». Il collezionista del romanzo si farà truffare, acquistando il vaso in cui sarebbe stato raccolto il sangue di Gesù, dopo la trafittura del costato.
• L’errore eccita il collezionista. Alberto Savinio collezionava errori di stampa e lapsus dattilografici. Walter Benjamin cita il caso di un collezionista che un giorno fu visto chinarsi in mezzo alla strada per raccogliere un biglietto del tram. Era un esemplare difettoso che era stato subito tolto dalla circolazione (come una sorta di ”Gronchi Rosa” tranviario) e che lui stava cercando da settimane.
• Le collezioni musicali sono attualmente fra le più diffuse: gli impianti di riproduzione e l’industria discografica mettono chiunque in grado di raccogliere l’intera opera del musicista preferito. Meno agevole la collezione dell’italo-americano che inseguiva Charlie Parker nei locali in cui suonava per registrare tutte le sue esecuzioni con un magnetofono. Le bobine, che avrebbero oggi enorme valore sia musicale che venale, non sono più state rintracciate. Altra raccolta sonora, quella di Katzone, personaggio della Città delle donne felliniana: colleziona immagini e gemiti delle parecchie donne con cui è giaciuto.
• Tutto è, in linea di principio, collezionabile: infatti tutto viene collezionato. L’unico grande nemico del collezionista è il falso, che si può esorcizzare dedicandogli una collezione. Qualsiasi oggetto filettato adeguatamente e del giusto peso può far funzionare un telefono pubblico di vecchio tipo. Esite una collezione di tali oggetti che purtroppo non comprende il falso più ingegnoso: il gettone di ghiaccio. «L’unico grande nemico del collezionista è il falso, che si può esorcizzare dedicandogli una collezione. Il falso più ingegnoso: il gettone di ghiaccio» (versione su Amica)
• Mercoledì 26 febbraio 1997 ’Il collezionismo è l’oggetto separato dalla sua funzione” (Walter Benjamin). Unica: oggetti di cui esiste un solo esemplare. Georges Perec (Vita Istruzioni per l’uso, Rizzoli) dice dei collezionisti di unica: ”La diffidenza li porterà ad accumulare fino all’eccesso le prove dell’autenticità e - soprattutto - dell’unicità dell’oggetto in questione: la passione li porterà a una credulità a volte senza limiti”. Il collezionista del romanzo di Perec acquista il vaso in cui sarebbe stato raccolto il sangue di Cristo, sgorgato dal costato trafitto. Era una truffa. Errori. L’errore eccita il collezionista. Alberto Savinio raccoglieva errori di stampa e lapsus dattilografici. Walter Benjamin racconta di un collezionista che raccolse per strada un biglietto del tram difettoso che era stato tolto dalla circolazione. Lo cercava da settimane. Falsi. L’unico grande nemico del collezionista è il falso, che si può esorcizzare dedicandogli una collezione. Il falso più ingegnoso: il gettone di ghiaccio. Musica. Le collezioni musicali sono fra le più diffuse e le più facili. Meno agevole quella dell’italo-americano che inseguiva Charlie Parker nei locali in cui suonava per registrare tutte le sue esecuzioni con un magnetofono. Le bobine sono andate perdute. Katzone, personaggio della ”Città delle donne” felliniana, colleziona immagini e gemiti delle molte donne con cui è stato. Il più grande archivio su Claudio Villa ce l’ha Ettore Geri, veterinario romano di 56 anni: nel garage di casa, su 40 metri quadri di scaffali, mensole e cassette di legno, tiene 40.000 dischi (tra 45, 33 e 78 giri), 600 videocassette, 3.000 spartiti, qualche migliaio di poster e locandine d’epoca. Pezzi rari: i primi provini discografici fuori etichetta, i 78 giri incisi dal cantante quando ancora si chiamava Claudio Pica, tra il ”44 e il ”46, un’Ave Maria in latino nella doppia versione di Schubert e di Gounod, incisa nel ”61 per il mercato estero. Geri da 30 anni gira il mondo a caccia di tracce di Villa. Un collezionista canadese tre anni fa gli offrì mezzo miliardo, ma ”la passione non ha prezzo”. Nel ”73 ha fondato un club intitolato al cantante che conta 4.000 soci. Ettore Geri ha anche una collezione completa del Festival di San Giovanni, la Sanremo capitolina, interrotto nel 1951. Il pezzo più antico ha quasi 100 anni, è un 78 giri con la voce del cantautore cieco Sor Campana. Monete. Vittorio Emanuele III collezionava monete coniate in Italia nel Medioevo e nell’età moderna. La raccolta è diventata il Corpus Nummorum Italicorum conservato a Roma in 26 armadi di 180 cassetti a Palazzo Barberini. Francobolli. ”I francobolli non mi servono per dimenticare ma per ricordare”: Italo, protagonista di un romanzo di Marco Belpoliti (Italo, Sestante editore), a partire dai francobolli racconta la sua storia d’Italia negli anni 1954-2010. All’inizio del libro viene citato il volantino propagandistico di un negozio di filatelia: ”Non vi pentirete mai di essere entrati nell’affascinante mondo dei francobolli. Passerete ore interessanti e piacevoli dimenticando, in loro compagnia, noie, problemi e contrarietà della vita di tutti i giorni. Se non pretenderete di guadagnare dall’oggi al domani, anche dal lato economico la filatelia vi darà ampie soddisfazioni. Provate a chiederlo a qualche collezionista avanzato. Vi confermerà che la filatelia, presa sul serio, è l’unico hobby che rende anziché costare”. Carte. Le carte da gioco hanno origini antichissime, probabilmente cinesi o indiane. Si diffusero poi tra gli Arabi che, nel XIII secolo, le introdussero in Italia attraverso la Spagna. Sono documentati nel 1290 i ”naibi”, carte da gioco dipinte dal nome di derivazione araba (na’ib). In Francia le carte furono introdotte alla corte di Carlo VI che ci giocava ore e ore dal pittore Gringonneur. Incerta anche l’origine dei ”segni”. Si ipotizza che indicassero i gruppi sociali di quei tempi: il clero (cuori), i commercianti (quadri), i contadini (fiori), i militari (picche). Le carte ”alte” ( le figure) portavano il nome e simboleggiavano gli antichi eroi. I mazzi antichi riportavano illustrazioni di mode e mestieri, scene di caccia, vita politica e costumi dell’epoca. Si cimentarono nelle decorazioni anche grandi artisti (Holbein, Dürer, Mantegna). Un mazzo completo di 52 carte acquarellate a mano e di forma ovale, realizzato nelle Fiandre tra il 1470 e il 1485, è stato venduto a Londra nel 1983 per 99.000 sterline (circa 250 milioni di lire). Le carte erano ancora perfettamente colorate. Alla fine del 1971 Finarte mise all’asta 48 carte da tarocchi miniate lombarde del XV secolo attribuite a Bonifacio Bembo. Furono aggiudicate a 50 milioni ma lo Stato fece valere il diritto di prelazione e ora questi tarocchi sono alla pinacoteca di Brera. Una singola carta, il carro di un tarocco ferrarese del 1450, è stata acquistata nel 1994 per più di 100 milioni di lire dal museo francese delle carte da gioco di Issy-les-Moulineaux. Il gioco dei Tarocchi nacque nelle corti rinascimentali dell’Italia del Nord, in particolare a Ferrara e Milano. Allora si chiamavano Trionfi, la prima menzione compare nel 1442 sui registri contabili della famiglia d’Este. Venivano realizzate stampandole con matrici in legno e dipinte a oro e vari colori da anonimi maestri miniatori. Dopo il 1450 le carte da gioco miniate furono esportate da Milano in Francia dove i locali maestri cartai elaborarono ”Tarocco Marsigliese”. La produzione in serie cominciò alla metà del Cinquecento: le carte a quel punto si differenziavano non tanto per la ricchezza dei materiali impiegati quanto per l’elaborazione delle figure. I Tarocchi sono 78 carte: 22 chiamate Trionfi (dal Matto al Mondo) e le altre 56 formate da 16 figure più 40 punti, divisi nei quattro semi di spade, bastoni, coppe e denari). Ebrei. Moshe Yahalom, israeliano figlio di un ebreo sopravvissuto all’olocausto nel 1995, mise all’asta un pezzo di sapone portato da suo padre dal lager di Büchenwald e che potrebbe essere stato prodotto dai nazisti con i resti dei suoi parenti morti nei crematori. Il prezzo, dai 300 dollari iniziali, balzò a oltre mille dollari. Nel catalogo della ”Zodiac”, la casa d’aste di Yahalom nel centro di Telaviv c’era anche una stella gialla originale proveniente sempre dai campi di sterminio (prezzo iniziale 200 dollari), croci uncinate, cimeli nazisti, stracci di divise indossate dai prigionieri prima di essere condotti alle camere a gas. L’asta (doveva essere il 25 aprile ”95), fu annullata per le polemiche sollevate dall’iniziativa. Kinder. Serie di sorprese uscite in Italia degli ovetti Kinder: 10 e una in corso. Sono tutte oggetto di collezione. La prima serie (’91), gli ”Happypotami” è la più costosa (85 mila lire). Esistono già due cataloghi delle sorprese Kinder, uno realizzato da un fotografo romano, Manrico Martella, 40 anni, appassionato di ”puffi” e ”tartallegre”, che già possiede oltre 20.000 pezzi acquistati anche all’estero. Il fotografo ha lanciato anche il kinder ”Collector club” che raccoglie oltre 200 iscritti dai 10 ai 60 anni. Tra i collezionisti il musicista napoletano Tony Esposito. Particolarmente patiti i tedeschi (la ”kindermania” è nata in Germania agli inizi degli anni ”80): un signore qualche tempo fa ha pagato duemila marchi, circa due milioni e mezzo, per entrare in possesso della serie degli otto ”Puffi olimpionici” diffusa nel 1981 solo in Germania. Soldati. Rocco Buttiglione, appassionato di strategia militare, riproduce in casa le Grandi battaglie della storia coi soldatini di legno o di gesso. Anche Cesare Previti colleziona soldatini di tutte le epoche raccolte in due vetrine del suo studio. Andreotti colleziona campane.