Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
L’ignoranza
• Sofferenza. "In greco ”ritorno” si dice ”nòstos”. ”Algos” significa ”sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza dal desiderio inappagato di ritornare".
• Añoranza. «In spagnolo, ”añoranza” viene dal verbo ”añorar” (’provare nostalgia”), che viene dal catalano ”eñyorar”, a sua volta derivato dal latino ”ignorare”. Alla luce di questa etimologia, appare come la sofferenza dell’ignoranza. Tu sei lontano, e io non so cosa succeede laggiù».
• Venti anni lontano da Itaca. «L’Odissea, l’epopea fondatrice della nostalgia, è nata agli albori dell’antica cultura greca. Va sottolineato: Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico. Partì (senza grande piacere) per la guerra di Troia e vi rimase dieci anni. Poi si affrettò a tornare alla natia Itaca, ma gli intrighi degli dèi prolungarono il suo periplo, dapprima di tre anni pieni dei più bizzarri avvenimenti, poi di altri sette, che trascorse, ostaggio e amante, presso la dea Calipso, la quale, innamorata, non lo lasciava andar via».
• Il ritorno di Ulisse. «Senza svegliarlo, i marinai di Feacia adagiarono Ulisse avvolto nei lini sulla spiaggia di Itaca, ai piedi di un ulivo, e se ne andarono. Fu questa la fine del viaggio. Ulisse dormiva, esausto. Quando si svegliò non sapeva dov’era. Poi Atena disperse la nebbia dai suoi occhi e fu l’ebbrezza; l’ebbrezza del Grande Ritorno; l’estasi del noto; la musica che fece vibrare l’aria fra la terra e il cielo: vide l’insenatura che conosceva sin dall’infanzia, i due monti che la sovrastavano, e carezzò il vecchio ulivo per assicurarsi che fosse ancora quello di vent’anni prima».
• Negli anni Cinquanta e Sessanta. «Negli anni Cinquanta e Sessanta, un esule dei paesi comunisti non era molto amato; all’epoca i francesi ritenevano che l’unico vero male fosse il fascismo: Hitler, Mussolini, la Spagna di Franco, le dittature dell’America latina. Solo gradualmente, verso la fine degli anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta, si sono decisi a concepire anche il comunismo come un male, sia pure di grado inferiore: il male numero due, per così dire».
• Parigi negli occhi. «Guardò a lungo i tetti, la diversità dei camini dalle forme capricciose, quella flora parigina che aveva da tempo sostituito ai suoi occhi il verde dei giardini cechi, e si rese conto di quanto fosse felice in quella città».
• Rivoluzioni. «In Europa il comunismo si estinse esattamente ducento anni dopo che era divampata la fiamma della rivoluzione francese».
• Nausea e oblio. «Gli esuli riuniti in colonie di compatrioti si raccontavano fino alla nausea le stesse storie, che diventavano in tal modo indimenticabili».
• Punti di vista. «E poi: tutti pensano che ce ne siamo andati per una vita facile. Non sanno quanto sia difficile conquistarsi un piccolo spazio in un mondo estraneo».
• Paure. «La polizia comunista controllava le lettere indirizzate agli esuli, e forse avevano paure a scrivergli».
• Scope. «Prima di partire, aveva cercato di immaginare il faccia a faccia con i luoghi conosciuti, con la sua vita di un tempo, e si era chiesto: mi commuoverò? rimarrò indifferente? mi sentirò allegro? depresso? Niente di tutto questo. Durante la sua assenza, un’invisibile scopa era passata sul paesaggio della sua giovinezza, cancellando tutto ciò che gli era famigliare».
• Restituzione. «Dopo il 1989, tutte le proprietà confiscate dallo Stato all’epoca della rivoluzione (fabbriche, alberghi, case, campi, boschi) erano tornate agli antichi proprietari (o, più precisamente, ai loro figli o nipoti); è la procedura chiamata "restituzione": era sufficiente che qualcuno dichiarasse davanti a un giudice di essere il proprietario e, allo scadere di un anno durante il quale la rivendicazione poteva essere impugnata, la restituzione diventava irrevocabile».
• 1968. «Nell’agosto del 1968, l’esercito russo aveva invaso il paese; per un’intera settimana le strade di ogni città avevano urlato di rabbia. Mai il paese era stato sino a quel punto patria, né i cechi sino a quel punto cechi».
• Abitudini. «La vita che ci siamo lasciati alle spalle ha la pessima abitudine di uscire dall’ombra, di lamentarsi di noi, di metterci sotto processo».
• Risvegli. «Assopita e negletta nel periodo del comunismo, Praga si ridestò sotto i suoi occhi, si popolò di turisti, si illuminò di negozi e nuovi ristoranti, si adornò di case barocche restaurate e dipinte».
• Paradossi turistici. «Franz Kafka (il quale, benché in quella città fosse stato sempre infelice, ne era diventato, grazie alle agenzie di viaggi, il santo patrono)».
• Tubercolotici. «Passando davanti alla vetrina di un negozio di souvenir, vede una t-shirt con la faccia cupa di un tubercolotico e la scritta in inglese: "Kafka was born in Prague". Questa t-shirt così magnificamente idiota» (da L’ignoranza, di Milan Kundera).
• Romanticismo. «Tutti i grandi poeti romantici erano, oltre che grandi patrioti, grandi bevitori».
• Piccola borghesia. «Vista dalla zona dove sta passeggiando, Praga è un’ampia fascia verde di placidi quartieri, con stradine fiancheggiate da alberi. a questa Praga che è affezionata, non a quella sontuosa, del centro; a questa Praga nata sul finire del secolo scorso, la Praga della piccola borghesia».
• Passioni. «I cechi amavano la patria non perché gloriosa ma perché ignota; non perché era grande ma perché era piccola e continuamente in pericolo».
• L’ignoranza non possiede quel tocco felice delle prime opere kunderiane ma certo rispetto alle ultime rappresenta un libro più riuscito. Tra divagazioni su esilio e condizione dell’esule si snoda la vicenda di Josef e Irena, che si sono conosciuti in aeroporto diretti a Praga dopo vent’anni di lontananza. Dipandandosi, la vicenda acquista i tratti universali di una riflessione sul tempo e la memoria.
Milan Kundera è nato a Brno, capoluogo della Moravia, poi si è trasferito a Praga, in Boemia, e quindi all’estero, dopo l’invasione del ’68 da parte delle truppe del patto di Varsavia. stato prioprio un romanzo su questo tragico evento per la storia ceca, L’irresistibile leggerezza dell’essere, a dargli fama mondiale e a farne un autore best seller, anche grazie al film di Kaufman con Juliette Binoche e Daniel Day Lewis nella parte dei protagonisti. Vive a Parigi, non concede interviste. Scrive ormai in francese ma i suoi ultimi libri non sono amati quanto i primi né dal pubblico né dalla critica.