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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Quei favolosi anni da cani

• A proposito del feto. «Duecentosettanta lunghi giorni che un ragazzo intelligente di orientamento umanistico è obbligato a trascorrere come una ballerina di nuoto sincronizzato in ritiro prima delle Olimpiadi. Duecentosettanta giorni senza un libro decente».
• Infanzia. «Mi amavano per il solo fatto che esistevo. Dove sono finiti quei bei tempi» (Michal Viewegh, Quei favolosi anni da cani, Mondadori).
• Importanza. «Tutto è importante. Ma niente lo è poi così tanto».
• Piccoli movimenti del polso. «Sai che non riesco a sopportare l’idea che, mentre passo accanto a un’auto che viaggia in senso contrario, a separarmi dalla morte certa è solo un unico piccolo movimento del polso. Il problema è tutto qui. Qualche centimetro ed è la fine».
• Umorismo pre invasione. Durante la Primavera di Praga il ministro riformista dell’economia Ota Sik fece scrivere sulla sua porta ”Vendita delle indulgenze per gli errori economici”.
• A proposito dell’invasione. «La nonna ha precisato che non era stata un’invasione ma un pogrom contro i turisti».
• Scherzi assurdi. «Quando si è fatto buio mamma mi ha detto che la vita con papà le ricordava sempre di più tutti quegli scherzi assurdi che si fanno l’ultima notte alla fine delle colonie».
• Amanita pantherina. «Il processo di estraniamento tra di noi cresce con la velocità di un’amanita pantherina dopo un acquazzone».
• Organi e scambi. «Oggi alla scuola materna ho rinunciato alla merendina e l’ho ceduta a Jaruska Mackova. In cambio, durante il riposo pomeridiano, lei mi ha fatto vedere i suoi organi genitali».
• Rifiuti infantili. «Mi rifiuto di crescere in un’atmosfera del genere!».
• Nebbie. «Lentamente stava finendo ottobre, il fiume era pieno di foglie, e di mattina in mattina dalla superficie dell’acqua saliva una nebbia sempre più fredda».
• Color rosso. «Ho capito che per diffondere la verità bisogna essere maliziosi. Questi sono i tempi. Loro sono il nostro nemico, e contro il nemico dobbiamo adoperare una tattica, altrimenti non facciamo che comportarci come tanti Don Chisciotte. Tutti gli esseri viventi sopravvivono adattandosi all’ambiente che li circonda. Tutto questo colore rosso non è altro che mimetismo».
• Corsi. «Mi sono iscritto all’università serale di marxismo-leninismo».
• Chilometri. «Solo che Kvido, nel suo ipercriticismo adolescenziale, si rifiutava di riconoscere anche verità tanto evidenti e certificate dalla vita, tipo che la felicità dell’uomo è direttamente proporzionale alla lunghezza dei suoi viaggi di lavoro espressa in chilometri».
• Sixty-Eight Publishers. Jan Skvorecky, nato nel ’24, famoso scrittore ceco della generazione degli anni Sessanta, emigrò nel 1969 in Canada, a Toronto, dove fondò la casa editrice Sixty-Eight Publishers, che pubblicava in ceco gli autori proibiti in patria. La casa editrice fu chiusa nel 1993, quando era arrivata alla cifra di 223 libri, compreso tutto Kundera.
• Salomé. Karel Kryl, cantante di protesta, divenne anch’egli proibito dopo l’invasione sovietica ma si poté ascoltare in dischi che circolavano clandestinamente. Tra le sue canzoni Salomé.
• Lampioncini. La sera precedente il primo maggio si svolgeva un corteo accompagnato dalla banda in cui i bambini portavano dei piccoli lampioncini colorati.
• Talento innato. «Capiva che evidentemente, per il lavoro con il legno, gli mancava quel talento innato che non si può apprendere».
• Fobie. «A me non dà fastidio che una donna abbia paura dei cani, dei ragni o dei topi, ma non sopporto che interpreti la cosa come un pregio».
• Tinozze e mari. «Di sera, quando prendeva in mano qualche bella novella o qualche romanzo, si sentiva come un pesce ributtato in mare da una tinozza. Allora si stiracchiava con voluttà».
• Soubrette. «Avrei potuto fare la bella vita e amare le soubrette dei teatri».
• Calci di rigore. «Iniziava a capire la responsabilità di chi sta per tirare un calcio di rigore, cosa di cui gli aveva parlato il padre».
• Basi. «La base autobiografica è il punto di vista meno interessante dal quale leggere un libro».
• Lezioni. «Questa nostra fede slava nella Russia! Ci possiamo bruciare cento volte, ma non impareremo mai».
• La Primavera di Praga, l’invasione sovietica, la ”normalizzazione” imposta da Mosca: ovvero Quei favolosi anni da cani. Già nel titolo si evince lo spirito di questo best seller boemo, un amarcord agrodolce (stile Ti ricordi di Dolly Bell, il film di Emir Kusturica sugli anni Sessanta a Sarajevo) senza nostalgie né rancori. Pieno di humour, dote che mai mancata ai cechi, evoca un’epoca, vista, però, dal lato di chi allora era ancora bambino. Michal Viewegh è nato a Praga nel 1962. cresciuto in provincia e ha studiato letteratura nell’università della capitale. Come molti intellettuali suoi connazionali, ha fatto un po’ mille mestieri, prima per le difficoltà di tipo politico, dovute al comunismo, poi per quelle economiche, dovute alla difficile transizione verso il capitalismo. Con questo romanzo ha vinto il premio Orten nel 1992.