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 2005  settembre 10 Sabato calendario

I migliori anni della nostra vita

• Conoscenza. "Editoria è conoscenza degli uomini" (Giulio Einaudi).
• Conoscenze. "Dopo dieci anni mi conoscono tutti" (Giulio Einaudi).
• Lattes. Ebreo per parte di padre, durante il fascismo aveva assunto il cognome della madre, da cui il soprannome dei suoi studenti dell’Università di Siena ”Lattes di lunga conversazione”.
• Silenzio. Italo Calvino era noto per essere uno di poche parole. Tanto che Jorge Luis Borges, ormai cieco, avvertito della sua presenza in un incontro con alcuni amici a Siviglia, rispose: "L’ho riconosciuto dal silenzio".
• Carciofi. Invitato a intervenire a un incontro a Corfù per l’assegnazione del Prix International de Littérature, conteso da Gadda e Nabokov (infine vinto dal primo), Italo Calvino se la cavò definendo lo scrittore italiano un carciofo di cui si possono staccare le foglie senza fine.
• Funerali. Durante il funerale di Gadda a Santa Maria del Popolo tutti sentirono risuonare le monetine infilate nell’impianto di illuminazione a pagamento da Giulio Einaudi, che si era alzato per andare a vedere i dipinti di Caravaggio. Quando morì Pier Antonio Quarantotti Gambini, invece, l’Editore, in piedi davanti alla bara del defunto, non riuscì a trattenersi dal fare un commento malizioso su una corona di fiori inviata da Jacqueline Sassard, su cui l’attrice aveva fatto scrivere "La sua Jacqueline": "Hai visto? C’è scritto la ”sua” Jacqueline, non la ”tua”. Questo vuol dire che era Pier Antonio a considerarla sua, non lei. Altrimenti avrebbe scritto ”tua”".
• Cinici. "Cinico io? Sì, nel senso che ho sempre pensato che nessuno è indispensabile" (Giulio Einaudi).
• Scrivere. "Per me scrivere è una cosa allegra" (Leonardo Sciascia).
• Scrivere. "Per me scrivere è una cosa allegra" (Leonardo Sciascia).
• Divari. "Esiste una storia della felicità di Pavese, d’una felicità nel cuore della tristezza, d’una felicità che nasce con la stessa spinta dell’approfondirsi del dolore, fin che il divario è tanto forte che il faticoso equilibrio si spezza" (Italo Calvino).
• Suicidi. Tra Cesare pavese e Giulio Einaudi non correva buon sangue. Ancora dieci anni dopo il suicidio dello scrittore, l’editore diceva: "In fondo se l’era cercata".
• Confessori. "Un cattolico credente e praticante ascolta tutti, e in particolare i peccatori. Questo non vuol dire che sia complice del peccatore" (Giulio Einaudi a proposito dell’assoluzione in primo grado di Andreotti dall’accusa di concorso in associazione mafiosa).
• Metà. A Montanelli piaceva raccontare di quella volta che il padre dell’Editore, Luigi Einaudi, al tempo presidente della Repubblica, lo aveva invitato a pranzo al Quirinale e, tagliata una pera in due, gli chiese: "Ne vuole metà?".
• Telegrammi. "Respingo tua lettera perché formalistica ostinatamente chiusa intelligenza fatti et carente humour stop minaccia finale contraria regole leale litigio tra amici stop puoi fare di meglio se scendi da cavallo" (telegramma di Einaudi a Calvino, 1° dicembre 1970).
• Diritti. Italo Calvino era un gran lavoratore, per lui il lavoro era la giustificazione dell’esistenza: "Il diritto di vivere ce lo si deve guadagnare duramente e molte persone che conosco non hanno nessun diritto di vivere, io stesso non sono mica sicuro di avere questo diritto. Me lo devo dimostrare, e non sempre ci riesco. Mi sento un uomo in più, in una terra sovrappopolata".
• Sessantottini. "Cerchiamo che fin dall’infanzia i giovani di domani non siano come quelli del ’68, in rottura con tutto e con tutti, ma in realtà in rottura con se stessi, senza alcun retroterra su cui poggiare i piedi per spiccare un concreto salto in avanti, Era mancanza di cultura e di fantasia, e i veri rivoluzionari - lo sappiamo - non sono privi né dell’una né dell’altra" (Daniele Ponchiroli, capo redattore all’Einaudi, nel 1976).
• Critiche. "Veniva a casa tua, cominciava a dire: ma com’è orrendo ’sto cuscino, che schifo quel quadro, ma ’sto caffè è imbevibile" (Carlo Fruttero, ricordando l’Editore).
• Espedienti. Quando Italo Calvino spiegò al consiglio della casa editrice la struttura di Se una notte d’inverno un viaggiatore, summa di dieci romanzi, ognuno di genere diverso, causata, nella finzione, dalla casuale mescolanza dei fogli di bozza esposti al vento, Giulio Einaudi non capì che si trattava di un espediente narrativo e non si capacitava che un simile incidente potesse essere capitato al suo collaboratore più meticoloso.
• Riunioni. L’Editore esigeva dai suoi collaboratori totale abnegazione, e denunciava le mancanze pubblicamente: "Vorrei rimproverare Calvino che non è qui. Tiene più alla sua famiglia che a questa riunione" (luglio 1972).
• Serietà. Giulio Einaudi, disapprovando alcune operazioni editoriali rivolte soprattutto al mondo accademico, convocò apposta una riunione: "Non dobbiamo dimenticare che esiste una cultura fatta da persone un po’ estrose, capricciose. Oggi di matti ce ne sono pochi, e se ne sente la mancanza. A questo pensavo, qualcosa al di fuori di questa benemerita serietà che domina la casa editrice" (dal verbale del 28 giugno 1976).