Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Memorie scritte da lui medesimo
• Primo orgasmo (con la giovane Bettina). «Una mattina venne accanto al mio letto per portarmi un paio di calze bianche fatte da lei. Dopo avermi pettinato, mi disse che doveva provarmi personalmente le calze per vedere i difetti e regolarsi quando ne avesse fatte delle altre. Mentre m’infilava le calze, mi disse che avevo le cosce sporche e, senza chiedermene il permesso, si accinse a lavarmele. Poiché non volevo farle vedere che mi vergognavo, la lasciai fare, senza prevedere ciò che sarebbe successo. Bettina, seduta sul letto, spinse troppo oltre lo zelo per la pulizia, e la sua curiosità mi procurò un piacere così vivo che cessò solo quando ebbe raggiunto il culmine» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Incontro con la madre. «In quel periodo mia madre tornò da Pietroburgo, dove l’imperatrice Anna Ivanovna non aveva trovato molto divertente la commedia italiana. Tutta la compagnia era già tornata in Italia e mia madre aveva fatto il viaggio con l’Arlecchino Carlino Bettinazzi, che morì a Parigi nel 1783» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Studente universitario a Padova. «A quei tempi, gli studenti di Padova godevano grandi privilegi. Erano abusi divenuti legali col passare del tempo. Sta di fatto che, per mantenere vivi i loro privilegi, gli studenti commettevano spesso dei delitti. I colpevoli non venivano puniti con severità, perché si temeva che un eccessivo rigore potesse far diminuire l’affluenza degli studenti che accorrevano a questa celebre università da tutta l’Europa» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• La cortigiana Giulietta. «Giulietta debuttò sulle scene di Vienna, e la sua bellezza le fruttò quei consensi che il suo talento, men che mediocre, non le avrebbe mai potuto procurare. Ma poiché la folla degli adoratori che andava a sacrificare al bell’idolo cresceva di settimana in settimana, l’augusta Maria Teresa ritenne di non tollerare questo nuovo culto nella sua capitale e fece ingiungere alla bella attrice di lasciar Vienna» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Espulsioni e successo. A quei tempi, per sminuire una donna di spettacolo, si diceva che non era nemmeno stata cacciata da Vienna (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Novellini. «Ancora novellino, provavo avversione per le donne sposate, ero tanto balordo da essere geloso dei loro mariti» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Vergini. «La sorella era graziosa ma cominciavo ad avere paura delle vergini: erano troppo impegnative» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Fatalismo. «Abbandonati a ciò che la sorte ti offre a meno che tu non senta una invincibile ripugnanza a farlo» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Gioventù e camminate. «Ero robusto e in buona salute, ma cinque ore di marcia furono sufficienti per mettermi a terra, perché da bambino non avevo mai fatto una lega a piedi. Bisognerebbe sempre abituare i giovani a camminare» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• In Calabria. «Contemplavo stupito un paese rinomato per la sua fertilità nel quale, malgrado la prodigalità della natura, vedevo soltanto gli aspetti più deprimenti della miseria, la mancanza assoluta di quel piacevole superfluo che rende la vita sopportabile» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Amore. «L’amore è il più furbo degli dèi: la contrarietà sembra il suo elemento; ma, poiché esso mira alla soddisfazione delle creature che gli dedicano un culto devoto, nel momento in cui tutto sembra perduto il piccolo cieco chiaroveggente manda ogni cosa a buon fine» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Innamoramento. «Quando si è innamorati, basta un niente per essere ridotti alla disperazione o per toccare il cielo con un dito» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Bellezza e fascino. «Non ero bello, ma avevo quel certo fascino che conta più della bellezza» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• L’arte del dono. «Non è difficile dare quando si hanno i mezzi, ma saper dare è un’arte che non tutti conoscono» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Su Roma. «Non esiste città cattolica in cui ci si preoccupi meno della religione» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Viene scacciato da Roma. «Dove sarei andato? Mi sembrava impossibile trovare una risposta a questa domanda. Ci pensai tutta la notte e tutta la mattina, ma inutilmente: dopo Roma, ogni luogo mi sembrava indifferente» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Bellino si chiamava in realtà Teresa. Si trattava di una ragazza con grandi doti di canto che si era sostituita a un castrato, morto in tenera età, e in pratica era stata adottata dalla sua famiglia. Con una protesi riusciva a passare gli esami dei preti che avevano il compito di esaminare il sesso dei castrati per evitare che fossero donne e otteneva il permesso di cantare. Infatti alle donne era vietato, nello Stato Pontificio, di calcare le scene. Casanova la smascherò ed ella proseguì la carriera in città dove poteva esibirsi senza restrizioni, come Bologna e Napoli (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• «Bellino sembrava impegnato a fami dimenticare le mie pene e a saziare la passione che le sue grazie mi avevano ispirato. Quanto a me, il godimento che le procuravo raddoppiava il mio: il piacere della donna ha sempre rappresentato per me i quattro quinti del mio piacere» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Gusti. «Bisogna diffidare dei propri gusti» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Un prete. «Nel momento culminante della tempesta, si era messo sul ponte e, con il libro di preghiere in mano, esorcizzava i diavoli che credeva di vedere nelle nuvole e che indicava ai marinai» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Libertinaggio in Turchia. «I turchi osservanti biasimano i libertini, ma non li perseguitano. Non c’è inquisizione in Turchia. Coloro che non osservano i precetti della religione, dicono, saranno abbastanza infelici nell’altra vita perché vi sia obbligo di farli soffrire in questa» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Ismail. «Una mattina ordinai al mio giannizzero di accompagnarmi da Ismail Effendi, perché volevo pranzare con lui come gli avevo promesso. Mi fece un’ottima accoglienza, e poi m’invitò a fare una passeggiata in un giardinetto, dal quale passammo in un padiglione di riposo, dove gli vennero certi desideri che non trovai di mio gusto e che dovetti fargli passare alzandomi bruscamente [...]. Quando vidi il conte di Boneval, gli raccontai questo fatterello, ed egli mi spiegò che, secondo le usanze turche, Isamil aveva voluto darmi una grande prova d’amicizia» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Masturbazione. «Un uomo in buona salute e senza una moglie deve assolutamente masturbarsi quando la natura gliene impone la necessità» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Si dimette dall’esercito. «Costretto a trovarmi un mestiere che mi desse da vivere, scelsi quello del giocatore di professione; però madonna Fortuna fu di parere contrario, perché mi abbandonò fin dai primi passi, e otto giorni dopo mi ritrovai senza il becco d’un quattrino. Che fare? Dovevo pur vivere; perciò diventai suonatore di violino» (Casanova, "Memorie scritte da lui medesimo").
• Le memorie di questo volume arrivano fino all’età di vent’anni, quando Casanova abbandona la carriera religiosa per quella militare. Primi orgasmi e delusioni amorose, accoppiamenti rocamboleschi con una schiava greca dal balcone di un lazareto e con una donna sposata su una carrozza mentre imperversa il temporale, storie a tre con giovani vergini, perfino un’ambigua vicenda con un castrato (che si rivelerà poi essere una ragazza travestita da maschio per cantare nello Stato Pontificio) e infine un tentativo di seduzione da parte di un signore turco, che forse, nonostante le reticenze dell’autore, ebbe buon esito.
Giacomo Casanova nasce a Venezia il 2 aprile del 1725 da attori. Il vero padre è probabilmente un nobile, Michele Grimani, il cui fratello, un abate, si prenderà cura delle sorti di Giacomo che di fatto rimane orfano (la madre calca le scene di mezz’Europa perché alla morte del marito non ha di che vivere). Avviato alla carriera ecclesiastica, potrebbe farsi una posizione senza rinunciare alle inclinazioni libertine ma il temperamento ribelle lo porta a una vita randagia e piena di avventure. Più di un potente lo prende sotto la sua protezione, ma lui si va sempre a cacciare nei guai. Fa mille mestieri, anche di prestigio, in varie città italiane e straniere. Clamorosi la fuga dalla prigione veneziana dei Piombi e il duello vittorioso a Varsavia col nobile Branicki. Trova infine rifugio presso il conte Waldstein, in Boemia, nel castello di Dux, dove è tuttora sepolto. Lì, mentre svolge mansioni di bibliotecario, scrive le Memorie, solidissimo riscatto letterario di una vita incostante e volubile.