Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Il tempo e la felicit
• «Platone sostiene che l’anima di un uomo è un auriga che guida una biga trainata da due cavalli, il primo dei quali è di ottima razza e cerca di trascinare l’anima verso l’alto, mentre il secondo è un broccaccio che tende sempre ad andare verso il basso. Se nel corso di una vita prende il sopravvento il cavallo peggiore, l’uomo rinasce nel corpo di una donna, e se anche nella vita di quest’ultima la biga continua a scivolare verso il basso, rinasce nel corpo di un animale».
• «Tutta l’infelicità del mondo dipende dal fatto che nessuno vuole starsene a casa sua» (Pascal).
• «Diceva Socrate a chi si lamentava dei viaggi: "Perché ti meravigli tanto se ti sei annoiato? Portando dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell’individuo dal quale volevi fuggire". E il nostro Virgilio aggiungeva: "Anche se attraversassi tutto l’Oceano i tuoi vizi ti seguirebbero ovunque"» (Seneca).
• «Pompeo arrossiva spesso davanti alla moltitudine» (Seneca).
• «Gli attori, che per mestiere sono soliti rappresentare i più disparati sentimenti, tra cui l’ira e il timore, quando debbono interpretare la timidezza risolvono il problema abbassando la testa e tenendo gli occhi fissi per terra. Non riescono, in pratica, ad arrossire in pubblico, il che è come dire che il rossore non può essere né represso né provocato, essendo una manifestazione dell’animo del tutto indipendente dalla volontà» (Seneca).
• «Alla scuola di Pitagora i discepoli erano obbligati a tacere per almeno i primi cinque anni, prima di poter porre delle domande. ”Gli schiamazzi e gli applausi” era solito ripetere il maestro ”riservateli agli attori quando andate a teatro”» (Seneca).
• «Se volete arricchire Pitocle, non aumentatene gli averi, ma diminuitene i desideri» (Epicuro).
• Storia di Sant’Alessio: «Era un santo molto singolare, rampollo di una famiglia altolocata. Si sposò e sparì all’improvviso, un minuto dopo essere sceso dall’altare. Andò a fare il pezzente in Asia Minore. Tutto quello che riusciva a raccattare di giorno, lo regalava di notte agli altri poveri. restò lontano da casa la bellezza di diciotto anni. Poi un bel giorno tornò dalla moglie, ma lei non lo riconobbe. D’altra parte era passato tanto di quel tempo, che il suo viso non era più quello di una volta. Si era fattoo crescere la barba ed era dimagrito di oltre venti chili. Lei, comunque, lo accolse con grande generosità e lo mantenne per altri diciassette anni sempre venerandolo come un pellegrino di passaggio. In tutto quel periodo però il santo non le disse nulla: mangiò, bevve e dormì, sempre pregando il Signore. Solo sul letto di morte si decise a confessare chi era veramente».
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"Il raffinato Aristippo, non appena vide Diogene lavare un cesto di verdura sotto una fontanella, sentì subito il bisogno di criticarlo. ”O Diogene” gli disse ”se tu imparassi a parlare con i ricchi, non saresti costretto a mangiare la verdura”. E Diogene di rimando: ”E se tu imparassi a mangiare la verdura, non saresti costretto a parlare con i ricchi”".
• «Il guaio della vecchiaia non è tanto diventare vecchi, quanto l’essere ancora giovani» (Oscar Wilde).
• Pacuvio, detto il Siro, al termine di ogni orgia, faceva allestire le sue esequie, a cui assisteva immobile da un lettino.
• «Aristippo, a chi gli rimproverava di frequentare troppo la cortigiana Laide, rispondeva: ”La posseggo ma non ne sono posseduto”, e altre volte diceva: ”Non è vergognoso entrare in casa di Laide, è vergognoso non saperne uscire”».
• Orge e sesso ai tempi di Nerone in Luciano De Crescenzo Il tempo e la felicità Mondadori 105-106. Modo in ui i giudici si facevano corrompere nell’antica Roma, ibidem 115-116.
• Vedio Pollione gettò uno schiavo in pasto alle murene solo perché aveva tardato qualche secondo a rispondere. «Dall’ultimo censimento pare che il rapporto tra cives e schiavi (nel I secolo dopo Cristo - ndr.) sia addirittura di uno a tre, esclusi donne e bambini: davvero modesto se lo paragoniamo a quello dell’Atene di Pericle, dove, mi si dice, c’erano addirittura sei schiavi per ogni uomo libero».
• Polibio (Le Storie, XII 11) raccontava di un certo Demetrio Falereo, che ad Atene, durante le processioni, non si vergognava di farsi precedere da una macchina che si muoveva da sola, e che per camminare sputava saliva».
• Vulnerant omnes, ultima necat (tutte le ore feriscono, l’ultima uccide).
• Seneca in vacanza: «Caro Lucilio, abito sopra uno stabilimento balneare: da ogni parte mi circonda un chiasso pazzesco. Immagina tutti i rumori della terra e ne avrai un’idea: il bagnante che si tuffa in piscina, l’attaccabrighe che urla, il ladro colto sul fatto, i ragazzi che giocano a palla, quelli che contano i punti ad alta voce, i campioni sportivi che sollevano le sfere di piombo, gemendo o fingendo i gemere, e quelli a cui piace sentire la propria voce mentre fanno il bagno. Odo perfino i rumori di una comune frizione e distinguo il massaggio fatto con la mano aperta da quello fatto con la mano concava. Aggiungi a tutto questo il depilatore che parla in falsetto, i venditori di bibite, di salsicce e di dolci, i garzoni di bottega, ciascuno con una propria inflessione di voce, e avrai un’idea approssimativa delle mie vacanze». In una villa patrizia di piazza Armerina, mosaico con ragazze che prendono il bagno ”in bikini” (una striscia di stoffa intorno al seno e un’altra intorno ai fianchi).
• «...Mi chiedo piuttosto a che ora convenga suicidarsi. Vedi, per un personaggio pubblico avere il titolo in prima pagina è fondamentale, specialmente quando si presume che possa essere l’ultima occasione per averlo. Ora, supponi che io mi suicidi di notte, che i giornali del mattino non facciano in tempo a passare la notizia, e che, qualche ora dopo che sono morto, sparino al Papa: addio prima pagina... quindi un Vip è obbligato a spararsi nel tardo pomeriggio, diciamo verso le 18.00. Non troppo più tardi però, per non perdersi il Tg1 della sera. L’ideale sarebbe impugnare la rivoltella con la destra, e con la sinistra telefonare all’Ansa».
• Sull’eutanasia l’ateniese Egesia che convinceva i cittadini a togliersi la vita prima del tempo fermandoli per strada e pronunciando discorsi contro la crudeltà della vecchiaia. Detto perciò peisithànatos, persuasore di morte.
• Gli imperatori romani erano sempre affiancati dai nomenclatores che ricordavano loro i nomi delle persone che incontravano.
• Erostrato, giunto a ottant’anni e non avendo compiuto niente di rimarchevole, diede fuoco al tempio d’Atena in Efeso e, piazzatosi davanti alle fiamme, urlava: «Cittadini di Eefeso! Fui io a incendiare il tempio! Ricordatelo ai vostri figli! Dite loro il mio nome: E-ro-stra-to!» Al che gli arconti lo fecero portar via dalle guardie ma senza arrestarlo. Stabilirono invece multe salatissime per chiunque ne avesse pronunciato il nome.
• «Il nostro errore sta nel credere che la morte sia qualcosa che deve ancora avvenire. Mentre essa, in gran parte, è già avvenuta e sta alle nostre spalle» (Seneca).
• Festeggiandosi i novant’anni del banchiere Pomponio Sabinio, qualcuno gli chiese quanto avrebbe dato per tornare a vent’anni. E lui rispose: «Tutto quello che ho per tornare a 89».
• Cratete, discepolo di Stilbone, vide un giovane borbottare tra sè e sè e gli chiese con chi stesse parlando. «Con me stesso» rispose quello. «Guardati - bada -» disse allora Cratete «dalle cattive compagnie».
• L’imperatore Tiberio, per smascherare la congiura ordita contro di lui da Sabino, nascose tre nani nell’intercapedine tra soffitto e tetto.
• «Settimio Severo, nel III secolo dopo Cristo, fece scolpire una pianta di Roma in marmo, per poi esporla nel Foro della Pace. Ora, a detta degli esperti, i pezzi all’origine dovevano essere varie centinaia [...] fino ad oggi ne abbiamo trovati solo 146».
• «A Napoli finire nelle chiavette sta per ”entrare nel difficile”, questo perché su un clarinetto una tonalità può essere impostata in due modi diversi: o coprendo i buchi con i polpastrelli, o agendo sulle chiavette. Ebbene, a detta degli esperti, quello delle chiavette sarebbe il metodo più difficile: provare per credere».