Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Controstoria e storia dellíArchitettura
• «Le persone intelligenti s’impegnano a comprendere il nuovo, e lo ritrovano nel passato, attualizzandolo; i mediocri invece cercano il vecchio anche negli oggetti moderni, e quindi si annoiano».
• «Esaminando qualsiasi edificio, il primo quesito da porsi è quello della sua aderenza allo scopo. Le sue forme sono dettate dalle esigenze delle attività che vi si svolgono, oppure da preconcetti accademici omologanti? Guardiamo le finestre, per esempio: il loro compito è quello di fornire luce agli spazi interni; dovrebbero dunque essere tutte diverse, sia perché mutano gli orientamenti e le vedute, sia al fine di offrire la maggior possibilità di scelta agli utenti. Se sono tutte uguali, come di regola, vuol dire che l’architetto ha proceduto non ”dal di dentro al di fuori” ma in senso inverso, pensando alla scatola esterna, ai tabu della sintesi a priori o a posteriori, ai moduli ripetitivi che rendono le parole e i discorsi insignificanti. Camere o appartamenti o uffici tutti uguali, giustapposti o sovrapposti? Siamo nel mercato edilizio, non nell’architettura».
• «La Grecia autentica è anticlassica» (Bruno Zevi).
• «La casa colonica toscana di regola è prosa dialettale con pretese letterarie» (Bruno Zevi).
• sintomatico che Leonardo, uno dei massimi geni, pur essendo coinvolto in città, edifici, imprese territoriali, abbia rinunciato a costruire» (Bruno Zevi).
• «La circostanza che Michelangiolo abbia lavorato prevalentemente su edifici imbastiti da altri non è senza significato: gli occorreva una trama classicista, di Antonio da Sangallo a palazzo Farnese o di Bramante a San Pietro, per aggredirla, sconvolgerla, comunque deformarla. Quando può disegnare un palazzo tutto suo, per esempio quello dei Conservatori in Campidoglio, sembra scindersi in due ruoli: l’uno, rinascimentale, che traccia lo schema della sovrapposzione dei piani, l’altro che tale ordito infrange e oltraggia. Il non-finito erompe da questa situazione, da scatti furenti che non sanno placarsi in un sistema linguistico istituzionalizzato perché sgorgano dall’inconscia urgenza di schiantarlo».
• «Il colonnato ellittico di piazza San Pietro rappresenta l’opera più impegnativa (del Bernini). Si trattava di rimediare all’errore e al crimine compiuto da Carlo Maderno nel rendere la basilica longitudinale; occorreva, in qualche modo, collegare a terra la cupola di Michelangiolo allontanata e offesa dall’annientamento della croce greca per la quale era stata ideata».
• Distanze in termini di generazioni. 186 generazioni dalle Piramidi (2675 aC) 167 dai monumenti megalitici (2200 aC) 139 dalle terremare neolitiche (1500 aC) 135 dai nuraghi sardi (1400 aC) 107 dalle necropoli etrusche (700 aC) 97 dal Partenone ad Atene (447 aC) 74 dal Pantheon a Roma (110) 57 da S.Sofia a Costantinopoli ((537) 30 dalla Cattedrale di Amiens (1220) 22 dalla cupola di Brunelleschi (1420) 17 dal Campidoglio di Michelangiolo, 13 da S.Ivo alla Sapienza di Borromini (1642) 4 dalla Tour Eiffel (1889) 2 dalla Casa sulla Cascata di Wright (1936).
• Sant’Ambrogio a Milano: «enorme baraccone che sembra contestare la propria solidità».
• «Il Duomo di Milano, che alcuni vogliono ”romano” e altri ”gotico”, e che finirà per essere un compromesso gotico-romano all’italiana, cioè insoddisfacente da ogni punto di vista».
• «Il valore estetico del Colosseo è relativo: un oggetto ingombrante, pago di se stesso, ravvolto da ordini eccessivamente ripetuti, moduli corretti ma non particolarmente ispirati. Comunica un messaggio di potere, non di poesia» (Bruno Zevi).
• «Chiedendo anche ad esperti se la torre di Palazzo Vecchio a Firenze è al centro, a sinistra o a destra dell’edificio, si ottengono risposte vaghe, immotivate».
• Muraglia cinese. «Le mura erano l’elemento sacro della città. Venivano erette per prime affinché l’organismo urbano risultasse unitario. Per 400 chilometri di lunghezza, comprese le diramazioni, furono usati 150 milioni di metri cubi di pietra e mattoni. La grande muraglia cinese, come quella peruviana, aveva lo scopo di isolare dal mondo esterno. Solo in rari casi, come nella composizione dei giardini, i cinesi esprimono fantasia individuale. Il mondo cinese delle città murate si contrappone a quello indiano dei luoghi santi. Il cinese guarda al suolo anziché al cielo; ricerca la conoscenza, non l’illuminazione».
• «Il gotico vero è caratterizzato dal fatto che le centinaia di statue addossate alle pareti o racchiuse in nicchie sono stupendamente scolpite anche nella parte retrostante, dove nessuno può vederle; nei nostri tempi, la disponibilità a tali atti di fede è improbabile» (Bruno Zevi).
• Piranesi raffigurò i resti dell’antichità romana «con magnificenza così convincente che i viaggiatori cui erano note le sue incisioni (Goethe, Flaxman e altri), quando si trovavano di fronte le rovine reali, ne lamentavano la piccolezza e lo squallore» (J. Rykwert).
• I 159 gradini della scalinata di piazza di Spagna «che avanzano e arretrano in trentaquattro direzioni, eludendo qualsiasi parallelismo».
• «Non esiste alcuna bellezza naturale alla quale un artista non farebbe qualche correzione» (Croce).
• «Ornamento è delitto» (Adolf Loos, Casa Steiner a Vienna e Casa Müller a Praga).
• ”Civitas”, l’insieme dei cittadini; ”urbs”, l’insieme delle pietre (S.Agostino).
• Nel barocco, il prospetto come «parete del vuoto esterno più che proiezione di quello interno».
• «Uno dei settori in cui la semiologia si trova maggiormente sfidata dalla realtà è quello dell’architettura. Perché i suoi oggetti apparentemente ”non comunicano”, ma ”funzionano”. Un primo problema che si pone è anzitutto se si possano interpretare le funzioni sotto l’aspetto comunicativo. Cerchiamo di definire in che senso un oggetto può denotare convenzionalmente la propria funzione. La scala o il piano inclinato mi denotano la possibilità di salire; scala a pioli o scalone di Vanvitelli, scale a chiocciola della Tour Eiffel o piano inclinato spiraliforme del Guggenheim di Wright. Ma io posso salire anche mediante un ascensore. L’ingenuo non possiede il codice dell’ascensore. Ci accorgiamo dunque che tutte le ”mistiche della forma che segue la funzione” rimangono mistiche se non riposano su una considerazione dei processi di codificazione. La forma dell’oggetto non solo deve rendere possibile la funzione, ma deve denotarla in modo da renderla desiderabile oltre che agevole. L’oggetto architettonico puù denotare la funzione o connotare una certa ideologia. Una sedia mi dice che posso sedermici sopra. Ma se è un trono, serve a far sedere con una certa dignità. Le connotazioni di ”regalità” sono a tal punto funzionali che si può anche umiliare la funzione primaria del ”sedere comodamente”. Di conseguenza, riferendoci alle denotazioni di ”utilitas” e alle connotazioni simboliche per tutti gli altri tipi di comunicazione, parleremo di ”funzione prima” (che viene denotata) e di complesso delle ”funzioni seconde” (che vengono connotate)» (Umberto Eco).
• «Il tempio greco è una struttura aperta al mondo esterno: lo spazio penetra tra le colonne e fluisce intorno al nucleo compatto della cella. I colonnati invitano ad entrare, non separano bruscamente dal contesto».
• «Paradossalmente, come era capitato ad Atene, Roma rifiuta nel proprio ambito urbano i modelli insediativi che esporta».
• Nel Sud, all’epoca delle invasioni barbariche «le città di fondazione romana in condizioni di essere difese subiscono una contrazione edilizia con restrizioni della cinta muraria. Quelle indifese e indifendibili (alle quali era stata tolta ogni possibilità di ribellione) vengono addirittura abbandonate per fondare nuovi centri in posizioni più sicure, difese naturalmente».
• Castra, cioè accampamenti romani che hanno dato origine a città: Aosta, Torino, Firenze, Bologna, Piacenza, Forlimpopopoli, Forlì, Faenza, Lucca, Reggio Emilia, Pavia, Como, Brescia, Vicenza, Padova, Pistoia, Foligno, Capua.
• «Piazza San Pietro, oggi umiliata dall’insipida via della Conciliazione» (Bruno Zevi).
• «Il cristianesimo eroico si inabissa nel sottosuolo, in labirintici meandri che si diramano nell’area urbaa e suburbana, quasi per corrodere le fondazioni della marmorea metropoli del potere e della violenza. Per oltre 150 chilometri più di 67 catacombe ebraiche, cristiane o pertinenti a sette eretiche, con circa 500-750 mila tombe, minano la consistenza della città imperiale [...] Per molto tempo le catacombe sono state escluse o emarginate dalla storia dell’arte; i loro messaggi non potevano essere captati dai classicisti per i quali ogni immagine deve essere statica, finita e incorniciata. Non a caso la loro piena rivalutazione estetica avviene, di là dalla dodecafonia, nell’epoca della musica del silenzio».
• «Sulla famosa torre pendente di Pisa non cessano le discussioni: fu concepita così o l’inclinazione dipese da un cedimento del terreno? Poiché l’effetto, oltre che originale, è artisticamente valido, sembra logico supporre che, iniziato il campanile, forse da Bonanno, nel 1173, e costruiti due o tre ordini di loggiati, le fondazioni non abbiano resistito; si trattò allora di mutare un evento accidentale in una nuova immagine, e ciò fecero Giovanni, fino al coronamento, e poi forse Tommaso di Andrea Pisano. Su un basamento segnato dalle ormai note arcate cieche, sei anelli di gallerie marmoree sviluppano circolarmente superfici composta da linee».
• «Dove basta un mattone non metterne due» (Alessandro Antonelli).
• «Le abitazioni dei Sassi sono disposte a presepio in tre vallette contigue nelle quali alle primitive grotte si sono aggiunte costruzioni successive, sovrapponendosi genialmente in una struttura urbanistica quasi ad alveare. Le strade sono i tetti delle case sottostanti e ne lasciano venir fuori i camini. Il libero e spontaneo articolarsi delle costruzioni ha dato origine a frequentissimi vani rientranti o piazzette o cortili sui quali si affacciano diverse case: costituiscono appunto ”u vicinanz”. Qui si svolge buona parte della vita domestica, giocano e si accapigliano bimbi (e madri), siedono gli adulti a chiacchierare. Il gruppo di famiglie ha un rapporto psico-sociale determinato da leggi particolari, e da una festa annuale, ”la crapiata” che assume il valore di un rito [...] C’è da chiedersi quale sia il grado di resistenza di una simile aggregazione e la risposta è prevedibile: il ruolo del vicinato per la trasmissione della cultura e gli schemi istituzionali di comportamento, va diventando assurdo; i giovani reagiscono, chi più chi meno violentemente ed esplicitamente. Il vicinato dunque si disgrega. L’eccessiva prossimità fisica esaspera, appare insopportabile».