Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Segreti della cucina russa
• La zakuska è uno spuntino che i russi consumano bevendo grandi quantità di superalcolici, preferibilmente vodka, ma anche cognac georgiano, alcol puro o distillati fatti in casa (il vino è riservato alle donne, la birra, considerata come la limonata, si beve dopo la sbornia). Le zakuski più diffuse sono aringhe con patate calde, cetriolini e funghi sottaceto, crauti, salsicce, prosciutto affumicato o cotto, insalate. Non sono indispensabili caviale e gamberetti, che comunque vanno sempre serviti al naturale su fettine di pane. Talvolta si servono pietanze speciali come l’anguria sotto sale, molto in voga lungo il Don o nella parte bassa del Volga, dove crescono i migliori cocomeri della Russia
• La vypivka è una via di mezzo tra un’allegra bevuta e una seria sbornia, che invece in russo si chiama p’janka. I brindisi hanno un ruolo fondamentale nel convivio: una vypivka senza brindisi non è altro che una p’janka.
• «Brindiamo alle nostre bare. Che siano costruite con solide assi di quercia secolare. Quercia che ho piantato oggi all’alba in occasione del nostro incontro!»
• Il termine vodka deriva dallo slavo voda che significa acqua e si può tradurre con ”acquetta”. Le vodke comuni in media hanno 40°, ma quelle siberiane non scendono sotto i 56°.
• A tavola i russi si divertono ad inventare fantasiosi brindisi, indetti dal portavoce della serata, il tomada, che decide anche se passare o meno la parola a uno dei convitati. Ogni bicchiere di vodka dev’essere almeno sto gramm, ossia cento grammi (cioè un centilitro). Al primo brindisi si salutano i partecipanti e si vuota il bicchiere d’un sol sorso, cioè do dna, fino in fondo. Poi si serve lo zakuska più semplice: pezzetti di pane cosparsi di sale.
• I russi, come quasi tutti i popoli slavi, usano accogliere gli ospiti offrendo loro pane e sale su un fazzoletto bianco ricamato. Dai termini chleb, pane, e sol’, sale, deriva il vocabolo chlebsol’stvo, che vuol dire ospitalità. Significa che persino nelle famiglie più povere, quelle costrette a cibarsi solo di pane e sale, l’ospite è il benvenuto. Gli ospiti devono tagliare o rompere un pezzo di pane, intingerlo nel sale e mangiarlo.
• In Russia la cena vera e propria inizia quando gli ospiti sono già sazi dopo le zakuski. A quel punto tutti respirano profondamente e poi esclamano ”Pausa!”. A quel punto parte la vera abbuffata: si inizia con la zuppa, poi si passa al piatto forte e infine arriva il secondo. Quindi si fa una pausa finché non viene servito il tè che chiude la serata.
• I russi mangiano preferibilmente pane nero, ossia il pane di segale lievitato. Il pane è l’alimento più importante in assoluto: accompagna ogni piatto e viene sempre servito in abbondanza. Non c’è banchetto che non sia accompagnato da una bella pila di fette di pane nero. Aleksndr Puskin diceva: «E’ dura la vita per un russo a Parigi; non ha nulla da mangiare, e non c’è pane nero». In Russia esistono tuttavia altri tipi di pane: i panini di farina di frumento si chiamano bulki, termine che deriva dal francese boulanger, ossia fornaio. L’altro tipo di pane bianco è il kalac, cioè il ”pane con sale”, conSiderato un vera leccornia. Per dire che uno resiste a ogni tentazione i russi dicono: «Quello lì non lo incanti nemmeno con un kalac».
• Non esiste festa russa senza pirog, ossia ”torta”, ”pasticcio”. Sono delle torte di sfoglia, ripiene di carne macinata e cipolle, fritte nel burro o nell’olio, oppure cotte al forno. Un detto russo dice: «Senza pirog al festeggiato non rimane che nascondersi sotto il tavolo!». Tempo fa era comune festeggiare chi compiva gli anni rompendogli uno speciale pirog, farcito soprattutto d’uvetta, in testa. Se il ripieno gli colava sui capelli, gli ospiti lo festeggiavano augurandogli una vita altrettanto bagnata da tanto oro e argento.
• La regina delle zuppe russe è lo sci, la minestra di cavolo. E’ talmente diffusa che un tempo ogni zuppa o minestra veniva chiamata sci.
• «A un congresso del Partito Breznev riceve un biglietto con la domanda: ’Leonid Il’ic! Perché nei negozi non si trova la carne?’ ’Compagni! - risponde Breznev – Stiamo marciando a grandi passi verso il comunismo e, a questa velocità, le vacche non riescono a starci dietro’ª
• Il filetto alla Strogonov o Stroganoff porta il nome del diplomatico russo conte Grigorij Aleksandrovic Strogonov, vissuto nel 18mo secolo. Membro di una delle famiglie più ricche di Russia, dopo aver perso tutto i denti, non potendo più mangiare bistecche e non amando le polpette, chiese ai suoi cuochi una ricetta che gli permettesse di non rinunciare alla carne.
• Stalingrado, sul Volga, prima della Rivoluzione d’Ottobre si chiamava Zaryzin. Benché nella acque del fiume non se ne pescassero, era il più importante centro di smercio delle aringhe di tutto l’Impero. I mercanti si riunivano sul porto fluviale della città, da cui barili di aringhe sotto sale partivano per la Turchia, la Romania, la Grecia, la Germania, l’Austria, la Gran Bretagna e la Francia.
• Brindisi: «E’ notte, tutto tace, splende la luna... Un uomo e una donna... lui chiede: - Si? Lei risponde: - No. Passano molti anni... è notte, tutto tace, splende la luna. Di nuovo l’uomo e la donna. Lei dice: -Si. Lui dice: - Si. Ma a quel punto, dopo così tanti anni, troppe cose erano cambiate. Beviamo, dunque, affinché tutto accada al momento giusto!ª
• Brindisi: «Con questo bicchierino, e dunque con tanto più sentimento, brindiamo alla salute di coloro che Dio ha condotto qui da noi. Il buon Dio sa sempre come fare del bene. Prendete quel vecchio che in punto di morte chiede a Dio: Signore santissimo, fammi vivere ancora un po’. E quanto vuoi vivere, chiede Dio. Finché saranno cresciute le foglie su quell’albero. E’ troppo. Beh, allora finché matureranno le mele dell’albero. No, è troppo. Ti farò vivere tanti anni quanti sono i tuoi amici. Ma io non ho amici, disse afflitto il vecchio. Brindiamo, dunque, agli amici affinché siano più numerosi delle foglie di un albero».
• Brindisi (georgiano): «Una fanciulla va al ruscello con la brocca a prendere acqua. Giunta al torrente, si bagna leggermente i piedi. Prova piacere, ma anche il ruscello prova piacere. Avanza ancora un po’ fino a bagnarsi le caviglie. Per entrambi è sempre più gradevole. Altri due passi e si bagna i polpacci. Ora è persino eccitante. Poco alla volta l’acqua le arriva pima alle ginocchia e poi alle cosce, ostringendola così a sollevare la gonna. Brindiamo, dunque, a questa bella prospettiva!ª
• Brindisi: «Alziamo il bicchiere e beviamo alla perla della creazione: la donna. Un giorno l’uomo si presentò all’Onnipotente e lo pregò di creare la donna. Il signore afferrò delictamente un raggio di sole, prese un pizzico della malinconia della luna, della sensibilità di una cerva, dello sguardo mite di un capriolo, della mansuetudine di una colomba, della bellezza di un cigno, della morbidezza delle piume, della leggerezza dell’aria e della freschezza di una fonte. Affinché la creatura non incorporasse troppa dolcezza, prese un pizzico della volubilità del vento, della; loquacità della gazza, del pianto delle nubi e un po’ del terrore che incutono tuoni e fulmini. Da questo miscuglio nacque il miracolo divino: la donna. Il signore le soffiò l’alito della vita e disse all’uomo: tieni e tormentati! Brindiamo, dunque, all’eterno tormento e alla perfetta misura!ª
• Brindisi: «La contadina Masa sta scavando una buca in giardino quando urta contro qualcosa. Scava, scava finché appare un grande baule. Lo apre con tutte le sue forze e trova un bellissimo giovane faraone che, però, è morto. Masa si rattrista e piange lacrime amare. Alcune cadono sul volto dell’incantevole giovane e accade un miracolo. Il faraone apre gli occhi e dice: - Oh, meravigliosa fanciulla! Come posso ringraziarti per le tue lacrime? Confusa, Masa non sa cosa rispondere. Allora egli le porge un uovo tinto chiede: - Vuoi che esaudisca dieci desideri? Devi solo dirmi quali. – Perché dieci? – ribatte Masa arrossendo in viso. – Meglio uno e per dieci volte... Così fu ma, alla settima volta, il faraone stramazzò a terra morto. Brindiamo, dunque, alla contadina Masa che, con la sua ingenuità, ha impedito il ritorno della schiavitù in Russia!ª
• Brindisi: «Alziamo i bicchieri per brindare al nostro segretario del partito. Non beviamo perché viaggia in limouine. Anche noi, d’altronde, non andiamo al lavoro a piedi. Non beviamo nemmeno perché ha fatto costruire per sé e per il suo clan una villa dotata di tutti i comfort occidentali. Anche noi, d’altronde, abbiamo un tetto dove stare. Non beviamo nemmeno perché mantiene una nuova amante. Nessuno di noi è un santo. Ma beviamo alla salute del segretario perché è un vero comunista!ª
• Vista la scarsità delle merci, le casalinghe russe sono maestre nell’arte d’arrangiarsi. «In Russia tutto è diverso dalla Francia – commentò una volta un’amica francese – Nei negozi parigini trovi tutto ma poi, alle cene da amici, il cibo è sempre carente. A Mosca, invece, le botteghe sono vuote eppure, quando ricevi un invito a casa di russi, non riesci più ad alzarti da tavola».
• I pel’meni sono una sorta di ravioli di pasta sfoglia chiamati anche ”orecchiette di pane”. Vengono bolliti e conditi con varie salse. Secondo la tradizione, li portarono in Russia i Cosacchi, al tempo delle prime incursioni negli Urali. Il nome deriva dal termine pel’mjan, che nella lingua della tribù dei Komi significa orecchio. Nel 1879 il poeta Blinov compose in loro onore un’ode, firmandosi con lo pseudonimo ”il Siberiano”. Di solito le famiglie preparano grandi scorte di pel’meni, facendosi aiutare da amici e vicini di casa. Una volta pronti, vengono messi fuori casa perché congelino e si possano conservare o portare in viaggio.