Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
L’arte in trincea
• Informale. Comincia a far parlare di sé intorno al ’50 ma il fenomeno è già in corso da anni. Non è stato scuola o tendenza teorizzata, ma convergenza di stili diversi. Indaga le possibilità espressive della materia evidenziandone la struttura ed esaltandone le ambiguità: trame di iuta, grumi di colore, frammenti. Personalità di spicco: i francesi Fautrier e Dubuffet, l’italiano Burri, il giapponese Shiraga. Burri, per esempio, usa sacchi, legni ustionati eccetera. Si può includere in questa tendenza anche l’Action painting americano, il cui più illustre esponente fu Jackson Pollock.
• Tela tagliata. Tra i precursori dell’informale, Lucio Fontana con la sua tela tagliata.
• Tela in terra. «La tela è collocata in piano, addirittura per terra; alcuni fori praticati sul fondo di una cassetta consentono al pittore di realizzare il quadro muovendosi e lasciando sgocciolare il colore sulla tela» (Dora Vallier, critico, a proposito di Jackson Pollock).
• Sé. «Ogni buon artista dipinge ciò che è» (Jackson Pollock).
• Nouveau réalisme. Si afferma sul finire degli anni ’50. Continuò la dissacrazione dell’immagine (vedi Dada). Attinge alla realtà: manifesti pubblicitari, strumenti musicali, pezzi di giornale. Dal loro assemblaggio emergono aspetti (stranezza, aggressività eccetera) che prima erano nascosti. Si vuole dilatare il confine tra arte e mondo reale, anche dei rifiuti possono essere arte. Unico italiano: Mimmo Rotella coi suoi manifesti lacerati. Tra gli stranieri: Yves Klein, Daniel Spoerri, Martial Raysse. Si arriva fino agli impacchettamenti di Christo.
• Modelle. «A partire da quel momento, io presi delle modelle a pagamento. Ma al contrario degli altri, io non volevo altro che lavorare in compagnia delle modelle, e non farle posare per me. Avevo passato veramente troppo tempo da solo in quell’atelier vuoto: e non volevo più rimaner solo» (Yves Klein).
• Décollage. «Rimasi impressionato dai muri tappezzati di affissi lacerati. Mi affascinavano letteralmente, anche perché... la pittura era finita e bisognava scoprire qualcosa di nuovo, di vivo e di attuale. Sicché la sera cominciavo a lacerare questi manifesti, a strapparli dai muri e li portavo a studio, componendoli o lasciandoli tali e quali erano. Ecco come è nato il décollage» (Mimmo Rotella).
• Happening. La scelta del termine per indicare alcune esprienze alla fine degli anni ’50 si deve all’americano di origine russa Allan Kaprow, compare per la prima volta nel titolo di una sua opera, 18 Happenings in 6 Parts. Benché applicato in modo generico, può esserlo correttamente solo a un evento diviso in più parti autonome o progressive. Ha una certa affinità con le rappresentazioni dadaiste del cabaret Voltaire a Zurigo o futuriste come la musica dei rumori di Luigi Russolo, entrambe degli anni ’10. Oltre a Kaprow, hanno fatto happening, Claes Oldemburg, Red Grooms, Jim Dine, Robert Withman.
• Tuffi colorati. «Costruii la scena. Consisteva di tre pannelli, due quinte e un fondale. Nel mezzo c’era un tavolo con sopra tre barattoli di colore e due pennelli, e una tela dipinta di bianco. Le camminai attorno illuminato da un riflettore. Ero tutto rosso con una enorme bocca nera: avevo faccia e testa completamente rosse e indossavo un grembiule lungo fino a terra. Incominciai a scrivere: ”Mi piace quello che faccio”, in arancione e blu. Quando arrivai a ”quello che faccio” la situazione precipitò. Presi un barattolo e ne trangugiai il contenuto; poi mi rovesciai le altre due latte di vernice sulla testa e, con uno scatto fulmineo, mi tuffai attraverso la tela. La luce si spense. Per trenta secondi la tensione era stata intensissima» (Red Grooms).
• Fluxus. Nel 1962, a Wiesbaden, ebbe luogo il primo ”Fluxus Internationale Festspiele Neuester Musik”, organizzato da un architetto d’origine lituana George Maciunas, giunto in Europa l’anno prima dopo avere chiuso la sua galleria di New York. La sua idea: che artisti affini, americani ed europei, avessero l’occasione di fare arte usando connessioni tra musica, poesia, danza, teatro, pittura
• Testa di pennello. Al Fluxus Internationale Festspiele Neuester Musik un pianoforte venne demolito con seghe e martelli. Il cranio di Higgins venne rasato. Higgins mise poi la testa in un pitale pieno di colore e poi dipinse come se la sua testa fosse un pennello.
• Yoko Ono. Un concerto informale, sullo stile di fluxus, si tenne a New York nel loft di Yoko Ono.
• Giocattoli. Nel ’65 un altro concerto informale si tenne alla Carnegie Hall, dove l’ochestra da camera venne sostituita da una fluxus-orchestra e il risultato fu che al posto degli strumenti c’era un’enorme collezione di giocattoli.
• Arte. «Tutto è arte» (Ben).
• «La Pop non nacque, dilagò».
• «La Pop Art sostitusce l’immagine dell’oggetto con l’oggetto stesso; esibisce il folklore locale con volgarità sofisticata; accentua la realtà grottesca della realtà sociale americana».
• Pop art. «Essi propongono un’arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotta in serie. Di qui la nuova scena americana: le bottiglie di Coca-Cola, le lattine di zuppa Campbell, i cartelloni pubblicitari, il fungo atomico, la sedie elettrica, le stragi urbane; gli ice cream, gli hamburger, la bandiera Usa ma accanto, Jacqueline Kennedy appena vedova, Marilyn tragicamente finta».
• «La Pop ha un brio sinistro: essa è cruda, crudele, esplicita. Altro che scambiarla con un linguaggio scanzonato e aproblematico! Essa ha spalancato le porte all’angoscia e alla depressione, ha comunicato il terrore della fine colletiva, l’orrore per il processo di pastorizzazione dell’individuo».
• Quattromila quadri. «Quando è morto Picasso ho letto su una rivista che aveva fatto quattromila capolavori nella sua vita e ho pensato: ”Gesù, potrei farli in un giorno”. E ho cominciato. E poi ho scoperto che ”Gesù, ci vuole più di un giorno per fare quattromila quadri”. Perché, dato il modo con cui li faccio e la mia tecnica, pensavo davvero di poterne fare quattromila in un giorno. E sarebbero stati tutti capolavori perché sarebbero stati tutti lo stesso quadro. Ho cominciato e sono arrivato a farne circa cinquecento, e poi l’ho piantata lì» (Andy Warhol).
• Lettrismo. Isidore Isou, fondatore della corrente lettrista nel ’43, sostenne che la lettera alfabetica ha un valore in sé, a prescindere dalla parola.
• Land Art. Nasce nell’autunno del ’67, quando Michael Heizer va a cercare Bob Scull, re dei taxi di New York e collezionista di Pop Art, persuadendolo infine a patrocinare la sua operazione: un gigantesco tunnel, profondo quindici metri, largo dieci, lungo cinquecento, che comporta il movimento di 60.000 tonnellate di terra, nel deserto del Nevada.
• Giapponesi. «C’erano già – non dimentichiamolo – i giardini di sabbia zen, i giardini di muschio e gli stessi Ikebana dei giapponesi, che facevano di queste attività ”naturali” una forma d’arte a sé stante» (Gillo Dorfles).
• Nozioni. «Chiarezza è solo la frequentazione abituale di nozioni prima sconosciute» (Paul Valéry).
• Graffiti. «A New York, nel ’72, varie band di giovanissimi cubani, greci, neri, portoricani, tracciarono lettere e incisero scritte, con i colori delle bombolette spray, sulle fiancate dei vagoni della metropolitana, sugli autobus, sui muri delle banche, delle scuole, dei fabbricati. Si trattò di un’invasione rapidissima e massiccia, con modi grafici che sapevano di fumetti e pubblicità ma soprattutto di messaggi cifrati. Alla fine dello stesso anno, Hugo Martinez, studente di sociologia portoricano, dà vita all’Uga (United Graffiti Artists). Twyla Tharp, nota coreografa, chiede all’Uga di disegnare la scenografia di un suo balletto».
• Keith Haring. «Nelle sue opere una molteplicità di invenzioni linguistiche, bambini radioattivi (la sua immagine tipica come marchio), personaggi dei cartoni animati e fumetti, ominoidi agitati, atomizzati, infelici, eccitati, sessi maschili giganteschi, antropomorfizzati, tristi e allegri, fellatio trucide e gioiose. E ancora, Crudelia e Topolino; la cultura del rock e dello zap; bambini radianti che schizzano fuori, vittoriosi, da un pene; pugnali-pene che trafiggono cuori insanguinati; sessi di scheletri che schizzano sperma sui fiori rendendoli radioattivi, grappoli di figurine espulse dal buco di un piede; il glande con la faccia di una donna imparruccata di biondo platino».
• Pittogrammi. «I miei disegni potrebbero essere disegnati su qualsiasi supporto o materiale, come i geroglifici egizi, i pittogrammi maya o indios» (Keith Haring, graffitista).
• Graffiti. «Lo stile dei graffiti è uniforme: dunque proprio come la grafia di una lingua» (Goffredo Parise).
• A proposito dei graffiti. «Dietro queste balordaggini si annida una malcelata voglia di segregazione culturale» (Robert Hoghes, La cultura del piagnisteo, Adelphi, 1992).
• Un lessico delle tendenze artistiche tra il 1960 e il 1990, dall’informale, con le tele di Burri e la pittura di Pollock, fino ai graffiti, di Haring e Basquiat.
Lea Vergine, critica d’arte contemporanea, ha scritto vari saggi, tra cui Gli ultimi eccentrici, e curato mostre, come ”Quando i rifiuti diventano arte”, è stata commissaria per la Biennale di Venezia. Scrive sul ”Manifesto” e sul ”Corriere”.