Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Il poliziotto imperialista e spione che inventò il Grande Fratello
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• Il poliziotto imperialista e spione che inventò il Grande Fratello. Il Foglio 1 agosto 2007. ”Quasi tutto ciò che, negli scritti e nel pensiero di Orwell, sembra un paradosso può essere spiegato dal fatto che era nato in un’epoca in cui le assurdità più soffocanti erano proclamate da reazionari, e visse in un’epoca in cui furono proclamate da progressisti”, scrisse negli anni Cinquanta il romanziere di sinistra John Wain. In effetti, nessuno scrittore sarebbe in grado di sbarazzarsi di tali paradossi in un personaggio inventato, perché, come osservò il suo intimo amico e compagno di studi a Eton Anthony Powell, Orwell era mezzo innamorato di ciò che odiava ed era profondamente conservatore – addirittura reazionario – in tutto tranne che in politica. La gelida coscienza della sua generazione”, come lo definì il critico V. S. Pritchett, era considerato un ”santo laico”. Senza dubbio era più che preparato a superare un ben nutrito fastidio al fine di mortificare la sua carne vivendo come un barbone o, come minimo, era il solo che riusciva a trovare ”deliziose” le razioni alimentari del tempo di guerra. Comunque, il suo modo predatorio di saltare addosso alle donne, come un gallo nel pollaio, nel clima culturale di oggi sarebbe considerato senza ombra di dubbio criminale. Ma, d’altra parte, come lo stesso Orwell disse a proposito di Gandhi, ”tutti i santi devono essere considerati colpevoli fino a quando non se ne dimostri l’innocenza”. L’esperto funzionario della polizia imperiale indiana, orgoglioso di essere nato indiano, considerava Gandhi colpevole di non-violenza, dato che fu proprio la mancanza di una rivolta militare che rese estremamente facile agli inglesi prolungare il proprio dominio in India. Ma, anche così, non sapeva se odiava di più i birmani sui quali ”governava” o l’imperialismo britannico. In Gran Bretagna, odiava irrazionalmente gli scozzesi, anche se aveva un nome scozzese; ciononostante lasciò l’atmosfera letteraria di Londra e si ritirò nella lontana isola di Jura, nelle Ebridi, per scrivere ”1984”. Amava l’inglesità, anche se era mezzo francese, e nei confronti della classe operaia inglese poteva essere considerato ormai ”assimilato ai nativi”, come si diceva nell’Inghilterra imperiale di coloro che diventavano troppo intimi, in ogni senso del termine, con la popolazione locale. Ateo appassionato, convinto che la credenza in una vita dopo la morte fosse la cartina di tornasole per scoprire se qualcuno era un bugiardo, ogni tanto andava in chiesa, si sposò due volte secondo il rito anglicano e scrisse nel suo testamento di voler essere sepolto nel giardino di una chiesa anglicana. Aveva scelto la carriera del poliziotto imperiale, con un atteggiamento autoritario venato da un tocco di sadismo, ma scrisse la critica più feroce che si potesse fare contro lo stato di polizia. Ed anche se fu l’inventore del ”Grande Fratello”, era una persona che faceva la spia sulle opinioni politiche dei suoi amici frequentatori della Londra bohémienne. Scrittore di straordinaria chiarezza circa l’importanza della verità e della memoria storica, fu piuttosto parsimonioso con la verità nei suoi scritti autobiografici, dai quali creò i suoi romanzi e, naturalmente, la più grande invenzione di Eric Blair: lo stesso ”George Orwell”. Come disse il suo grande amico Arthur Koestler: ”Non credo che George abbia mai capito che cosa facesse irritare la gente, perché ciò che lo faceva irritare non era ciò che faceva irritare la gente”. In effetti, la poetessa e scrittrice Stevie Smith, che, molto probabilmente, con la sua figura mascolina, per lui attraente, fu qualcosa di più di una semplice amica, nel suo romanzo satirico ”The Holiday” (pubblicato nel 1949) divide Orwell in due diversi personaggi: Basil Tate, un omosessuale sopravvissuto alla guerra civile spagnola che, con l’atteggiamento di un ragazzo di dodici anni, ”pensa che le donne siano biologicamente necessarie”, e l’oggetto del suo desiderio Tom Fox, ”smilzo, violento e folle”. Orwell, e anche Blair, erano vittime di quella che Nietzsche considerava la caratteristica fondamentale dell’uomo moderno, privo di Dio: il risentimento. Così, fu in questa luce che vide i giorni della sua infanzia, prima della Grande Guerra e all’apice della potenza e ricchezza imperiale britannica, in corrispondenza con la nascita del welfare state, quando gli inglesi potevano viaggiare attraverso un mondo che era per un quarto segnato in rosa, con soltanto un passaporto e qualche guinea d’oro: ”Suppongo che in tutta la storia del mondo non c’è mai stato un momento in cui la pura volgare obesità della ricchezza, senza qualsiasi genere di eleganza capace di redimerla, è stata così pervasiva come negli anni precedenti al 1914… Da tutto il decennio precedente al 1914 traspira il puzzo della più volgare lussuria, un odore di brillantina, di crema alla menta e di cioccolatini – l’impressione, per così dire, di una eterna scorpacciata di gelato alla fragola, gustato su un prato verde con l’accompagnamento dell’inno della squadra dei canottieri di Eton. La cosa più straordinaria era il modo in cui ognuno dava per scontato che questa crassa e soffocante ricchezza delle classi medie e alte inglesi sarebbe durata per sempre, e che facesse parte dell’ordine naturale delle cose”. In un saggio del 1941 su H. G. Wells, il cui libro ”A Modern Utopia” ebbe un’enorme influenza su ”1984”, Orwell sfogò tutta la sua rabbia sul dominio imperiale britannico, dal quale, è opportuno ricordarlo, trasse grandi benefici materiali. ”Quando Wells era giovane, l’opposizione tra scienza e reazione non era fasulla. La società era governata da persone dalla mente ristretta, da uomini d’affari egoisti, signorotti idioti, vescovi e politici che sapevano citare Orazio ma che non avevano mai sentito parlare dell’algebra. Tradizionalismo, stupidità, snobbismo, patriottismo, superstizione e passione per la guerra sembravano essere riuniti tutti dalla stessa parte”. Un decennio dopo avere rinunciato alla sua carriera di soprintendente della polizia imperiale indiana a Burma, Orwell spiegò le ragioni di questa scelta in ”The Road to Wigan Pier”: ”Ero consapevole di avere sulle spalle un enorme fardello di colpevolezza che avrei dovuto espiare. Suppongo che questa sembri un’esagerazione; ma se aveste fatto per cinque anni un lavoro che disapprovate completamente, probabilmente vi sentireste nello stesso modo. Avevo ridotto tutto alla semplice teoria che gli oppressi hanno sempre ragione e gli oppressori sempre torto: una teoria sbagliata, ma frutto naturale del fatto di essere nella schiera degli oppressori. Sentivo che dovevo sfuggire non soltanto dall’imperialismo ma anche da qualsiasi forma di dominio dell’uomo sull’uomo. Volevo farmi sommergere, scendere tra gli oppressi, essere uno di loro e combattere insieme a loro contro i tiranni. E, soprattutto, poiché dovevo pensare tutto in solitudine, ho spinto il mio odio dell’oppressione fino a un limite estremo”. L’educazione ricevuta da Orwell, del tutto normale per la sua classe sociale, a partire dagli anni Cinquanta ha iniziato a diventare il paradigma dell’oppressione totalitaria e imperiale. Il suo esagerato senso di rancore nei confronti di un sistema di educazione privato e per il suo mestiere di funzionario di polizia nell’impero britannico finì per essere riconsiderato come null’altro che eccessivo realismo da parte dei meno fortunati nell’esperienza del fordismo tecnologico del completo controllo dello stato su popolazioni ridotte a fare una vita da topi di laboratorio. I suoi scritti arrivarono fino al nocciolo dell’esperienza vissuta da chi è costretto a vivere in uno stato di polizia in un eterno presente allo stato animale, senza memoria, lingua o speranza. ”Animal Farm” è una ”favola” su animali che si comportano come uomini; ”1984” è un reportage su uomini che si comportano come animali. ”La morale da trarre da questa pericolosa situazione da incubo”, scrisse Orwell a proposito di ”1984”, ”è molto semplice: non permettere che accada. Dipende solo da te”. ’Il peccato di quasi tutti gli uomini di sinistra dal 1933 in poi è che hanno voluto essere antifascisti senza essere antitotalitari”, scrisse Arthur Koestler. L’enigma finale di Orwell è il motivo per cui, praticamente unico fra tutti, in reazione alla sua esperienza nella guerra civile spagnola, vide e riferì nel suo quasi impubblicabile ”Homage to Catalonia” che alla tirannia si opponevano due categorie distinte di persone: coloro che si oppongono alla tirannia in nome della libertà e coloro che vi si oppongono nella speranza di rimpiazzarla con un’altra tirannia in cui sono loro stessi al comando. Grazie a Orwell, a partire dal 1937 in poi, da Barcellona fino a Baghdad, la linea di demarcazione è passata non tra destra e sinistra ma tra democrazia e totalitarismo. (1. continua) Richard Newbury
• George, ragazzo della middle-class inglese, ”onora solo la madre”. Il Foglio 2 agosto 2007. ”E’ probabilmente vero che non si può raccontare un’autentica storia della vita di un uomo se non si dice qualcosa dei suoi genitori e forse anche dei suoi nonni”, proclamò George Orwell, nato con il nome di Eric Blair, durante una trasmissione radiofonica della BBC nel 1945. Nel secolo precedente la sua nascita nel 1903 nella città di Motihari, presso il confine bengalese con il Nepal, un remoto avamposto dell’impero, dove persino la missione protestante veniva chiamata ”la Missione delle regioni esterne”, la famiglia paterna di Eric Blair era stata un esempio perfetto del declino di ricchezza e influenza subìto dalla piccola nobiltà terriera. Charles Blair, nato nel 1743 e morto nel 1801, visse nel periodo della straordinaria crescita della ricchezza industriale e imperiale inglese, e si arricchì con il commercio dello zucchero e degli schiavi in Giamaica, isola che alla Gran Bretagna valeva il 500 per cento in più delle tredici colonie americane messe insieme. Era riuscito a sollevarsi dalla sua relativa oscurità (scozzese) sposando la figlia del conte di Westmoreland, il capo della famiglia Fane. Il nonno di Orwell, Richard Arthur Blair, era nato nel 1802, era stato ordinato diacono anglicano a Calcutta nel 1839, e poi aveva prestato servizio nell’esercito in India fino al 1854. Poi, grazie all’influenza locale della famiglia Fane, aveva ottenuto un remunerativo posto come Vicario nell’idilliaco villaggio di Milborne St. Andrew, nella regione del Dorset. Richard Walmesley Blair, il padre di Orwell, l’ultimo di dieci figli, era nato nel 1857, l’anno dell’ammutinamento indiano, e si era trasferito in India nel 1875. Il più alto livello dell’amministrazione, cui si accedeva soltanto attraverso difficilissimi esami, era l’Indian Civil Service, che, con i suoi mille funzionari inglesi (e indiani), governano l’impero come proconsoli. Poi c’era l’esercito, il servizio forestale e altri dipartimenti minori dell’impero, come l’Opium Department, nel quale entrò come agente con lo stipendio di 500 rupie al mese. Dopo la legalizzazione dell’oppio sotto il controllo del governo nel 1870, il Bengala produceva 4000 tonnellate di opium all’anno, quasi tutto esportato in Cina. Garantiva entrate per 6,5 milioni di sterline, vale a dire un sesto di tutte le entrate del governo imperiale indiano. Anzi, l’oppio poteva essere considerato una dipendenza tanto per il Raj quanto per i suoi consumatori cinesi: era il più puro del mondo, e compito dell’Opium Department era proprio quello di garantirne la qualità. Richard Blair, uomo profondamente conservatore, metodico e puntiglioso, svolse il suo lavoro girando tutto il Bengala per controllare la produzione dell’oppio: un lavoro che probabilmente non fece innamorare suo figlio per l’ideale imperiale del ”fardello dell’uomo bianco”. La sua famiglia paterna apparteneva, secondo la precisa definizione sociologica applicata da Orwell alla classe lavoratrice in ”The Road to Wigan Pier”, alla ”Lower Upper Middle Class”, ”una delle tante ordinarie famiglie della middle class, formate da soldati, chierici, funzionari di governo, insegnanti, avvocati o dottori”. Il ”commercio”, invece, non faceva parte delle loro occupazioni. Avevano il proprio stemma inciso sugli argenti di famiglia e sapevano come comportarsi in ”società”, anche se vi venivano raramente invitate. ”Esisteva un grande divario tra chi guadagnava 400 sterline all’anno e chi ne guadagnava 2000, ma era un divario che i primi facevano del loro meglio per ignorare”, osservò Orwell, con la sua penetrante capacità d’analisi sociologica. Non possedevano più la terra ma si sentivano proprietari terrieri al cospetto di Dio. Non esisteva più la vita dell’ozio aristocratico di un parroco di campagna; al suo posto era subentrata la vita di competitivi test d’ammissione, di matrimoni di convenienza e la necessità di guadagnarsi da vivere. Fu l’amministrazione dell’impero a dare a questa classe un nuovo ideale e un reddito. In effetti, l’odio di Blair per la middle class urbana e suburbana, così come l’attrazione per la classe lavoratrice urbana e rurale, insieme con un amore per la campagna e le sue attività sportive della caccia e della pesca, era un segno caratteristico dello snobismo tory nei confronti della classe degli ex proprietari terrieri. Il filosofo Matthew Arnold, nel suo saggio ”Culture and Anarchy”, aveva lamentato la barbarie della borghesia. Benjamin Disraeli, con la sua Giovane Inghilterra che cercava di unire le ”Due Nazioni” dei proprietari terrieri e dei lavoratori contro lo sfruttamento della classe media, trasformò questa nuova alleanza nel fondamento del partito conservatore, mentre John Ruskin, William Morris, Dante Gabriel Rossetti e gli altri pittori preraffaelliti idealizzarono un passato ”socialista” preindustriale di medievale fratellanza corporativa da contrapporre all’individualismo sfrenato e alla produzione industriale di massa. Per descrivere Orwell spesso è più adatta l’espressione ”anarchico tory” che ”socialista democratico”. In effetti, il suo amico Arthur Koestler disse che le opinioni politiche di Orwell potevano essere riassunte in un breve assioma, ossia che ”nessuno dovrebbe essere povero e che nessuno dovrebbe avere il diritto di dire a qualcun altro che cosa deve fare, pensare o sentire”. Il suo lato più artistico e socialmente impegnato Orwell lo trasse dalla famiglia di sua madre. Ida Limouzin era nata nel 1875 a Londra, ma crebbe nel meraviglioso porto di Moulmein, a Burma, recentemente annessa all’impero da Lord Randolph Churchill, padre del più celebre Winston. Il padre di Ida era emigrato qui dalla Francia ed era presto diventato un personaggio talmente importante della locale comunità imprenditoriale da avere una strada intitolata a suo nome, trenta servitori ed essere nominato agente consolare dell’Italia. Quando Orwell divenne sovrintendente della polizia a Burma, sua nonna viveva ancora a Moulmein. Tuttavia, per colpa di alcune speculazioni sbagliate nel commercio di riso, subì enormi perdite e sua figlia Ida fu costretta a fare l’insegnante in una scuola elementare a Naini Tal, una località a 1800 metri di altitudine nella provincia del Nord Ovest indiano, dove i dipartimenti governativi trasferivano la propria sede in estate e dove i suoi funzionari passavano le vacanze. La ventiduenne Ida, appena piantata da uno di questi funzionari, accettò, nonostante la disapprovazione della sua famiglia, la proposta di matrimonio del trentanovenne Richard Blair, ancora un umile agente dell’Opium Department con uno stipendio di 500 rupie al mese. L’età era probabilmente la più insignificante delle differenze che li separavano. Mentre Richard era alto, serioso e burbero, Ida era vivace, carina e dotata di una brillante intelligenza, si vestiva in modo eccentrico e sosteneva idee radicali come il socialismo fabiano e il suffragio per le donne. Fu lei a tenere in mano, fin dall’inizio, le redini della famiglia. Prima del matrimonio aveva la cittadinanza francese e quindi non era semplicemente ”straniera” ma anche proveniente dal mondo del ”commercio”. Iniziarono la loro vita coniugale nella città di Gaya, infestata dalle malattie, dove nel 1898 nacque Marjorie, la prima figlia. Nell’anno del concepimento di Orwell Richard Blair ottenne una promozione di carriera e un aumento di stipendio di 100 rupie al mese, e l’anno seguente un ulteriore avanzamento di carriera e di stipendio, nonché il trasferimento a Motihari, luogo di nascita di Orwell. Lo scoppio di un’epidemia convinse Ida a riportare nel 1904 i bambini in Inghilterra, cosa peraltro piuttosto consueta tra le famiglie angloindiane, mentre Richard Blair rimase fino al pensionamento, all’età di 55 anni. Orwell si rifiutò di obbedire al comandamento biblico di onorare il padre: ”Sapevo perfettamente che non mi piaceva mio padre, che non avevo praticamente mai visto fino a otto anni e mi sembrava semplicemente un vecchio burbero che mi diceva sempre ”no’”. Comunque, l’assenza del padre era cosa perfettamente comune tra i bambini anglo-indiani, e tuttavia Orwell faceva sembrare sempre tutto diverso. La parte eccentrica più ostinata del suo carattere , così come il suo interesse per la letteratura francese ed europea, sono un’esclusiva eredità Limouzin. Questa gli proveniva non solo dalla madre ma anche da sua zia Nellie, un’attrice londinese che poi fece l’esperantista a Parigi e la suffragetta, divenne una socialista fabiana e amica di famosi scrittori come H. G. Wells, ed ebbe probabilmente più influenza su Orwell di molti suoi maestri. Orwell, con il suo eccentrico lato francese e un nonno che aveva rotto con la tradizione di casta angloindiana per prendere un’amante burmese, fu sempre consapevole, malgrado il suo background edwardiano classico, di non essere ”uno di noi”. Conosceva gli inglesi dal di dentro e dal di fuori. (2. continua) Richard Newbury
• Libri, piante e amici immaginari sono la genesi di un grande scrittore. Il Foglio 3 agosto 2007. Nel saggio ”Why I Write”, scritto nel 1946, la voce di George Orwell ricorda le ambizioni e motivazioni del giovane Eric Blair. ”Fin dalla più tenera età, quando avevo probabilmente cinque o sei anni, sapevo che da grande sarei stato uno scrittore. Tra i diciassette e i vent’anni ho cercato di rinunciare a quest’idea, ma l’ho fatto con la consapevolezza che stavo insultando la mia natura e che presto o tardi avrei dovuto sedermi al tavolo e scrivere dei libri. Ero il secondo di tre figli, ma c’erano cinque anni di differenza sia con il più grande che con il più giovane. Non vidi praticamente mai mio padre fino a otto anni. Per questa e altre ragioni ero relativamente solo e sviluppai ben presto dei modi fastidiosi che mi resero impopolare per tutti gli anni della scuola. Avevo la tipica abitudine dei bambini solitari di inventare storie e fare lunghe conversazioni con personaggi immaginari, e penso che fin dall’inizio le mie ambizioni letterarie si mescolarono con la sensazione di essere isolato e sottovalutato. Sapevo di avere una certa facilità con le parole e la forza di affrontare fatti spiacevoli, e sentivo che questo creava una sorta di mondo privato nel quale potevo frustarmi la schiena per i miei fallimenti nella vita di tutti i giorni. Ciononostante, il volume di scritti seri – ossia seriamente intesi – prodotti in tutta la mia infanzia e giovinezza non supera la mezza dozzina di pagine”. Il giudizio più gentile su questo sfogo è che sia parsimonioso nei confronti della verità o una sorta di inaccurato précis da parte di uno scrittore che aveva appena pubblicato, tra l’acclamazione internazionale, uno dei libri più importanti e influenti del secolo: ”Animal Farm”. Per buona parte dei lettori di sinistra di ”Gangrel”, la rivista per cui era stato scritto l’articolo, un’educazione da upper middle-class, prima della Grande guerra, era altrettanto aliena alla loro esperienza quanto lo sarebbe stata ai loro parametri ideologici. Qui si può osservare Orwell il saggio sofferente e non Eric Blair, il quale, a detta di coloro che lo conoscevano allora, era un piacevole e precoce per quanto un po’ viziato bambino. Qui abbiamo di fronte il fine e profondo critico di Charles Dickens, che a proposito dei romanzi del suo maestro disse che avevano ”una pessima architettura ma dei fantastici grondoni”. Come scrisse la sua più giovane sorella Avril (con cui lo scrittore era in grande confidenza nonostante i cinque anni di differenza): ”E’ stato detto che Eric ha avuto un’infanzia infelice. Penso che non sia affatto vero, anche se lui stesso ha suscitato quest’impressione da adulto. Eric ebbe tutti gli amici che voleva, in ogni caso era un persona distaccata e riservata, il che non significa necessariamente che abbia avuto un’infanzia tormentata”. Possiamo naturalmente riconoscere il lato qui enfatizzato nella descrizione del piccolo Eric che diventa il capo di una banda di ragazzi più grandi della middle-class. Humphrey Dakin gli aveva permesso di entrare nella sua banda solo per insistenza di Marjorie, la sorella maggiore di Eric, che lo stesso Humphrey avrebbe sposato una decina d’anni più tardi. Humphrey lo chiamava ”quel piccolo moccioso di Eric”, perché aveva sempre l’atteggiamento di quello ”non amato da nessuno e in un torrente di lacrime”. Eric era ”un piccolo e grassotto ragazzo che si lamentava continuamente. Gli ci volle molto tempo per liberarsi di questo vizio”. La storia naturale I veri amici di Eric furono sempre la storia naturale e i libri. Conosceva tutte le foreste e i torrenti dell’idilliaca campagna che si stendeva attorno a Henley, dove passò la sua infanzia e che considerò sempre la sua pietra di paragone dell’Inghilterra, come si può osservare in ”Coming up for Air”: ”1910, 1911, 1912. Posso dire che fu un buon momento per essere vivi. Giorni d’estate, con le piatte praterie e le colline blu in lontananza, i salici attorno agli stagni e le sorgenti al di sotto, come una specie di prato verde scuro. Le vaste umide praterie verdi attorno alla città e la polvere nelle strade, la calda luce verdognola che filtrava attraverso i rami dei noccioli”. Significativamente, suo padre fece ritorno in patria nel 1912. Orwell aveva ammonito nel 1945 che ”un essere umano è quel che è in larga misura in seguito a determinate circostanze esterne, e nessuno può sfuggire alle cose che gli sono capitate nell’infanzia”. In seguito ricordò, come molti altri scrittori suoi contemporanei, i giorni precedenti alla prima guerra mondiale con queste parole: ”Era estate tutto l’anno… i cieli erano più blu e i mari più verdi”. Ida Blair aveva portato i suoi ”pulcini” a Henley per farli crescere sani e vigorosi, mentre suo marito, com’era cosa normale nelle famiglie angloindiane, era rimasto in India fino al 1912, quando, all’età di 55 anni, era entrato in pensione. Era tornato in patria una volta nel 1907, per una licenza di tre mesi, ”già uomo vecchio che diceva sempre no”, e per concepire la figlia Avril. Quando era rientrato definitivamente a casa, si dovette accontentare di stare in una camera da letto separata e ad obbedire alle condizioni imposte dalla moglie. Per Ida Henley aveva un ulteriore vantaggio: si trovava ad un’ora di treno di distanza da Londra, ed era molto comodo recarsi nella capitale per andare a teatro o assistere ai campionati di Wimbledon insieme a sua sorella, Nellie Limouzin. Ida aveva, a detta del poeta Ruth Pitter, ”occhi e capelli scuri, lineamenti sottili, un’acuta intelligenza e uno spirito penetrante; i modi satirici e aggressivi del figlio provengono certamente da lei e non dal vecchio padre”. Per gli abitanti di Henley, era una creatura esotica, e sia l’infelicemente sposato Dr. Dakin, padre di Humphrey, sia il giudice di pace Mr. Simmons cercarono inutilmente di tenerle testa nelle partite di golf e di bridge. Orwell, nel suo ultimo ”Literary Notebook”, scrivendo in terza persona, ricorda: ”Dalle conversazioni che orecchiò da ragazzo tra sua madre, la sua sorella più anziana e le loro amiche femministe trasse la netta impressione che alle donne non piacessero gli uomini, che li considerassero una sorta di grassi, brutti, puzzolenti e ridicoli animali che maltrattavano le donne in ogni modo, soprattutto attirando la loro attenzione su di essi: ”Mostra semplicemente che razza di bestie sono gli uomini’; ”Mia cara, penso che lei si stia comportando come una perfetta idiota per il modo in cui sta cedendo di fronte a lui’; ”Naturalmente, lei è troppo buona per lui’. In qualche modo, per il semplice tono di queste conversazioni, l’odiosità e soprattutto la non attraenza fisica degli uomini agli occhi delle donne sembrava un fatto certo. Fu soltanto verso i trent’anni [ossia quando pubblicò ”Down and Out in London and Paris”] che si rese conto che in realtà era stato il figlio preferito di sua madre. Fino ad allora gli era sembrato naturale che, essendo un ragazzo, le sue due sorelle gli sarebbero state preferite”. I giochi del ”dottore e l’infermiera” e del ”papà e mamma” con la figlia di un idraulico che abitava nelle vicinanze erano stati proibiti da Ida più per motivi di differenza di classe che per lo sbocciare delle differenze di sesso. Poi l’anglicana Ida Blair prese l’eccentrica e non del tutto rispettabile decisione di mandare i suoi figli alla scuola cattolica di Sandyvale, diretta da suore orsoline francesi che, essendo l’educazione religiosa proibita in Francia, si erano trasferite in Inghilterra. Questo breve periodo di scuola presso le suore (durato dal 1908 al 1911) ebbe un effetto profondo e negativo su Blair/Orwell. ”Fin dalla prima infanzia, penso, gli era stato inculcato un senso di colpa”, osservò l’acuto amico e romanziere Anthony Powell. Qui sta anche la radice della sua forte tendenza all’automortificazione. Una tendenza giansenista a criticare ferocemente intere categorie di persone e di attività apparve in modo molto marcato nel suo successivo e spietato anticattolicesimo. Senza dubbio non fece altro che complicare ulteriormente il suo atteggiamento nei confronti delle donne e del sesso. Come ricordò in seguito: ”Le suore nei conventi, che scopano i pavimenti cantando l’Ave Maria, e in segreto sono non credenti”. E ancora: ”Quando eravamo bambini ci raccontavamo una storia in cui, dopo l’uccisione di Robin Hood nel monastero, i suoi uomini stupravano e uccidevano le suore, e davano fuoco al monastero. Sembra che questa storia non abbia alcun fondamento nelle ballate tradizionali; dobbiamo essere stati noi a inventarla: un tipico caso dell’istinto umano per un finale felice”. Furono i libri a diventare i principali compagni di giochi del precoce e curioso ragazzo. ”Ci sono libri che si rileggono continuamente, libri che diventano parte dell’arredamento della propria mente e trasformano completamente l’atteggiamento nei confronti della vita”. A otto anni lesse per la prima volta ”I viaggi di Gulliver” e ”non passò anno senza che ne rileggessi almeno una parte”. ”Kipling era una specie di dio familiare insieme al quale si cresceva e che si dava per scontato, che piacesse o no. Fu il più influente narratore di storie della mia infanzia”: ”Kim”, ”Il libro della giungla”, ”Storie proprio così” e ”Stalky & Co”. A nove anni lesse ”Storia di Mr. Polly” di H. G. Wells, ”David Copperfield” di Charles Dickens, ”Zanna Bianca” di Jack London, le opere di Mark Twain e di Louise Alcott. Nel suo ”Why I Write” Orwell ricorda che, a quindici anni, ”costruivo una storia continua su me stesso, una sorta di diario che esisteva solo nella mia mente… quest’abitudine proseguì fino all’età di venticinque anni”. Fu quando lasciò la Polizia di Burma per diventare uno scrittore. Questa storia divenne George Orwell. (3. continua) Richard Newbury
• Il ragazzo che vinceva premi letterari e se la faceva addosso a letto. Il Foglio 4 agosto 2007. Ida Blair, che nutriva apertamente grandi ambizioni per il suo figlio dotato di un’evidente intelligenza, all’inizio del 1911 chiese a suo fratello Charles di consigliarle una buona Preparatory School, dove Eric si sarebbe preparato con successo al conseguimento di un diploma che gli avrebbe poi permesso di entrare in una rinomata scuola privata, necessità imprescindibile per una brillante carriera professionale, o nell’Indian Civil Service. Suo marito Richard Blair, che prestava il suo ultimo anno di servizio nell’Indian Opium Service, non fu consultato. La St. Cyprian’s School, a Eastbourne, sulla costa del Sussex, fu scelta perché considerata la migliore, quella con il maggior numero di borse di studio vinte dai suoi studenti. La stessa scuola, per tenersi sempre al primo posto, sceglieva un certo numero di ragazzi eccezionalmente dotati, ai quali faceva pagare soltanto la metà della rata annuale, di 180 sterline. Queste novanta sterline rappresentavano quasi un quarto della pensione di Richard Blair (di 400 sterline all’anno). Eric Blair, entrato nella scuola nel settembre 1911, quando vi uscì definitivamente, il giorno di Natale del 1916, aveva vinto il Classics Prize e l’Harrow History Prize, una borsa di studio in studi classici per il Wellington College e, dopo un esame di due giorni e mezzo, una borsa di studio Reale per Eton, il che significava l’accesso all’élite intellettuale di una élite sociale, istruzione gratuita e appena 25 sterline all’anno di spese. Sambo e Flip I suoi genitori, e tutta la St. Cyprian’s School, devono essere rimasti deliziati dal suo successo che prometteva un dorato ingresso nei più alti ranghi dell’establishment imperiale. Ma ecco la risposta di Orwell: ”Sapevo che il futuro era buio. Fallimento, fallimento, fallimento – fallimento dietro di me e fallimento davanti a me. Questa era la più profonda convinzione che mi portavo dentro”. La vittoria, secondo Orwell, era per coloro che erano ”più grandi, più forti, più belli, più ricchi, più popolari, più eleganti e più privi di scrupoli delle altre persone”. Tuttavia, sebbene St. Cyprian’s fosse una normale preparatory school, Eric Blair non era uno scolaro normale. Cyril Connolly, il suo migliore amico e rivale di studi a St. Cyprian’s, anche lui destinato a diventare un famoso scrittore, che nel 1938 scrisse un suo niente affatto compiacente racconto dei giorni passati nella scuola (’Enemies of Promise”), ora invitò Orwell a scrivere il proprio racconto per Horizon, l’influente rivista letteraria da lui stesso fondata. Orwell rispose con il saggio ”Such, such were the Joys”, talmente diffamatorio che non potè essere pubblicato fino al 1968, quando tutti i suoi insegnanti erano ormai morti. Si tratta di un’interessante e selettiva diatriba (non si fa per esempio alcuna menzione di Connolly), che racconta non tanto la realtà dell’esperienza vissuta da Eric Blair quanto il mito personale di George Orwell, che compete con il suo maestro Charles Dickens nell’autocommiserazione e nei dettagli gotici dei giorni di scuola di Nicholas Nickleby. Come suo padre, Orwell fu caratterizzato da un costante rancore verso la vita, già mostrato fin dall’infanzia da una memoria estremamente selettiva e da un arrogante distacco. Per George Orwell St. Cyprian divenne il paradigma del gulag e del Grande Fratello, il che dimostra quanta fortuna ebbe a non conoscere veramente la realtà; ma la Senate House dell’Università di Londra e la Bbc divennero il ministero della Verità di ”1984”. Collocato all’interno di cinque acri di prati, St. Cyprian’s era una scuola appositamente costruita con un ginnasio e una cappella per ottanta studenti dagli 8 ai 13 anni, guidata dal rettore Vaughan Wilkes, soprannominato ”Sambo”, e da sua moglie, la formidabile e imprevedibile ”Flip”, così chiamata per i suoi prosperosi seni non sorretti dal corsetto. Sambo era una persona affabile ma poco energica, sebbene non si esimesse dall’infliggere le inevitabili punizioni corporee con un frustino che Orwell sosteneva essersi addirittura rotto mentre Eric Blair, a soli otto anni, veniva picchiato per la seconda volta di seguito, e soltanto perché aveva detto che la prima non gli aveva fatto male! Flip era un’ispirata insegnante di letteratura inglese, storia, francese e teologia, nonché una vera maestra nel controllo psicologico dei suoi scolari, anche e soprattutto per i suoi imprevedibili favoritismi. Proprio come essere alla corte di Elisabetta I. Eric Blair fu uno dei suoi successi: non soltanto per le borse di studio e i premi che aveva vinto ma anche per le sue vaste letture in inglese e in francese, da lei stessa incoraggiate. Gli insegnò un’etica di lavoro automotivata, che gli rimase per sempre. Come giornalista scriveva tre articoli alla settimana. Erica Blair prendeva alcuni passi della prosa più elegante della lingua inglese (la versione autorizzata della Bibbia, contemporanea delle tragedie di Shakespeare) e li traduceva in ”giornalese” o in una verbosa retorica per insegnare al suo studente che cosa non doveva fare. Fu lei a insegnargli quello stile di scrittura pulito e senza fronzoli poi reso famoso nel suo saggio ”Politics and the English Language”, in cui smascherò i trucchi della propaganda politica. Cyril Connolly, figlio di un sindaco irlandese, descrisse il suo amico e compagno di scuola con queste parole: ”Io ero un ribelle da palcoscenico. Orwell uno autentico. Alto, pallido, con le guance flaccide, grosse dita a spatola e una voce altezzosa, era uno di quei ragazzi che sembrano nati vecchi. Non era capace di corteggiare in alcun modo Flip, la quale a un certo punto gli tolse il suo favore per sempre. Orwell conosceva a fondo la scuola, detestava Sambo e odiava Flip, ma era loro estremamente utile come procacciatore di borse di studio. Passeggiavamo spesso per le colline vestiti con i nostri jersey verdi e i nostri pantaloni di velluto a coste discutendo di letteratura, e vincemmo entrambi l’Harrow History Prize. Si vinceva anche un altro premio per la migliore lista di libri presi in prestito dalla biblioteca durante ogni quadrimestre”. Questo era un modo per riguadagnare favore e Connolly lo vinse per primo mettendo al primo posto della sua lista la ”Storia della rivoluzione francese” di Carlyle. Nel successivo quadrimestre vinse Orwell. Ognuno dei due criticava le capacità poetiche dell’altro. Orwell riuscì a farsi pubblicare due poemi patriottici. Comunque, furono entrambi sottoposti a una punizione corporale e disciplinare quando furono beccati a leggere ”Sinister Street” di Compton Mackenzie. Una sorta di colpevole lealtà ’La cosa più sorprendente di Orwell”, scrive ancora Connolly, ”era che, unico tra tutti i ragazzi della scuola, era un intellettuale e non un pappagallo, perché era un autodidatta, leggeva Shaw e Samuel Butler e contestava non soltanto St. Cyprian ma anche la guerra, l’impero, Kipling, il Sussex. Ricordo Orwell che diceva nella sua piatta voce senza tempo: ”Lo sai, Connolly, c’è un solo rimedio per tutte le malattie’. Sentivo il solito tremore colpevole quando si parlava di sesso o si facevano le prime esperienze. ”Intendi dire andare al bagno?’. ”No – intendo la morte!’. Non era un romantico, né si curava delle lusinghe del sergente istruttore (Orwell, come quasi tutti, era nel Corpo degli ufficiali cadetti) che ci facevano capire come il carattere coincidesse con il pugilato e non con le minacce del cappellano… e il suo vangelo di un Gesù che detestava l’immoralità e le parolacce tanto quanto amava gli alleati. ”Naturalmente, ti rendi conto’, diceva Orwell, ”chiunque vinca la guerra, noi ne usciremo come una nazione di secondo grado’. Orwell mi dimostrò che esisteva un’alternativa al carattere: l’intelligenza”. Era questo il ”fallimento” del ragazzo tredicenne, così come visto da una delle più importanti figure letterarie del secolo. Detto per inciso, Connolly non riuscì a ottenere una borsa di studio per Eton proprio nello stesso anno in cui la vinse Blair. Riuscì a entrarvi solo l’anno seguente. Metà di ”Such, such were the Joys” era dedicata alle punizioni subite da Eric perché bagnava il letto di notte, e per Orwell, nel momento in cui scriveva ”1984”, la lezione era la seguente: ”Sapevo che fare la pipì nel letto era a) sbagliato e b) che non ero in grado di controllarlo. Della seconda cosa ne ero personalmente consapevole, e il primo non lo mettevo in discussione. Era dunque possibile commettere un peccato senza sapere di commetterlo, senza volerlo commettere e senza essere in grado di evitarlo. Il peccato non era necessariamente qualcosa che uno faceva: poteva anche essere qualcosa che ti capitava… La grande e duratura lezione della mia infanzia fu che vivevo in un mondo in cui non era possibile essere buoni”. Forse le orsoline avevano lasciato un segno più profondo del bastone di Sambo. Orwell odiava la crudeltà, lo snobismo, lo squallore, il cibo cattivo, l’insegnamento mediocre e, naturalmente, il Grande Fratello e Flip, nei confronti della quale ammise anche di sentire in definitiva una ”sorta di colpevole lealtà”. Comunque, le non molto frequenti punizioni corporee, per quanto oggi ci possano sembrare scioccanti, hanno fatto parte integrante dell’educazione fino ai miei giorni. Il solo esempio di aperto snobismo fu offerto da un ragazzo russo, e Orwell spera maliziosamente che si sia beccato la sua giusta retribuzione nel 1917. L’odore di un ragazzo di scuola è un gusto acquisito, esattamente come il cibo, e durante la guerra c’era scarsità di cibo e di carburante. Sebbene tutti i più giovani insegnanti si trovavano al fronte, Orwell ammette l’influenza di due di essi, ”che non disprezzavo né temevo”: il suo insegnante di latino e greco e il suo professore di goegrafia, il quale incoraggiò anche la sua passione per la storia naturale. Uno dei cinque figli di Flip, coetaneo di Orwell, come ricorda la madre, aveva ”grande rispetto” per Orwell, anche se ”non avva alcuna simpatia per lui”. Io stesso posso ricordare la Londra del 1948 raccontata in ”1984”. Era distrutta dalle bombe e grigia, ma soltanto Orwell avrebbe potuto conferirle un tipico sapore orwelliano. (4. continua) Richard Newbury
• Crudeltà e scherzi del ragazzo cinico che voleva ”fallire in pace”. Il Foglio 7 agosto 2007. Eric Blair aveva vinto due borse di studio per prestigiose scuole, che, come tutti speravano, lo avrebbero lanciato verso una brillante carriera. La prima per il Wellington College; la seconda, ottenuta a quattordici anni, gli permise di diventare un King’s Scholar a Eton. I King’s Scholar di Eton erano in numero massimo di settanta, e quindi Eric dovette aspettare un quadrimestre prima che si liberasse posto. Questo quadrimestre lo fece al Wellington College. Il Wellington College, come indica il suo stesso nome, era vicino al quartier generale dell’esercito a Aldershot, nel Surrey, ed era stato fondato dal Principe Consorte nel 1859 in onore del Duca di Ferro per i figli degli ufficiali ”non ricchi”. Era un autentico luogo di ”sangue e ferro”, di una disciplina vittoriana imposta con efficienza tedesca – persino i capiclasse indossavano uniformi blu di stile prussiano. Eric fu abbastanza fortunato da lasciare questo tempio del sadomasochismo dopo soltanto un quadrimestre, per passare nel più civilizzato e laissez faire collegio di Eton, dove ai suoi nuovi compagni disse: ”Bene, non può essere certo peggio di Wellington. Là era crudeltà pura”. Questo, insieme alla sua immediata denigrazione nei confronti del proprio e degli altrui padri, era ritenuto non propriamente ”corretto”. Blair avrebbe continuato nello stesso spirito. Così, nel maggio del 1917, nel mezzo di una sanguinosa guerra che sembrava destinata a durare all’infinito, Eric Blair divenne membro di ”un’élite intellettuale all’interno di un’élite aristocratica”. Sull’altra sponda del Tamigi, lontano dal castello di Windsor e dall’Eton College, nel 1440 fu fondata Cambridge dal re Enrico VI, imitando l’esempio del Lord Cancelliere William Wykeham, che aveva fondato la Winchester School e il New College a Oxford. Lo scopo di ognuno dei due era di istruire settanta poveri studenti, che avrebbero in futuro fornito i quadri di un’élite amministrativa laica. Gli studenti, che erano esentati dalle rette, e pagavano soltanto 35 sterline all’anno per iscrizione e alloggio, erano chiamati ”tug” (da togaed, ossia con la toga) e vivevano insieme dentro il collegio medievale. Da questi erano scelti anche i capiclasse e i prefetti della scuola, il cui bastone contribuiva a mantenere la disciplina. Gli altri novecento studenti, chiamati ”Oppidan” (ossia abitanti di città), vivevano in venti edifici indipendenti sparsi per la città e gestiti da un direttore. Le lezioni erano fatte da maestri in marsina bianca che insegnavano a ragazzi (scelti non secondo l’età ma in base alle proprie capacità) che indossavano cappello e frac, ”i simboli”, come diceva Orwell ”della plutocrazia britannica in tutto il mondo”. Il lavoro dei ragazzi era seguito da tutori individuali. Era uno scrigno di antiche e arcane pratiche, ma permetteva in gran parte ai ragazzi di seguire i propri interessi. Gli interessi di Blair coincidevano raramente con quelli della classe. Come scrisse in ”1984”, Eton si era anche in larga misura sottratto alle riforme del Dr. Arnold, direttore della Rugby School, che aveva infuso nel sistema scolastico una rettitudine moralizzante e il principio del ”fair play”, per forgiare dei proconsoli vittoriani dai figli degli industriali e degli uomini d’affari, educando non soltanto i figli dei gentlemen ma anche i loro padri. Gli etoniani, che potevano vedere i nomi di molti primi ministri incisi sui loro banchi, avevano una grande confidenza sociale e, come disse Wellington, ”la battaglia di Waterloo fu vinta sul campo di gioco di Eton”. Eric Blair era un tipico etoniano nel suo cinismo e nella sua fiducia nel seguire le proprie inclinazioni. Nessun’altra scuola avrebbe permesso a questo brillante studente di non fare nessuna attività accademica o sportiva per quattro anni di seguito. Era con la facilità di un membro dell’élite dominante che Orwell poteva criticare tanto il governo quanto i suoi avversari, con la sicurezza di essere un vagabondo e di poter dire la sua opinione senza timori o adulazioni. Vagabondaggio dilettantesco Dei suoi due primi amici a Eton uno, Sir Roger Mynors, divenne professore di latino a Cambridge e Oxford. Il secondo era Stephen Runciman, il celebre storico revisionista delle crociate, da lui considerate come l’ultima invasione barbarica dell’Impero romano, che distrusse l’ultimo bastione della civiltà romana a Costantinopoli (anch’esso un altro modo di vedere il mondo ”orwelliano” di Blair). Noi stessi oggi, sia in occidente che nel mondo musulmano, viviamo ancora sotto la sinistra influenza dell’autolacerante atteggiamento di Runciman nei confronti della cristianità occidentale, così come siamo gli eredi della ”gelida coscienza” di Orwell sull’est e l’ovest dell’Impero. Runciman rimase uno scapolo di grande umorismo, fascino e cultura, che visse fino al 2000. Caratteristicamente affermava di avere conosciuto tutti i primi ministri del XX secolo tranne Bonar Law, ”che nessuno conosceva”. Il suo migliore amico alla Preparatory School (che poi fu il migliore amico di Blair al College) era stato il figlio del primo ministro Herbert Asquith. Sua madre era un membro del Parlamento e suo padre, anch’egli membro del Parlamento e ministro del governo, fu nominato visconte. Suo nonno, che arrivò fino alla Camera dei Lord, era stato un povero ragazzo scappato in mare all’età di undici anni e che poi aveva fondato una famosa linea di trasporti navali. Blair rifiutò tutte le offerte di passare le vacanze con Stephen, apparentemente per perpetuare il suo mito personale del ragazzo povero in mezzo ai ricchi. Runciman ricorda che mentre lui stesso si sentiva attratto dal vicino oriente, Orwell era invece affascinato dall’estremo oriente. Dopo avere conosciuto la madre di Orwell, Runciman ritenne che la povertà di Blair fosse semplicemente un’invenzione. Fu proprio a Runciman che Blair raccontò per lettera la sua prima esperienza di ”vagabondaggio dilettantesco”, quando, avendo perso il treno per casa, dovette dormire all’aperto. Il socievole e pettegolo Runciman pensava che Eric Blair avesse ”una mente che funzionava in modo diverso da quella degli altri ragazzi”. Non gli piacevano veramente le persone: ”Gli piaceva il loro lato intellettuale, ma per lui gli amici non significavano nulla”. Un episodio che legò i due amici e può avere avuto una certa influenza sulla loro vita si verificò quando uno studente più grande fece una volgare parodia del nome di Runciman. Blair, che aveva una passione per la magia simpatica, fece un effigie in cera del ragazzo in questione, Philip Yorke, che poi si ruppe una gamba e in seguito morì di leucemia. Runciman se ne sentì colpevole fino al giorno della sua morte, mentre Blair lo sfruttò per aumentare la sua tendenza all’automortificazione e anche la paura che ispirava all’interno del college con il suo cinico e sarcastico umorismo e i suoi poteri magici. Blair, con il suo ”profondo bisogno di non conformarsi”, come disse il suo compagno di studi Christopher Hollis, poi divenuto membro del Parlamento. La sua capacità di discutere per un’intera notte con Roger Mynors trovò uno scoglio alla sua altezza soltanto quando iniziò a studiare i ”Dialoghi” di Platone. Noel Blakiston, figlio di un parroco di campagna di Norfolk (ecco smentita la pretesa di Blair di essere il più povero), che divenne in seguito direttore dell’archivio nazionale, ricorda che, appena entrato al collegio, Blair si presentò davanti a lui con una mazza da cricket e un foglio e una penna: ’Sei scetticco, epicureo, cinico, neoplatonico, confuciano o zoroastriano?” ’Sono cristiano” ’Oh, di questi non ne abbiamo avuti mai prima d’ora”. Fu l’anno in cui Blair ricevette la cresima anglicana nella cappella di Eton, per mano del Vescovo di Oxford. E’ una tipica contraddizione conservatrice di Blair/Orwell che nel suo testamento, per quanto si fosse sempre dichiarato pubblicamente un ateo, chiese di essere sepolto accompagnato dalle meravigliose parole del libro di preghiera anglicano. Blair non aveva alcuna pietà nei confronti dei ”vecchi e vili uomini” – ossia rettori di scuola, vescovi e generali. Il suo tutore, lo ”stupido” Gow, diceva che Blair ”si rendeva il più fastidioso possibile” e che era ”un ragazzo niente affatto attraente”. Blair definiva l’amore di Gow per Omero ”sentimentalismo” e il suo amore per la pittura italiana una ”frivola posa”. Jon ”Jan” Crace era il rettore del Collegio, la cui autorità era incrinata dalla sua eccessiva passione per certi ragazzi. Blair fece pubblicare nella rubrica degli annunci personali di College Days, una rivista edita da lui stesso e Denys King-Farlow, il seguente annuncio: ”A.E.D. – Dopo le stanze – Janney”. Si trattava di un evidente riferimento al ragazzo preferito; ma Crace, completamente infuriato, non poteva fare nulla senza ammettere la sua compromettente parzialità. ”Le cose non possono andare avanti così”, si lamentò lo stesso Crace con Blair. ”O te ne vai via tu, o me ne vado via io”. ”Temo che dovrà essere lei, signore”, fu la imperturbata risposta di Blair. Poi se ne andò facendo finta di dimenticare un pacchetto di sigarette vuoto sul suo banco. Crace fece chiamare il colpevole, ma Blair protestò che la scuola non aveva imposto regole contro i pacchetti ma solo contro le sigarette. Crace lo spedì dal Gow, il suo tutore, il quale lo invitò a non essere più ”una simile scocciatura”. Come abbiamo potuto capire dalle future carriere degli altri suoi compagni di collegio, Blair mostrò un’incredibile forza di carattere nel non permettere a Eton di distoglierlo dalla sua ostinata determinazione ad essere quel che lui stesso voleva e a ”fallire”. (5. continua) Richard Newbury
• Il socialista poco raccomandabile che odiava la classe operaia. Il Foglio 8 agosto 2007. A.S.F. ”Granny” Gow, l’esasperato tutore di Blair a Eton, stava per diventare un fellow del Trinity College di Cambridge, proprio come il migliore amico di Blair, Stephen Runciman, ”che indossava pesanti anelli e si tagliava i capelli facendosi fare una frangetta all’italiana”, che vi entrò dopo avere ottenuto il suo primo diploma a Cambridge nel 1925. Qualsiasi studente del College, per quanto potessero essere stati mediocri i suoi risultati accademici a Eton, riusciva normalmente a ottenere una Oxbridge Scolarship grazie alla raccomandazione di un tutore che si faceva garante delle sue capacità. Ma era ben difficile che una simile raccomandazione fosse fornita da Gow, il quale considerava Blair un ”lavativo” che non meritava alcun aiuto. Il fatto che Roger Mynors si unì a Eric Blair nel lasciare il corso di studi classici e passare a quello di Scienze nel 1918-1919, per poi ottenere una borsa di studio per il Trinity College e diventare direttore della facoltà classica a Cambridge e a Oxford, dimostra che Blair avrebbe ancora potuto farsi strada nell’università. Blair, però, era deciso ”a non imparare troppo”. Un anno prima di Blair era entrato al College John Wilkes, il figlio di Sambo e Flip. Avevano vinto vari premi a Eton, ma ora si ritrovò improvvisamente tra i peggiori della classe. Per il convenzionale Wilkes Blair era ”un ragazzo che ce l’aveva sempre con tutti, alla continua ricerca di qualcosa di sbagliato che lui stesso avrebbe rimesso a posto. Bernard Shaw era uno dei suoi autori preferiti, e si considerava un po’ come un futuro Bernard Shaw”. Fino al 1918 la guerra rimase sempre una catena di montaggio della morte: i ragazzi addestrati come ufficiali a Eton lasciavano la scuola per il fronte, dove la speranza di vita di un sottotenente era di appena tre settimane. 5687 etoniani prestarono servizio nella guerra: 1160 rimasero uccisi e 1467 feriti. Nel 1917 la generazione di Blair era ormai non più animata dal patriottismo e la cosa che più le importava era il terribile cibo del tempo di guerra. Per evitare di sobbarcarsi le pesanti marce della fanteria, Blair, che apprezzava l’attività militare se non il suo ethos, entrò nel servizio segnalazioni, di cui alla fine ottenne il comando. I membri di questa compagnia, che si spostavano su camion, avevano ampie possibilità di ”finire dispersi” durante le esercitazioni. Comunque, Richard Blair non era altrettanto cinico e, all’età di sessant’anni, si arruolò volontario per il fronte, diventando il più giovane sottotenente in seconda dell’esercito. Eric Blair non ne parlò mai, anche se i suoi compagni di scuola avrebbero potuto rimanerne colpiti. Ma non si accordava con il mito. Le materie scientifiche attraevano Blair per il loro lato pratico e per il suo amore per le sperimentazioni con gli esplosivi e la distillazione del whisky. Il passaggio agli studi scientifici significò anche l’arrivo di un nuovo tutore, John Christie, che avrebbe poi fatto costruire la oggi famosissima Opera House per la sua moglie austriaca nella sua proprietà di Glyndebourne, nel Sussex. Blair e Mynors avevano l’abitudine di andare dai macellai di Windsor in cerca di strane parti animali da dissezionare ed esaminare. Una volta Blair usò la sua catapulta per uccidere una taccola appollaiata sul tetto della cappella del XV secolo: mentre ne esaminava la cistifillea fece saltare in aria il laboratorio. La passione per queste dissezioni combinava il fascino di Blair per l’anatomia e l’arte della divinazione. Blair abbandonò anche i giochi di squadra come il cricket per dedicarsi alla pesca dei lucci sul ”Giordano”, un affluente del Tamigi, e per nuotare a ”Atene”, il tradizionale luogo di bagno sul Tamigi per gli etoniani. ”Blair amava nuotare ma non si preoccupò mai di imparare a nuotare o tuffarsi con stile”, mentre la pesca a Eton ”non era un passatempo approvato”, almeno secondo Bobbie Longdon, un compagno di nuotate ad Atene, il quale in seguito divenne addirittura rettore del Wellington College, ma che a quel tempo subiva, al pari di molti altri (come Noel Blakiston) le romantiche attenzioni di Cyril Connolly. Queste ”amicizie romantiche” erano frequenti nelle scuole riservate a un solo sesso ed erano di solito più emotive che fisiche. Comunque, potevano scoppiare gelosie e Blair si sentì costretto a scrivere a Connolly durante le vacanze per parlargli di Christopher Eastwood: ”Temo di essere perso per Eastwood. Questo potrebbe sorprendervi, ma vi posso assicurare che non si tratta di una mia immaginazione. Il punto è che lo siete anche voi; in ogni caso, lo eravate alla fine dell’ultima parte dell’anno. Non sono geloso di voi. Ma voi, anche se non siete geloso, siete quel tipo di persone che hanno un fortissimo senso del ”possesso’. Nel caso di Maud e Caroe avevate certamente ragione, ma ciò che vi chiedo è di non considerarmi come un altro Caroe, quali che possano essere le somiglianze. Non pensate neppure che abbia cattive intenzioni. Se non vi avessi scritto voi avreste presto notato come stavano le cose, il vostro istinto di possesso sarebbe stato pungolato, e , avendo una grande influenza su Eastwood, probabilmente lo scatenereste in qualche modo contro di me. Per favore, vi imploro, non lo fate. Naturalmente, non vi chiedo di rinunciare al vostro interesse per lui, ma non dite cose maligne”. Questo, ovviamente, dimostra quanto Blair potesse essere impacciato e insicuro nelle sue relazioni personali; e, in effetti, aveva ragione a temere i subdoli modi del suo amico Connolly con i ragazzi e in seguito con le donne. Blair non era diventato così ”distaccato” come lo dipingeva Connolly. Il Maud precedentemente menzionato come altro amico contestato divenne Lord Redcliffe-Maud, segretario permanente del ministero dell’Educazione, presidente della Commissione Reale per il governo locale, Alto Commissario in Sudafrica e rettore del Birkbeck College di Londra e dell’University College di Oxford. Christopher Eastwood non seppe mai nulla della passione di Blair. Divenne commissario per le terre della Corona. Blair/Orwell negli anni trenta fu, per qualche ragione, particolarmente duro nei confronti dei ”Nancy Boys”, come lui chiamava gli omosessuali. Il cinico romanticismo adolescenziale di Blair trovò sfogo nei poemi di A. E. Houseman, con il loro ”inflessibile pessimismo sessuale (le ragazze muoiono sempre o si sposano qualcun altro). Questa sembrava saggezza a ragazzi che erano tenuti come un gregge dentro le scuole private e che erano inclini a pensare che le donne fossero una cosa irraggiungibile”. La collezione di poesie d’amore intitolata The Shropshire Lad, fu naturalmente scritta da un accademico omosessuale di Cambridge, anche se ben pochi dei suoi lettori se ne accorsero. Blair incontrò il poeta quando ”Granny” Gow, un tempo amante di Houseman, lo invitò alla Eton Literary Society. Anche P. B. Shelley, un altro etoniano, ebbe un’influenza romantica su Blair. Un altro etoniano era M. R. James, il preside di Eton, con il quale Blair, in quanto King’s Scholar, aveva il privilegio di fare colazione ogni mattina. Con il suo stile pacato, James scrisse alcune delle più belle e macabre storie di fantasmi mai scritte. Fu da James che Blair, già affascinato dal macabro e dal terrificante, imparò il suo disadorno stile letterario. In effetti a Eton Blair passava la maggior parte del suo tempo a leggere, prendere appunti e scrivere. Con insegnanti come Aldous Huxley, l’autore di Brave New World, e George Lyttelton, che plasmò un’intera generazione di scrittori, Blair ebbe ottime opportunità per diventare uno scrittore. I suoi preferiti erano gli americani: Mark Twain, Walt Whitman e Jack London. Blair potrà anche non essere stato ammesso ai corsi superiori per l’ingresso all’università nei suoi ultimi due anni a Eton, ma lo studio generale della storia antica, del francese, del latino, della teologia e di Shakespeare gli diedero un formidabile background culturale, sul quale appoggiare le sue vaste letture, che sorprendevano e talvolta addirittura scioccavano i suoi insegnanti. Il giovane scrittore Harold Acton lo ricordava come ”una figura da cicogna, prematuramente adulto, che svolazzava per il cortile della scuola nel suo abito nero”. ”Verso i diciassette, diciotto anni ero uno snob e un rivoluzionario. Ero contro ogni forma di autorità”, scrisse Orwell in The Road to Wigan Pier. ”Avevo letto e riletto tutte le opere di Shaw, Wells e Galsworthy (a quel tempo ancora considerati scrittori pericolosamente d’avanguardia) e mi consideravo grosso modo un socialista”. ”Non sapevo esattamente cosa significasse essere socialista” e ”non avevo la minima idea del fatto che la classe operaia era composta da essere umani”. ”Potevo commuovermi per le loro sofferenze descritte in libri come The People of the Abyss di Jack London”, ma ”ancora li odiavo e detestavo quando mi trovavo vicino a loro. Ero ancora disgustato dal loro accento e profondamente irritato dalla loro abituale rudezza”. ”Mi sembra di aver passato una metà del mio tempo a denunciare il sistema capitalista e l’altra metà a infuriarmi per l’insolenza degli autisti di pullman”. E tuttavia Kenneth Johnson ebbe poi a dire: ”Chi avrebbe mai pensato che Blair si sarebbe trasformato in Orwell? Ero certo che sarebbe diventato uno che avrebbe dato fuoco al mondo”. (6. continua) Richard Newbury
• Jacintha, poesia e amore a testa in giù per il giovane Orwell. Il Foglio 9 agosto 2007. Nella creazione che Eric Blair fa di George Orwell la scuola ha consapevolmente un ruolo di primo piano. Tuttavia, su quella che fu probabilmente l’esperienza più importante e più trasformativa per Blair vi è uno strano e assoluto silenzio. Sia Eric Blair che George Orwell devono moltissimo a due famiglie che poi sarebbero state considerate disfunzionali e la causa della perdita dell’amore della sua vita. Rose Lawn era una grande casa edwardiana con un acro di giardini: il luogo ideale in cui un amministratore dell’Indian Civil Service poteva sognare di ritirarsi dopo essere andato in pensione. Si trovava in Station Road, nel villaggio di Shiplake, vicino a Henley, sul Tamigi: un luogo alla moda dove avere una casa per l’estate: i miliardari americani Vanderbilts avevano qui una casa sull’acqua; e la regata di Henley, esattamente come il Derby e Wimbledon, era uno dei momenti clou dell’alta stagione. La vivace e brillante Ida Blair aveva scoperto che suo marito Richard, dopo altri cinque anni passati in India, era tornato in patria ormai un vecchio. Fu relegato nella sua stanza da letto e quasi sempre rimproverato non appena toccava qualcosa. Per Eric era un estraneo e un vecchio che diceva sempre ”no”. Che il Dr. Dakin, loro vicino di casa, fosse innamorato della signora Blair era di dominio pubblico. Ciò che realmente accade di conseguenza rimane incerto. Quando Eric parlava ai suoi amici di Eton della propria madre definendola ”frivola”, probabilmente intendeva semplicemente che non aveva i suoi interessi letterari. Ida Blair era una socialista fabiana, sostenitrice del libero amore, nonché una suffragetta, sebbene non altrettanto militante quanto sua sorella Nellie Limouzin, la quale ”viveva nel peccato” a Londra e Parigi. Eric non sarebbe rimasto inconsapevole di questa risacca di trasgressione in una per il resto tipicamente morigerata famiglia inglese della middle class. Eric andò a cercare un’altra famiglia. Una siepe separava il giardino di Rose Lawn dal terreno di dieci acri di boschi e giardini appartenente alla famiglia Buddicom, sul quale erano state costruite tre case. In un caldo giorno dell’estate 1914, mentre i bambini dei Buddicom stavano giocando, Eric attirò la loro attenzione stando in verticale in un prato vicino al loro. I bambini chiesero naturalmente perché stava in quella posizione. ”Ti notano di più se stai in piedi sulla tua testa che non se stai in piedi normalmente”. Da quel giorno i Buddicom divennero la sua nuova famiglia, alla quale era ancora più attaccato della propria. Jacintha aveva due anni in più dell’undicenne Eric, Prosper un anno più giovane e Guinevere tre anni più piccola, e quindi un anno più vecchia di Avril Blair. Come osservò Jacintha, erano una coppia perfetta perché Eric ”era talmente più grande e intelligente di me che la differenza di età non si sentiva quasi”. Jacintha qui è fin troppo modesta, perché era una ragazza di notevole intelligenza, frequentò la Oxford High School e aveva l’ambizione di andare all’università di Oxford. Eric e Jacintha passavano tutto il giorno a parlare di letteratura e a scrivere poesie insieme (Jacintha divenne poi segretaria della National Poetry Society). Con Prosper, uno sportivo e non un intellettuale, Eric andava a cacciare e pescare. Anche Guiney, quando divenne più grande, mostrò profondi interessi letterari, che condivideva con Eric. Ecco le osservazioni di Jacintha: ”Il modo in cui riuscì a fare la nostra conoscenza dimostrò che era perfettamente capace di farsi ingegnosamente amici di una famiglia che gli piaceva: e in effetti si è notati se si rimane ostentatamente in piedi sulla propria testa – detto per inciso, non certo il comportamento tipico di una servile e impacciata miseria, come dopo la sua morte si è ritenuto che fosse stato. Ma avendoci trovati ed essendo apparentemente contento di noi, non credo che sentisse il bisogno di avere altri amici a parte un compagno di scuola al quale ogni tanto si riferiva chiamandolo CC (Cyril Connolly)… Eric era una persona di natura riservata e indipendente: e noi tre Buddicom, ognuno a nostro modo, condividevamo i suoi interessi e gli fornimmo tutta la compagnia che desiderava al di fuori della sua famiglia”. A proposito della quale Jacintha scrive: ”I Blair, per quanto certamente non estroversi, erano ciononostante una famiglia unita, e la loro sembrava una casa felice. Non penso che Eric fosse affezionato a suo padre, anche se lo rispettava e gli ubbidiva, ma senza dubbio amava sinceramente sua madre e le sue sorelle, in particolare Avril”. Anima gemella I Buddicom, esattamente come i Blair, sembravano per molti aspetti una tipica famiglia, ma anche loro avevano degli scheletri nell’armadio, come ci si aspetterebbe da qualcuno che per qualche tempo era stato direttore di un museo. Laura Finlay, poi Signora Buddicom, era nata a Sidney, in Australia, dove suo nonno aveva fondato nel 1821 un’importante società di prospezioni del terreno e aveva sposato una ragazza appartenente a una famiglia di accademici scozzesi. La famiglia possedeva una grande casa a Londra, e Laura studiò in Germania, Francia e Svizzera. Incontrò Robert Buddicom a una conferenza della Royal Geological Society. Robert era professore di fisiologia; ma la sua passione era l’archeologia esoterica egiziana, e aveva un debole per le relazioni extraconiugali e per speculazioni finanziarie fallimentari con i soldi di famiglia. Tra queste c’era il progetto di costruire, insieme a suo cognato e al suo amico Frederick Norsfield, un’azienda ortofrutticola a Shiplake. Cinque anni di matrimonio e di orticultura furono sufficienti per far nascere un’intesa tra Mrs. Buddicom e Frederick: il risultato fu Guinevere, anche se le fu dato il nome Buddicom. Nel 1915 Robert cedette la sua quota di Shiplake in cambio della proprietà di sua moglie in Australia e se ne andò via per sempre. Divorziarono nel 1919 e Laura Buddicom sposò Frederick Norsfield nel 1920. Queste abnormi svolte degli eventi nelle famiglie Blair e Buddicom sembrano avere lasciato a Jacintha una particolare insicurezza sul sesso, con concrete conseguenze per Eric Blair. Se con Prosper, che sarebbe andato ad Harrow, la scuola rivale di Eton, Eric poteva dare sfogo alla propria passione per gli sport, la caccia, la pesca e l’ornitologia, in Jacintha trovò un’anima gemella per il loro amore della letteratura, dell’occulto, degli incantesimi e del mistero. Inoltre, con il procedere della guerra, i due bambini si trovarono a passare sempre più tempo insieme. Essere in guerra significava rinunciare ai domestici, e quindi i Blair si spostarono in una casa più piccola a Henley; ma anche questa casa venne presto lasciata, perché Mrs. Blair si trasferì in un pied a terre a Londra per lavorare nel Ministry of Pensions, mentre Marjorie entrò nella Women’s Legion come fattorino in motocicletta, e il signor Blair si arruolò nell’esercitò. Eric e Avril andarono in collegio insieme ai bambini dei Buddicom, e spesso passavano le vacanze nella grande casa di campagna dei Buddicom a Ticklerton Court, nello Shropshire. A Ticklerton c’era una magnifica biblioteca piena di libri di esoterismo e un inestimabile foglio autografo di Shakespeare. Amato, compreso e incoraggiato tanto nelle sue ricerche intellettuali quanto nelle sue esercitazioni sportive, Eric ebbe un’infanzia e una giovinezza estremamente privilegiate. Jacintha, dopo aver letto ”Those were Joys”, sul periodo passato da Eric a St. Cyprian, ritenne che Eric cercasse semplicemente di fare qualcosa di superiore a ”Enemies of Primise” del suo amico CC, usando uno stile più tristemente dickensiano. Jacintha dimostra che lui non è né ”debole, brutto, codardo, inattraente, inpopolare, puzzolente; insomma niente affatto un fallimento”. A tutta la scuola fu dato un giorno di vacanza per festeggiare la doppia borsa di studio che aveva vinto. Jacintha ”ascoltò la voce dell’uomo malato e deluso di quarantatré anni; non la voce dell’allegro e cinico scolaro di quattordici anni”. Ma la reciproca scrittura di poesie divenne, per Orwell, scrittura di poesie d’amore, come si può notare se andiamo dalla composizione del 1918 intitolata ”The Pagan” (’Così, eccoci qua, tu ed io/ Dove possiamo ringraziare i nostri dei per essere/ Sopra la terra, sotto il cielo/ Anime nude, vive e libere…”) al sonetto del 1919 che inizia con queste parole: ”Le nostre menti sono sposate, ma siamo troppo giovani/ Per il vincolo matrimoniale secondo i costumi del tempo…” e termina con queste: ”Ricorderemo, quando i nostri capelli saranno bianchi,/ Questi giorni nuvolosi rivelati in una notte radiosa”. ’Eravate così dolce” I baci e le carezze cui alludono le poesie si fecero mano a mano più intensi finché, il 4 settembre 1921, Eric cercò di spingere le cose un po’ più in là. Jacintha gli urlò di fermarsi. Lui obbedì. Lei tornò a casa in lacrime con la gonna strappata e profondamente offesa. Blair sarebbe poi partito per Burma lasciando la questione irrisolta. Jacintha rispose molto bruscamente a una sua lettera e ignorò completamente le due successive. Blair scriveva poesie su di lei e sognava. Fu soltanto dopo la pubblicazione di ”Animal Farm” che i Buddicom scoprirono che Eric era George Orwell. Il suo risentimento nei confronti delle donne fu così rafforzato. Non poteva sapere che il motivo per cui Jacintha era ”assolutamente” tenuta reclusa e per cui la sua famiglia fu evasiva e imbarazzata quando Eric, in occasione della sua prima licenza, cinque anni dopo, si recò a Tickleton, stava nel fatto che aveva appena dato alla luce una figlia illegittima frutto di una relazione con un amante rubacuori ad Oxford; quando Eric si presentò a Tickleton Jacintha stava passando un periodo di sei mesi in incognito con la sua figlioletta, Michelle Madeleine, che poi affidò alla sua zia senza figlia e al marito di lei, uno psichiatra. Depressa e con il cuore spezzato, Jacintha divenne un’accolita di ”The Beast”, il mago della magia nera, Aleister Crowley; poi ebbe una storia d’amore con un Pari laburista, che però rifiutò di sposare – dato che il suo cervello, non all’altezza di quello di Eric, non era in grado di stare al passo con la sua passione. Fu sul letto di morte di George Orwell che i due si scambiarono lettere. ”Vi piacciono i bambini? Sono sicuro di sì. Eravate una ragazza così dolce, sempre piena di misericordia per le creature che noi prendevamo a fucilate e uccidevamo. Ma non siete stata altrettanto misericordiosa nei miei confronti quando mi avete abbandonato senza lasciarmi nessuna speranza… Non appena torno a Londra voglio incontrarvi di nuovo. Come abbiamo sempre terminato in modo che non ci fosse una fine. Ave atque vale. Eric”. Questa volta fu un altro bambino a tenerla ”completamente reclusa”: il timore che dopo essere stata costretta ad abbandonare il proprio figlio, il moribondo Eric potesse chiederle di prendersi cura di Richard, il suo figlio adottivo. (7. continua) Richard Newbury
• Come tradire la propria natura di scrittore per un posto in polizia. Il Foglio 10 agosto 2007. Nella sua lotta per fallire, o almeno essere fedele a se stesso, Blair, il King’s Scholar di Eton, nel 1921 era arrivato centotrentottesimo su 167 studenti del suo anno. Era riuscito a distinguersi come il primo diciottenne battuto dagli studenti del suo stesso anno. Era una cosa talmente scandalosa che un altro ”Bolshie”, Cyril Connolly, anche lui in seguito battuto, ricordava che portò gli altri 67 membri del College a cassare il tradizionale voto di ringraziamento di fine anno alla triarchia del Rettore della scuola, del Capo degli Anziani e del Capo degli istruttori, con il risultato di varie minacce per tale comportamento rivoluzionario da parte del VOM (i Vile Old Men delle autorità scolastiche e di illustri ex allievi di Eton). Tuttavia, essendo un Sixth Former al termine degli studi liceali, gli toccò anche di essere uno dei due testimoni che vide il rettore picchiare un ragazzo che aveva commesso gravi infrazioni. Blair ebbe così l’opportunità di essere allo stesso tempo l’oppressore e l’oppresso. Tra i suoi successi va annoverato il fatto che E. A. Blair fece il primo goal nell’arcano Wall Game caratteristico del College. Eric Blair alla fine divenne un membro dell’élite dei liceali dell’ultimo anno e fu eletto membro della Debating Society ”Pop”, la crème de la crème sociale e accademica; ed esservi eletto era un segno di popolarità e distinzione. Per reazione allo stile reazionario dei Sixth Former, Blair si mostrò quasi rivoluzionario nel suo modo di esercitare il proprio dominio e non si trovò mai costretto a infliggere punizioni corporali a qualche studente giovane. Per il suo discorso di commiato scelse ”Suicide Club” di Robert Louis Stevenson. ”Blair scelse il proprio discorso con grande maestria”, si ricorda nella Cronica dell’Eton College; ”avrebbe potuto essere recitato in tono drammatico, o persino melodrammatico, con abbondante esibizione delle emozioni; ma la piatta e rigida freddezza con la quale Blair lasciò che la stessa storia producesse il suo effetto è stata certamente un successo”. Questo approccio avrebbe caratterizzato tutta la sua scrittura. Il suo dono d’addio alla biblioteca del College comprendeva un pezzo di George Bernard Show sulla scuola come prigione: ”In una prigione, per esempio, non si è costretti a leggere libri scritti dalle guardie e dal direttore… Non si è obbligati ad ascoltare insulsi discorsi privi di fascino o interesse su argomenti che non si capisce o di cui non importa nulla. In una prigione possono torturare il tuo corpo, ma il tuo cervello viene lasciato in pace. E vieni protetto dalle violenze e dalla rabbia degli altri detenuti. A scuola non si ha nessuno di questi vantaggi”. Comunque, a Eton Blair aveva letto moltissimi autori inglesi e francesi, quasi sempre non facenti parte delle materie d’esame. E lo stesso Blair ammirò sempre Eton perché permetteva ai suoi studenti di seguire i propri interessi e di arrivare alle proprie conclusioni, sulla base del principio che essere un etoniano significava essere già al vertice. Se fosse rimasto al Wellington College, con il suo regime militare spartano e i suoi capoclasse in uniforme, non avrebbe mai avuto la possibilità di esplorare e dare sfogo ai propri interessi personali. Se avesse trascurato la scuola non avrebbe vinto la sua borsa di studio e sarebbe stato espulso, il che era la stessa cosa. La tipica carriera di studio di un Colleger, uno degli appena 70 King’s Scholar di Eton, proseguiva con l’iscrizione a Oxford o Cambridge e, nel caso, i difficilissimi esami per l’English Civil Service per diventare uno degli appena mille proconsoli dell’Imperial Civil Service. Se i 1300 ufficiali della Imperial Police Force rappresentavano un’élite incorruttibile e dedita al lavoro, non erano però mai stati considerati ”la cosa” per quest’élite intellettuale. ”Fanny” Crace, il fastidioso Rettore del College sempre preso in giro da Blair, scrisse acidamente: ”Non so assolutamente che cosa sia richiesto dalle autorità per i candidati della Indian Police. Invierò un certificato ufficiale, che è probabilmente tutto quanto di cui c’è bisogno”. Una sedia, un cappello o un secchio Richard Blair aveva chiesto ad Arthur Gow, il tutore di Eric Blair, se c’era la possibilità che Eric potesse vincere una borsa di studio per Cambridge, che gli avrebbe dato modo di accedere agli esami per l’Indian Civil Service. Gow rispose che Eric ”sarebbe stato un disonore per il College”; ma un etoniano come Eric, con buone raccomandazioni, aveva buone chance di ottenere una borsa di studio, anche soltanto per la sua originalità. Eric Blair amava la letteratura ma non lo studio, e aveva anche dichiarato a Gow che aveva intenzione di entrare nella Imperial Police. Ida Blair e la seconda madre di Eric, Laura Buddicom, che condividevano una casa a Rickmansworth, cercarono entrambe di persuadere l’anziano Richard Blair a mandare Eric a Cambridge; ma Richard aveva speso una parte della sua pensione per preparare Eric ad entrare nell’Indian Civil Service e non per garantirgli soddisfazioni intellettuali, e la Imperial Police era comunque una buona scelta; anzi lo stipendio del nuovo cadetto era persino più alto della stessa pensione di Richard. Eric era completamente assorbito dalle sue idee à la Kipling sul fatto di ”assumersi il fardello dell’uomo bianco” a Burma. Aveva sentito parlare tantissimo di Burma da sua madre e da sua zia; e a Burma aveva una nonna e dei parenti. Richard era bravissimo a trovare luoghi deliziosi dove trascorrere la sua pensione. Henley aveva dato a Eric Blair la sua visione idealizzata del paesaggio di campagna inglese. Southwold (2000 abitanti), nel Suffolk, sulla costa orientale, era, ed è, un luogo delizioso, scelto da molti pensionati dell’Indian Civil Service. Belle case, una chiesa meravigliosa, un birrificio che produceva la migliore birra di tutta l’Inghilterra, un piccolo gentleman’s club, un campo di golf affacciato sul mare; persino i pescatori avevano la propria sala di lettura, anch’essa affacciata sul mare. Al di là del fiume Blyth, a Blythburgh, viveva il più famoso pittore impressionista dell’Inghilterra, Wilson Steer; a Minsmere c’era un’importante riserva per uccelli, luogo perfetto per un appassionato birdwatcher come Eric. A St. Felix c’era un’importante Public School per ragazze; qui il futuro re Giorgio VI organizzava dei campi estivi per ragazzi ricchi e poveri. Un luogo ideale, persino idilliaco, per un pensionato; ma non altrettanto per un ragazzo di diciannove anni, anche se George Orwell ambientò qui il suo romanzo ”The Clergyman’s Daughter”. C’era comunque anche un crammer’s, vale a dire un tutore che teneva delle classi per preparare i ragazzi che dovevano affrontare gli esami per l’Imperial Civil Service. Eric vi venne iscritto, in modo che potesse fare gli esami per l’accesso alla Indian Imperial Police: esami che non avrebbero dovuto essere particolarmente ardui per un etoniano. Ecco alcune delle tipiche domande: Chi era stato il più grande primo ministro fin dai tempi di Pitt; citare e descrivere tre membri del Gabinetto; scrivere un breve saggio su un guardiacaccia, un colonnello in pensione o un vecchio contadino; fare una descrizione della Battaglia di Sedgemoor; raccontare una serata in teatro; disegnare una sedia, un cappello o un secchio – tutte conoscenze di carattere generale necessarie per il servizio – più esami di inglese, greco, latino e francese, con i quali si metteva alla prova la capacità (in cui Blair eccelleva) di imparare le lingue. Blair, con 8464 punti su 12400, arrivò settimo di ventinove candidati – anche se scese al ventunesimo posto perché ottenne soltanto 104/200 nell’esame di lettura. Gli fu accordata la sua scelta, non certo popolare, di Burma, e suo padre spese ancora 150 sterline (il costo di un anno all’università) per comprargli tutto l’occorrente. Così il 27 ottobre 1922 il Probationary Assistant Superintendent Eric Blair partì da Liverpool sulla MV Herefordshire per il viaggio in prima classe di tre settimane fino a Rangoon. A diciannove anni Eric Blair guadagnava uno stipendio già maggiore della pensione di suo padre, più un abbuono di 100 rupie al mese pagate sul suo conto bancario in Inghilterra. Jacintha, la sua musa, lo aveva abbandonato. Facendo la recensione di ”A Passage to India”, di E. M. Forster, Orwell scrisse a proposito della sua violenta rottura con Jacintha (non diversamente da quanto accade nelle grotte del Malabar nel romanzo di Forster): ”E’ soltanto per qualche improbabile caso che a una persona capace di scrivere un buon romanzo possa capitare di stare in India abbastanza a lungo per assorbirne l’atmosfera”. Lui stesso, però, stava consciamente abbandonando la sua ambizione di diventare uno scrittore, ”con la consapevolezza di tradire la mia vera natura”. (8. continua) Richard Newbury
• La realtà razzista vissuta da Eric poi ispirò i racconti di George. Il Foglio 11 agosto 2007. La passione e l’avventura di un viaggio in prima classe verso l’oriente esotico come giovane cadetto di polizia diciannovenne, seguendo il comando di Rudyard Kipling: ”Caricatevi del fardello dell’uomo bianco, mandate in giro i migliori che avete allevato, legate a lunghi esilii i vostri figli per servire alle necessità dei sottomessi, per vigilare, in pesante assetto, su genti irrequiete e selvatiche – torve popolazioni, da poco assoggettate, per metà demoni e per metà fanciulli”. Eric Blair, alias George Orwell, ricordava nel 1947 i seguenti episodi di fondamentale importanza: ”Stavo viaggiando su una nave di linea per Burma. Questo genere di navi aveva per lo più un equipaggio di indiani, ma, fatta eccezione per gli ufficiali e gli assistenti di bordo, avevano quattro quartiermastri europei con il compito specifico di stare al timone”. Il giovane Eric Blair li ammirava come se fossero ”figure divine allo stesso livello degli ufficiali”. Un giorno, dopo aver terminato il suo lauto pasto in prima classe, vide un quartiermastro ”svignarsela come un topo dal casotto” con un piatto di pudding mezzo mangiato preso dal tavolo dei passeggeri ”parzialmente nascosto tra le sue mostruose mani”. ”Dopo più di vent’anni posso ancora sentire la sensazione di sbigottimento provocata da questa improvvisa rivelazione del divario tra funzione e ricompensa – la rivelazione che un marinaio di così straordinarie capacità, che aveva letteralmente la nostra vita nelle sue mani, si accontentasse di rubare qualche pezzo di cibo dai nostri piatti. Questo episodio mi ha insegnato molto più di tutto quanto avrei potuto imparare da una dozzina di libri socialisti”. Un altro episodio gli diede la consapevolezza del razzismo. ”La nave su cui viaggiavo stava attraccando al porto di Colombo, e a bordo era salito il solito sciame di facchini pronti a occuparsi dei bagagli. Alcuni poliziotti, compreso un sergente di pelle bianca, gli davano le istruzioni e li controllavano. Un facchino si era caricato sulle spalle una grande scatola di metallo e camminava ondeggiando rischiando di colpire qualcuno in testa. Una persona lo mandò al diavolo per la sua disattenzione. Il sergente di polizia diede un’occhiata, vide che cosa stava facendo il facchino, e gli tirò un terribile calcio nel sedere mandandolo carponi sul ponte. Molti passeggeri, comprese alcune donne, espressero la loro approvazione. Persino il più egoista di tutti i miliardari inglesi, se avesse visto un suo connazionale preso a calci in quel modo, avrebbe provato almeno un minimo di fastidio. Eppure qui c’erano persone ordinarie, oneste della middle class che osservavano la scena senza altra emozione che una certa approvazione. Queste persone erano bianche, e il facchino era nero. In altre parole, il facchino era un subumano, un animale di altra specie”. George Orwell stava anche rendendosi conto che Eric Blair condivideva buona parte dei pregiudizi razziali di questa classe sociale, tanto che decise di lasciare la polizia e di unirsi ai diseredati inglesi per superare la sua repulsione. Maung Htin Aung, poi diventato cancelliere dell’Università di Rangoon, ricorda un episodio capitato nel 1924 in una stazione ferroviaria di Rangoon, che dimostra perfettamente le frustrazioni di Blair come sovrintendente di polizia durante lo stato d’emergenza decretato in seguito a proteste studentesche e il suo atipico desiderio di discutere i problemi con gli studenti (e lo stesso Orwell, nel suo romanzo ”Burmese Days”, pubblicato nel 1931, esagera la storia descrivendo come il suo alter ego Flory accechi uno studente con il suo bastone e provochi per questo una rivolta). ”Uno dei ragazzi, mentre faceva il pagliaccio con gli altri ragazzi, diede accidentalmente una spinta all’alto e deperito inglese, che cadde giù per le scale. Blair era furioso e alzò il suo bastone per colpire il ragazzo sulla testa, ma si trattenne e lo colpì invece sulla schiena. I ragazzi protestarono e alcuni, me compreso, circondarono l’arrabbiato inglese. Poco dopo arrivò il treno e Blair salì sul vagone di prima classe. Ma a Burma, diversamente dall’India, i vagoni di prima classe non erano tabù per gli indigeni. Il litigio tra gli studenti e Blair proseguì. Fortunatamente, il treno arrivò a Mission Road Station prima che capitasse qualche incidente”. ”Dopo il 1920 pochi uomini di qualità si spinsero a est del Canale di Suez”, concluse in seguito Blair; in effetti, la Prima guerra mondiale aveva messo in dubbio il diritto coloniale di comandare, dubbio rafforzato anche dal fatto che mentre prima della guerra l’Impero era stato economicamente vantaggioso, ora era gestito in perdita. Burmese Days Il Government of India Act, del 1919, aveva dato avvio a quel processo che Arthur Balfour aveva chiamato la sostituzione di un buon governo con l’autogoverno. Questo comportava la creazione di un esercito indiano e, dal 1923, di un esercito burmese, così come di ufficiali di polizia e proconsoli indiani accanto a quelli inglesi. Questo non fece altro che esacerbare il problema perché, come Orwell (e non solo lui) si accorse immediatamente, il colore della pelle era il solo segno distintivo soprattutto per gli espatriati di più basso rango come Ellis, il razzista londinese della middle class vicedirettore di una ditta di legname protagonista del suo romanzo ”Burmese Days”. A Burma, si rese conto Blair, ”la cosa più importante non era se si era stati in una buona scuola ma se la tua pelle era bianca. Di fatto, quasi tutti i bianchi residenti a Burma non erano del tipo che in Inghilterra si sarebbero definiti gentlemen, anche se vivevano come dei gentlemen, ossia avevano dei servitori e chiamavano il loro pasto serale dinner”. Con la fiducia in se stesso di un vecchio etoniano, Blair fu felice di stringere un’amicizia pubblica con F. F. Seeley, un altro etoniano, vittima di un ostracismo sociale per avere sposato una donna indiana, e con il suo zio Charles, che era ”diventato indigeno” e sposato una donna burmese. Sua nonna indossava abiti burmesi durante le sue celebri feste a Moulmeni, ma lasciò scioccato Blair, che parlava tre dialetti burmesi, perché, pur avendo passato quarant’anni a Burma, non sapeva nemmeno una parola della lingua locale. Blair, tuttavia, comprendeva perfettamente quali fossero i sentimenti contrastanti dei poliziotti e degli amministratori bianchi: ”Con una parte della mia mente ritenevo che il British Raj fosse una tirannia indistruttibile… con l’altra parte pensavo invece che la più grande gioia del mondo sarebbe stata infilzare una baionetta nelle viscere dei sacerdoti buddhisti”. La sensazione che Londra avesse già deciso di abbandonare il proprio impero rendeva i bianchi più intransigenti e i burmesi e gli indiani speranzosi di un’autentica indipendenza all’interno del Commonwealth, concessa nel 1931 ai paesi ”bianchi” del Canada, Austrialia, Nuova Zelanda e Sudafrica. Fu l’opposizione di Churchill, appoggiato da sessanta parlamentari tory, a impedire nel 1936 l’approvazione del Dominion Status per l’India e per Burma e a mettere per la prima volta sul tavolo la questione dell’indipendenza, sebbene già nel 1834 la Durham Parliamentary Royal Commission aveva reso la ”educazione all’autogoverno” il principio guida della politica imperiale. Il Parlamento di Westminster stava realizzando il cambiamento con le elezioni e con la nomina di funzionari burmesi, ma incontrò l’opposizione dei Club, le esclusive roccaforti dei bianchi, dove, sin dall’ammutinamento del 1857, gli ”Heaven born” avevano socializzato. Il padre di Maung Htin Aung divenne un magistrato distrettuale e quindi automaticamente un membro del Club distrettuale, che però frequentava una sola volta all’anno. Il fratello maggiore di Maung Htin Aung, U Tin, divenne uno dei mille proconsoli dell’Indian Civil Service. Aveva studiato al Dulwich College, poi alla Cambridge University e alla Middle Temple Law School aveva credenziali perfette come avvocato, ed essendo stato capitano della squadra di rugby della Cambridge University era una scelta obbligata per la squadra di rugby Rangoon Gymkhana. Lo scandalo era che i membri del Club non gli lasciavano nemmeno usare le docce. Questo provocò delle rivolte, esattamente come in un episodio analogo descritto in ”Burmese Days”. Si trattava sostanzialmente di qualcosa di simile a quello che, in quegli stessi anni, facevano i sindacati americani opponendosi all’immigrazione del ”melting pot” perché considerata una minaccia per i posti di lavoro, o anche a quello che succede oggi con gli idraulici polacchi. In ”Burmese Days” George Orwell presenta le due indignate comunità in chiaroscuro. Il magistrato distrettuale burmese, U Po Kyin, è rappresentato come un corrotto, machiavellico e venale cinico, privo di qualsiasi qualità positiva. Il vicecommissario Macgregor è un uomo di buone intenzioni che però cerca invano di superare le distinzioni razziali all’interno del Club. Comunque, nella reale situazione della città di Kata, Eric Blair era amico del dottore indiano che U Po distrugge, il dottore Krishnasawmy (nel romanzo Dr. Veraswami), ma il suo ufficiale comandante era burmese, il sovrintendente U Maung Maung, esattamente come lo erano il molto rispettabile giudice di sessione e anche il vicecommissario, tutti naturalmente già membri del Club ex officio. Ancora una volta George Orwell era, nel nome del agitprop, destinato a fare esercizio di un’amnesia selettiva e di un ricordo intensificato con le esperienze di Eric Blair. (9. continua) Richard Newbury
• Prostitute e genialità in incognito per la ”mina vagante” Orwell. Il Foglio 14 agosto 2007. Eric Blair, descritto da un suo collega come ”un ragazzo con la faccia giallastra, alto, magro e allampanato, i cui abiti, anche se di taglio perfetto, sembravano cascargli addosso”, arrivò a Rangoon nel novembre del 1922. Dopo essersi incontrato con il governatore e l’ispettore generale della polizia, prese il treno per il Collegio di Polizia di Mandalay, dove, separato dai cadetti burmesi, studiò le procedure della polizia, la lingua burmese e l’hindi, nonché legge, perché avrebbe anche dovuto occuparsi delle cause di minore importanza. Quando i suoi compagni di scuola di Eton erano ancora all’università, il sovrintendente Blair era già al comando della polizia in città di 200.000 abitanti oppure nella più grande raffineria di petrolio di Burma (e di tutta l’Asia meridionale) a Syriam. Mentre gli inglesi erano insediati in India fin dal XVIII secolo e avevano governato il paese in larga misura per mezzo di governatori locali ”guidati” da commissari politici, Lord Randolph Churchill (padre di Winston) aveva ordinato la conquista di Burma nel 1886 con lo scopo di sfruttare le sue riserve di teak e di petrolio (nel 1913 si producevano 600 milioni di barili). A differenza dall’India, a Burma la monarchia fu abolita e le autorità locali smantellate e vi venne insediata una guarnigione di 40.000 soldati indiani. Eric Blair, quindi, non ebbe esperienza dell’affettuoso governo del Raj in India, ma soltanto di un puro e semplice imperialismo commerciale, come quello di cui avevano già proficuamente approfittato i mercanti di legnami della famiglia francese di sua madre. Burma fu ufficialmente annessa all’India, tuttavia, per quanto riguarda lo sviluppo costituzionale, fu trattata separatamente e fu soltanto in conseguenza dell’agitazione scatenata dalla Associazione dei Giovani Buddisti che nel 1923 venne istituito un consiglio legislativo eletto con un suffragio del 75 per cento. Blair arrivò in un momento di emergenza politica per un’ondata di crimini provocati da un oltraggio all’autorità ”ispirato da agitazioni politiche”, come recita il rapporto ufficiale. I 47.000 crimini del 1923-1924 in questo paese di tredici milioni di abitanti aumentarono l’anno successivo del venticinque per cento. Per affrontare quest’emergenza c’era un corpo di polizia forte di tredicimila uomini, di cui soltanto novanta erano di nascita inglese, anche se, come in India, si stavano progressivamente aprendo gli incarichi più importanti anche agli ”indigeni”. Buona parte di Burma era occupata dalla giungla e in larga misura inesplorata. Il popolo e il paesaggio di Burma affascinava e spaventava Blair e ”Burmese Days” fu un tentativo di esprimere le sensazioni che questo luogo gli suscitava. La stragrande maggioranza dei circa 200.000 residenti non indigeni era indiana o cinese, con una piccola minoranza di europei. Mandalay era famosa per le sue ”pagoda, i pariah, i maiali, i preti e le prostitute”, e queste ultime spiegano il modo in cui Blair e i suoi colleghi risolsero l’equazione del genere sessuale. Blair aveva scritto a Jacintha Buddicom tre lettere in cui si lamentava per ”quanto fosse orrendo il posto”, ma Jacintha rispose soltanto alla prima. Petite e fanciullesca anche lei era esattamente come le prostitute di Burma tanto apprezzate da Blair, che scrisse un’ironica poesia sulla loro falsa innocenza e la loro venalità professionale: ”Quando ero giovane e senza cognizione,/ nella lontana Mandalay,/ mi innamorai di una ragazza burmese,/ bella come il giorno./ La sua pelle era d’oro, i suoi capelli corvini,/ i suoi denti d’avorio;/ Le dissi: ”per venti pezzi d’argento,/ signorina, venga a letto con me’./ Lei mi guardò, pura e triste,/ la cosa più amorevole che esistesse./ Poi con la sua voce blesa e virginea,/ me ne chiese venticinque”. Quando era assegnato a incarichi fuori città sembra che Blair, esattamente come John Flory, si portasse con sé una ragazza burmese; inoltre aveva delle cugine eurasiatiche, nate dall’inconsueto matrimonio di suo zio con una donna burmese. Questa rara merce di donne sposate era l’alternativa, come lo stesso Blair scrive nel suo necrologio per il suo alter ego in ”Burmese Days”: ”Qui giacciono le ossa del povero John Flory;/ la sua storia è la solita vecchia storia./ Denaro, donne, carte e gin/ furono le quattro cose che se lo portarono via./ Facendo l’amore con donne sposate/ aveva sudato così tanto da nuotarci dentro:/ aveva conosciuto la miseria del pensare al passato/ nella triste arte del bere./ O straniero, se ti capita di passare di qui/ e di leggere queste parole, non versare lacrime;/ Ma prendi il singolo dono che ti offro/ E impara da me come non si deve vivere”. Pensare con la propria testa In un appunto per ”Burmese Days” Blair scrisse: ”Stavo cercando di fare l’amore con Mrs. Lackersteen, anche se il signor Lackersteen era il mio migliore amico e sebbene lui mi piacesse più di sua moglie. Era il più attraente dei due: più vivo, più intelligente, meno egoista, e forse persino più bello. Per lui provavo affetto e per sua moglie una specie di ostilità. Ciononostante, feci l’amore con lei, e quindi mi comportai nei suoi confronti come un traditore. E’ una cosa che capita spesso”. Quanto a Blair, aveva una stretta relazione con la moglie di un suo collega, Elisa-Maria Langford Rae, sebbene, naturalmente, fosse attratto anche dalla sua mente visto che lei lo aveva introdotto a Villon, Maupassant e Baudelaire. Fu da questi scrittori, oltre che da Dostoevskij, Zola, Anatole France e Jack London, che Blair imparò a fare dei poveri e degli emarginati l’argomento dei suoi scritti e del fallimento il suo mestiere. Ciononostante, quando Elisa-Maria gli fece i complimenti per la grande attenzione che dava a tutti i dettagli nel suo lavoro di poliziotto e nella ricerca della giustizia, Blair gli rispose con queste parole: ”E’ la cosa più importante che ho imparato a Eton – questo e la capacità di pensare con la mia testa”. Proprio come i suoi compagni di Eton non seppero riconoscere il futuro George Orwell, nemmeno a Burma nessuno seppe riconoscerlo. A Katha, dove fu assegnato nel dicembre del 1926, un suo intimo amico, George Stuart, ingegnere ferroviario, lo ricordava come una persona ”cordiale e capace nel suo lavoro, la vita e l’anima delle feste, appassionato di animali e collezionista di bambini di strada. Parlava lentamente e in tono pacato, non era contro l’establishment, ed era un eccellente linguista”. Il suo collega Roger Beardon lo ricorda mentre girava per la sua casa accompagnato da capre e pecore. A questo punto Blair, che ”faceva lo sporco lavoro dell’Impero”, era un anarchico tory (come Swift) convinto che ”se dobbiamo governare non bisogna razionalizzare questo governo interferendo con la loro cultura”. Ciononostante talvolta continuava ad usare copie della rivista di sinistra ”Adelphi” come bersaglio per fare pratica, visto che, esattamente come Kipling, detestava coloro che in Inghilterra ”facevano vergogna all’uniforme che dovrebbe proteggerti mentre dormi”. Quando poi D. H. Auden, nella sua poesia sulla Spagna, parlò dell’’assassinio necessario”, Orwell scrisse: ”Personalmente non parlerei con tanta leggerezza di assassinio. Mi è capitato di vedere i cadaveri di molte persone assassinate – e non mi riferisco a persone uccise in battaglia, ma realmente assassinate. So che cosa significa l’assassinio – il terrore, l’odio, i parenti che piangono, l’autopsia, il sangue, l’odore”. Orwell, tuttavia, era sempre più pronto ad ammettere le ragioni socialiste, ma per motivi morali e non politici. Le vaste letture che aveva fatto durante la sua permanenza a Burma cominciavano a fare effetto: ”D. H. Lawrence sembrava simpatizzare più o meno con tutto, e questo era per me così inconsueto da darmi l’impressione di aver perso l’orientamento”. Blair mantenne il suo crescente radicalismo altrettanto segreto dell’amore della sua vita, anche se il fatto che il maggiore Cyril Wellborne, viceispettore generale della polizia burmese, lo chiamasse ”la vergogna di Eton” nel Club di Katha significava che era già considerato una specie di mina vagante. Come dice John Flory in ”Burmese Days”: ”E’ un mondo in cui la libertà di parola non è nemmeno immaginabile. Tutti gli altri tipi di libertà sono invece permessi. Sei libero di essere un ubriacone, un fannullone, un codardo, un calunniatore o un fornicatore; ma non sei libero di pensare con la tua testa. Tutta la tua vita è una vita di menzogne. Anno dopo anno rimani seduto in piccoli club con la mania di Kipling, con un bevitore di whisky alla tua destra e un bevitore di Pink’un (gin e angostura) alla tua sinistra, ascoltando con piena approvazione il Colonnello Bodger che proclama che questi dannati nazionalisti dovrebbero essere messi a bollire in una pentola d’olio. Senti definire i tuoi amici orientali ”piccoli e sporchi babbuini’ e riconosci, doverosamente, che sono proprio dei piccoli e sporchi babbuini. Vedi dei giovinotti appena usciti da scuola che prendono a calci servitori dai capelli grigi. E un giorno ti accorgi di bruciare dall’odio per i tuoi connazionali, e speri che scoppi una rivolta che schiacci nel sangue il loro impero”. ’Ricordo”, scrisse Orwell, ”una notte trascorsa su un treno insieme a un uomo che lavorava per l’Educational Service, una persona che non conoscevo e di cui non ho mai scoperto il nome. Faceva troppo caldo per dormire e passammo tutta la notte a chiacchierare. Una mezz’ora di caute domande fece capire ad entrambi che eravamo ”sicuri’; poi per ore e ore, mentre il treno procedeva lentamente nella notte nera come la pece, seduti nelle nostre cuccette con qualche bottiglia di birra, ci mettemmo a maledire l’Impero Britannico. Ci fece bene a tutti e due. Ma avevamo parlato di cose proibite, e nella stanca luce mattutina, quando il treno arrivò a Mandalay, ci separammo con un senso di colpevolezza, come se fossimo una coppia di adulteri”. Il John Flory di ”Burmese Days”, il clandestinamente seducente e sovvertitore alter ego di Blair/Orwell, è già il prototipo del Winston Smith di ”1984”. Blair non si faceva già più illusioni sul fatto che nuovi ”piccoli imperi malvagi” avrebbero preso il posto del ”più rispettabile” impero britannico. In effetti, i giapponesi, nella veste di padroni imperiali, si dimostrarono viziosamente e intenzionalmente più crudeli e più repressivi. Gandhi non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo contro di loro. George Orwell sarebbe rimasto sconsolato, ma non certo sorpreso, nello scoprire che la Burma moderna è uno dei pochi regimi autenticamente totalitari sopravvissuti alla caduta del Muro di Berlino. (10. continua) Richard Newbury
• Il giorno in cui Blair scoprì ”lo sporco funzionamento dell’Impero”. Il Foglio 15 agosto 2007. Il sovrintendente della Imperial Police Eric Blair aveva conosciuto l’imperialismo su entrambi i fronti e anche il suo stesso odio per entrambi e la sua capacità di commettere violenza. Si era reso inoltre conto che i socialisti anti-imperialisti della middle class erano altrettanto biasimevoli e disprezzabili di coloro che tenevano sotto controllo un impero che gli permetteva di mantenere il loro superiore tenore di vita. Blair, il Vecchio Etoniano, aveva conosciuto la povertà ”diventando indigeno” in entrambi i suoi paesi nativi: la Francia (da parte di madre) e l’Inghilterra (da parte di padre). Non superò mai, né lo desiderò, la sua repulsione per il degrado e la puzza della povertà e non provava nessun amore teorico per il proletariato, ma soltanto un sentimento di solidarietà nei confronti di essere umani abbandonati dalla fortuna. ”La massa dei ricchi e dei poveri si differenzia soltanto per il loro reddito; e il tipico milionario è identico al tipico lavapiatti, ma con indosso un abito elegante. Chiunque abbia vissuto allo stesso livello con i poveri lo sa perfettamente”. Il suo politico ”Pilgrim’s Progress” non aveva nulla a che fare con la teoria o i libri, ma nasceva dal lavoro di un poliziotto investigativo deciso a scoprire la vera causa di un crimine senza paura o favori, come aveva fatto molto spesso a Burma. In un’epoca di processi-farsa, Orwell mostrò che tutte le ideologie contemporanee erano ”falsa coscienza”. ”Alcune idee”, riteneva, ”sono talmente stupide che soltanto un intellettuale vi può credere”. Dopo essersi ammalato Nel 1927, dopo essersi ammalato di febbri che gli causarono le prime lesioni ai polmoni, Eric Blair ebbe una licenza di cinque mesi e tornò in Inghilterra. Per prima cosa andò a Shropshire per vedere Jacintha, ma il resto della famiglia fu piuttosto laconico su dove si trovasse e Eric suppose che lei non volesse incontrarlo. Aveva infatti appena dato alla luce una figlia illegittima. Fu durante una vacanza con la sua famiglia in Cornovaglia che Blair sconvolse tutti annunciando la sua decisione di lasciare l’Indian Imperial Police senza tuttavia avere alcuna idea di cosa fare tranne una vaga intenzione di diventare scrittore. ”Rassegnò le dimissioni soprattutto perché detestava buttare gente in prigione per aver fatto la cosa che lui stesso avrebbe dovuto fare se si fosse trovato in analoghe circostanze”, scrisse in seguito parlando di sé. Inoltre, ”ho rinunciato in parte perché il clima aveva rovinato la mia salute e in parte perché avevo una vaga idea di scrivere libri; ma soprattutto perché non potevo continuare a prestare servizio per un imperialismo che ormai consideravo come un vero e proprio racket”. Per di più, ”sfortunatamente non ero riuscito a diventare indifferente all’espressione del volto umano”. Kipling e i suoi due racconti ”The Hanging” e ”Shooting an Elephant” forniscono ulteriori spiegazioni. ”A tredici anni adoravo Kipling, a diciassette lo detestavo, a venti mi piaceva, a venticinque lo disprezzavo e ora lo ammiro di nuovo”, scrisse Orwell nel 1942. ”E’ inutile fare finta che la visione della vita di Kipling, nel suo complesso, possa essere accettata o giustificata da qualsiasi persona civile … Ma dato che Kipling si identifica con la classe ufficiale, possiede effettivamente una cosa che le persone ”illuminate’ non possiedono quasi mai, ossia il senso di responsabilità. La middle class di sinistra lo odia per questo tanto quanto lo odia per la sua crudeltà e volgarità. Tutti i partiti di sinistra dei paesi industrializzati sono un’impostura, perché si danno come missione di combattere contro qualcosa che in realtà non vogliono affatto distruggere. Hanno obiettivi internazionalisti, e allo stesso tempo lottano per mantenere un tenore di vita incompatibile con questi obiettivi. Viviamo tutti sfruttando e derubando i servitori asiatici; ma il nostro standard di vita e quindi il nostro ”illuminismo” proclamano che questi servitori devono essere resi liberi; ma allo stesso tempo esigono che lo sfruttamento continui. Un filantropo è sempre un ipocrita e la consapevolezza che di questo aveva Kipling è probabilmente il segreto della sua capacità di scrivere parole rivelatrici. Sarebbe difficile cogliere più precisamente il miope pacifismo degli inglesi con parole più concise di queste: ”Fare vergogna all’uniforme che dovrebbe proteggerti mentre dormi’. Kipling sa perfettamente che gli uomini possono essere estremamente civilizzati soltanto se altri uomini, inevitabilmente meno civilizzati, siano a disposizione per proteggerli e per nutrirli”. Nel racconto ”The Hanging” (pubblicato nel 1931), ispirato da una storia di Somerset Maugham, è testimone di un assassinio rituale, come lui stesso lo definisce, legato al suo ruolo imperiale. ”E’ curioso, ma fino a quel momento non mi ero mai reso conto che cosa significasse distruggere un uomo sano e consapevole. Quando vidi il prigioniero scostarsi per evitare una pozzanghera, ho compreso il mistero e l’assoluta ingiustizia di spezzare una vita quando è all’apice del suo rigoglio”. In ”Shooting an Elephant” (pubblicato nel 1936) Blair è il giustiziere. ”A Moulmein, nel Burma inferiore, ero odiato da moltissime persone – la sola volta nella mia vita che sono stato abbastanza importante per essere odiato. Ero un ufficiale di polizia della città, e in un inutile e gretto modo i sentimenti antieuropei erano molto forti. Nessuno aveva il coraggio di scatenare una rivolta, ma se una donna europea fosse passata da sola per il bazaar qualcuno le avrebbe probabilmente sputato del succo di betel sul suo vestito. In quanto ufficiale di polizia io ero un ovvio bersaglio e venivo perseguitato tutte le volte che questo non sembrava pericoloso. Quando un giovane mi fece uno sgambetto giocando a calcio e l’arbitro (anche lui burmese) si girò a guardare dall’altra parte, gli spettatori si misero a ridere malignamente. Questo accadde più di una volta. Alla fine le gialle e beffarde facce dei ragazzi che incontravo ovunque e gli insulti che mi venivano lanciati contro quando mi trovavo a debita distanza mi fecero andare su tutte le furie. I giovani sacerdoti buddhisti erano i peggiori di tutti. In città ce n’erano a migliaia e nessuno di loro sembrava avere nulla da fare tranne che stare agli angoli delle strade per sbeffeggiare gli europei. Tutto questo mi lasciava perplesso e infastidito. Infatti, a quel tempo, avevo già deciso che l’imperialismo era una cosa malvagia e che prima avessi lasciato il mio lavoro e abbandonato tutto meglio sarebbe stato. Teoricamente – e, naturalmente, in segreto – stavo dalla parte dei burmesi e contro i loro oppressori, i britannici. Quanto al lavoro che facevo, lo detestavo più di quanto si possa dire con le sole parole. In questo tipo di lavoro si ha direttamente sotto gli occhi lo sporco funzionamento dell’Impero. I poveri prigionieri ammassati in celle puzzolenti, le facce grige e sconfitte degli ergastolani, le natiche piene di cicatrici di uomini frustrati con bastoni di bambù: tutte queste cose mi opprimevano con un intollerabile senso di colpevolezza. Ma non riuscivo a vedere nulla in una prospettiva più ampia. Ero giovane e male istruito e dovevo pensare ai miei problemi nel completo silenzio che è imposto a ogni inglese che vive in oriente. Non sapevo che l’Impero britannico era moribondo, e ancora meno che stava per essere sostituito da più giovani imperi di natura ben peggiore. Tutto ciò che sapevo era che mi sentivo intrappolato tra il mio odio per l’impero che servivo e la mia rabbia nei confronti di quelle dannate piccole bestie che facevano di tutto per rendermi impossibile il lavoro. Con una parte della mente pensavo al British Raj come a un’indistruttibile tirannia, come a qualcosa che avrebbe calpestato, in saecula saeculorum, la volontà di popoli sottomessi; con l’altra pensavo invece che la più grande gioia del mondo sarebbe stata infilzare una baionetta nelle viscere di un sacerdote buddhista. Sentimenti come questi sono il normale sottoprodotto dell’imperialismo; provate a chiederlo a qualsiasi ufficiale angloindiano, se riuscite a trovarlo quando non è in servizio”. La retorica della democrazia Fu una scelta singolare e piuttosto inconsueta per Orwell applicare analoghe argomentazioni al conflitto di classe e mettere in dubbio lo stratagemma marxista di ”smascherare” le realtà del capitalismo che si celavano dietro la retorica democratica dell’occidente: ”Non c’è nulla di più facile, soprattutto se tra te e il pericolo si allunga un cordone di navi da guerra, che dimostrare a parole o per scritto che non c’è alcuna differenza tra il totalitarismo e la democrazia ”borghese’. Non ho il minimo dubbio che tutti i miei lettori lo abbiano affermato. Io stesso l’ho detto spesso. Tutti conoscono questa tesi. E’ impossibile andare a un raduno della sinistra senza sentirla proclamata. Ma penso che sia necessario riconoscere non soltanto che è un’assurdità, ma che è anche un’assurdità che può essere pronunciata solo da persone che sono protette da uno schermo di soldi e di navi da guerra che le separa dalla realtà”. Orwell è il corrispondente straniero tra le ”due nazioni” della middle class – e i benestanti operai delle nuove e fiorenti industrie leggere nella regione delle Midlands – e dei poveri che lavoravano nelle industrie del cotone e del carbone nei cantieri navali delle ”aree indigenti” del nord. Ci offre la povertà con un volto umano: non la retorica della lotta di classe, ma ”una famiglia con al comando i membri sbagliati”. In sostanza Orwell riteneva che finché continuava esistere una forma di governo democratica rimaneva aperta la possibilità di un miglioramento per la condizione dei poveri. Se invece la democrazia scompariva, qualsiasi mutamento sarebbe stato negativo e avrebbe soltanto peggiorato la situazione. Questo valeva tanto per l’Inghilterra quanto per tutto il suo Impero. (11. continua) Richard Newbury
• Un anarchico tory tra vagabondi, straccioni, furfanti e prostitute. Il Foglio 17 agosto 2007. Nell’agosto del 1927, a ventiquattro anni, Eric Blair era tornato dal ”dolore dell’esilio” come sovrintendente della polizia imperiale a Burma. ”Ero già praticamente deciso a lasciare il mio lavoro, e una boccata d’aria inglese mi convinse del tutto. Non sarei mai più tornato a fare parte di quel malvagio dispotismo”, scrisse George Orwell nel 1940, aggiungendo che ”l’esilio è probabilmente più dannoso per uno scrittore che per un pittore o persino un poeta, perché lo astrae dal contatto con la vita del lavoro e ne restringe la sfera d’azione alla strada, al bar, la chiesa, il bordello e lo studio”. Per espiare la sua colpa Blair era convinto che dovesse rifiutare ”l’idea del successo nella vita come una cosa cattiva per lo spirito e come una sorta di bullismo”. Se la classe lavoratrice inglese era oppressa tanto quanto i contadini burmesi lo erano dall’imperialismo, ciò si doveva non alla mancanza di una rivoluzione socialista ma alla mancanza di una volontà di cambiare le condizioni di vita dei poveri da parte delle classi medie. Con i suoi scritti Blair avrebbe affrontato queste persone ”rispettabili” che vivevano in un’Inghilterra che Blair descriveva molto frequentemente in toni lirici, mettendo in risalto l’ingiustizia che vi regnava. Orwell usava sempre esempi estremi per spiegare le sue ragioni e fu quindi in mezzo agli emarginati che si immerse, proprio come, in seguito, non sarebbero stati gli operai delle nuove e fiorenti industrie delle leghe metalliche e del petrolio ma gli operai disoccupati delle vecchie industrie del carbone, dell’acciaio e del cotone, messi fuori gioco da una più economica concorrenza straniera. In ”Coming Up for Air” Orwell mostrò la propria repulsione per la suburbanizzazione e la cementificazione dell’Inghilterra meridionale, il paese della sua infanzia, stravolto dalle industrie automobilistiche (Oxford, Luton, Coventry, Dagenham) e elettrodomestiche. La nuova rete di distribuzione elettrica allestita negli anni Trenta apriva la possibilità di creare nuove industrie lontane dalle aree carbonifere del nord e più vicine ai mercati. Orwell, l’anarchico tory, desiderava un’espiazione personale e non l’espansione industriale della nazione. Quest’espiazione la cercò in mezzo a vagabondi, straccioni, furfanti e prostitute: insomma l’ex capo della polizia si mischiava con i suoi avversari e nemici di un tempo. In ”Keep the Aspidistra Flying”, Gordon Comstock, l’alter ego di Orwell, dichiara: ”Una volta che fossi stato tra gli emarginati e fossi stato da loro accettato, avrei toccato il fondo, e avevo l’impressione (per quanto fossi consapevole che era del tutto irrazionale) che una parte della mia colpa si sarebbe allontanata da me”. Eric Blair si sottopose all’iniziazione tribale della scura notte dell’anima per morire e reincarnarsi in George Orwell – nome scelto allo scopo di non imbarazzare i suoi già da troppo tempo addolorati genitori. Il grassoccio, gentile e conformista etoniano che era partito cinque anni prima per Burma ora, a causa del sole e delle febbri tropicali, era diventato un uomo allampanato e pieno di rughe, con baffi militareschi. Abituato ai domestici burmesi che si occupavano di tutti i suoi bisogni, compresa la vestizione; la compagnia degli ufficiali di polizia lo aveva reso più rude nei modi, e la sua più giovane sorella Avril gli aveva ricordato di non buttare le cicche di sigaretta sul pavimento. I Buddicom notarono la differenza ma la sua decisione di lasciare il suo prestigioso e ben remunerato lavoro a servizio dell’ideale imperiale lasciò sbigottiti i suoi genitori. Ascoltiamo ancora Gordon Comstock: ”Voleva bruciare le sue barche. Loro pensavano che era diventato pazzo. Cercò ripetutamente, ma invano, di spiegargli perché non si sarebbe più piegato alla schiavitù di un ”buon lavoro’. ”Ma con cosa vivrai? Con cosa vivrai?’ – tutti gli dicevano quasi in lacrime”. Socialismo ed esperanto Eric Blair era deciso a non essere di peso ai suoi genitori e sperava che i suoi risparmi gli avrebbero consentito di vivere frugalmente almeno un anno, mentre andava in cerca di argomenti tra gli emarginati e imparava a scrivere. Blair era già stato capo della polizia in una città di 200.000 abitanti, ma i suoi amici di scuola avevano già intrapreso una carriera nel mondo letterario e accademico. Cyril Connolly scriveva già regolarmente per il New Statesman; Harold Acton (sul quale era basato ”Brideshead Revisited” di Evelyn Waugh) aveva già pubblicato tre raccolte di poesie; uno dei suoi migliori amici di gioventù, Stephen Runciman, il compagno di Eton Dadie Rylands e Cecil Beaton, amico di St. Cyprian, si stavano facendo un nome come gli scandalosi ”Cambridge Aesthete”, sessualmente ambivalenti. Beaton era arrivato a Cambridge indossando una giacca da sera, scarpe rosse e nere e pantaloni bianchi. Gordon Comstock, il suo alter ego, si lamenta dei ”boriosi e raffinati libri su pittori e poeti sicuri scritti da questi giovani animali pieni di soldo, che scivolano così delicatamente da Eton a Cambridge e da Cambridge alle riviste letterarie”. Anche il ben più serio scrittore ed ex etoniano Roger Mynors era già un Classics Fellow del Balliol College a Oxford. Eric si sentiva alienato dal loro successo, che avrebbero potuto anche essere il suo. Si mise quindi a scrivere l’opposto di ”Birdeshead Revisited”, e non sulla jeunesse d’ore ma sulla miseria di Zola. A Southwold aveva degli amici, come Eleanor Jacques, che avrebbe sposato il suo amico e antropologo Dennis Collings, e Brenda Salkeld, campionessa di ginnastica nella scuola femminile di St. Felix, con la quale, esattamente come con Eleanor, cercò anche di avere una storia d’amore. I suoi metodi di conquista amorosa, saltando addosso all’improvviso come un gallo nel pollaio, non erano bene accolti, anche se la sua conoscenza profonda della natura e degli animali selvatici ne facevano un perfetto compagno per lunghe passeggiate. La sua descrizione dello stupro di una prostituta da parte di uno dei personaggi di ”Down and Out in London and Paris” lasciò sbigottiti non soltanto gli amici che sapevano chi era in realtà George Orwell ma rischiò anche di essere censurata per il suo verismo à la D. H. Lawrence. Blair amava ricorrere all’orrore macabro e sadico per scioccare i suoi lettori, soprattutto le giovani ragazze bene educate. Brenda sostenne sempre che non gli piacevano le donne. Fu attirato da Londra proprio come era avvenuto per altri scrittori da lui considerati come degli eroi: Dickens, Smollett e Gissing. A Londra fu aiutato dalla poetessa e ceramista di Southwold Ruth Pitter, altro oggetto delle sue amorose attenzioni, che lo incontrò in una stanza a Portobello Road. Ruth definì i suoi primi tentativi di scrittura con queste parole ”una mucca armata di fucile”. Il suo tentativo di imitare D. H. Lawrence con un linguaggio escatologico e di anatomica precisione divertivano Ruth, soprattutto perché lui stesso non riusciva a pronunciare le sue oscenità. Portobello Road era vicino a Ladborke Grove, dove viveva sua zia Nellie Limousin, radicale femminista e fabiana. Nellie, aveva 59 anni ed era un’appassionata esperantista: nell’aprile del 1928 si trasferì a Parigi, insieme al suo amante quarantanovenne, Eugene Adam. Come per molti altri scrittori precedenti e contemporanei, Parigi era il luogo per eccellenza dove fare questo mestiere e i due anni trascorsi a Parigi furono per Eric la sua università di vita; fatto del tutto ignoto ai lettori del suo famoso ”Down and Out in London and Paris” era che Eugene e Nellie furono i suoi tutori. A Parigi conobbe la povertà soltanto per ragioni di ricerca intellettuale, visto che i suoi tutori vivevano ad appena venti minuti da casa sua. Eugene era stato un anarchico, poi, durante la guerra, autista di ambulanze; era entrato nel Partito comunista e a Parigi aveva fondato la Associazione mondiale dei non-nazionalisti, in esperanto Sat (Sennacica associo tutmondo). Nel 1921 si ”suicidò” prendendo lo pseudonimo di L’anti. Nel 1922 andò a Mosca per diffondere l’esperanto, ma nel 1926 i russi volevano già assumere il controllo del Sat, espellerne i non comunisti e imporre la linea stalinista. Adam fu minacciato di espulsione dal Comintern; in effetti, quando Eric lo incontrò nel 1928, Adam era ormai diventato profondamente antistalinista, aveva stracciato la sua tessera di partito e stava cercando con ogni mezzo di sottrarre il Sat dalle grinfie del Comintern. Con l’anti – e a Parigi anche con la zia Nellie – Eric ebbe innumerevoli infuocate discussioni sull’anarchia e il socialismo. L’anti presentò Eric ai suoi amici di sinistra, come il romanziere pacifista Henri Babousse, redattore del Monde, e anche i direttori del Progres Civique, che gli commissionarono vari articoli, anche se ci vollero diciannove mesi prima che Eric vedesse pubblicato uno dei suoi pezzi. Eric aveva distrutto il suo primo romanzo dopo che era stato rifiutato da un editore londinese. In ”Down and Out in London and Paris” sembrò avere trovato la sua voce. A Parigi cercò di frequentare scrittori, ma i relitti umani dello squallido hotel in cui viveva furono i modelli dei suoi personaggi. La povertà e l’inedia furono affrontate quando una ragazza italiana che condivise per qualche tempo la sua stanza gli rubò tutti i suoi soldi. Blair descrive la fame e i tentativi di trovare lavoro insieme a Boris, il suo amico russo e zoppo. Per un ex etoniano lavorare come plongeur per quattordici ore al giorno nel retro di un ristorante economico significava avere una prospettiva dal basso del sistema capitalista. Una dieta da fame e il lavoro eccessivo gli causarono dei problemi ai polmoni e visse persino l’esperienza di essere ricoverato in un ospedale per i poveri: esperienza che tradusse nel saggio ”How the Poor Die”. Come disse il suo amico Cyril Connolly, ora sposato con una ricca americana e giunto a Parigi per intervistare il nuovo eroe di Orwell, James Joyce, autore di ”Finnegan’s Wake”: ”Gli basta soffiarsi il naso per iniziare una lunga e dettagliata descrizione delle condizioni di vita dei lavandai”. (12. continua) Richard Newbury
• Amanti, amiche e benefattrici: le libere donne di George Orwell. Il Foglio 18 agosto 2007. Fu soltanto al suo funerale che i suoi amici, i quali pensavano di conoscerlo bene, scoprirono come Eric Blair/George Orwell avesse saputo mantenere la sua vita chiusa in compartimenti stagni e fosse riuscito, grazie alla sua passione per i sotterfugi e le vite clandestine, a mantenere molteplici identità – nonché amici e amanti – ignote agli altri amici. George Orwell doveva essere un personaggio letterario, esattamente come P. S. Burton sarebbe stato il suo alias come vagabondo o quando cercò, nel 1931, di farsi arrestare e incarcerare come ”ubriacone e incapace” in un ”Pilgrim’s Progress” di automortificazione e ricerca. Usava spesso come pseudonimo i nomi di ragazzi che a scuola aveva odiato. ”Cliffy” Burton era stato un teppistello di St. Cyprian contro il quale Eric si era battuto. Ecco un altro tipico dettaglio orwelliano: calcolò che c’erano esattamente lo stesso numero di mattoni nel muro della cella della polizia e in quella del tribunale. Più ci addentriamo nella vita di Blair/Orwell e più scopriamo la natura nascosta delle sue relazioni con le donne. Dopo diciannove mesi di soggiorno a Parigi, dovette subire l’umiliazione di tornare nella piccola cittadina costiera di Southwold, nel Suffolk. Nella capitale francese la sua autentica povertà era stata provocata dal fatto che il suo denaro gli era stato rubato da una ”piccola sgualdrina” italiana chiamata Suzanne, insieme al suo fidanzato arabo, con il quale Eric ebbe una zuffa. A Southwold questo fannullone impegnato sempre a scrivere e spesso con la barba di tre giorni, quando non scompariva per le sue spedizioni puttanesche, frequentava quattro ragazze contemporaneamente. Nelle lunghe passeggiate in campagna si sentiva ispirato a imitare, con tutte e con costante persistenza e variabile successo, le pratiche del guardiacaccia Mellors nel romanzo ”L’amante di Lady Chatterley”, scritto dal suo eroe letterario D. H. Lawrence. Brenda Salkeld era la figlia di un prete americano (come nel titolo del suo futuro romanzo) e aveva tutto il fascino dell’irraggiungibilità. Era la campionessa di ginnastica nella scuola femminile di St. Felix, alla periferia della città. Tre anni più vecchia di Eric, era alta, atletica, addirittura dall’aspetto mascolino. Sebbene fosse affascinata dalla intelligenza di Eric e ammirasse il suo impegno per la scrittura, era convinta che non gli piacessero le donne, e lui era crudele e sadico nel divertirsi a scioccarla. Le avance sessuali erano un tema comune dei suoi romanzi. Lei godeva della sua amicizia ma non dei suoi improvvisi affondi, quando le diceva: ”Farai la carina con me?”, e nel 1930 rifiutò la sua proposta di matrimonio. In effetti Brenda era anche corteggiata da un certo Pat Macnamara, in congedo dalla Canadian Mounted Police. Eric continuava a scrivere a ritmo frenetico usandola come cassa di risonanza per i suoi scritti e voleva addirittura formare un ménage a trois con la sua futura moglie, Eileen. C’era una forte e mai negata commistione tra un bestiale Dr. Jeckyll e un premuroso Mr. Hyde nelle attitudini sessuali di Eric. Per l’archetipica ragazza sensibile ”tutta questa storia sul fatto di essere una sgualdrina era semplicemente ridicola. Aveva una casa, e una bella famiglia”. Poi c’era Eleanor Jaques, che era la ”ragazza della porta accanto” e che aveva una mente vivace e indipendente e che avrebbe sposato il suo amico Dennis Collings, il figlio del dottore. Lasciò l’Inghilterra e si trasferì a oriente insieme a Dennis quando questi divenne un antropologo di Cambridge. Dato che sapeva che il suo amico aveva lo sguardo lungo e che in ogni caso non dava alcuna importanza al fatto che una donna potesse state tra amici maschi, Orwell continuò a frequentare Eleanor anche dopo il matrimono, ricordando sempre il suo corpo bianco steso sull’erba lungo il fiume. Si sarebbero reincontrati a Londra, dove Eleanor era andata a studiare per diventare stilista. Comunque per Eric, il maiale sciovinista, Eleanor era troppo indipendente per diventare sua moglie, e lei stessa confidò a sua figlia che Eric era ”sempre troppo sarcastico o troppo cinico” per diventare sua moglie e aveva ”sempre saputo che avrebbe sposato Dennis”. Dickens, Eliot e Zola Poco più vecchia di Eric era Ruth Pitter, la poetessa che aveva laboratori da ceramista a Walberiswick, sulla riva del fiume opposta a Southwold, e a Portobello Road e Chelsea. Fu da qui che Eric, vestito da barbone, sarebbe precipitato nella miseria e nell’abbruttimento. Ruth pensava che era una follia per un uomo che, con la sua tosse secca e stizzosa, fosse a rischio di ”tubercolosi”. A suo giudizio, ”non si trattava semplicemente di povertà, si tratta di una perversità suicida”. In effetti, fu ricoverato in ospedale per un problema polmonare e lui stesso le fece notare il cartello affisso con la scritta ”i tisici dovrebbero evitare di baciarsi”. Nel racconto ”The Spike” (un ospizio dove vagabondi e barboni potevano avere un letto per dormire in cambio di una mattinata di lavoro) e in ”Hop-Picking Diary” vediamo combattere un uomo la cui sconfinata solidarietà morale si combina problematicamente con un disgusto fisico: infatti è ben difficile immaginare un uomo più fastidioso e indisponente di Blair. Pur concedendo che i bagni erano puliti, il cibo sufficiente e il lavoro non pesante, Blair provava repulsione per ”il puzzo di sterco che ristagna in tutto l’ospizio. Il pensiero di quegli uomini vecchi e con la faccia grigia che vivono una vita tranquilla e rilassata in mezzo al puzzo dei cessi e che hanno rapporti omosessuali mi dava la nausea. Ma non è facile spiegare cosa intendo dire, perché e tutto legato al puzzo dell’ospizio”. La quarta donna era, ancora una volta, molto più anziana e destinata a esercitare una profonda influenza sulla carriera da scrittore di Orwell. Southwold, come la vicina Aldeburgh era, ed è, una Hampstead on Sea, con i radicali di sinistra della middle class di Hampstead Garden Suburb che vi trascorrevano le vacanze come, per esempio, Mabel e Sinclair Fierz. Sinclair era un colto e soddisfatto operatore indipendente nel campo dell’acciaio e sua moglie animava un salotto letterario. Divenne amica di Ida Blair e una paladina di George, del quale divenne presto l’amante. Fu lei a convincere nel 1932 l’agente letterario George Moore a pubblicare ”Down and Out in London and Paris” e poi ”Burmese Days”. Fu lei a salvare Eric dal purgatorio dell’insegnamento in scuole di periferia per ragazzi della lower middle class trovandogli nell’ottobre 1934 un lavoro in una libreria di un amico: Booklover’s Corner, Hampstead. Mabel era felice degli inviti di Eric a ”passeggiate in campagna” sulle Burnham Beaches lungo il Tamigi, per lui era una specie di Eden à la Lawrence. Eleanor era più incerta, mentre Brenda voleva semplicemente andare a passeggio. Fu da Mabel che Eric ricevette la sua prima copia dell’’Ulisse”, il libro bandito di James Joyce, la sua ”più grande scoperta dopo Villon”. Il romanzo lo ossessionava e l’idea della scena del bordello è trasposta in ”The Clergyman’s Daughter”, il suo successivo romanzo, senza dubbio una fantasia sessuale su Brenda. Cercò di spiegare i suoi entusiasmi letterari a Brenda, per quanto talvolta senza successo. Adorava la parodia che Joyce faceva degli stili letterari; come disse lui stesso: ”Riassume meglio di qualsiasi altro libro che conosca la terrificante disperazione ormai quasi normale nei tempi moderni. Ci sono le stesse cose, anche se appena accennate, nelle poesie di Eliot”. L’’Ulisse” rimase bandito fino agli anni Sessanta, anche per il dettagliato oratorio di autogratificazione di Molly Bloom. Anche la pubblicazione delle prime opere di Orwell fu rinviata a causa dei timori dell’editore. Orwell adorava il realismo alla Zola e esprimeva elogi per ”Tropico del Cancro” di Henry Miller. Nel 1931 propose addirittura a T. S. Eliot, direttore della Faber & Faber, di tradurre un romanzo francese, ”A la Belle de Nuit” di Jacques Roberti. ”E’ la storia di una prostituta, piuttosto autentica, per quanto si possa giudicare, e raccontata nel modo più crudo, ma non un semplice sfruttamento di un tema osceno”. Nel 1933 fu finalmente pubblicato a Londra e New York ”Down and Out in London and Paris”; poi, nel 1935, anche a Praga e Parigi. Non fu scritto da ”Eric il celebre autore”, come lui stesso e Jacintha si erano immaginati, ma sotto lo pseudonimo di George Orwell, un nome e un’identità che Eric Blair avrebbe non semplicemente assunto ma addirittura assimilato. Orwell è un fiume del Suffolk, mentre per i suoi personaggi e per suo figlio Richard, Eric preferì sempre nomi ”regali”. ”Burmese Days”, per timore di diffamazioni, fu pubblicato da Harper a New York nel 1934 e soltanto nel 1935 da Gollanz. ’Down and Out” aveva come sottotitolo ”un libro di viaggi”: si tratta di un viaggio in incognito della parte rimossa della coscienza borghese, in cui si descrive ciò che accade letteralmente sotto i suoi piedi, in ristoranti e hotel di lusso. E’ un viaggio in un paese straniero, quel mondo sotterraneo della povertà e del fallimento che tanto spaventava la middle class e la sua religione del successo, esattamente come ”Burmese Days” è un viaggio nel ventre dell’Impero, nei bordelli e nelle carceri di Rangoon. Orwell, il personaggio inventato, è il pioniere di un nuovo genere di autobiografia impressionistica. ”Non ho esagerato nulla, fatta eccezione per quanto tutti gli scrittori esagerano con il semplice fatto di operare una selezione. Tutto ciò che ho descritto è accaduto da qualche parte e in un qualche momento”, scrisse per i suoi lettori francesi, aggiungendo che Parigi era ”una città di cui aveva molti felici ricordi”. Come Joyce sapeva passare da uno stile all’altro, così Orwell passa dal reportage al commento e all’anedotto personale. Nella sua scrittura c’è molto di Zola, di Maupassant, di Chaucer e di Dickens. Orwell avrebbe potuto benissimo parlare di se stesso quando disse che ”i romanzi di Dickens avevano un’architettura terribile ma dei magnifici grondoni”. (13. continua) Richard Newbury
• Lo scrittore di successo e la figlia del prete che non ci stava. Il Foglio 21 agosto 2007. Nella prima metà degli anni trenta a George Orwell piaceva definirsi un anarchico tory. Nel XVII secolo i tory erano stati il partito del paese mentre i whig erano stati il partito della corte, soprattutto dopo la rivoluzione del 1688, quando si erano identificati in misura sempre maggiore con la City, l’espansione imperiale, la successione degli Hanover protestanti e i veri creatori della Rivoluzione Industriale, vale a dire i protestanti non anglicani, come i presbiteriani, i battisti e i metodisti. I tory non erano cattolici (che praticamente non esistevano), ma inclini a considerare il diritto divino effettivamente ”divino” anche se la volontà di Dio sembrava un’evidente punizione. Dopo tutto, il diritto di primogenitura era la base del loro diritto locale a governare. La chiesa d’Inghilterra era il partito tory in preghiera, soprattutto nella forma in cui si presentava alla gerarchia di villaggio del parroco e del signorotto, che detestavano il governo centralizzato ed espansionista dei whig, con ruberie e corruzione da parte dei grandi Lord, il nuovo denaro della City e i nuovi nababbi arricchitisi con il profitto/ bottino della East India Company. Il decano Jonathan Swift, Alexander Popo e D. Samuel Johnson erano i fari letterari dell’opposizione tory. I tory erano pessimisti sulla possibilità di un progresso dell’uomo verso la perfezione e ancor più su quella di un progresso del governo nella stessa direzione. Sarebbero stati perfettamente d’accordo con Ronald Reagan sul fatto che le undici parole più pericole della lingua inglese sono le seguenti: I am from the Government and I am here to help you (’Sono del governo e sono qui per aiutarti”). La visione odierna di un anarchico tory è perfettamente illustrata dal libertarismo dei repubblicani di South Park. George Orwell era visceralmente legato alla campagna inglese, tipicamente tory, e trovava del tutto naturale essere allo stesso tempo un cacciatore e un naturalista; amava la chiesa d’Inghilterra, semplicemente per quello che era, e chiese di essere sepolto secondo il rito anglicano (per quanto fosse un ateo dichiarato) e snobbava i protestanti non anglicani della lower middle class. Era devoto alla monarchia, e scelse un nome ”regale” per se stesso (George) e per il suo figlio adottivo Richard, e scrisse una commedia in cui prendeva le parte dei monarchici contro i Roundhead di Cromwell. Orwell aveva parlato dei poveri e degli emarginati in ”Down and Out in London and Paris” e degli ”indigeni” oppressi dall’impero in ”Burmese Days”. Il poliziotto imperiale che dopo cinque anni di battaglia era diventato uno scrittore considerato dalla critica ora scrisse due romanzi sulla sua stessa classe e la sua condizione di vita: la piccola borghesia in difficoltà economiche. ”The Clergyman’s Daughter” parlava esattamente di questo, mentre ”Keep the Aspidistra Flying” narrava le vicende di uno scrittore senza successo. Trascinato da un apparente desiderio di morte, Orwell aveva guidato d’inverno la sua motocicletta da Southwold a una scuola privata vicino a Londra, in cui insegnava, vestito soltanto con una giacchetta e una sciarpa ed era finito in ospedale con la polmonite. Un congedo per malattia a Southwold (non ritornò mai all’insegnamento) gli diede il tempo per scrivere ”The Clergyman’s Daughter”, ambientato in una città del Suffolk. Fa parlare in prima persona la protagonista femminile, Dorothy Hare. La quale è il vero curato e la governante del proprio padre, irascibile e spendaccione; avendo un’avversione nei confronti del sesso sembra destinata a rimanere zitella – come, naturalmente, la figlia di un altro parroco, Brenda Salkeld, rifiuta ”tutta quella roba” (ossia il sesso) da parte di Orwell. Brenda, ovviamente, ebbe una carriera di successo in una famosa scuola. Dorothy invece rifiuta il bohémien Mr. Warburton (Orwell?) e improvvisamente si ritrova, in preda ad amnesia, insieme a delle sgualdrine di Londra e si unisce a loro per andare a fare marchette nel Kent. Gli editori censurarono il tentativo di stupro da parte di Warburton, che la spinse a questa disgrazia, che include anche una squallida scena notturna simile a quella che si legge nell’’Ulisse”; dopodiché Dorothy viene salvata dalla prigione da un suo zio baronetto che nasconde la disgraziata nipote, dandole lavoro come insegnante in una scuola. Il background etico di Baudelaire Dato che questo è un romanzo di Orwell, Dorothy rifiuta di sposare Warburton e ritorna – ormai avendo perso la propria fede – a occuparsi del suo impossibile padre e alla sicurezza di rimanere in povertà dopo la sua morte. ”In un senso diverso e più profondo, l’atmosfera della chiesa era per lei tranquillizzante e necessaria, perché percepiva che in tutto ciò che accade in chiesa, per quanto assurdo e vile possa essere il suo presunto scopo, c’è qualcosa di difficile da definire, ma qualcosa di onesto, una leggerezza spirituale – qualcosa ben difficile da trovare nel mondo esterno. Le sembrava che, anche se non si ha più la fede, è meglio andare in chiesa piuttosto che non andarci; meglio seguire l’antica tradizione che andare alla deriva in una libertà senza radici”. Nel 1934, facendo una recensione a Baudelaire per ”The Adelphi”, Orwell avrebbe potuto benissimo parlare di se stesso. Baudelaire era ”aggrappato al background etico del cristianesimo, perché era stato cresciuto nella tradizione cristiana e perché percepiva che nozioni come quella di peccato, dannazione, ecc, erano in un certo senso più vere e più reali di qualsiasi altra cosa che gli potesse offrire un ateismo sciattamente umanitario”. Hayes, nel Middlesex, dove Orwell aveva insegnato per qualche tempo in una terrificante scuola privata, era stata in passato una cittadina di campagna fuori Londra, ma ora era diventata parte di quella selvaggia urbanizzazione che stava coprendo di case e cemento la valle del suo adorato Tamigi. Quest’espansione lungo la nuova Metropolitan Line era ciò che il poeta John Betjeman definì ”Metroland”, celebrata in una sua poesia con questo incipit: ”Come friendly bombs and fall on Slough. It isn’t fit for humans now”. Hayes ”è uno dei posti più desolati che abbia mai visto. La popolazione sembra fatta interamente di commessi che la domenica vanno in cappelle protestanti non anglicane e il resto della settimana rimangono chiusi in casa”. ’A Slough, Dagenham, Barnet, Letchworth, Hayes – in effetti ovunque, alla periferia delle grandi città – il vecchio modello sta gradualmente lasciando il posto a qualcosa di nuovo. In questa nuova e vasta foresta selvaggi di vetro e mattoni il vecchio tipo di città, con la sua netta distinzione tra bassifondi e palazzi, o nelle campagne tra grandi castelli e squallide casette, non esiste più… ci sono forti differenze di reddito, ma la vita è la stessa in eleganti appartamenti o case pubbliche, lungo strade di cemento e la nuda democrazia delle piscine. E’ una vita piuttosto agitata e senza cultura, che ruota attorno ai cibi in scatola, il Picture Post, la radio e il motore a combustione interna. E’ una civiltà in cui i bambini crescono con una perfetta conoscenza delle calamite ma una completa ignoranza della Bibbia”, scrisse Orwell in ”The Lion and the Unicorn”, pubblicato nel 1941. Ed ecco come inizia una poesia scritta nel 1934, in uno stile di lamentazione à la Eliot: ”E vedo la gente affollarsi nelle strade,/ gente segnata dalla morte, esattamente come me/ senza dio, senza radici, come foglie che vanno alla deriva,/ cieche davanti alla terra e al cielo”. Infatti Orwell, un ateo dichiarato, andava in chiesa e faceva la comunione, anche se, come affermava lui stesso, soltanto per gentilezza nei confronti dei suoi amici locali e colleghi intellettuali, il parroco anglicano e sua moglie. Fu in questo stesso periodo che scrisse una poesia che iniziava con queste parole: ”Avrei potuto essere un parroco felice,/ duecento anni fa/ pregando per l’eterno destino/ e osservando crescere i miei alberi di noce”. Dall’ottobre del 1934 al gennaio del 1936 Orwell ebbe la fortuna di trovare lavoro come assistene part time nella libreria Booklovers’ Corner a Hampstead, con inclusa anche una stanza per dormire nell’appartamento dei proprietari, Francis e Myfanwy Westrope, amici di zia Nellie nonché esperantisti, pacifisti, vegetariani e membri dell’Independent Labour Party. Accettarono volentieri che si portasse a casa delle ragazze e Orwell iniziò una storia d’amore molto libera con Kay Welton, una ragazza dall’aspetto leggermente mascolino. Avendo il pomeriggio libero per scrivere e potendo godere di una compagnia colta in un appartamento con vista su Hampstead Heath e Londra, Blair stava ormai diventando un personaggio della scena letteraria. Gordon Comstock, suo alter ego in ”Keep the Aspidistra Flying”, è un fallimento orwelliano. ”Un poeta squallido, perverso e noioso”, rinuncia a un lavoro ben pagato in pubblicità per lavorare part-time in una libreria e vivere in una squallida stanza con una vecchia megera di padrona di casa, dalla quale viene cacciato fuori perché si era portato una ragazza. Ha una fastidiosa ragazza che non vuole andare a letto con lui; non ha alcun contatto nel mondo letterario e nessun libro pubblicato. E’, naturalmente, un fallimento orwelliano che finisce per mettere in cinta la sua frigida ragazza, la sposa, ritorna a fare il suo precedente e ben retribuito lavoro pubblicitario e tiene un’aspidistra alla finestra. E’ quanto Orwell stesso sentiva che avrebbe facilmente potuto diventare. Comunque, attraverso Gordon Comstock, questo Rabelais di periferia, il vero obiettivo di Orwell è la pubblicità, da lui considerata come la religione della nuova società consumistica. Il suo epitaffio per il libro era un pastiche della lettera di San Paolo ai Corinzi: ”E ora osservate la fede, la speranza e il denaro, e la più grande di queste cose è il denaro”. (14. continua) Richard Newbury
• La ricetta di George Orwell per la Rivoluzione socialista inglese. Il Foglio 22 agosto 2007. George Orwell andò a vivere tre miglia più lontano mentre lavorava al Booklovers’ Corner. Lasciò l’appartamento del suo datore di lavoro quando Mr. Westrope si ammalò, e si trasferì in un altro appartamento trovatogli da Mabel Feitz, una ragazza che lui non conosceva, con l’affitto pagato per metà dalla stessa Mabel, nel delizioso quartiere di Parliament Hill. La sua padrona di casa studiava per ottenere un MA in psicologia all’università di Londra. Una volta organizzò una festa alla quale invitò una sua compagna di studio, Eileen O’Shaughnessy, due anni più giovane di Orwell, che aveva già un master in letteratura inglese a Oxford. Orwell si rese immediatamente conto che Eileen era il genere di ragazza che voleva sposare. I suoi amici pensavano che lei lo tenesse allegro e gli desse fiducia nelle sua capacità. Mentre vedeva Eileen nel fine settimana e scriveva ancora lettere appassionate a Brenda, durante gli altri giorni della settimana continuava ad andare a letto con Brenda, la quale pensava che ”Kay fosse una persona allegra, vivace e interessante, e più al suo livello”. Cambiò nuovamente casa e si trasferì in un appartamento a Kentish Town. Il 1936, comunque, fu l’anno in cui la Germania occupò la Rhineland e Franco abbattè la Spagna Repubblicana e Orwell, al pari di molti altri, pensava che soltanto con il socialismo si potesse combattere il fascismo. Orwell, già anarchico tory, seguì i Westrope nell’Independent Labour Party. Il suo editore Victor Gollanz gli consigliò di studiare la condizione dei disoccupati nel nord dell’Inghilterra. Orwell vi rimase dal 31 gennaio al 30 marzo 1936 e il risultato fu ”The Road to Wigan Pier”, pubblicato nel 1937. Il suo editore, nonostante qualche timore, si rese conto che il libro era troppo buono per rinunciarvi. Ne furono vendute 40.000 copie. Nella prima parte del libro Orwell è un corrispondente straniero sulla linea di faglia sociologica e geografica. Si parla di classi sociali e non di economia e, a differenza di ”Down and Out”, Orwell non si nasconde tra i disoccupati, anche se, ancora una volta, prende gusto a selezionare i dettagli più squallidi. La seconda parte è un’autobiografia sulla ”sciatta raffinatezza” della sua Lower Upper Middle Class. La terza parte è una acuta ma brutalmente satirica tirata sul ”Che facciamo ora?”, scritta nella sua nuova casa nel minuscolo villaggio di Hertfordshire, dove andò a vivere con Eileen, sposata nel giugno del 1936. I suoi amici sono concordi sul fatto che i successivi sei mesi, durante i quali scrisse ”The Road to Wigan Pier”, furono il periodo più felice della sua vita. Fu senza dubbio felice di scrivere le seguenti parole: ”Talvolta si ha l’impressione che le semplici parole ”socialismo’ o ”comunismo’ attraggano come una calamita ogni bevitore di succhi di frutta, nudista, maniaco sessuale, quacchero, pacifista, ciarlatano di cure naturali e femminista che vive in Inghilterra. Tutta questa tribù di donne impegnate, di gente che gira in sandali e di bevitori di succhi di frutta che si accalcano fiutando l’odore del progresso come mosche attirate dalla carcassa di un gatto morto. Una buona parte, se non la maggioranza, delle persone pensanti non è innamorata della civiltà delle macchine, ma chiunque non sia un idiota sa perfettamente che è assurdo pensare in questo momento all’idea di rinunciare alle macchine. Ma la sfortuna è che il socialismo, come viene generalmente presentato, è indissolubilmente legato all’idea del progresso meccanico, non semplicemente come uno sviluppo necessario ma come un fine in se stesso, quasi una specie di religione. Infatti bisogna tenere presente che un lavoratore, finché rimane un autentico lavoratore, è raramente un socialista nel senso completo e logicamente coerente del termine. Molto probabilmente vota laburista o, se ne ha la possibilità, persino comunista; ma la sua concezione del socialismo è molto diversa da quella del socialista colto che lo ha studiato sui libri. Per il normale lavoratore, quello che si incontra al pub il sabato sera, il socialismo non significa altro che salari più alti, meno ore di lavoro e eliminazione dei soprusi da parte dei capi. Per il tipo più rivoluzionario, quello che scende in piazza a manifestare ed è messo sulla lista nera dal datore di lavoro, la parola socialismo è una specie di grido d’adunata contro le forze dell’oppressione, la vaga minaccia di una futura violenza. Ma, per quanto mi risulta dalla mia esperienza, nessun lavoratore capisce fino in fondo le implicazioni del socialismo. Spesso, così mi sembra, è un socialista più autentico del marxista ortodosso, perché ricorda ciò che gli altri sovente dimenticano, ossia che il socialismo significa giustizia e dignità. Ma ciò che invece non afferra è che il socialismo non può essere ridotto a una semplice giustizia economica e che una riforma di tale portata è necessariamente destinata a provocare profondi cambiamenti nella nostra civiltà e nel nostro stesso modo di vivere. La sua visione del futuro socialista è un’immagine della società odierna depurata dei suoi abusi peggiori e con le sue stesse priorità: vita famigliare, pub, calcio e politica locale. Quanto al lato filosofico del marxismo e al trucchetto delle tre misteriose entità di tesi, antitesi e sintesi, non ho mai incontrato un lavoratore che vi prestasse il minimo interesse. Naturalmente, è vero che moltissime persone provenienti dalla classe operaia sono socialisti di tipo teorico e libresco. Ma non si tratta mai di persone che hanno continuato a fare gli operai: insomma, non lavorano con le proprie mani. Appartengono o al tipo che riesce a infilarsi faticosamente nella middle class attraverso l’intellighenzia letteraria o al tipo che diventa un parlamentare laburista o un sindacalista. Quest’ultimo tipo è uno degli spettacoli più desolanti che si possano vedere al mondo. E’ stato scelto per combattere per i suoi compagni, e tutto ciò che questo significa per lui è un lavoro meno pesante e la possibilità di ”migliorare’ la propria condizione. E’ proprio combattendo la borghesia che anche lui diventa un borghese. E, nel frattempo, è del tutto possibile che rimanga un marxista ortodosso. Ma devo ancora incontrare un minatore, un operaio siderurgico, un camallo o qualsiasi altro genere di lavoratore che sia ”ideologicamente a posto’. Per riassumere: non c’è alcuna possibilità di migliorare le condizioni che ho descritto nei precedenti capitoli di questo libro, o di salvare l’Inghilterra dal fascismo, a meno che non si riesca a creare un autentico ed efficiente partito socialista. Deve essere un partito con fini realmente rivoluzionari, e deve essere sufficientemente forte per agire. Possiamo crearlo soltanto se siamo in grado di offrire un obiettivo che la gente ordinaria possa riconoscere come desiderabile. Più di ogni altra cosa, perciò, abbiamo bisogno di una propaganda intelligente. Bisogna parlare molto meno di ”coscienza di classe’, di ”esproprio proletario’, di ”ideologia borghese’ e di ”solidarietà proletaria’, per non menzionare le tre sacre sorelle: tesi, antitesi, sintesi. Bisogna invece parlare di più di giustizia, libertà e delle difficoltà dei disoccupati. E bisogna lasciar perdere il progresso meccanico, i trattori, la diga sul Dniepr e l’ultima fabbrica di inscatolamento del salmone a Mosca: questo genere di cose non fa parte integrante della dottrina socialista, e allontana molta gente di cui la causa socialista ha bisogno, compresa la maggior parte di coloro che sanno tenere in mano una penna. Tutto ciò che bisogna fare è stampare nella coscienza pubblica due fatti ben precisi. Il primo è che gli interessi di tutte le persone sfruttate sono gli stessi; il secondo è che il socialismo è compatibile con le norme comuni del vivere civile. Quanto alla complessissima questione delle distinzioni di classe, per il momento la sola politica possibile è quella di rimanere tranquilli e non spaventare la gente. E, soprattutto, basta con gli energici sforzi per spezzare le distinzioni di classe. Se appartieni alla borghesia non devi cercare di saltare in avanti e abbracciare i tuoi fratelli proletari. I quali potrebbero anche non apprezzare il tuo gesto; e se mostrano di non apprezzarlo, probabilmente ti accorgerai che i tuoi pregiudizi di classe non sono così morti e sepolti come tu pensavi. E se appartieni al proletariato, per nascita o al cospetto di Dio, non deridere troppo automaticamente la Old School Tie: racchiude fedeltà che possono essere utile, se sai come gestirle”. Quando un sindacalista comunista di Wigan si mise a proclamare cosa avrebbe fatto alla borghesia se fosse scoppiata la rivoluzione, Orwell, l’ex poliziotto alto un metro e novantacinque, lo apostrofò così: ”Sono un borghese. La mia famiglia è borghese; e se lo ridici un’altra volta ti tiro un cazzotto sulla testa!”. In ”questa famiglia a capo della quale stanno le persone sbagliate”, come Orwell definiva l’Inghilterra, sarebbe stata la virtù inglese, universalmente riconosciuta, della decency a determinare il cambiamento rivoluzionario, perché avrebbe fatto capire ai ricchi che le rivendicazioni dei poveri erano giuste. Sarebbe stato questo a scatenare la Rivoluzione Inglese (come la chiamano i francesi) del welfare state post-bellico. (15. continua) Richard Newbury
• George ed Eileen, trotzkisti dichiarati, inseguiti in Spagna dalla Nkvd. Il Foglio 23 agosto 2007. I due mesi trascorsi tra i disoccupati nel nord dell’Inghilterra e i sei mesi passati in Spagna segnarono una svolta per l’evoluzione politica di Orwell, per la sua carriera di scrittore e per la sua salute. Per Orwell gli anni Trenta furono ”una rivolta di terrificante follia che improvvisamente diventa un incubo, un treno panoramico che termina in una camera di tortura”. Orlov, il capo del Nkvd in Spagna, aveva riferito che ”l’organizzazione trotzkista Poum poteva essere facilmente eliminata” e Mosca aveva dato l’ok nel dicembre 1936, poco prima che Orwell e sua moglie Eileen arrivassero in Spagna. Quando arrivarono erano già stati segnati per l’eliminazione come non-persone. Orwell arrivò in Spagna con ”l’idea di scrivere articoli”, ma entrò ”immediatamente nella milizia perché, in quel momento e in quell’atmosfera, sembrava l’unica cosa che si potesse fare. C’erano molte cose che non comprendevo e che, per certi versi, non mi piacevano, ma mi resi immediatamente conto che si trattava di qualcosa per cui era giusto combattere”. Era rimasto colpito dal modo in cui era stato rimproverato dal direttore dell’albergo quando, al suo arrivo, aveva cercato di dare una mancia al facchino. ”Fuori dalla Spagna poche persone compresero che c’era una rivoluzione; in Spagna nessuno ne aveva il minimo dubbio”. Entrò nella Milizia, che ammirava non per le sue capacità militari ma per l’assenza di privilegi al suo interno. ”Una sorta di microcosmo di una società senza classi dove la speranza era una cosa più normale dell’apatia o del cinismo, dove la coscienza politica e la sfiducia nel capitalismo erano più normali del loro opposto”. Il fronte aragonese ebbe ”per me grande importanza. L’effetto fu che il mio desiderio di vedere il socialismo affermato divenne ancora più concreto di quanto mai fosse stato prima. Alla fine credo nel socialismo più di quanto vi avessi mai creduto prima”. Orwell decise che nella guerra di trincea c’erano cinque cose importanti: legna da ardere, cibo, tabacco, candele e il nemico. ”Era piuttosto divertente aggirarsi per la valle scura con le pallottole che ti passavano sopra la testa come dei totani saettanti”. Orwell possedeva un’autorità naturale e, da ex poliziotto, aveva una certa esperienza di ”comando e decisione” e fu nominato caporalmaggiore e poi, poco prima di essere ferito, proposto come tenente. Ma ”il lato politico della guerra lo annoiava”. Passò 115 giorni al fronte ”e a quel tempo questo periodo mi sembrò uno dei più inutili di tutta la mia vita”. Era considerato una persona senza paura e aggressiva, anche se una volta si rifiutò di uccidere un nemico perché ”un uomo che si tiene su i pantaloni non è un fascista”. Orwell, alto un metro e novantacinque, era un bersaglio molto più facile da colpire in trincea rispetto agli spagnoli, in genere molto più bassi. Il 20 maggio fu colpito al collo, e il proiettile sfiorò miracolosamente la giugulare e la spina dorsale. Eileen venne a prenderlo in macchina con il maggiore Georges Kopp e Orwell fu ricoverato in un ospedale di Barcellona. Orwell ammirava moltissimo Kopp e, come appariva chiaro a tutti, lo stesso valeva anche per Eileen, sebbene la loro relazione rimanga un enigma. Orwell e Eileen diedero prova di coraggio nel cercare di proteggere Kopp: infatti i comunisti improvvisamente decisero di sopprimere tutte le forze rivoluzionarie, e quindi anche il Poum e gli anarchici. Quest’esperienza fu alla base di ”Animal Farm”, ”1984” e ”Homage to Catalonia” (che racconta un viaggio personale dalla speranza al tradimento). Sir Richard Rees, direttore di The Adelphi sin dal 1931, arrivò a Barcellona nell’aprile del 1937 e incontrò Eileen: ”Mi sembra che sia disorientata, preoccupata e stupefatta. Dato che Orwell era al fronte ho pensato che questo suo strano atteggiamento fosse dovuto alla sua preoccupazione per lui. Ma quando ha iniziato a parlare dei rischi cui mi esponevo facendomi vedere per la strada con lei, questa spiegazione non sembrava più valida. In realtà, naturalmente, come mi sono reso conto in seguito, era la prima persona nella quale ho visto gli effetti prodotti dal fatto di vivere in una situazione di terrore politico”. In effetti, come aveva già notato Orwell, le differenze di classe erano tornate alla ribalta; ma era anche ”la prima volta che vidi una persona il cui lavoro era dire menzogne. Si aveva continuamente l’odiosa sensazione che qualcuno, finora considerato un amico, potesse denunciarti alla polizia segreta”. Un altro episodio che mandò in frantumi la sua fiducia fu il pestaggio a morte, in una prigione comunista, di Bob Smillie, il carismatico nipote del leader dei minatori scozzesi. Ciononostante avrebbe ugualmente scritto le seguenti parole: ”Abbastanza curiosamente tutta quest’esperienza mi ha lasciato una maggiore, e non minore, fiducia nell’onestà degli esseri umani”. ”1984” si conclude così: ”Se c’è ancora qualche speranza, è nelle mani del proletariato”. Ciò che seguì fu una ”violenta rivoluzione cospiratoria, guidata da persone inconsapevolmente affamate di potere”. Il 21 giugno, dimesso dall’ospedale, Orwell, al suo ritorno al Continental Hotel, rimase di stucco quando, facendo finta di non riconoscerlo, Eileen gli sibilò nell’orecchio ”Vattene via!”. Tutti gli altri membri dell’Ilp e del Poum erano stati arrestati, con Eileen lasciata libera come trappola. Due notti prima sei agenti della polizia segreta avevano perquisito la sua stanza e avevano sequestrato tutti i loro documenti, ma non avevano trovato il passaporto e il libretto d’assegni di Orwell. Pertanto, venne emanato un ordine d’arresto nei loro confronti per spionaggio e alto tradimento in quanto ”trotzkisti dichiarati” e agenti dell’Ilp; se fossero stati arrestati sarebbero stati immediatamente fucilati. Passarono notti insonni, e di giorno facevano finta di essere turisti, mentre si facevano firmare i passaporti dal capo della polizia, dal consolato francese e dalle autorità d’immigrazione catalane. Comunque, con grande coraggio fisico e morale, insistettero per andare a trovare in prigione Kopp, il quale attendeva con animo sereno di essere giustiziato, e andarono dal ministro della guerra e dal capo della polizia per cercare testimonianze in suo favore. Ciò non riuscì a convincere i comunisti – ma Kopp alla fine riuscì a salvarsi e in seguito sposò la cognata di Eileen, Doreen. La lettera di Orwell all’antropologo Geoffrey Gomer del 15 settembre 1937 riassume quanto Orwell cercò di dire in ”Homage to Catalonia” e come fosse diventato praticamente un trotzkista nella sua teoria sulla relazioni internazionali. Questo implicava l’opposizione contro il fascismo e la preparazione per la guerra contro la Germania. ”Le sciocchezze del Fronte popolare si riducono a questo: ossia che quando scoppierà la guerra, i comunisti, i laburisti, ecc., invece di mettersi all’opera per fermare la guerra e rovesciare il governo britannico, si schiereranno con il governo, ammesso che il governo stia dalla parte ”giusta”, vale a dire contro la Germania. Ma chiunque abbia un minimo di intelligenza, può facilmente prevedere che il fascismo, naturalmente non definito con questa parola, sarà imposto non appena inizia la guerra. Così, si avrà il fascismo con i comunisti alleati ad esso, e, se ci troveremo alleati all’Urss, vi prenderemo parte attiva. Questo è ciò che è accaduto in Spagna. Dopo ciò che ho visto in Spagna sono giunto alla conclusione che è inutile essere ”antifascisti” cercando allo stesso tempo di preservare il capitalismo. Il fascismo, dopo tutto, è soltanto uno sviluppo del capitalismo, e anche la democrazia più moderata può finire nel fascismo quando è messa sotto tensione. Ci piace pensare all’Inghilterra come a un paese democratico, ma il nostro dominio in India, per esempio, è altrettanto malvagio del fascismo tedesco, sebbene possa apparire esteriormente meno irritante. Non vedo come ci si possa opporre al fascismo se non agendo per rovesciare il capitalismo, e, naturalmente, cominciando dal proprio paese. Se si collabora con un governo capitalista-imperialista nella lotta ”contro il fascismo’, ossia contro un imperialismo rivale, non si fa altro che lasciare entrare il fascismo dalla porta posteriore. In Spagna tutta la lotta, dalla parte del governo, ha ruotato attorno a questo. I partiti rivoluzionari, gli anarchici e il Poum volevano portare a termine la rivoluzione; gli altri volevano combattere i fascisti nel nome della ”democrazia’ e, naturalmente, non appena si fossero sentiti al sicuro e avessero ingannato gli operai a consegnargli le armi, a reintrodurre il capitalismo. La cosa più grottesca, che ben pochi in Spagna hanno capito, è che i comunisti stavano più a destra di tutti ed erano persino più ansiosi dei liberali di eliminare i rivoluzionari e sopprimere ogni idea di rivoluzione. Per esempio, sono riusciti a frantumare tutte le milizie operaie basate sulle organizzazioni sindacali nelle quali tutti ricevevano la stessa paga ed erano trattati allo stesso modo, sostituendole con un esercito borghese comandato da un colonnello pagato otto volte di più degli altri soldati. Tutti questi provvedimenti sono naturalmente presentati come dettati dalle necessità militari e appoggiati dal racket ”trotzkista’, il che consiste nel dire che chiunque professi principi rivoluzionari è un trotzkista pagato dai fascisti… la ragione per cui soltanto pochissime persone hanno compreso che cosa è accaduto in Spagna va individuata nel monopolio che i comunisti hanno della stampa. Oltre alle loro stesse pubblicazioni, hanno dalla loro parte tutta la stampa capitalista antifascista (giornali come il laburista New Chronicle), perché quest’ultima ha ormai compreso che il comunismo ufficiale è ora diventato antirivoluzionario. Il risultato è che sono riusciti a spacciare un’enorme quantità di menzogne, ed è diventato praticamente impossibile che qualcuno scriva e faccia stampare qualcosa che li contraddica”. (16. continua) Richard Newbury
• Il rivoluzionario Orwell si oppose alla guerra, poi scoprì il patriottismo. Il Foglio 24 agosto 2007. George Orwell tornò dalla Spagna ormai uno scrittore con uno stile personale e materiale per i libri che lo avrebbero reso famoso. La decisione di testimoniare che i comunisti avevano soppresso la rivoluzione ne avevano fatto un oggetto della propaganda nera per la sinistra e fu ostracizzato dagli editori di sinistra, compreso Victor Gollanz. ”Homage to Catalonia” fu infine pubblicato da Secker and Warburg nel 1938. Dopo la loro fuga dalla Spagna, dove avevano rischiato di essere arrestati per spionaggio, Eric Blair/George Orwell e sua moglie Eileen tornarono a Wallingford, a nord di Londra, dove Orwell si mise a scrivere ”Homage to Catalonia” e a fare ricerche per un altro romanzo. Tuttavia, i cinque mesi passati nelle gelide trincee della Spagna avevano minato la sua salute e nel marzo del 1938, una settimana prima della pubblicazione di ”Homage to Catalonia”, Orwell, malato ai polmoni, fu ricoverato in un ospedale del Kent, dove suo cognato era primario. Vi rimase sei mesi. Era desideroso di iniziare un nuovo romanzo (’Coming up for Air”), ”tuttavia, quando arrivai qui, pensavo che con Hitler e Stalin e tutti gli altri il tempo per scrivere romanzi era finito. Se lo inizio in agosto lo finirò probabilmente in un campo di concentramento”. Non era comunque così malato o depresso da non provare a sedurre la migliore amica di Eileen, Lydia Jackson, alla quale la stessa Eileen aveva confidato la sua infelicità per il fatto che Orwell era in contatto con Brenda Salkeld. I suoi dottori ritenevano che avesse bisogno di una clima caldo e grazie a un dono anonimo di 300 sterline fattogli da un ex compagno di studi di Eton (il romanziere H. L. Myers), Eric ed Eileen andarono a Marrakech, dove Orwell scrisse un saggio nel quale si scagliò ancora una volta contro l’imperialismo. ’Non appena passò davanti il cadavere, le mosche abbandonarono il tavolo del ristorante in uno sciame compatto e si gettarono su di esso, ma ritornarono indietro cinque minuti dopo”: così si apriva il saggio. Tuttavia Orwell era anche affascinato dai berberi e soprattutto dalle giovani prostitute, che gli ricordavano quelle di Burma, e convinse Eileen a lasciargli la possibilità di frequentarle. L’esteta Harold Acton, suo compagno di studi a Eton, scrisse le seguenti parole: ”Questo cadaverico asceta, che nessuno avrebbe collegato alla soddisfazione carnale, sosteneva di avere raramente provato il piacere che sapevano offrirgli certe ragazze marocchine, la cui totale naturalezza e candida sensualità seppe descrivere con parole così semplici e dirette che si riusciva a immaginarsi i loro fianchi morbidi e i loro seni turgidi, e quasi sentire l’odore di spezie che emanavano dalla loro pelle vellutata”. Come osservò Lettice Cooper, un’amica di Eileen, ”Non credo che George fosse il tipo di persona alla quale piace essere sposato una volta per tutte”. In effetti, stava ancora scrivendo lettere ”indiscrete” a Lydia Jackson, sperando che ”lei le avrebbe bruciate”. Osservando l’arrivo delle truppe coloniali francesi, Orwell commenta: ”Ma c’è un pensiero che occupa la mente di ogni uomo bianco (e non conta nulla se questi si definisce un socialista) quando vede passarsi davanti un esercito di soldati neri: ”fino a quando riusciremo a prendere in giro questa gente? Quanto tempo passerò prima che punteranno le loro armi contro di noi?’”. ’Coming up for Air”, scritto in Marocco e pubblicato nel maggio 1939, è una disquisizione in stile proustiano su un eroico tentativo di tornare al mondo perduto precedente al 1914, ambientato a Lower Binfield, con l’evocazione dell’idillico paesaggio di campagna dell’infanzia di Orwell a Henley e Shiplake e il lamento per l’urbanizzazione selvaggia e la cementificazione postbellica della valle del suo adorato Tamigi. Il romanzo, nel quale il quarantacinquenne George Bowlings decide di rivisitare il suo perduto passato pre 1914, inizia con una tipica frase orwelliana: ”L’IDEA mi venne in mente il giorno in cui mi comprai la mia nuova dentiera”. Orwell amava il passato, detestava il presente e temeva il futuro. Lower Binfield, bombardata per sbaglio dalla Raf durante un’esercitazione, era stata letteralmente coperta di case in falso stile Tudor, proprio dove prima c’erano boschi e laghetti, nei quali George Bowling/Orwell andava un tempo a pescare. Se questo era stato il risultato della Prima guerra mondiale, veniva da domandarsi quali orrori avrebbe potuto provocare la ormai imminente Seconda guerra mondiale: ”Ho sufficiente consapevolezza per vedere che la vecchia vita cui siamo abituati sta per essere strappata alle radici. Lo sento accadere. Posso vedere la guerra che sta arrivando e posso vedere il dopoguerra, le code per il cibo e la polizia segreta e gli altoparlanti che ti dicono cosa devi pensare… ci sono milioni di altre persone come me… le quali sentono che le cose gli stanno crollando sotto i piedi”. ’La mente di Old Porteus, suppongo, smise di lavorare al tempo della guerra russo-giapponese. Ed è una cosa terrificante che quasi tutte le persone oneste, le persone che non vogliono andare in giro a spaccare teste, sono così. Sono persone oneste, ma la loro mente ha smesso di funzionare. Non sono in grado di difendersi da ciò che sta per capitargli, perché non riescono a vederlo, persino se gli sta sotto gli occhi. Pensano che l’Inghilterra non cambierà mai e che l’Inghilterra sia tutto il mondo… Non riescono a vedere che si tratta soltanto di un avanzo, un minuscolo angolo che le bombe hanno fortuitamente mancato. Ma cosa dire del nuovo stampo di uomini che arriva dall’Europa orientale, gli uomini che pensano per slogan e parlano con i proiettili? Sono sulle nostre tracce. Fra non molto ci saranno a ridosso. E tutte le persone oneste sono come paralizzate. Uomini morti e gorilla vivi. Non sembra esserci altro in mezzo”. Nel 1938 Eric ed Eileen aderivano ancora alla linea dell’Independent Labour Party, che si opponeva a una guerra tra gli imperi. ”Ecco le due sole alternative che sembrano possibili: ridurre in polvere le case, far saltare il cervello alla gente e mandare le termiti a uccidere i bambini, oppure essere ridotti in schiavitù da persone che sono ancora più desiderose di te di fare queste medesime cose”. Si dimise dall’Ilp allo scoppio della guerra nel 1939, convinto che ”il modo più rapido per fermare la guerra è quello di perderla”. Eileen andò a Londra per lavorare, ironicamente, nel ministero dell’Informazione, ossia censura e propaganda, che aveva la propria sede nella biblioteca della University of London [Minitruth]. Ritenuto inadatto per motivi di salute, Orwell riuscì tuttavia a entrare nella Home Guard, creata nel maggio 1940 per difendere il paese dalla minaccia di un’invasione. Orwell sperava che quest’unità si sarebbe trasformata in una forza rivoluzionaria, come nel caso della milizia spagnola. Fredric Warburg, il suo nuovo editore, prestò servizio come caporalmaggiore agli ordini di Orwell (che era sergente), mentre il sergente maggiore della loro compagnia era il portiere del lussuoso condominio di Warburg. Tutto quanto gli uomini al comando di Orwell potevano perdersi nelle parate lo riconquistavano nei combattimenti per le strade. ”Lo stato totalitario può fare moltissime cose, ma ce n’è una che non sono in grado di fare: non può dare agli operai un fucile e dirgli di portarselo a casa e tenerselo sotto il letto. Quel fucile, infatti, è il simbolo della democrazia”, scrisse Orwell sull’Evening Standard. Il fratello di Eileen, al quale lei era particolarmente legata, e che prestava servizio come dottore militare, rimase ucciso a Dunkirk. Eileen non riuscì a riprendersi dalla disgrazia fino a quando non adottò un bambino. In ”My Country Right or Left”, pubblicato nel 1940, Orwell spiegò la sua posizione. ”Io non so in quale anno mi sono reso conto per la prima volta che la guerra era imminente. Dopo il 1936, naturalmente, la cosa era evidente a tutti tranne che agli idioti. Per parecchi anni la guerra fu per me un incubo, e scrissi pamphlet contro di essa. Ma la notte prima che fosse annunciato il patto russo-tedesco, sognai che la guerra era cominciata. Ma era uno di quei sogni che rivelano il vero stato dei tuoi sentimenti… Mi insegnò due cose: primo, che mi sarei sentito sollevato quando la guerra fosse davvero iniziata; secondo, che ero profondamente patriottico, che non avrei sabotato o agito contro la mia patria, che avrei appoggiato la guerra e che, se fosse stato possibile, avrei combattuto… Così, la guerra stava per scoppiare, e il governo, persino il governo di Chamberlain, avrebbe avuto la mia fedeltà…”. ’Il patriottismo non ha nulla a che fare con il conservatorismo. E’ la devozione verso qualcosa che sta cambiando ma che viene percepito misticamente come immutabile… Soltanto la rivoluzione puà salvare l’Inghilterra: questo era evidente già da parecchi anni; ma ora che è incominciata, la rivoluzione può procedere rapidamente soltanto se Hitler viene tenuto fuori. Nel giro di uno o due anni, se riusciamo a resistere, vedremo dei cambiamenti che lasceranno di stucco gli idioti, privi di qualsiasi capacità di previsione. Oso dire che scorrerà molto sangue. E sia così, se è necessario. Ma quando le milizie rosse saranno alloggiate al Ritz avrò la certezza che l’Inghilterra che mi avevano insegnato ad amare tanto tempo fa e per ragioni molto diverse continua in qualche modo a rimanere la stessa”. ’Preferisco senz’altro questo tipo di educazione che essere come quegli intellettuali di sinistra che sono così ”illuminati’ da non riuscire a comprendere le emozioni più normali. Sono proprio le persone che non si sono mai levate in piedi davanti alla bandiera inglese quelle che si tirano indietro non appena scoppia la rivoluzione”. (17. continua) Richard Newbury
• La Bbc, i giornali di sinistra e il duro mestiere di raccontare la storia. Il Foglio 25 agosto 2007. Nel 1941, mentre l’esercito tedesco minacciava il medio oriente e l’India e il Giappone entrava in guerra invadendo i possedimenti britannici di Hong Kong, Malaya, Singapore e Burma (e minacciando quindi l’India) e, dalle isole del Pacifico e dalla Nuova Guinea minacciava l’Australia, George Orwell, i cui libri anti-imperialisti erano proibiti in India, fu invitato a fare il produttore per l’Indian Service della Bbc. Questa politica ad alto rischio, quale che sia stato il suo effetto per l’India, diede a Orwell la possibilità di creare buona parte dei generi della radio postbellica facendo il presentatore di notizie, lo scrittore di copioni, il curatore dei palinsesti, di notiziari, di documentari, commedie e riuscendo anche ad avere la partecipazione di importanti personaggi nazionali e internazionali nel campo dell’arte e del mondo accademico. La Open University organizzata da Jenny Lee, il focoso ministro delle Arti di Harold Wilson, che Orwell aveva conosciuto in Spagna e sposata con Nye Bevan, suo direttore al Tribune, si ispirò ai programmi di insegnamento a distanza ideati da Orwell. Nel frattempo, per lo sforzo di guerra della Bbc il fatto di avere il famoso anti-imperialista George Orwell che parlava direttamente all’India e all’estremo oriente era considerato una buona propaganda, che mostrava l’ampiezza del sostegno politico alla causa degli alleati. Gli fu accordata una ”ragionevole libertà di parola” e la possibilità di esprimere un punto di vista ”antifascista più che anti-imperialista” e di non dovere adeguarsi a qualsiasi posizione governativa con la quale non fosse d’accordo. Scrisse e produsse 232 trasmissioni. Soltanto Orwell poteva a) entusiasmarsi per il cibo offerto dalla mensa della Bbc e b) trasformare la Bbc nel ”1984” di Winston Smith. Tuttavia, la Bbc non avrebbe avuto alcuna difficoltà a riconoscere che Orwell era ”uno di noi”. Nel suo saggio su Dickens Orwell aveva scritto che ”tutto il suo messaggio a prima vista sembra un enorme luogo comune: se gli uomini si fossero comportati onestamente il mondo sarebbe stato onesto; ed era inutile cambiare le istituzioni se questo cambiamento non era accompagnato a un ”cambiamento del cuore’”. Orwell amplia questa posizione fino a un peana in onore dell’intero popolo inglese, mostrando un profondo amore per l’Inghilterra e per gli inglesi in ”The Lion and the Unicorn: Socialism and the English Genius”, che inizia con queste parole: ”Nel momento in cui scrivo, esseri umani estremamente civilizzati mi stanno volando sopra la testa per cercare di uccidermi”. Orwell accetta, malgrado la correttezza politica degli anni Trenta, che ”chiunque sia capace di guardare con i propri occhi sa perfettamente che il comportamento umano cambia moltissimo da un paese all’altro… ma provate a parlare con stranieri e a leggere libri o giornali stranieri, e sarete immediatamente riportati alla stessa forma di pensiero. C’è dunque qualcosa di distintivo e riconoscibile nella civiltà inglese. E’ in qualche modo legata con le nostre sostanziose colazioni e le grigie domeniche, le città fumose e le strade battute dal vento, i campi verdi e le cassette postali di colore rosso. Ha un suo specifico sapore. Per di più, è costante, si allunga nel futuro e nel passato; c’è qualcosa che vi rimane immutato, come in una creatura vivente. Che cosa può avere l’Inghilterra del 1940 in comune con l’Inghilterra del 1840? Allo stesso modo, che cosa abbiamo in comune con quel bambino di cinque anni di cui la vostra madre tiene la fotografia nella borsetta? Nulla, tranne il fatto che si tratta della stessa persona”. L’Inghilterra ”è una famiglia. Ha una lingua propria e ricordi comuni, e non appena si profila all’orizzonte un nemico serra i propri ranghi. Una famiglia con al comando i membri sbagliati”. Un altro suo saggio pubblicato nel 1940, ”Inside the Whale”, esamina il ruolo dello scrittore in guerra e, come lui stesso sperava, nella rivoluzione. A partire dal 1940 iniziò a collaborare per Horizon, la più importante rivista letteraria inglese, diretta da Connolly, e per la principale rivista americana di sinistra, Partisan Review. La moglie di Orwell, a partire dal 1942, iniziò a lavorare per il ministero dell’Alimentazione e scrisse opuscoli per insegnare come si potevano rendere appetitose le razioni. Orwell era stato presente alla morte di suo padre nel 1939: l’ultima cosa che il padre aveva letto era stata una favorevole recensione di ”Coming up for Air”. Nel 1942, sua madre, ormai sessantasettene, e sua sorella Avril andarono a vivere a Londra insieme agli Orwell per svolgere lavori di guerra: Ida come commessa a Selfridges e Avril in una fabbrica di lamiere metalliche. Il 9 per cento della popolazione inglese era sotto le armi e il 25 per cento impiegato nelle industria bellica. La vita alla Bbc offriva alcune gratifiche. Era piena di intellettuali di sinistra, e il suo stipendio di 640 sterline all’anno era quasi uguale a quello cui Orwell aveva rinunciato abbandonando il suo incarico di soprintendente della polizia imperiale nel 1927. Tuttavia, lavorava cinque giorni e mezzo alla settimana e aveva poco tempo per scrivere, anche se ne aveva abbastanza per intrecciare una storia d’amore con Inez Holden, che si riprese la sua vendetta facendo apparire un personaggio chiamato ”Orwell” in una trasmissione radiofonica, nonché con una collega giamaicana, Una Marson, e con la sua segretaria. La poetessa Stevie Smith, anche lei oggetto delle sue attenzioni amorose, lo inserì nel suo romanzo ”The Holiday” dividendolo in due personaggi: il primo un sadico e il secondo un omosessuale. David Astor, direttore dell’Observer, lo voleva come corrispondente di guerra nel Nord Africa, ma Orwell non godeva di sufficiente salute per prestare servizio attivo. Stremato dalla fatica di produrre e presentare dieci ore e mezzo di programmi radiofonici alla settimana, cui si aggiungeva il servizio per la Home Guard, e frustrato dal fatto che aveva la sensazione di sprecare il proprio tempo e i soldi dei contribuenti ”facendo lavori che non danno alcun risultato concreto”, nell’autunno del 1943 lasciò la Bbc e iniziò a fare il lavoro perfetto per lui, un lavoro ”che avrebbe lasciato un segno”, come direttore letterario del Tribune. Per lavorare ai suoi due nuovi romanzi e per le collaborazioni con l’ Observer e con il Manchester Evening News gli rimanevano soltanto tre giorni alla settimana. Il Tribune, il settimanale della sinistra radicale del partito laburista, era stato fondato dall’eroe di Orwell, il miliardario socialista e puritano Sir Stafford Cripps, che Orwell sperava avrebbe lasciato il governo per sfidare Churchill e mettersi alla guida di un governo rivoluzionario. Il suo direttore era Nye Bevan; dopo che Bevan nel 1945 divenne ministro della Sanità (e fondò il National Health Service), il suo posto fu preso da Michael Foot. Nella sua rubrica settimanale sul Tribune, intitolata ”As I Please”, Orwell attraversava i confini tra la critica letteraria e l’analisi politica, spesso irritando, ma anche stimolando, i lettori di sinistra del giornale. Comunque, ancora una volta, il Tribune sapeva perfettamente cosa aveva tra le mani, come mostra benissimo la sua conferenza del 1941 alla Fabian Society, dedicata al tema Culture and Democracy: ”La critica letteraria di sinistra non ha sbagliato a insistere sull’importanza della materia trattata. Forse, considerando l’epoca in cui viviamo, non ha sbagliato neppure a richiedere che la letteratura fosse innanzitutto e soprattutto propaganda. Ha invece sbagliato a mettere giudizi specificamente letterari al servizio di fini politici. Per fare un esempio concreto, quale comunista oserebbe affermare in pubblico che Trotzky è uno scrittore migliore di Stalin – il che naturalmente è verissimo? Dire ”X è uno scrittore di talento, ma è un nemico politico e quindi cercherò di fare tutto il possibile per tappargli la bocca’ è una cosa piuttosto innocua. Anche se si riesce a ridurlo al silenzio sotto la minaccia di una mitragliatrice non si commette un vero e proprio peccato contro l’intelletto. Il peccato mortale è dire ”X è un nemico politico; di conseguenza è uno scrittore mediocre’. Se qualcuno afferma che questo genere di cose non accade, ecco cosa gli rispondo: guarda le pagine letterarie della stampa di sinistra, dal New Chronicle fino al Labour Monthly, e vedrai cosa c’è scritto”. Per Orwell, T. S. Eliot era uno scrittore reazionario ma bravo. Infatti la lezione che Orwell aveva imparato dalla sua esperienza spagnola, già abbozzata in ”Looking Back on the Spanish War” (pubblicato nel 1942), fu sviluppata fino in fondo in ”1984”. ”Ho visto scrivere la storia non sulla base di quanto accaduto ma di quanto avrebbe dovuto accadere secondo le varie ”linee di partito’… Questo genere di cose mi terrorizza, perché mi dà spesso la sensazione che la stessa nozione di verità obiettiva sta scomparendo dal mondo. Dopo tutto, la probabilità è che queste menzogne, o almeno menzogne analoghe, passerrano come storia. Come sarà scritta la storia della guerra spagnola?”. In effetti, la Seconda guerra mondiale procedeva nel modo voluto dall’esuberante gallese Nye Bevan, il quale fu presto in condizione di istituire il suo servizio sanitario universale. Per lui ”il socialismo è ciò che fa un governo laburista”. Orwell era ancora un pessimista, e nel 1945 rifiutò l’offerta di un seggio laburista nel comune di Hampsted, e ormai si era reso conto che si poteva vincere la guerra senza scatenare una rivoluzione sociale. Non c’era stato un fascismo britannico né una rivoluzione britannica. Il Partito laburista, fondato come ala politica del sindacato, aveva in effetti bisogno del capitalismo per ottenere salari più alti. Jon Kimche, collega di Orwell al Tribune, ricordava riunioni di redazione in cui Bevan parlava entusiasticamente della nazionalizzazione delle industrie carbonifere e Orwell, ”vestito come un tipico intellettuale di sinistra, pur non essendolo affatto”, che si lamentava del fatto che era deprimente essersi liberati di Hitler per ritrovarsi con un mondo dominato da Stalin, dai miliardari americani e da un dittatore da quattro soldi come De Gaulle. (18. continua) Richard Newbury
• Gli uomini come maiali, la rivoluzione russa secondo George Orwell. Il Foglio 28 agosto 2007. Per quanto godesse di buona popolarità tra i finanziatori e i lettori del Tribune, Orwell si considerava un fallimento, il che, sul piano organizzativo, era probabilmente vero. ”Il fatto è che non sono capace a fare l’editore. Detesto fare programmazioni, ho un’incapacità fisica e psichica a rispondere alle lettere. Quello che faccio è aprire ora un cassetto ora un altro, trovandoli pieni di lettere e di manoscritti di cui avrei dovuto occuparmi, e subito li richiudo. Ho la tendenza ad accettare manoscritti di cui mi rendo conto che sono troppo brutti per essere stampati. E’ opinabile che chi abbia una lunga esperienza come giornalista possa diventare direttore di giornale. E’ come prendere un detenuto e farlo diventare direttore della prigione”. Ciononostante Orwell lavorava a spron battuto: oltre ai 232 articoli scritti per il Tribune, stava scrivendo anche ”Animal Farm”, aiutato da Eileen. Eileen aveva lasciato il suo lavoro al ministero dell’Alimentazione nel 1943; nel giugno 1944 adottarono un bambino che venne battezzato con il nome di Richard Oratio, anche se Eileen, esasperata dall’ennesimo tradimento, minacciò di lasciare Orwell. L’oggetto delle sue passioni era la segretaria del Tribune Sally McEwan. Orwell gradiva moltissimo le fatiche della paternità e dopo la morte di Eileen giunse ad ammettere che la presenza di un figlio lo aveva portato ad amarla ancora di più. Sebbene, com’è ovvio, non glielo disse mai, cosa di cui si pentì. Se un figlio era un sovvertimento gradito, la distruzione della sua casa, colpita da un doodle-bug (un razzo V1), non lo fu affatto. Se la salute di Orwell era malferma, e lui si rendeva conto di non aver molto tempo a disposizione per diventare un grande scrittore, Eileen affrontava stoicamente la propria malattia: un cancro, per il quale avrebbe dovuto sottoporsi a un’operazione di isterectomia. Sapeva che questo avrebbe potuto fermare le pratiche per l’adozione e quindi rinviò l’operazione. Eileen sapeva che Orwell odiava queste operazioni esattamente come detestava i contraccettivi (sebbene fosse sterile); pervasa da un desiderio di suicidio, pensava di ”non meritare la spesa” per un’operazione. Era contenta che Orwell si trovasse all’estero, perché ”vedere George visitare un malato è una cosa ancora più triste che vedere l’uomo più malato e disgraziato del mondo”. Il 29 marzo 1945, mentre Orwell era in Francia e Germania come inviato dell’Observer e del Manchester Evening News, Eileen si sottopose a un’operazione di isterectomia, sotto le mani di un chirurgo amico di suo fratello. Anche Orwell fu ricoverato per una polmonite. Eileen morì per un attacco cardiaco sotto anestesia. Orwell, imbottito di medicine, si precipitò in Inghiltterra. Doreen e Georges Kopp si presero cura di Richard, mentre Orwell terminò il suo lavoro di corrispondente di guerra. Da questo momento in poi, Orwell si mise disperatamente alla ricerca di una moglie, deciso a portare suo figlio a vivere in campagna. Dovette però tornare in Francia, Germania e Austria fino al giugno del 1945, quando fece sapere a Warburg che aveva scritto le prime pagine di ”1984”. Trovare una casa in campagna si dimostrò più facile che trovare una donna con la quale viverci. David Astor, direttore dell’Observer, aveva un amico che possedeva una casa sull’isola di Jura, nelle Ebridi, nelle quale Orwell si trasferì nell’aprile del 1946 insieme alla sorella Avril, prendendo sei mesi di ferie per iniziare a scrivere ”1984”. Rimase a Jura fino al dicembre del 1947, dopo che l’ottobre precedente, era stato costretto dalla malattia a lavorare a letto. ”1984” fu terminato nel novembre del 1948. Prima del suo trasferimento a Jura, comunque, dovette trovare un editore per ”Animal Farm”, romanzo scritto tra il novembre del 1943 e il febbraio del 1944, nel quale si scaglia contro l’alleato della Gran Bretagna, la Russia, e contro il suo leader ”Uncle Joe” Stalin. Nel momento più critico per questa alleanza e in un periodo in cui la carta era razionata, la pubblicazione di questo romanzo non era una priorità. Orwell si rifiutò di credere che fosse una coincidenza che venne pubblicato da Secker & Warburg in 4500 copie, uscendo proprio il giorno dopo la conclusione della guerra, il 17 agosto 1945. Esattamente come nel caso di Byron, Orwell divenne improvvisamente famoso. Si ritiene che fu Churchill a dare l’avvio alla guerra fredda, con il suo discorso sulla ”Cortina di Ferro”, pronunciato in Missouri nel 1946, al tempo considerato irresponsabilmente privo di gratitudine e guerrafondaio. In realtà, l’autore di ”Animal Farm” aveva già aperto le ostilità. Nel Regno Unito ne vennero vendute venticinquemila copie in cinque anni; negli Stati Uniti, 590.000 in quattro anni. Quando la regina Elisabetta mandò un messaggero alla casa editrice per procurarsene una copia, il libro era esaurito, e il messaggero fu costretto ad andare a comprarlo dal The Anarchist Bookshop, dell’anarchico e intimo amico di Orwell, George Woodcock. Orwell ribadì sempre che ”Animal Farm” non era stato concepito solo come una critica della Rivoluzione Russa. Il suo obiettivo è la rivoluzione in sé. ”Volevo che avesse un’applicazione più vasta, intendevo dimostrare che questo genere di rivoluzione (violenta e cospirativa, diretta da persone inconsapevolmente affamate di potere) può portare solo a un cambiamento di chi comanda. Le rivoluzioni portano ad autentici miglioramenti solo quando le masse sono vigili e sanno sbarazzarsi dei leader non appena questi hanno terminato il loro compito. Il punto di svolta della storia si ha quando i maiali decidono di appropriarsi del latte e delle mele (l’ammutinamento dei cantieri navali di Kronstadt). Se gli altri animali avessero saputo opporvisi con decisione, tutto sarebbe andato bene”. Sebbene la rivoluzione russa non sia ripresa alla lettera, molti episodi del romanzo sono ispirati ad essa. Marx, Stalin, Trotsky e il poeta Májakovskij sono riconoscibili tra i maiali, così come si riconoscono della rivoluzione di ottobre l’ammutinamento di Kronstadt nel 1921, la guerra civile, il trattato di Rapallo nel 1922, l’invasione tedesca della Russia nel 1941 e la Conferenza di Teheran nel 1944. Altrettanto riconoscibili sono le tre fasi del comunismo sovietico: collettivizzazione (1929-1933), purghe (1933-1938), riavvicinamento con la Germania nazista (1939-1941). Se in ”Animal Farm” i maiali Major-Marx, Napoleone-Stalin, Snowball-Trotsky e Squealer-Májakovskij rappresentano gli intellettuali detestati da Orwell, i cavalli da soma Boxer e Clover rappresentano gli operai specializzati, le pecore il proletariato ignorante, simili ai contadini che Orwell aveva visto in Spagna, che non sapevano a quale partito appartenevano. Il corvo rappresenta la Chiesa e l’asino Benjamin è lo stesso Orwell, osservatore ironico e spassionato. I cani sono il Kgb. Nei tre mesi precedenti lo scoppio della rivoluzione i maiali avevano imparato a leggere e scrivere, ed erano stati loro a incidere i Sette Comandamenti così definiti da Squealer: ”Tutti gli animali sono uguali, (ma alcuni animali sono più uguali degli altri). Quattro gambe vanno bene, due invece no (sì). Gli animali non devono bere (troppo). Nessun animale deve dormire nel letto (con le lenzuola)…”. Per prima cosa il latte e le mele vengono riservati per i maiali, dato che è ”dimostrato dalla scienza, compagni,” che fanno bene a chi lavora con la testa. Anzi, i maiali avevano il doveri di nutrirsi con essi. Poi i maiali smettono di fare lavori fisici. Infatti, essendo più intelligenti, non sono esattamente uguali agli altri e sono naturalmente destinati al comando. Le nuove tecnologie da loro introdotte servivano a loro ed erano loro a proporre e votare le decisioni politiche. Major aveva avvertito che il surplus produttivo destinato al commercio avrebbe portato alla schiavizzazione degli animali; ma prima Snowball e poi Napoleone sono a favore della tecnologia. Napoleone sabota la centrale elettrica di Snowball e, con l’aiuto dei piccioni, diffonde la rivoluzione nelle fattorie vicine. Napoleone costringe Snowball all’esilio, diventando il capro espiatorio di ogni ”sabotaggio”, provocato in realtà dall’incompetenza dei maiali. Se il signor Jones non aveva saputo curare la fattoria e talvolta era stato crudele, i maiali usano sistematicamente il terrore come mezzo di controllo sociale. In altre parole, il controllo della fattoria era passato dalle mani di un’élite sociale in quelle di un’élite politica; dopo avere cacciato il signor Jones, gli altri animali ”si rotolavano nel prato, mangiavano la dolce erba dell’estate, rivoltavano la nera terra con le zampe e ne sentivano il ricco profumo”, dimentichi del loro destino, lasciato nelle mani dell’uomo o dei maiali. La scena finale, con gli uomini che giocano a carte e bevono dentro la fattoria, mostra che sono sudditi di entrambi. ”Gli animali guardavano prima il maiale e poi l’uomo, poi di nuovo il maiale e poi ancora una volta l’uomo: ma ormai era impossibile dire chi era chi”. Nel 1944, al suo amico Arthur Koestler, convinto che i rivoluzionari cercassero di creare delle utopie, Orwell aveva scritto che ”forse la scelta che si pone all’uomo è sempre una scelta tra due mali; forse persino lo scopo del socialismo non è creare un luogo perfetto, ma semplicemente migliore. Tutte le rivoluzioni falliscono; ma non tutte sono dei fallimenti”. In altre parole: tutte le rivoluzioni sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre. (19 continua) Richard Newbury
• Far sembrare le menzogne vere, il linguaggio politico secondo Orwell. Il Foglio 29 agosto 2007. Se vuoi un quadro del futuro immaginati uno stivale piantato per sempre sul viso degli uomini”, dice a Winston Smith il suo interrogatore O’Brien in ”1984”. ”Il potere è un fine in se stesso. Le dittature non sorgono per difendere la rivoluzione. No, la rivoluzione viene fatta per imporre una dittatura”. ”Il potere sta nell’infliggere dolori e umiliazioni. Il potere sta nel frantumare la mente degli esseri umani e poi nel rimetterla insieme nella forma che più ti aggrada”. La storia di ”1984” si svolge dopo una guerra nucleare. Orwell scrisse che mentre il fucile era un’arma democratica (un soldato poteva uccidere un generale), la guerra nucleare richiedeva un enorme sacerdozio di tecnici e di superpotenze. Lavorando alla BBC, che trasmetteva i suoi programmi in tutti i continenti, Orwell, l’inventore dell’insegnamento a distanza, fu un visionario che seppe capire in anticipo gli effetti sociali delle nuove tecnologie di comunicazione e prevedere il nostro attuale mondo interattivo di Internet persino dalla sua ”isola deserta” di Jura, dove quest’estate David Cameron trasmetterà il filmato delle sue vacanze su Cameronweb.com. La chiave per le prossime elezioni starà nella capacità di conquistare il voto di coloro che votano per il Grande Fratello: i blog avranno un’importanza decisiva e la campagnia si giocherà on-line, molto più che sulla stampa o la televisione. ’Se semplifichi il tuo inglese … quando farai un’osservazione stupida, la sua stupidità apparirà ovvia, persino a te stesso. Il linguaggio della politica – e questo vale, con piccole differenze, per tutti i partiti, dai conservatori fino agli anarchici – è fatto apposta per far sembrare le menzogne vere e l’assassinio una cosa rispettabile, e per dare un’impressione di solidità al vento”, scrisse Orwell nel suo pioneristico saggio Politics and the English Language, pubblicato nel 1946. La verità conta perché, come leggiamo in ”1984”, ”Chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato”. ”La libertà significa la libertà di dire due più due uguale quattro. Se questo è concesso, tutto il resto viene da sé”. ”Non capisci che il vero obiettivo della Neolingua è quello di restringere il campo del pensiero? Alla fine non sarà più possibile commettere un crimine del pensiero, perché non ci saranno più parole per esprimerlo”. Fu proprio per impedire che questo accadesse che Orwell fornì ”una lista di giornalisti e scrittori che a mio giudizio sono dei criptocomunisti, e dei quali non ci si può fidare come propagandisti” all’Information Research Department del Foreign Office, diretto dalla cognata di Joestler, Celia Kirwan (sotto la guida dell’agente del KGB Guy Burgess!). In questa lista figurano il poeta Cecil Day, padre del celebre attore, gli attori Michael Redgrave e Orson Welles, i commediografi G. B. Shaw e Kinglsey Martin (’un liberale degenerato, estremamente disonesto”), nonché l’amante milionarie di Samuel Beckett, Nancy Cunard. Fino a quando Mitrokhin non rivelò che si trattava di un agente del KGB, nessuno ebbe mai alcun sospetto sull’ungherese Petr Smolka, naturalizzato con il nome di Peter Smollett, reclutato da Kim Philby. Nel 1941 Smollett riuscì a compiere il suo capolavoro diventando capo della propaganda per l’Unione Sovietica nel ministero britannico dell’Informazione. Fu proprio Smollett (poi diventato vicedirettore del Daily Express, che aveva una tiratura di quattro milioni di copie) a persuadere nel 1944 T. S. Eliot, direttore editoriale della casa editrice Faber & Faber, a non pubblicare ”Animal Farm”. Ernie Bevan, il capo dei sindacati di sinistra e ministro degli Esteri, creò nel 1984 l’Information Research Department con lo scopo di reclutare intellettuali affidabili per contrastare la propaganda sovietica. Orwell, il primo scrittore che osò paragonare Stalin a Hitler, scrisse le seguenti parole a proposito di ”1984”: ”La morale che si deve trarre da questa situazione da incubo è molto semplice: Non lasciare che accada. Dipende da te”. ’1984” è anche una lettera d’amore per la donna più desiderata nei circoli letterari di Londra e Parigi, Sonia Brownhill; infatti in ”1984” Julia, ”la ragazza del Dipartimento della Finzione nel Ministero della Verità”, è una copia perfetta di questa donna dal corpo minuto e i biondi capelli, grande bevitrice, nata nel 1918, che, insieme a Cyril Connolly e Peter Watson, dirigeva Horizon, il più importante mensile di arte nel decennio successivo al 1940. Prima della guerra era stata la ”Venere degli artisti di Euston Road” e l’amante di celebri intellettuali in esilio. Durante la sua collaborazione con Horizon, da Connolly imparò tutto sulla letteratura e da Watson sull’arte, e molto anche dal suo amante Lucien Freud e dal suo amico Francis Bacon. Dopo la liberazione, le tout Paris rimase di stucco nel vedere questa giovane donna – con l’aspetto di una star del cinema (Vivien Leigh era sua cugina) – lavorare come redattrice dell’equivalente inglese della rivista Les Temps modernes, diretta dal suo amico Jean-Paul Sartre. Il compagno di vita di Sonia era il grande rivale di Sartre, il filosofo Maurice Merleau-Ponty, allora non ancora quarantenne e professore all’Ecole Normale. Maurice poteva passare un’intera notte a fare l’amore e a discutere di rivoluzione, giustificando i campi di lavoro; ma nella Francia borghese e cattolica il divorzio era una cosa inimmaginabile. Sonia, provienente da una famiglia anglo-indiana caduta in bancarotta, cresciuta in un convento dove aveva ricevuto un’educazione che detestava così tanto che quando vedeva una suora sputava per terra, era tuttavia una donna affascinata dalle idee assolute ed era mossa dal desiderio di diventare una sorta di angelo tutelare. Orwell, oppresso dai sensi di colpa e visceralmente anticattolico, lo comprendeva perfettamente. Per entrambi il cattolicesimo era come il comunismo, una forma di totalitarismo. ”Era molto giovane – pensava – e si attendeva ancora qualcosa dalla vita… Non avrebbe potuto accettare come legge di natura che l’individuo rimanesse sempre sconfitto… Tutto ciò che serviva era fortuna, astuzia e coraggio. Non comprendeva che la felicità non esiste”, scrive Orwell/Winston a proposito di Sonia/Julia. Di Orwell Sonia scrisse che era una persona ”interessata alle idee, realmente convinta che i comportamenti degli uomini fossero governati da queste; da ciò deriva la sua incapacità di avere normali relazioni con le donne, che non gli insegnarono mai nulla e lo lasciarono sempre disorientato e ferito”. ’Ho 39 anni. Ho le vene varicose. Porto la dentiera”, dice Winston a Julia facendole la proposta di matrimonio, esattamente come Orwell disse a Sonia ”Non sono un granché – anzi, un vero rottame – ma non sarò geloso se avrai degli amanti, e potresti trovare interessante essere la vedova di uno scrittore. Cosa più importante, c’è la possibilità di un po’ di soldi con i diritti d’autore”. Dopo essere stata abbandonata da Maurice, Sonia, alla seconda richiesta, accettò la proposta di matrimonio di George, ora ricoverato in un ospedale di Londra. Il matrimonio fu celebrato dal cappellano anglicano dell’ospedale, con una licenza speciale concessa dall’arcivescovo di Canterbury. ”I matrimoni sul letto di morte sono una cosa rara”, disse scherzosamente Sonia. Ma invece lo sposo, appena quarantasettenne, morì quattordici settimane dopo di tubercolosi polmonare. ”Quando mi sposò, George sapeva perfettamente che cosa stava portandosi a casa. Sapeva che sarei stata al piano terra a bere vino; ma sapeva anche che al momento giusto sarei arrivata con qualche cibo delizioso, mentre lui mi attendeva con il suo pigiama a strisce. Le ragioni per cui George mi ha sposato sono chiare; le ragioni per cui io l’ho sposato non lo sono altrettanto”. Comunque, di tutti i suoi innumerovoli spasimanti, Orwell fu l’unico a comprendere la sua disperata solitudine. Forse non riuscì a prolungargli la vita come avevano entrambi sperato; ma ha in effetti mantenuto in vita la sua curando l’edizione delle sue opere. La ”correttezza”, per Orwell la virtù politica fondamentale, a suo giudizio posseduta dal proletariato come in una sorta di Sermone della Montagna, era per lui una dottrina cristiana senza dogmi. Orwell, un ateo dichiarato, specificò nel proprio testamento di volere essere sepolto secondo il rito prescritto dal libro di preghiera anglicano (e non con la consueta cremazione). Così il funerale di George Orwell fu celebrato nella Christ Church di Albany Street a Londra; ma la sua sepoltura, disposta dal suo amico miliardario David Astor (direttore e proprietario dell’Observer), si trova nel cortile della chiesa di Sutton Courtenat, nella valle del Tamigi, con una lapide sulla quale è scritto: Eric A. Blair, 1903-1950. Per convincere le autorità ecclesiastiche locali ad accettare la sepoltura di questo ateo dichiarato nel cortile della loro chiesa, il parroco gli diede da leggere ”Animal Farm”. ”George morì lo stesso giono in cui morì Lenin, e fu sepolto dagli Astor, il che sembra comprendere tutto il percorso della sua vita”: ecco l’epitaffio orwelliano del suo amico Malcolm Muggeridge. (20. fine) Richard Newbury