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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Parigi o cara

• La valigia di Arbasino. «Il capo redattore di Esprit, Jacques Thibaud, era mio compagno di seminario a Harvard due anni fa, nel ’59: e quando ci hanno aperto le valigie alla dogana, la mia era piena di camicie, la sua di libri».
• Figli. «Ho due bambini che vengono su, e non si lasciano insegnare niente da me. Credono solo alla loro maestra» (Henry Miller).
• Stilisti. «Perché io sono uno stilista, solo questo... Mi importa soltanto lo stile, dunque mi interessa solo il colore... Del resto, dal romanzo non c’è più nulla da imparare» (Louis-Ferdinand Céline).
• Tessuti. «Se fosse un tessuto Barthes sarebbe un cashmere».
• Goldoni e le vedove indiane scatenate. «Ma se dovessi fare un film normale, allora tornerei volentieri in India. C’è ancora tanto da vedere e da fare là: è un paese stupendo, pieno di fascino, mi ha profondamente preso. E poi in questo momento m’interessa la questione del matrimonio, e penso a una commedia in costume su questo tema. Un Goldoni indiano... mi spiego? Una serva padrona, una vedova scaltra... Per fare del Goldoni autentico, adesso, veramente bisogna andare fino in India... Quella società in maschera... Quelle vedove velatissime... e scatenate... Non è vero che le bruciano, fanno tutto quello che vogliono... chiaro?» (Jean Renoir).
• Registi. «Prima di tutto, non si tiene mai conto abbastanza del fatto che un regista non è libero di fare i film come li vuole» (Jean Renoir).
• Primo Maggio a Parigi. «Il Primo Maggio è antipatico uscire: la campagna è piena di persone e in città non si riesce a trovare un mezzo di trasporto» (Gabriel Marcel, filosofo parigino).
• Sul Canada. «Una provincia grande come quattro volte la Francia. E tutta nelle mani di un solo potente, che si vale di un clero asservito quale strumento di dominio» (Gabriel Marcel, filosofo parigino).
• Salotti di sinistra. «Quel che sorprende maggiormente alle riunioni di questa specie è il sentimento di acre ostilità verso tutto ciò che è americano: anche sotto l’occupazione sarà stato così? Non ricordano mai che se non furono schiacciati fra Hitler e Stalin lo devono in gran parte a Roosvelt?».
• Speranze. «Nessuno più antifascista di me. Però spero nell’uomo forte» (Marcel Mauriac).
• Impero o campanilismo. «Qui bisogna rifare l’Impero, sennò si va a finir male. Avete visto in Algeria, quante brutte storie? Vedrete cosa vi dico, oggi si rivolta l’Algeria, domani sarà la Bretagna, dopodomani la Provenza... Ecco la necessità degli Imperi: se si vuole la pace, l’Impero, unito, è l’unico rimedio... Altrimenti, lo vedrete se non è vero, qui si va verso la guerra dei campanili, e Chaminadour dichiara la guerra a Limoges e a Poitiers» (Jouhandeau, scrittore).
• Luna storta. Cafard, in francese, è un modo per dire luna storta, malumore.
• Merde molle. «E saranno poi divertenti queste lezioni di Lacan sulla merde molle?».
• L’Express. Negli anni ’50, in piena crisi d’Algeria, il quotidiano l’Express, diretto da Servan-Schreiber, si trasforma in settimanale per motivi politici. La situazione è confusa e in redazione dicono che hanno voluto adottare ritmi più lenti e riflessivi e abbandonare l’approccio militante e partigiano. Altri sostengono che l’Express non ha pubblicità sufficiente per stare in piedi come quotidiano.
• Bagni. Nei bagni dietro la redazione di Arte-Spectacles tutto è rimasto come ai tempi in cui ci andavano i Grandi Ammiragli, quelli descritti nel libro Les Enfants du Paradis. Gli ammiragli lasciavano le divise decorate al guardaroba, tra i gatti, e poi entravano in sauna a sedersi su negri sdraiati. Il prefetto della Senna intimò loro di tenere un contegno meno "malprope".
• Vecchie pazze. «Anche all’Opéra, si sente solo parlare di litigi e dissapori, e pasticci d’ogni risma, fra le vecchie pazze... E non solo querelles ma querele».
• La prova del dito. «E quindi, riecco l’insegnamento fondamentale di Pietro Sharoff: ove un’attrice russa sostenga d’essere stata protagonista con Stanislavskij, sempre controllare il dito. Se si mantiene ricurvo, è anchilosato a causa dei tanti orinali portati avanti e indietro con realismo, in ruoli di serva».
• Quarta Repubblica. «Si sa bene che la Quarta Repubblica aveva tutti i difetti del parlamentarismo anarchico. Ed era fatale che l’Impero francese poi si sbriciolasse e andasse perduto proprio a causa delle colpe di quel regime. Ma il paradosso di oggi è che tutta l’attività degli ultras algerini e dell’esercito tendeva a portare De Gaulle al potere perché lui impedisse di fare ciò che la Quarta Repubblica sembrava fare, cioè una specie di liquidazione dei territori extra-europei... E invece hanno appunto favorito questa liquidazione» (Raymond Aron).
• Monarchia e Quinta Repubblica. «Che forma istituzionale ha la Francia, oggi?» «Ma è chiaro! Si tratta di una monarchia costituzionale, in cui il monarca viene eletto in due turni!» (Raymond Aron).
• Posterità e letteratura. «Ma la letteratura dei best-sellers, naturalmente, non dà nessuna idea di ciò che potrà rimanere come esempio tipico nella letteratura della nostra epoca». (Marcel Péju, capo redattore di Le temps modernes).
• Massima protestante. «Life is no picnic».
• Su De Gaulle. «E il genio ha sempre una parte di banalità» (Marcel Mauriac).
• Miller vecchio. «Sotto questo bel cielo brillante ed elegante della Costa in maggio, fra i vialetti e le palme di un magnifico albergo agli inizi della collina, Henry Miller passeggia cautamente in giacca blu e camicia a grandi scacchi grigi, cravatta rossa di foulard, gilet di velluto a coste color mostarda, nel profumo acutissimo dei gelsomini: vecchietto magro e cortese. Antico ribelle, capofila della bohème espatriata a Parigi».
• America ed Europa. « curiosa questa specie di amore per gli Stati Uniti, questa imitazione affettiva da parte dei paesi sconfitti. vero, è vero, gli americani non si sono comportati da vincitori prepotenti o cattivi. Però non basta. E quindi mi sembra eccessivo chiamare americanismo questo fenomeno... In realtà si tratta di un’attrazione per la modernità in genere; ed è nell’aria, è nella forza delle cose. Gli Stati Uniti c’entrano solo per caso, perché producono certi lavabiancheria o aspirapolvere o altri apparecchi» (Henry Miller).
• Lolita. «E Lolita, del resto, non l’ho neanche letto. Non mi interessano niente, poi, questi libri di successo» (Henry Miller).
• Parigi o cara è una raccolta di brevi scritti che risalgono agli anni ’50 e ’60, tra crisi algerina e Rive Gauche. Alla maniera di Arbasino, spaziano dai locali loschi di Pigalle all’Opéra, dal balletto alla sfilata dei parà del 14 luglio. Notazioni meteorologiche un po’ casalinga di Voghera un po’ conversario british, e incontri con protagonisti della vita intellettuale. Aron, Mauriac, Miller, Renoir, solo per citarne alcuni. Alberto Arbasino è nato settantadue anni fa a Voghera. Lì ha conosciuto il partigiano, ex alpino, Italo Pietra, che quando diventa direttore del Giorno di Mattei, il Giorno dei Brera, Bocca, Pansa eccetera, lo chiama agli spettacoli. Arbasino ha già lasciato l’angusta cittadina di provincia per la vicina Milano del boom industriale e pubblicato un libro presso Einaudi (la sua opera prima, Le piccole vacanze). Abbandona la carriera universitaria di ricercatore di Diritto Internazionale. I libri gli fruttano successi letterari. Si trasferisce a Roma, dove vive tuttora, viaggia molto. Oggi collabora con Repubblica, scrive quasi quotidianamente lettere ad altri giornali (soprattutto Corriere, Foglio, Stampa) e riscrive quello che ha già scritto (ma non tutto: Anonimo lombardo, Un Paese senza, Fratelli d’Italia).