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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

La lingua salvata

• Fiabe e balcani. In Bulgaria, divisa dalla Romania solo dal delta del Danubio, filtravano molte fiabe e leggende rumene. Gran parte di queste avevano per soggetto vampiri e lupi e venivano raccontate ai bambini bulgari dalle bambinaie rumene.
• Lupi e ghiaccio. Negli inverni particolarmente freddi, il Danubio ghiacciava e poteva essere attraversato anche senza passare sul ponte. I viaggi in quei territori di confine, verso settentrione, erano pericolosi per via dei lupi. Di notte le carrozze venivano puntualmente assalite dai branchi. Per scacciarli l’unico sistema era sparare. Una volta la famiglia di Canetti dimenticò a casa i fucili e fu solo l’arrivo di un altro convoglio a cavallo a salvarla.
• "Spagnoli". Così erano chiamati, e si chiamavano, in Bulgaria, gli ebrei provenienti dalla Spagna. Erano stati cacciati e il sultano ottomano, che allora dominava sui Balcani, li aveva invitati a trasferirsi nelle sue terre. La loro condizione era stata abbastanza privilegiata, godevano di un trattamento migliore di quello dei cristiani sottoposti all’autorità turca.
• Lingua e rito. Gli "spagnoli" parlavano tra di loro in castigliano ed erano ebrei di rito sefardita. Guardavano con una certa diffidenza agli altri ebrei, che erano askhenaziti, cioè di lingua tedesca e di rito diverso. Non concepivano, per esempio, che ci fossero matrimoni misti.
• Lo stile di vita turco. Nella Bulgaria ormai indipendente dall’Impero ottomano, lo stile di vita turco era ancora in uso anche presso alcuni vecchi non musulmani. Consisteva nello stare tutto il giorno sdraiati sul divano a bere caffè e fumare e condurre in generale una vita poco attiva.
• Una differenza tra Vienna e Zurigo. A Zurigo la donna di servizio mangiava a tavola coi padroni mentre a Vienna questo sarebbe stato inconcepibile. A Vienna la donna di servizio mangiava nella sua stanza.
• Una vera signora viennese. Era colei che parlava soprattutto di nuovi autori di romanzi, poeti contemporanei e commedie recentemente rappresentate. Spesso le signore andavano a teatro e alle conferenze di lettura. Ma sospendevano il loro giudizio in attesa di quello di un uomo.
• Cappella Sistina 1. Michelangelo, com’è noto, lavorò a lungo alla Cappella Sistina. Il Papa minacciò di farlo buttare giù dall’impalcatura se non avesse ridotto i tempi.
• Cappella Sistina 2. Le figure dell’affresco di Michelangelo, esseri nudi di fronte al Giudizio Universale, furono coperte con braghe da un pittore perché l’autore si rifiutava di farlo ed erano ritenute scandalose.
• Altro rifiuto. Un altro rifiuto che Michelangelo oppose al Papa fu quello relativo alla indoratura della cappella. Il Papa, infatti, voleva che negli affreschi fosse utilizzata una velatura di polvere d’oro per ingentilire le figure.
• Tempi artistici. Ghiberti lavorò rispettivamente ventuno e ventotto anni alle porte del Battistero di Firenze.
• Cioccolata. I bambini di Zurigo venivano mandati in giro per la città a vendere tavolette di cioccolata il cui provento andava ai poveri.
• Italiano. Nelle bettole della Svizzera la lingua dominante era l’italiano per via degli immigrati che facevano lavori umili.
• Ebrei a colazione. Gli ebrei osservanti che vivevano in Inghilterra non mangiavano il bacon a colazione.
• Punzecchiature. Nella scuola zurighese dove studiava, il piccolo Canetti fu oggetto di battute razziste. Questo atteggiamento da parte dei compagni si accrebbe verso la fine e dopo la prima guerra mondiale. Canetti si riunì con altri sedici studenti ebrei della scuola e scrisse una protesta formale al preside. Che risolse il problema così: senza clamore, con la massima discrezione, convocò uno ad uno i ragazzi e li redarguì. Così, le battute antisemite cessarono completamente, per disciplina.
• A Vienna. Il piccolo Canetti e un compagno di scuola ebreo, mentre passeggiavano furono insultati da un razzista: "Ebreacci!". La madre del futuro scrittore gli disse che ce l’avevano col suo amico, ebreo askhenazita, e non con lui "spagnolo".
• Poliglottismo. Il nonno paterno di Canetti, un ricco commerciante dei Balcani, sosteneva di conoscere diciassette lingue. In realtà ne parlava bene solo qualcuna, come la maggior parte delle persone che vivevano in Bulgaria In Bulgaria, come in altri paesi dell’Europa centrale e orientale, chi parlava una sola lingua era considerato rozzo, ignorante.
• Un incontro e una profezia. «Già prima del suo famoso viaggio nel vagone piombato si diceva che Lenin vivesse a Zurigo. La mamma, che nutriva per la guerra un odio assoluto e implacabile, seguiva con trepidazione tutti gli avvenimenti che potessero in un modo o nell’altro metter fine al conflitto. Non aveva collegamenti politici, ma Zurigo si era trasformata in un centro nel quale si raccoglievano persone contrarie alla guerra, provenienti da diversi Paesi e con diverse impostazioni politiche. Un giorno, passando davanti a un caffè, mi mostrò la testa enorme di un uomo seduto accanto alla finestra, con un gran mucchio di giornali a portata di mano; uno lo aveva afferrato con gesto energico e se lo teneva sotto gli occhi. Improvvisamente gettò indietro la testa e volgendosi a un uomo che gli sedeva accanto si mise a parlargli con veemenza. La mamma mi disse: ”Guarda bene quell’uomo, è Lenin. Di lui sentirai ancora parlare”».
• Antiche leggende metropolitane. In Bulgaria, per dissuadere i bambini a uscire dal cortile, si usava spaventarli dicendo che gli zingari li avrebbero rapiti.
• La lingua salvata è la prima di due opere autobiografiche (ad essa seguirà Il gioco degli occhi) scritte da Canetti. Racconta le vicende del bambino di Rustschuk che dopo una infanzia pittoresca, tra armeni, zingari, lupi, vampiri rumeni, parenti ebrei, bambinaie bulgare e vicini turchi con mogli velate, segue, col resto della famiglia, il padre a Manchester. Qui resta orfano presto e, maggiore di tre figli, assume su di sé il rapporto con la madre e alcune funzioni paterne. Per farlo supera una prova fondamentale: poiché suo padre e sua madre si erano conosciuti a Vienna al tempo degli studi, parlavano tra di loro in tedesco, invece che nello spagnolo usato dagli altri ebrei bulgari. Il piccolo Elias deve quindi imparare il tedesco. Prova durissima, tour de force che in una sola estate lo porta a esprimersi in quella difficile lingua e poi a essere ammesso a una scuola elementare a Vienna. Con lo scoppio della guerra, il trasferimento a Zurigo e la prosecuzione degli studi nell’idilliaco eden svizzero. Poi la pace, nel ’18. La madre lo viene a prendere e lo manda all’università in Germania, paese tragicamente sconfitto, perché impari dalla scuola della vita. Elias Canetti è nato nel 1905 a Rustschuk, in Bulgaria, una cittadina che oggi ha il nome di Ruse. Ebreo discendente dalla colonia dei perseguitati che lasciarono la Spagna dell’Inquisizione, compie gli studi prima Vienna e poi a Zurigo, sempre in lingua tedesca. A ventitré anni, esordisce con il romanzo Auto da fé, cui seguono altre opere, in tedesco, come Massa e potere, La provincia dell’uomo, eccetera, opere che ne faranno uno dei principali autori del secolo. Nel 1981 vince il premio Nobel per la letteratura. morto a Zurigo nel 1995.