Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
ìE intanto facciamo le cornaî
• «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male» (Eduardo De Filippo).
• Jettatori. Si racconta che Ferdinando I di Borbone, convinto che il canonico De Jorio fosse un potente jettatore, si rifiutò sempre di riceverlo. Il 3 gennaio del 1825, dovendo presentargli un manoscritto, il prelato riuscì a incontrarlo per pochi minuti. Il sovrano, che per tutto il tempo strinse nervoso un cornetto di corallo nella mano, morì il mattino dopo per un colpo apoplettico.
• Cappello. Anticamente, quando un prete andava al capezzale di un moribondo, era solito poggiare il copricapo sul letto. Di qui, la convinzione che il cappello sul letto o sul cuscino sia di cattivo augurio.
• Capelli. Un tempo, per scongiurare la calvizie, i bolognesi seppellivano ciuffi di capelli arruffati ai piedi di un albero robusto (finché la pianta restava in vita, la loro capigliatura sarebbe rimasta folta).
• In alcune cittadine americane, ordinanze municipali impongono ai padroni di gatti neri di appendere, ogni venerdì tredici, campanellini al loro collare (i passanti, riconoscendo il tintinnìo, hanno il tempo di cambiare strada).
• Tredici. Il 29 febbraio del 1968, il presidente americano Johnson, il ministro della difesa McNamara e altri politici (in tutto tredici) rimasero bloccati in un ascensore che portava il numero tredici, per tredici minuti. Sul ”Mistral”, treno rapido Parigi-Costa Azzurra non esiste il vagone numero 13, ma il 12 bis. Marat, il duca di Berry e lo zar Alessandro III furono pugnalati il giorno 13. Napoleone partì per la campagna di Russia un venerdì 13.
• Previsioni. Il compositore austriaco Arnold Schönberg, convinto di morire a settantasei anni (la somma di sette e sei dà tredici), morì proprio il giorno del suo settantaseiesimo compleanno, un venerdì 13, tredici minuti prima della mezzanotte.
• Vixi. Motivo per cui si crede che il diciassette porti jella: anagrammando il numero romano XVII viene fuori VIXI (vissi, dunque sono morto).
• Presidenti. Secondo gli americani, un presidente eletto in un anno bisestile che termina con il numero zero è destinato a morire prima della fine del suo mandato. Sono morti ancora in carica: William Harrison (eletto nel 1840), Abraham Lincoln (1860), James Garfield (1880), William McKinley (1900), Warren Harding (1920), Franklin Roosevelt (1940), John Kennedy (1960).
• Violette. Wanda Osiris, convinta che il viola le portasse sfortuna, si faceva confezionare mazzi di violette di altri colori.
• Scala. Convinto che il triangolo fosse un simbolo divino, Pitagora impediva ai suoi discepoli di camminare sotto a una scala: avrebbero profanato l’immagine triangolare formata dal pavimento, dalla scala e dalla parete su cui era poggiata. Di qui, la convinzione che passarci sotto porti male.
• Comete. Secondo alcuni storici, Carlo V abdicò e si ritirò nel monastero di San Giusto perché impaurito dal passaggio della cometa del 1556 (che da allora porta il suo nome).
• Pantofole. In quasi tutt’Italia, si credeva che le ragazze avrebbero trovato marito solo se, gettata una pantofola per le scale nel giorno di Capodanno, questa fosse caduta con la punta rivolta verso l’uscio.
• Calze. A Siena, quando una donna indossa calze con un elastico troppo stretto, è segno che l’amato la sta pensando. Se il collant è troppo lento, che è all’osteria a ubriacarsi.
• Ragni. Nel Settecento, si credeva che un ragno vivo, messo in un guscio di noce o in un sacchetto di tela, appeso al collo con una cordicella, fosse un buon rimedio per itterizia, pertosse e febbre.
• Rigore. Quella volta che il portiere della Nazionale italiana Enrico Albertosi, prima di un calcio di rigore, si tolse il cappellino, ci sputò sopra recitando alcune parole (mai rivelate), lo gettò a terra calpestandolo, se lo rimise in testa e riuscì a parare il tiro.
• Sputi. Alla prima rappresentazione della ”Elisabeth” di Bruckner, il caratterista Werner Krauss pregò un suo collega di sputargli cortesemente addosso per tre volte.
• Natiche. Nel nord d’Italia, per allontanare la jella, le donne usano darsi tre colpettini sul sedere. Di qui, la convinzione che le natiche siano un porta fortuna e l’esclamazione "che culo!".
• Jectatura. Antico rituale per scongiurare la sfortuna: toccarsi il testicolo sinistro con la mano destra, strappare alcuni peli del pube, recitando ad alta voce: «Terque, quaterque, testiculis tacti, extirpatio pili, non est praegiuditium, sed contra jectatura valet!» ("Tre o quattro volte, toccarsi i testicoli, strappare i peli, non è un pregiudizio, ma vale contro la jettatura!").
• Capelli. In antichità, per scongiurare la calvizie, i bolognesi seppellivano ciuffi di capelli arruffati ai piedi di un albero robusto, convinti che la loro capigliatura sarebbe rimasta folta, finché la pianta restava in vita. Nei paesi alpini, si crede che per farli crescere in fretta bisogna tagliarli il sesto o il diciassettesimo giorno di luna nuova, quando il sole è nella costellazione dei Pesci o della Vergine.
• Napoleone. Secondo un racconto di Benjamin Constant, Napoleone Bonaparte, rotto lo specchio appeso sopra il ritratto della moglie, non ebbe pace fino al rientro del corriere che aveva spedito in Francia per assicurarsi che Giuseppina stesse bene.
• Matrimoni. Secondo una superstizione diffusa nel Nord d’Italia, il primo degli sposi che spegne la luce, durante la prima notte di nozze, sarà anche il primo dei due a morire (per evitare il cattivo presagio, i coniugi la spengono insieme). Anticamente, quando si usavano ancora lumi e candele, si aspettava che si spegnessero da soli e si andava a letto al buio.