Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia
• Casi in cui la legge di Romolo concedeva al marito o ai parenti di uccidere la moglie: se commettevano adulterio; se bevevano vino. Catone: «Se sorprendi tua moglie mentre commette adulterio, puoi ucciderla impunemente. Se lei sorprende te, invece, non può toccarti neppure con un dito».
• Bacio. Lo ius osculi, cioè il diritto che avevano i parenti (e solo i parenti) di baciare in qualunque momento la moglie. Non manifestazione d’affetto, ma controllo dell’alito per capire se avesse bevuto o no.
• Case. Se condannata a morte dal marito e dai parenti, la moglie veniva chiusa nel carcere domestico e lasciata morire di fame.
• Ignazio Mecennio, processato da Romolo perchè aveva ucciso la moglie a bastonate, cioè non seguendo i metodi ammessi. Tuttavia alla fine assolto.
• Figlie. L’abitudine di sopprimere o abbandonare le figlie femmine rivelata dalla disposizione di Romolo che "almeno" la primogenita venisse allevata.
• Stuprum, qualunque atto sessuale commesso al di fuori del matrimonio. Diritto dei padri di uccidere con le loro mani le figlie che avessero commesso stuprum. Casi talmente normali che gli storici ne ricordano solo due, quelli in cui il diritto del padre sembrava dubbio. Caso di Ponzio Aufidiano, che uccise la figlia dopo che questa era stata violentata da uno schiavo pedagogo. Dubbio, perchè la ragazza era evidentemente innocente. Caso di Attilio Falisco: uccise la figlia, ma era lui stesso colpevole di stuprum avendo intrattenuto rapporti omosessuali con un puer, pratica vietatissima (puer = ragazzo che ha meno di 14 anni).
• Locare. «Di regola la ragazza romana veniva data in moglie appena raggiunta la pubertà: ovviamente, a un uomo scelto dal padre e al quale il padre poteva sottrarla in qualunque momento, se decideva che per ragioni di convenienza familiare doveva essere data a un altro marito».
• Quinto Ortensio Ortalo desiderava imparentarsi con Catone, andò dunque a chiedergli in moglie la figlia Porzia, non avendo importanza il fatto che Porzia fosse già sposata con Bibulo (console nel 59 avanti Cristo). Ortalo infatti voleva una "comunità di figli" con Catone e con lo stesso Bibulo. Catone, per nulla sorpreso, rispose che anche a lui sarebbe piaciuta una comunità di figli con Ortensio, ma che tuttavia non gli pareva il caso di adoperare Porzia a questo scopo. Ortensio allora chiese: perchè Catone, visto che abbiamo lo stesso desiderio di figli comuni, non mi cedi tua moglie Marzia? Catone restò in dubbio e per venir fuori dall’incertezza andò a chiedere il parere di Lucio Marzio Filippo, suo suocero, padre di Marzia. Filippo disse che l’idea era buona. Catone dunque ben volentieri cedette la moglie all’amico, incurante del fatto che in quel momento Marzia fosse incinta di lui. Ortensio sposò Marzia nel 56 avanti Cristo, essendo in età di sessant’anni. Marzia gli diede due figli. Quando Ortensio morì, sei anni dopo, Catone la riprese in moglie.
• Vedove. Per il romano antico la vedova ideale porta per poco tempo il lutto e poi si uccide. Modello assoluto: Porzia, moglie di Bruto, che alla notizia del disastro di Filippi si tolse la vita ingoiando carboni ardenti.
• Venter, cioè la donna incinta. Se una donna incinta era rimasta vedova o era divorziata, il pretore nominava un curator ventris, cioè un tutore che vigilasse affinchè la donna non abortisse. Il marito aveva il diritto di ripudiare la moglie che si fosse procurato un aborto. D’altra parte le donne erano capaci di procurarsi aborti senza farlo capire, data la dimestichezza che avevano con farmaci ed erbe.
• Processi. I maschi romani temevano fortemente le donne anche per questo: le donne e solo le donne sapevano intrugliare con le erbe e preparare veleni, farmaci e malefici (latino: venena). Da ciò, processi clamorosi. Nel 331 a.C. venti donne vennero trascinate in tribunale, accusate da una schiava di aver avvelenato i mariti. ”Ma si trattava di venena bona (farmaci)” dissero quelle. ”E allora beveteli!” replicò la schiava. Le venti matrone bevvero e spirarono in breve tempo.
• Veleni. Nel 153 avanti Cristo Publilia e Licinia, accusate di aver avvelenato i mariti, furono condannate a morte dalla famiglia e strangolate dai parenti.
• Paura. «La moglie, Prisco, sia soggetta al marito./Solo così uomo e donna son pari» (Marziale). «Quando avranno la parità le donne ci domineranno» (Catone).
• «Se il marito era ancora filiusfamilias (padre vivo, ndr) la moglie era sottoposta alla manus del suocero. Il padre poteva uccidere la figlia, il suocero anche pur se solo nei casi previsti dalla legge».
• Al momento del matrimonio patrizio, gli sposi si prendevano per la mano destra, si dividevano una focaccia di farro, sedevano su un sedile coperto da una pelle di opcora sacrificata apposta, facevano tre giri intorno all’altare andando verso destra, il capo della posa coperto di un velo rosso arancio (flammeum). La sposa: Ubi tu Gaius ego Gaia. Forma di matrimonio per le classi meno nobili: la coemptio (la sposa veniva comprata) l’usus (dopo due anni di convivenza per la legge era come se il matrimonio fosse stato celebrato).
• Se la moglie si allontanava per tre notti dalla casa del marito, il marito perdeva la manus su di lei che tornava al padre (trinoctis op trinoctium usurpatio).
• Nel II secolo lancio di noci sugli sposi per augurare fertilità e anche abitudine di varcare la soglia essendo tenuta in braccio dal marito.
• «Il marito romano, se aveva un sufficiente numero di figli, e se un altro che desiderava averne lo persuadeva, si separava dalla moglie, conservando il potere di lasciargliela o di riprenderla con sè; lo spartano invece, mentre la moglie rimaneva nella sua casa, e mentre rimanevano in vita tutti i diritti originari del matrimonio, permetteva a chi lo aveva convinto di dividere con lui sua moglie, al fine di avere da lei figli comuni» (Plutarco).
• «Per capire il matrimonio romano bisogna entrare nell’ottica del matrimonio come accordo-alleanza tra due famiglie, concluso per ragioni di volta in volta economiche, sociali e politiche (se non per tutte queste ragioni messe insieme), e del dovere civico di organizzare, all’interno di questi accordi, una ordinata e razionale riproduzione dei gruppi familiari. Secondo Y. Thomas ”in mancanza di più sofisticate tecnologie, i romani avevano inventato una pratica che consentiva di realizzare i risultati oggi raggiunti dall’affitto dell’utero"».
• Augusto, trovandosi di fronte al problema del calo demografico (come ai tempi nostri) varò la lex Iulia (controlla, la lex Iulia è quella che punisce adulteri) che obbligava tutti gli uomini tra i 25 e i 60 anni e tutte le donne tra i venti e i 50 a sposarsi. Ampiamente disattesa.