Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Obamacare, burocrazia, grandi opere. I primi 100 giorni da “fuochi d’artificio”

NEW YORK I primi 100 giorni di Donald Trump saranno fuochi d’artificio. Guerra alla burocrazia, stop all’ambientalismo, e soprattutto una maxi-manovra di investimenti pubblici per le infrastrutture di sapore “rooseveltiano” e quindi bipartisan. Ora ci vuole la squadra per farlo. La vittoria è arrivata così inattesa, che Trump ha uno staff minuscolo rispetto a quello di Hillary Clinton. L’establishment repubblicano per la maggior parte aveva tenuto le distanze. I pochi politici di destra che stavano al suo fianco erano considerati dei marginali: ora hanno vinto la lotteria. C’è la calca per candidarsi ai tanti posti liberi negli organigrammi dell’esecutivo: i consiglieri della Casa Bianca, i vertici dei ministeri, le agenzie federali. In tutto 4.000 poltrone dello spoil-system.
Il tycoon-outsider sarà magnanimo o vendicativo? Premierà i fedelissimi della prima ora o spalancherà le porte all’establishment conservatore? Trump ha dedicato la giornata di ieri alle grandi manovre coi suoi prossimi interlocutori istituzionali. Dopo il summit con Obama infatti è andato a incontrare il presidente della Camera Paul Ryan e il leader del Senato Mitch McConnell. Due repubblicani, essenziali per fare passare la sua agenda di riforme: il piano dei 100 giorni glielo deve approvare il Congresso, se si tratta di spese pubbliche, leggi fiscali, trattati di libero scambio. Ryan e McConnell avevano dato un endorsement tardivo e riluttante a Trump. Sono due “conservatori fiscali” e neoliberisti: in linea di principio non sono favorevoli né ai maxi-investimenti pubblici che creano deficit, né alla cancellazione degli accordi di libero scambio. Trump potrebbe addolcirli offrendogli subito l’abrogazione della riforma sanitaria di Obama.
Il primo cerchio magico attorno a Trump è un gruppo ben identificato. Tre vecchi notabili del partito che lo appoggiarono presto: il governatore del New Jersey Chris Christie, l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, l’ex leader della Camera Newt Gingrich. Christie è in lizza con un altro notabile, il presidente del partito Reince Priebus, per fare il capo- staff della Casa Bianca, incarico di grande potere. Giuliani è chiacchierato come prossimo ministro di Giustizia anche se lui smentisce.
Altro uomo-chiave, già impegnato in un ruolo di punta nella squadra di transizione, è il senatore dell’Alabama Jeff Sessions, che potrebbe diventare segretario alla Difesa. Per quel posto, o quello ancora più influente di National Security Advisor, è in lizza anche il generale Michael Flynn. Come segretario di Stato circolano i nomi di John Bolton, neocon dell’èra Bush che fu ambasciatore all’Onu, e del senatore Bob Corker che presiede la Commissione Esteri. Al Tesoro potrebbe andare un giovane banchiere di Goldman Sachs, Steven Mnuchin, che fu il tesoriere della campagna. Oppure il ben più titolato Jamie Dimon della JP Morgan. Ma Trump potrebbe creare molte sorprese, per esempio attingendo al mondo del business. Tra i suoi alleati ci sono petrolieri come Forrest Lucas e Harold Hamm, nonché il miliardario hi-tech della Silicon Valley Peter Thiel, cofondatore di Paypal. La scelta degli uomini – e delle donne, tra cui certamente la portavoce Kellyanne Conway – darà i primi segnali sulla caratura della presidenza Trump e quindi anche sui 100 giorni. Sarà una Casa Bianca “familistica” come la sua campagna elettorale, con ruoli di punta per i figli Eric e Ivanka? Premierà gli stravaganti fanatici come Sarah Palin e lo sceriffo Arpajo? O invece farà una grossa campagna acquisti tra figure rispettabili e collaudate? Manterrà la promessa di un codice etico, vietando i passaggi dal lobbismo alla politica e viceversa?
Sui contenuti dei 100 giorni lancia un segnale Gingrich: «Cinque grandi riforme strutturali, dal controllo del confine Sud al licenziamento dei burocrati incapaci». Trump ha promesso anche di «eliminare due regolamenti burocratici per ogni nuova legge approvata». Farà una guerra senza quartiere agli ambientalisti: «Via libera subito all’oleodotto col Canada che Obama vietò; stop ai pagamenti all’Onu per l’accordo sul cambiamento climatico». Aprirà il negoziato per cambiare il mercato unico nordamericano Nafta, e bloccherà l’iter di Tpp e Ttip. Ma più di ogni altra cosa i 100 giorni dovrebbero essere segnati dalla sua iniziativa neokeynesiana che piace alla sinistra: rifare le infrastrutture fatiscenti, dagli aeroporti alle stazioni, dalle strade alla rete elettrica. «L’America è diventata un Paese del Terzo mondo», è stato un leitmotiv nei suoi comizi. Sarà una manovra pro-crescita, da fare invidia a tanti europei.