Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Le stagioni degli dei - Storia Medica e Sociale delle droghe
• Il fiore di belladonna viene così chiamato per la proprietà di rendere più profondo lo sguardo (dovuta all’azione dell’atropina): per questo era usato dalle dame delle corti europee.
• Galeno prendeva ogni mattina una triaca a base d’oppio e vino tiepido, composta da 73 ingredienti, esortando Marco Aurelio a fare altrettanto.
• Nelle feste delle famiglie abbienti dell’antica Grecia non mancava mai il vino arricchito di hashish e mirra. A prepararlo, il responsabile della cerimonia, che dosava gli ingredienti a seconda del tipo di euforia che desiderava indurre.
• Dioscoride, medico militare alla corte di Nerone, prescrisse all’Imperatore uno sciroppo antitosse a base d’oppio, il dia kodeion. Raccomandava anche pane a base di semi di oppio coltivato per la dieta, lattice di papavero selvaggio come narcotico, olio freddo di rose mischiato a oppio per il mal d’orecchie, supposte a base di oppio contro le emorroidi.
• Idea regalo nella buona società fin de siècle: la petite Pravaz, siringa d’oro inventata da Charles-Gabriel Pravaz per iniettare morfina. L’orafo Fabergé ne creò di preziose, arricchite di smalto. Vi ricorrevano più volte al giorno Richard Wagner e Otto von Bismarck.
• Jean Nicot, ambasciatore di Francia in Portogallo, consigliò l’uso del tabacco alla sua sovrana Caterina de’ Medici, che soffriva di emicrania. Soddisfatta della terapia, la regina lo somministrò anche ai figli, i sovrani di Francia Francesco II e Carlo IX. Da Nicot il nome dell’alcaloide estratto dalla foglia di tabacco, la nicotina.
• Lo zar Alessio Michajlovic decretò che i detentori di tabacco fossero torturati fin quando non ne rivelavano la provenienza. Il sultano Amurat IV lasciava la scelta tra l’impiccagione con una pipa in bocca o la condanna a un rogo alimentato di foglie di tabacco. In ossequio al Corano lo Scià di Persia faceva tagliare il naso a chi fiutava e le labbra a chi fumava.
• Gli Incas disciplinavano il consumo di coca (dal peruviano koica, ”pianta”): le foglie, utili contro fame, sete e mal d’altura, potevano essere assunte solo in alcune ore del giorno e con dosaggi determinati. Chi infrangeva queste regole era strangolato e scorticato, il cranio trasformato in coppa, le ossa in flauti e i molari in ornamenti di collane; la pelle ricavata dal corpo tesa sopra un cerchio di tamburo in modo tale che, sotto la spinta del vento, la pelle del ventre trasmettesse degli impulsi a quella delle mani e facesse dondolare ciò che restava della testa.
• Sotto la guida dello psichiatra Jacques Moreau de Tour, intorno alla metà dell’800 un gruppo di medici e artisti si riuniva per assumere hashish e approfondire il fenomeno dell’alienazione. Baudelaire tra questi, ne "I Paradisi artificiali" descrive il contegno di Balzac durante una di queste riunioni: «Gli fu offerto del dawamesk (una delle marmellate di hashish che gli arabi traevano dall’estratto di grasso). Lui lo esaminò, l’annusò e lo restituì senza assaggiarlo. Il suo viso espressivo tradiva la lotta fra una curiosità quasi infantile e la sua ripugnanza per l’abdicazione della ragione».
• Sintetizzata nel 1874 da T. Wright, riscaldando la morfina con l’anidride dell’acido acetico, l’eroina fu dapprima utilizzata nello stadio terminale della tubercolosi, poi per guarire da morfinomania e cocainomania. Titolo di un articolo scritto alla fine dell’800 da Morel Lavallée: «La morfina sostituita dall’eroina; senza eufemismo, superate le tossicomanie. Trattamento eroico della morfinomania». In Cina i missionari la proposero come terapia contro la oppiomania (ancora oggi lì si chiama ”l’oppio di Cristo”).
• In mancanza di morfina a causa dell’interruzione degli scambi coi paesi produttori d’oppio, i tedeschi ricorsero a una molecola analgesica che chiamarono adolfina, dal nome di Hitler e dall’assonanza con la radice latina di ”dolore”.
• Anfetamine. Sintetizzate negli anni Trenta, riducevano appetito, sonno e stanchezza. Il titolo in prima pagina di un giornale inglese del 1941, per festeggiare una vittoria del generale Montgomery: "La metedrina vince la battaglia d’Inghilterra!".
• «I vizi entrano nella composizione delle virtù come i veleni in quella dei rimedi. La prudenza li riunisce e li tempera, servendosene utilmente contro i mali della vita» (La Rochefoucauld).
• Il coleottero della famiglia degli stafilinidi che si nutre succhiando un liquido dalle antenne della formica sanguina: in cambio secerne dai peli gialli dell’addome una sostanza inebriante, che rende l’andatura della formica lenta e incerta.
• Erodoto sull’uso della cannabis indica da parte degli Sciti, nel V secolo a.C.: «Raccolgono il seme di questa canapa, si mettono sotto le coperte e poi buttano i semi su pietre roventi; queste allora fanno fumo e danno un vapore caldo tale da superare quello di qualsiasi bagno di vapore, che serve loro da bagno: essi infatti assolutamente non si lavano mai il corpo con l’acqua».
• Il Codice di re Hammurabi, 1700 a. C., elenca rimedi analgesici e sedativi a base di essudato di papavero, sotto forma di unguento e di preparato per via orale o rettale. Tra l’altro per calmare il pianto dei bambini: «Si mescolino i grani della pianta spenn con escrementi di mosca, quindi si passi la miscela allo staccio e si somministri per quattro giorni: le grida del bambino cesseranno subito. Dovranno usarsi i semi del papavero immaturo e le capsule1.
• Per sottomettere i popoli conquistati i Romani ricorrevano al vino. Usato anche come moneta di scambio, per comprare uno schiavo ai Galli ne bastava un’anfora. Tacito a proposito dei Germani: «Non sono altrettanto temperanti quando bevono, se si favorirà la loro tendenza all’ubriachezza, somministrando a loro quanto bramano, saranno sopraffatti da questo vizio altrettanto facilmente che dalle armi» (La Germania).
• Nel 312 d.C. a Roma esistevano almeno 793 punti di vendita di oppio, più del 15 per cento delle entrate fiscali dell’Impero.
• Plinio il Vecchio proponeva l’oppio per chi decideva di suicidarsi: «Tra i doni che la natura ha fatto all’uomo non ve n’è di più grande di quello di poter scegliere di morire quando si vuole e che ognuno la possa somministrare a se stesso» (dalla Storia naturale, pubblicata intorno al 79 a.C.).
• Papa Clemente VII assumeva regolarmente oppio su prescrizione del suo medico personale Raimondo de Viviers.
• Sin dalla metà del II secolo d.C. a Roma e a Cartagine esisteva in ogni comunità cristiana una cassa alimentata dagli oboli dei membri destinata alle spese per ricevere gli stranieri (il dovere di ospitalità incombeva su tutti, ma in particolare su vescovi, diaconi e vedove).
• Saladino Ascolano, medico di corte del principe Giovanni Balzo Orsini di Taranto, suggeriva di stemperare l’odore aspro dell’oppio con l’aglio: «Si pesti un’oncia di oppio insieme a due spicchi di aglio, si distilli allora questo composto nel capello di rosa [un tipo di distillatore], il precipitato lo si faccia bere in silenzio, poiché esso provoca mirabilmente il sonno ed è senza odore» (dal suo Compendium aromatorium, 1450 circa).
• Insegnamento di Michele Scoto (1175-1234), maestro di alchimia, astrologia e fisiognomica, per indurre uno stato di narcosi prima dell’amputazione di un arto: immergere una spugna in una preparazione composta in parti eguali di oppio, guisquiamo e mandragora e applicarla sotto il naso del paziente per un certo tempo.
• Perfino Martin del Rio (1551-1608), gesuita dell’Inquisizione, ricorreva all’oppio come rimedio contro la stregoneria.
• Nel XIII-XIV secolo le truppe turche ricorrevano all’oppio per resistere alla mancanza di cibo e, sempre, prima di una battaglia.
• Nel XVI secolo, dopo aver decimato gli indios, gli europei deportarono dall’Africa 200 mila neri per assicurarsi manodopera a basso prezzo nelle miniere (6 milioni nel XVII secolo). La moneta di scambio più richiesta dai capi africani per vendere gli schiavi, l’acquavite: quattro o cinque litri per uno schiavo di ottima costituzione (tariffario fissato sulla costa del Dahomey: per un maschio adulto venticinque o trenta fucili, trecento litri di polvere o quattro-cinque barili di acquavite).
• La contessa Chincon, moglie del viceré del Perù, guarita da una febbre ricorrente grazie all’infuso della corteccia di un albero, chiamato in suo onore ”china”. Nel secolo scorso il suo principio attivo fu per questo chiamato ”chinina”.
• Affamati e contagiati dalle malattie importate dagli invasori, gli Incas abusarono della coca, arricchendo gli stessi Conquistadores, che avevano assunto il controllo delle piantagioni (stimata nel 1520 intorno ai 100 milioni, la popolazione del Sud America scese a 10-11 milioni nel 1600). Perfino il clero si allarmò e convinse la Sovrana Isabella a imporre una tassa sul commercio di coca: i ricavati andavano alla Chiesa. Diventata la fonte maggiore di reddito dei vescovi di Cuzco e Lima, alcuni missionari andarono predicando che la Vergine, durante la fuga in Egitto, mentre si riposava vicino a un albero, ebbe l’ispirazione divina di masticare alcune foglie di coca per rifocillarsi. Introdotte nella corte spagnola nel 1580, i dignitari trovarono le foglie troppo amare e così sgradevoli da convenire solo a dei selvaggi.
• Addiction. In inglese ”dipendenza”: dal latino addicere, termine giuridico per indicare la condanna a schiavitù del debitore insolvente.
• Nel 1918 nel Württemberg si prescriveva di fumare gambi e foglie di papavero per vincere il tabagismo.
• Intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento, in seguito a una forte campagna d’opinione contro l’alcool, in Irlanda si diffuse l’uso voluttuario dell’etere.
• Nel 1883 il medico tedesco Theodor Aschenbrandt fu incaricato di sperimentare la cocaina su alcuni soldati per farne uso nelle campagne millitari. Nella sua relazione il medico concluse che la sostanza aumentava l’energia dei soldati e la loro capacità di resistere alla fatica.
• Sigmund Freud. Consigliava alla fidanzata la cocaina contro l’anoressia: «Durante la mia ultima crisi di depressione ho ripreso la cocaina e una piccola dose mi ha magnificamente rimesso».
• Henri, "Le stagioni degli dei - Storia Medica e Sociale delle droghe", Raffaello Cortina Editore, Bari, 2001
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