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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Viaggio nella Trump Tower

Per accedere alla parte residenziale del Trump Tower, il grattacielo di 58 piani costruito dal neopresidente degli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta a New York, bisogna passare diversi controlli di sicurezza. L’area intorno al palazzo è transennata, e per attraversarla è necessario sottoporsi al metal detector al centro della strada chiusa.
Da quando il proprietario dell’edificio sede del quartier generale della Trump Organization è diventato presidente, l’area è stata messa in sicurezza dal governo e circa 150 agenti – tra polizia e agenti privati – sostano a ogni angolo tra la 38esima e la 58esima strada per controllare la situazione. I ristoranti una volta frequentati dai turisti sono diventati la loro mensa, condivisa con qualche inquilino e dipendente in pausa. Nessuno sa per quanto tempo si andrà avanti così. Un addetto agli ascensori ipotizza come data il 20 gennaio, quando l’inquilino dell’attico di tre piani si trasferirà alla Casa Bianca. «Alcuni sono arrabbiati per le nuove misure di sicurezza, per non parlare del fatto che il personale in più lo paghiamo noi», racconta George G. Lombardi, imprenditore immobiliare di origini italiane che condivide con Trump il domicilio e parecchie idee politiche. Lombardi ci porta nel suo appartamento, al 63esimo piano del palazzo. La confusione rispetto ai piani del grattacielo dipende dal fatto che Trump ha costruito appartamenti dove non avrebbe potuto, e così ufficialmente risultano dieci piani in più che fanno lievitare i costi.
L’appartamento di Lombardi, fondatore di diversi gruppi su Facebook dedicati a Trump, ha un’estetica simile a quello del miliardario: il velluto, l’oro e l’argento e la grande vetrata su Manhattan. Ci sono molte foto di Donald Trump, oltre che di George W. Bush e Rudolph Giuliani. La cucina è piccola, come quasi tutte quelle del condominio: una scelta di Trump, dato che – come dichiarò in un’intervista nel 1984 – chi abita lì non ha certo bisogno di cucinare. In effetti è difficile immaginare ex inquilini come Ronaldo, Michael Jackson e Bruce Willis mentre preparano una grande cena casalinga. Lombardi racconta che la sera delle elezioni gli inquilini hanno organizzato un party privato per festeggiare Trump. Non tutti hanno partecipato. Di fatto, se è vero che la maggioranza del grattacielo sostiene il miliardario (e Lombardi ci tiene a sottolineare che ci sono diversi inquilini, soprattutto indiani, «molto più ricchi di lui»), esiste anche qualche oppositore.
Una la incontriamo nella palestra del complesso. In tv scorrono le immagini del primo incontro tra Trump e il presidente Obama, e l’esaltato personal trainer di origine asiatica non riesce a convincerla della meraviglia di quell’incontro. Lombardi, «amico di Trump da trenta anni», racconta che qualche anno fa un inquilino ha venduto il suo appartamento di 4 milioni per uno di meno pur di andare via. «In generale però – rassicura – qui c’è molto consenso verso il presidente». Qualche impiegato del palazzo fa battute sulla situazione, incolpando Lombardi di aver contribuito a trasformare con il suo voto il 725 della 5th Avenue in una prigione.
Dalla parte residenziale, caratterizzata da lunghi corridoi e luci molto basse, si passa a quella commerciale, dove al secondo piano c’è uno Starbucks con una foto incorniciata e autografata di Ivanka Trump che sorseggia il suo drink preferito. I commessi, che sbadigliano mentre osservano ripetutamente l’orologio, non sanno con precisione quale sia ma sospettano possa essere il mochalatte con il succo di lampone.
Al Grille, il ristorante a piano terra dove anche la rete per il wifi si chiama Donald Trump, una impiegata in fila per il pranzo si lascia scappare un «unbelievable», incredibile, alla battuta del «grattacielo del presidente» di un collega. Quando è stato costruito (stando al New York Times con il contributo di molti immigrati irregolari), era l’unico grattacielo della Quinta Strada e in teoria non avrebbe potuto estendersi così tanto. Ma la doppia destinazione privata-commerciale fu l’escamotage che consentì a The Donald di realizzare il suo obiettivo. Chi avrebbe mai detto che quella presidenziale si sarebbe aggiunta trenta anni dopo.