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 2004  ottobre 10 Domenica calendario

Dal 23 marzo al 4 aprile 1932 lo storico tedesco di origine ebraica Emil Ludwig incontrò Mussolini, per circa un’ora al giorno, nella sala del Mappamondo a Palazzo Venezia

• Dal 23 marzo al 4 aprile 1932 lo storico tedesco di origine ebraica Emil Ludwig incontrò Mussolini, per circa un’ora al giorno, nella sala del Mappamondo a Palazzo Venezia. Il risultato fu un libro-intervista nel quale il dittatore, raccontando la sua vita e il suo pensiero politico, finisce col mostrare anche i lati più nascosti della sua personalità. Il vantaggio di venire dal popolo.  una buona educatrice la fame. Quasi così buona come la prigione e i nemici. Mia madre era un’insegnante e guadagnava cinquanta lire al mese; i proventi di mio padre, che era fabbro ferraio, variavano a seconda dei lavori. In tutto avevamo due camere. Carne, quasi mai. Ma si discuteva con passione, si lottava, si sperava. Mio padre per la sua attività di socialista conobbe la prigione. Quando morì, mille compagni di partito seguirono la sua bara. Tutto ciò mi spinse fortemente all’azione. Con l’esempio di un altro padre, sarei diventato un uomo diverso. Così già in casa potei formare il mio carattere. Chi mi avesse allora osservato più da vicino, avrebbe già riconosciuto in me, a sedici anni, l’uomo che ora sono, con le sue luci e le sue ombre. Sono venuto dal popolo, e questa circostanza ha dato alla mia vita i massimi vantaggi.
• Muratore, che passione. Di fronte al martello e al fuoco ci si appassiona alla materia, che vorremmo piegare, e dobbiamo piegare alla nostra volontà. Ancora oggi, se vedo un muratore costruire una finestra, mi sento attratto verso di lui: sarei ben lieto di eseguire io stesso il suo lavoro.
• Con Marx in tasca. A diciannove anni si scrivono versi, e si vuol sperimentare il mondo. Ero così impaziente di conoscerlo che abbandonai la professione di insegnante, lasciai mio padre in prigione (del resto non potevo liberarlo), e senza denaro me ne andai in Svizzera come operaio. A quell’età, ora si è entusiasti, ora scoraggiati. Soprattutto si è ribelli. Le sofferenze dei miei genitori mi assillavano, nel collegio ero stato umiliato, e così sono cresciuto con le speranze dei diseredati, come un rivoluzionario. Che cosa sarei potuto diventare se non un socialista a oltranza, un ”blanchista” o addirittura un comunista? Avevo sempre una medaglia di Marx in tasca. La consideravo una specie di talismano.
• Imparare la pazienza. In prigione si impara la pazienza. come un viaggio di mare: a bordo e in prigione bisogna essere pazienti.
• Riposi salubri. Mi hanno messo in prigione a Berna, Losanna, Ginevra, Trento, Forlì, e spesso in molti altri luoghi. E ogni volta era una pausa di salubre riposo, che altrimenti non mi sarei potuto concedere. Perciò non provo alcun rancore contro questi paesi. Una volta, in carcere, ho letto il Don Chisciotte, e mi sono divertito un mondo.
• Libertà di stampa. Con la libertà di stampa, i giornali pubblicano soltanto ciò che vogliono veder stampato le grandi industrie o le banche, le quali pagano il giornale.
• Con Machiavelli davanti al fuoco. Mio padre ci leggeva Machiavelli la sera, mentre ci riscaldavamo ai resti del fuoco della officina, bevendo il nostro vino paesano. L’impressione fu profonda. Quando lo rilessi, a quarant’anni, il libro agì su me con ugual forza.
• Finché c’è vita c’è imperialismo. La tendenza all’imperialismo è una delle forze elementari della natura umana, appunto come la volontà di potenza. Ora abbiamo l’imperialismo del dollaro, un’altra volta un imperialismo religioso, un’altra ancora un imperialismo artistico. Comunque, sono tutte manifestazioni della forza vitale dell’uomo. Finché uno vive è imperialista. Cessa di esserlo con la morte.
• Zenit. Naturalmente ogni impero ha il suo zenit. Poiché si tratta sempre di una creazione di uomini sia pure eccezionali, le cause del tramonto vi sono già insite. Come tutte le eccezioni, ha in sé qualche cosa di effimero. Può durare uno o due secoli o soltanto dieci anni. Volontà di potenza.
• Europa unita. Dopo l’unità degli Stati, si deve tendere all’unità dei continenti, ma questo è in Europa straordinariamente difficile, perché in Europa ogni popolo ha un volto speciale, lingua, costumi, caratteristiche diverse. Una percentuale, diciamo x, rimane in ogni popolo completamente originale e si oppone per prima alla unione. In America è indubbiamente più facile unire quarantotto Stati, con la stessa lingua, e senza una storia secolare.
• La massa è donna. Un dittatore può essere amato quando la massa nello stesso tempo lo teme. La massa ama gli uomini forti. La massa è donna.
• Fallimenti In ogni anarchico si cela un dittatore fallito.
• Conservatori. Ogni rivoluzionario diventa in un determinato momento conservatore.
• La razza è sentimento. Naturalmente non esiste più una razza pura, nemmeno quella ebrea. Ma appunto da felici mescolanze deriva spesso forza e bellezza a una nazione. Razza: questo è un sentimento, non una realtà; il 95% è sentimento. Non crederò mai che si possa provare biologicamente che una razza sia più o meno pura.
• Ebrei eminenti. L’antisemitismo non esiste in Italia. Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini, e come soldati si sono battuti coraggiosamente. Occupano posti eminenti nelle Università, nell’esercito, nelle banche. Numerosi sono generali; comandante della Sardegna è il generale Modena, un altro generale è nell’artiglieria.
• L’importanza della poesia. Va formandosi una specie di dialetto mondiale, tecnica e sport lo formano spontaneamente. Ma un esperanto rovinerebbe tutta la letteratura, e che sarà del mondo senza poesia?
• I vantaggi del potere. A Milano avevo vissuto volentieri; ma Roma, che prima conoscevo solo come ospite, mi sembrava affascinante. Il suolo storico sul quale si agisce ha un magico potere. La coscienza di vivere a Roma ha suscitato in me durante questo decennio una quantità di pensieri. Quando voglio rendermi invisibile, mi addentro nel giardino di villa Torlonia dove abito, e il fatto di possedere colà un bel cavallo è l’unico vantaggio che il potere abbia procurato alla mia vita privata. E nemmeno ho mutato il mio modo di vivere. Solo sono diventato più parco: mi attengo a un regime vegetariano anche più di prima. Bevo molto di rado vino, ma non derivo però da queste abitudini alcuna religione o morale; anzi, io cerco di favorire il consumo di vino in Italia.
• Domande. Di una nuova persona che entra, io non mi chiedo prima di tutto in che cosa può giovarmi, bensì che cosa cerca da me.
• Le buone notizie possono attendere. Dallo stato di eccitazione mi difendo con la fame. Mi faccio svegliare solo in caso di cattive notizie; quelle buone possono attendere fino al mattino. Ricordo di essere stato svegliato tre volte in dieci anni; per l’incendio della posta di Roma, per l’assassinio dei membri della Commissione in Albania e per la malattia della Regina Madre.
• Aspettando le idee. Talvolta cammino due ore avanti e indietro nella mia stanza, finché giungo a una decisione o a una formulazione. Le idee mi vengono meglio la sera. Verso mezzanotte. Ma quando mai si hanno idee? Un uomo della mia posizione deve piuttosto, almeno una volta la settimana, essere tonto, o comportarsi come se lo fosse. Allora vengo a sapere molte cose. Ispirazioni? Se ne hanno, nei migliori dei casi, due volte l’anno.
• Greggi di pecore. La massa per me non è altro che un gregge di pecore, finché non è organizzata. Non le sono affatto ostile. Soltanto nego che possa governarsi da sola.
• Fede e ragione. Solo la fede smuove le montagne non la ragione. Questa è uno strumento, ma non può essere mai la forza motrice della massa. Oggi meno di prima. Oggi la gente ha meno tempo di pensare. La disposizione dell’uomo moderno a credere è incredibile. Quando sento la massa nelle mie mani, quando avverto la sua fede, o quando io mi mescolo con essa, che quasi mi schiaccia, allora mi sento un pezzo di questa massa. Eppure provo anche un po’ di avversione, come la sente il poeta verso la materia che intende trattare. E lo scultore non spezza forse talvolta per ira il marmo, perché questo sotto le sue mani non si plasma secondo la sua intuizione? In questo caso può addirittura accadere che la materia si ribelli contro il suo formatore. Tutto dipende dal saper dominare la massa come un artista.
• Il presidente Usa. In America non hanno simpatie per i dittatori? Eppure ce n’e è uno! La posizione del presidente è quasi onnipotente, garantita dalla Costituzione.
• Matriarcato. La donna deve obbedire. La donna è analitica, non sintetica. Ha forse mai fatto dell’architettura in tutti questi secoli? Le dica di costruirmi una capanna, non dico un tempio! Non può farlo! Essa è estranea all’architettura, che è la sintesi di tutte le arti, e questo è un simbolo del suo destino. La mia opinione della sua parte nello Stato è in opposizione ad ogni femminismo. Naturalmente la donna non deve essere una schiava, ma se le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe. Nel nostro Stato essa non deve contare. In Inghilterra le donne superano di tre milioni gli uomini, da noi le cifre sono uguali. Sa dove andranno a finire gli Anglosassoni? Nel matriarcato!
• Moglie o amica sempre madre è. Noi facciamo per la madre più che in ogni altro Stato d’Europa. Se la madre sia la moglie o soltanto l’amica del padre, questa è una circostanza che non ci riguarda. Su tale problema abbiamo idee diverse da quelle della Chiesa, che ha una sua particolare filosofia e dottrina, e un suo proprio mondo.
• Comandi ragionevoli. I bambini e i soldati devono comprendere quello che vien loro comandato. Il comando non deve essere assurdo. Essi devono sentire che è ragionevole. In ogni campo di attività quel che più conta è l’interpretazione dell’ordine, non il comando.
• L’importanza del tono di voce. La potenza della parola ha un valore inestimabile per chi governa. Occorre solo variarla continuamente. Alla massa bisogna parlare in tono imperioso, ragionevole di fronte a un’assemblea, in modo familiare a un piccolo gruppo. un errore di molti uomini politici quello di non mutare mai tono. Come è ovvio, parlo al Senato diversamente che sulla piazza.
• Antenati. Mi interessa solo uno dei miei antenati: fu un Mussolini che in quei tempi, a Venezia, uccise sua moglie perché lo aveva tradito, e le mise poi, prima di fuggire, due scudi veneziani sul petto per pagarle il funerale. Così è la gente di Romagna, dalla quale io provengo. Tutti i suoi canti sono tragedie d’amore.
• Pane di terza classe. Mia madre chiese invano, quando ero in collegio, un sussidio per me. A tavola noi ragazzi sedevamo in tre reparti. Io dovevo sempre sedere in fondo e mangiare coi più poveri. Potrei forse dimenticare le formiche nel pane di terza classe? Ma che noi bambini fossimo divisi in classi, mi brucia ancora nell’anima!
• Quando gli uomini vengono a noia. Io leggo Byron e Leopardi sempre di nuovo. E quando sono del tutto stanco degli uomini, allora vado al mare. Sarebbe per me la cosa più gradita vivere sempre soltanto sul mare! Non potendo, mi rivolgo agli animali. La loro vita psichica somiglia a quella dell’uomo, e tuttavia nulla esigono dall’uomo: cavalli, cani, e specialmente il mio animale prediletto, il gatto. Oppure osservo gli animali feroci, che racchiudono forze elementari della natura!
• A ciascuno il proprio modo di pregare. Gli uomini possono pregare Dio in molti modi. Si deve lasciare assolutamente a ognuno il proprio modo.