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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

In Giappone non esistono parolacce, il peggior insulto è baka, che significa stupido

• In Giappone non esistono parolacce, il peggior insulto è baka, che significa stupido.
• I giapponesi quando si presentano enunciano prima l’organizzazione alla quale appartengono poi il loro nome.
• In Giappone ogni tipo di pioggia ha un nome preciso.
• In Giappone la televisione e la stampa annunciano ogni giorno in Autunno, il progredire dell’arrossamento della foglie sugli alberi e in Primavera, quello della fioritura dei ciliegi. Le padrone di casa cambiano piatti e vasellami da tavola a seconda delle stagioni: si seguono le sfumature del verde dell’erba oltre che quello del giallo delle foglie.
• Un sociologo giapponese: «Ci piace sentirci leggeri, sottili, corti, piccoli».
• La frittura dorata, dalla tempura alla cotoletta, non va mai servita su piatto bianco: la doratura del cibo risalta soltanto se questo viene presentato su un piatto scuro e opaco, grigio asfalto o, meglio, marrone. I giapponesi adorano il marrone perché, dicono, è una tonalità luminosa che è passata dal rosso al giallo attraverso l’arancione, si è annerita e ha perso fulgore senza annerirsi del tutto.
• I kamikaze salivano sul loro aereo-bara per andare a schiantarsi, bomba umana, contro una portaeri americana, o per inabissarsi in mare. Avevano carburante solo per l’andata; se mancavano il bersaglio non c’era possibilità di ritorno.
• Secondo Hunihiro Narumi essendo l’arte (gei) della geisha più partecipatoria che orientata all’esibizione, l’abilità era usata per fare uscire allo scoperto il cliente, aiutarlo a divertirsi, il karaoke può essere pensato come ’geisha elettrica’ nel senso che raduna le persone e le aiuta a comunicare.
• La geisha deve essere giapponese purosangue e deve studiare almeno cinque anni per diventare una ”persona dell’arte”, nei suoi compiti professionali: cantare, suonare strumenti tradizionali, saper fare giochi di società come la morra cinese o l’origami, imparare l’arte di parlare per doppi sensi con allusioni al sesso, ma mai esplicite, tanto per stuzzicare un po’. Sorseggiare il vino con gli ospiti che intrattiene per la serata senza mangiare, a meno che uno di loro non la costringa porgendole con le sue bacchette dei bocconcini. Possono concedersi a un ospite, ma solo se credono, hanno voglia, se conviene loro. Una vera geisha non muore mai, elegantemente si – dissolve”.
• Le punizioni nelle scuole sono corporali: schiaffi, calci, bacchettate. Il regolamento interno di alcune scuole pretende che i ragazzi puniti ringrazino l’insegnante con le dovute buone maniere.
• Secondo lo psichiatra Takeo Doi la personalità tipica giapponese si spiega con il concetto di AMAE, sostantivo che sta a indicare il sentimento che il bambino prova quando è attaccato al seno della madre, un sentimento di dolce dipendenza e di totale abbandono, misto alla paura che un giorno o l’altro questo stato di grazia si scontrerà con la realtà.
• A Tokio c’è un quartiere dove si vendono cibi finti da esposizione.
• La vera mappa di Tokio non è quella della città in superficie, ma la mappa delle linee della metropolitana.Se si chiede a qualcuno dove abita, ti risponde che sta a cinque, dieci, venti minuti di strada dalla tale o talaltra stazione della metropolitana. Le vie non hanno nomi e numeri (utilizzati solo per recapiti postali), si distinguono per essere vicine a edifici (biru) conosciuti, per il resto ci si muove con le mappe. Alcuni hanno la mappa di dove abitano stampata sul biglietto da visita , insieme ai loro impieghi e le loro caratteristiche principali.
• In un liceo di Nara, per regolamento, le gonne delle ragazze devono avere ventiquattro pieghe, per i ragazzi sono contemplate diciassette larghezze per i pantaloni, a seconda del bacino, mentre i passanti della cinghia devono essere o sette o otto. I ragazzi, pulendo a turno corridoi, bagni, palestre, devono osservare un silenzio assoluto. Nei corridoi è proibito correre e gli studenti devono essere presenti in aula cinquantanove secondi dopo che è stato dato l’annuncio. I ragazzi e le ragazze dello stesso istituto non possono uscire da soli, ma con uno chaperon e non devono frequentare locali pubblici di divertimento.Ogni settimana le autorità scolastiche indicano quali film e quali programmi televisivi i ragazzi possono vedere.
• Le impiegate di Tokio hanno l’obbligo di partecipare ai funerali aziendali vestite completamente di nero. Al collo un filo di perle tutte dello stesso diametro.
• Il comportamento da tenere in occasione dei funerali aziendali è regolato da speciali prontuari: più dolente se i rapporti tra azienda e defunto erano frequenti, meno se erano invece saltuari. Per i fiori c’è un preciso tariffario: corona da ventimila a trentamila yen per defunto di una società con la quale l’azienda che partecipa al lutto intrattiene rapporti una volta al mese, da cinquantamila a settantamila yen se invece i contatti sono settimanali e così via.
• Esistono negozi e distributori automatici di mutandine da ragazza non lavate. Ogni paio di mutandine è corredato da un cartellino vergato a mano con calligrafia infantile delle legittime proprietarie, le quali scrivono: «Questo paio di mutandine è stato indossato per due giorni di seguito da Fumiko, quattordici anni, studentessa alla scuola media XY. E’ tuo per ottomila yen».
• Il collare antibau: oggetto per graziosi cagnolini (sono tutti da grembo i cani che piacciono ai giapponesi) dotato di un congegno con microchip che poggia proprio sulla gola della bestiola, all’altezza delle corde vocali. Se la bestiola tenta di esprimersi abbaiando, viene subito colpita da una scarica elettrica.
• I water closet giapponesi sono elettronici, il solo sforzo che ti tocca è di ”farla”, e poi di abbandonarti agli zampilli di acqua tiepida e profumata che ti nettano davanti e dietro, non hai nemmeno bisogno di asciugarti con la carta: soffi d’aria anatomicamente direzionati si prendono cura di te proprio nell’intimo.
• Trama di ”Quel Giorno” telenovela giapponese. In casa della famiglia Sato (padre, madre e due bambini, la femmina di dieci anni, il maschio di sei) dominano i computer. I due bambini non parlano mai, comunicano solo tramite computer. Il padre non c’è, è sempre al lavoro. La madre, vorrebbe affetto, ma nessuno la considera. Un giorno i figli le chiedono, sempre via computer : «Ci vuoi bene? Si o No?». La madre pensando di essere finalmente riuscita a comunicare con i figli risponde di si. I due: «Per dimostrarcelo, risolvi questo quiz». La mamma prova senza riuscirci e sul computer appare la scritta: «Soggetto dal quoziente intellettuale inferiore». Disperata si da al bere, diventa alcolizzata, spacca tutti i computer. La figlia si decide, allora a dire: «Scusaci se ti abbiamo trascurato». La donna pensa di aver agito per il meglio, si sente un’altra, comincia una nuova vita. Dopo qualche giorno la bambina le fa un regalino: una bottiglia di whisky; le dice, anche: «Su, bevine un goccio». Cambia inquadratura la mamma è per terra svenuta. La bambina, allora rivolta al fratello: «Visto che ho vinto io la scommessa? Tu eri convinto che non avrebbe più bevuto. Ora devi comprare, con i tuoi risparmi, l’impianto nuovo d el computer».
• Cose che fanno battere il cuore dal piacere (annotate sul diario della dama di corte giapponese Shei Shonagon nell’anno Mille): «Lavarsi i capelli, fare il bagno, infilarsi una vestaglia profumata anche quando non c’è nessuno che ti vede». Cose rare: «Un genero lodato dal suocero, una pinzetta d’argento che strappa bene i peli, una persona senza manie». Cose che procurano felicità: «Leggere il primo volume di un romanzo che non conoscevamo e riuscire poi a scovare l’attesissimo secondo volume».
• Suoni onomatopeici nei manga (i fumetti giapponesi): il silenzio assoluto è shiin, il rumore di qualcuno che mangia spaghetti di soia con il risucchio è suru-suru, il gocciolio del latte nella tazzina da caffè suron-suron. Shubo è lo scatto di un accendisigari, po il rossore sulle gote di una ragazzina. Un pene che si inturgida fa biin.
• I ”love hotel”, frequentati ogni anno da sessanta milioni di giapponesi (innamorati, amanti, prostitute e clienti) espongono nell’atrio le foto delle stanze. Per ognuna un tema: amore da fiaba, viaggio esotico, castello con fantasmi, picnic sull’erba, gita in montagna. Al ”Love Hotel Venice” i letti sono grandi gondole che ondeggiano lievemente. Su ogni letto un gondoliere di cartapesta chino ad osservare le evoluzioni della coppia, sul soffitto un filmato che mostra le meraviglie di Venezia, in sottofondo musica di Albinoni alternata a note di tarantella (ritenuta dai giapponesi un ballo tipicamente veneziano).
• Lettera di un kamikaze di 17 anni, morto il 20 aprile del 1945: «Cara madre, com’è dolce la primavera per me da quando so che cadrò puro come un fiore di ciliegio. So che piangerai, ma cerca di capire che la mia morte è per il bene. Ti ringrazio per avermi messo al mondo maschio. Se fossi nato ragazza non avrei mai potuto godere del privilegio di offrire la mia giovane vita all’Imperatore...».