Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 4 aprile 2005
Conosco - "Conosco, conosco" (il papa al cardinale Ruini che gli stava indicando Gianfranco Fini)
• Conosco. "Conosco, conosco" (il papa al cardinale Ruini che gli stava indicando Gianfranco Fini).
• Cardinale. Cardinale Pompedda, che impressione ha provato entrando nella stanza di Giovanni Paolo II per l’ultima visita?
"Il letto del papa stava quasi in mezzo alla grande camera. Un letto grande dalle coperte bianche. Tutto era bianco. Il Papa stava steso, adagiato su alcuni cuscini, un po’ girato sul fianco destro. Accanto a lui stavano due sanitari che armeggiavano con apparecchiature mediche e di fronte, su due poltrone, una suora e il segretario".
Cos’è successo?
"Il segretario mi ha presentato: ”Santo padre, il cardinale Pompedda” e lui ha rivolto gli occhi verso di me".
Come stava il papa?
"Aveva gli occhi un po’ socchiusi, ma non era addormentato. Quando gli è stato fatto il mio nome, ha aperto gli occhi del tutto".
E lei?
"Sono rimasto catturato dalla bellezza di quello sguardo sorridente. Voleva chiaramente che capissi che mi riconosceva".
Come ha reagito, eminenza?
"Mi sono inginocchiato a fianco del letto, ho appoggiato il mio braccio sul suo e piano piano gli ho detto cosa mi stava a cuore" (il cardinale Mario Francesco Pompedda a M.Pol.).
• Pazienti. "Pazienti affetti dalla malattia come quella del papa tendono a deglutire parte della saliva malamente. Una parte finisce nei polmoni. Un altro rischio sono le piaghe da decubito, per la prolungata permanenza a letto. La presenza del catarro costringe ad operazioni come la tracheotomia per tenere puliti i polmoni" (Gianni Pezzoli, presidente dell’Associazione italiana malati di parkinson, a Pierangelo Giovanetti).
• Morte. Questa morte celebrata in diretta mentre il papa è ancora vivo. giusto? eticamente giusto?
"L’inviolabilità della sfera privata, anche se chi muore è un personaggio pubblico, dovrebbe essere un tabù. Ma se un personaggio sceglie di trasformare questo accadimento ordinario (la morte) in un evento, allora il discorso cambia" (Fausto Bertinotti a Riccardo Barenghi).
• Fortuna. "La sua fortuna, ha detto Navarro-Valls, è consistita nel trovare un Papa che veniva dalla Polonia, da un contesto senza opinione pubblica, ”perché ciò che veniva pubblicato non veniva creduto”; e che quindi ha concepito quasi come un dovere storico scrivere, pubblicare, sottomettersi al giudizio della critica. E, naturalmente, offrire tutto se stesso ai media, come simbolo e come persona. Navarro-Valls ha preso alla lettera quel modo di inserirsi nel circuito dei media. Si è formato la convinzione che nascondere la verità non serve a nulla, anzi è controproducente in quanto alimenta dicerie e induce distorsioni. Che occorre ”coerenza nel linguaggio, rigore, verità”. Qualche tempo fa, allorché il morbo di Parkinson aveva preso a manifestarsi in tutta la sua inesorabile insidia, si era rivolto a Giovanni Paolo II con la trepidazione che il caso richiedeva: ”Santo Padre...”. Un momento di esitazione, prima di informare il pontefice che avrebbe potuto chiedere alle principali reti televisive di inquadrarlo solo attraverso una certa inquadratura, nascondendo così gli effetti della malattia. Il Papa aveva rifiutato con nettezza. Tutto, mostrare tutto, dire tutto, non nascondere niente. E dire tutto è diventata una delle risorse più raffinate di Navarro-Valls. Dire tutto significa consegnare con naturalezza all’informazione di tutto il mondo la notizia traumatica che ”il Papa ha un tumore al colon, va a ricoverarsi e verrà operato domattina alle sei”. Oppure: ”Il pontefice è caduto nel bagno e si è fratturato il femore”, per poi mostrare in sala stampa con altrettanta naturalezza la radiografia della protesi applicata dai chirurghi. Dire tutto è una tecnica sofisticata e difficile. Il secolare benevolo cinismo della curia aveva inventato agudezas scettiche come quella secondo cui i papi godono di una salute eccellente fino al giorno dopo la loro morte. Il ”dottor Navarro”, come lo chiamava Wojtyla nelle frequenti conversazioni in italiano a cena, ha infranto questi protocolli. è giunto a parlare con estrema naturalezza della malattia ”di origine extrapiramidale” del Papa, facendo capire in chiave tecnica che Giovanni Paolo II soffriva del morbo di Parkinson, senza che nessuno avesse mai accennato prima a questa diagnosi. Provocò uno scandalo nella gerarchia, dissolto da una schietta risata del Papa".
• Monsignore. Monsignore: "Santità, sta meglio ora di prima". Giovanni Paolo II: "Perché allora non si opera anche lei?" (al Policlino Gemelli dopo l’operazione al femore).
• A colori. "Non dimentichiamo che questo è stato il primo Papa della storia ”a colori”: Pio XII fu solo radiofonico, Giovanni XXIII prototelevisivo, Paolo VI in bianco e nero, ma il pontificato di Giovanni Paolo II coincide con la diffusione dello schermo colorato e l’esplosione di una comunicazione globale, spesso esasperata, dove era inevitabile che la Chiesa talvolta inciampasse" (Vittorio Messori).
• Rete. La rete Abc ha ottenuto per una cifra che rimane segretissima l’esclusiva sulla terrazza del Cavalieri Hilton, da cui si vede benissimo la cupola e il camino da cui uscirà la fumata bianca. Nbc, Antenna Tres (spagnola) e la Cnn dall’altra parte, sull’affaccio della Pontificia Università Urbaniana. La Cnn condivide con la Cbs anche una postazione sull’Atlante Star, albergo in via dei Vitelleschi alle spalle di Borgo Pio ("vista sulla cupola ottima, il resto un po’ meno"). La Cbs ha occupato pure la terrazza dell’Istituto delle Suore di Santa Maria Bambina in via Paolo VI, a sinistra del colonnato. Sta lì da cinque anni e adesso ha subaffittato un pezzo di terrazzo alla Tokyo Broadcasting Sistem. Costo dell’affitto: 150 mila o forse 250 mila dollari l’anno. "Venti metri più giù, la brasiliana Tv Globo. La casa degli agostiniani è presa dall’Aptn, network dell’Associated Press. Accanto, Mediaset. Oltre, su via delle Mura Aureliane, Sky e l’austriaca Orf hanno un intero terrazzo condominiale. Ma è via della Conciliazione la più ambita. Al 51, dalla sommità di Palazzo Cesi, trasmette il secondo canale della tv tedesca. Ospite dei Salvatoriani e del riserbo di padre Piete: ”C’è un contratto, la Zdf può usare quello spazio in esclusiva quando vuole. L’affitto? Mi dispiace, è segreto”. Di fronte, al 44, stanno gli studi della European Broadcasting Union, consorzio tv di 50 paesi, dall’India all’Oman. Peccato si scorga solo la cupola. Meglio la Rai: da Borgo Sant’Angelo, in fondo alla Conciliazione, si vede tutto. A fianco, lo spiazzo destinato alle postazioni mobili è una babele di media. Sta lì anche la Fox".
• Esprimersi. "...capace di esprimersi perfettamente in otto lingue, tra cui lo spagnolo imparato dopo l’elezione, è l’unico papa protagonista di un libro comico e che ha recitato in uno spot televisivo...".
• Televisione. "...la televisione satellitare Al Jazeera ha mandato a Roma un inviato e una troupe del Qatar a seguire l’evento...".
• Scelta. "...la scelta di voler comunicare una certa interpretazione del mondo che fa della sofferenza, la sofferenza fino alla morte, una parte dell’essenza umana. Parte che invece viene ideologicamente occultata, nascosta, anzi peggio, tradotta in patologia. Il nostro modello è quello del benessere sotto tutti i suoi aspetti, tutti dotati di corpi sani, belli, perfetti, capaci di esibirsi sui cartelloni pubblicitari. Il Pontefice invece mostra l’altra faccia, l’altro corpo. Ma non lo fa per contrapporre un’etica a un’altra, sbaglieremmo se ne dessimo una lettura secolarizzata. Dietro c’è il mistero, c’è Dio. C’è la croce. E anche in questo senso io considero questo Pontefice un militante" (Bertinotti).
• Legittimo. "...era legittimo combattere il sistema totalitario, ingiusto, che si definiva socialista o comunista. Ma è anche vero quello che dice Leone XIII, cioè che ci sono dei ”semi di verità” anche nel programma socialista. ovvio che questi semi non devono andare distrutti, non devono perdersi. Ci vuole oggi un confronto preciso e oggettivo, accompagnato da un vivo senso di discernimento. I fautori del capitalismo ad oltranza, in qualsiasi forma, tendono a misconoscere anche le cose buone realizzate dal comunismo: la lotta contro la disoccupazione, la preoccupazione per i poveri... Nel sistema del socialismo reale un eccessivo protezionismo dello Stato ha portato però anche dei frutti negativi. sparita l’iniziativa privata, si è diffusa l’inerzia e la passività. Ora, cambiato il sistema, la gente si è trovata senza esperienza, senza capacità di combattere in proprio, disabituata alla responsabilità personale. Al tempo stesso ci sono state anche delle persone intraprendenti che hanno subito dimostrato spirito di iniziativa economica, hanno saputo approfittare dell’iniziale sbandamento per arricchirsi, non sempre in maniera lecita e onesta. Gran parte di queste persone, per le ragioni che ho detto, sono membri dell’ex nomenclatura. Come si vede è molto difficile questo passaggio da un sistema all’altro. Anche i suoi costi sono molto alti: il dilagare della disoccupazione, della povertà e della miseria".
A Riga, durante il suo viaggio nei Paesi Baltici, Lei ha detto che c’è un ”nocciolo di verità” nel marxismo: una dichiarazione che ha sorpreso.
"Ma questa non è una novità. stato sempre un elemento della dottrina sociale della Chiesa, lo diceva anche Leone XIII e noi non possiamo che confermarlo. Del resto è anche quello che pensa la gente comune. Nel comunismo c’è stata una preoccupazione per il sociale, mentre il capitalismo è piuttosto individualista. Questa attenzione al sociale nei Paesi del socialismo reale, come ho accennato prima, ha avuto però un prezzo molto alto, pagato con un degrado in molti altri settori della vita dei cittadini".
A Vilno, sempre durante il suo viaggio nei Paesi Baltici, a proposito dello scontro fra comunisti e opposizione, Lei ha detto: ”Né vinti né vincitori”, purché i vinti, cioè i comunisti, ricordino che bisogna espiare le proprie colpe e dimostrare una conversione sincera. In pratica ha detto no ai comunisti riciclati?
"Sì, ho detto che devono convertirsi e fare i conti con il passato. Però è quello che non tutti vogliono fare né in Polonia né in altri Paesi".
Santo Padre, glielo chiedo con grande umiltà, ma quando io La sento parlare così come adesso, ecco, non riesco a capire, non posso evitare di pensare che Lei sia più contrario al capitalismo che al comunismo. questa l’impressione che Lei vuole dare?
"Io ripeto ciò che le ho detto finora e che è riassunto in un verso di un poeta polacco, Michiewicz: ”Non punire una spada cieca, ma piuttosto la mano”, cioè bisogna risalire alla causa dei fenomeni che viviamo. E secondo me, all’origine di numerosi gravi problemi sociali e umani che attualmente tormentano l’Europa e il mondo, si trovano anche le manifestazioni degenerate del capitalismo. Naturalmente il capitalismo odierno non è più quello dei tempi di Leone XIII. Esso è cambiato, ed è in buona parte merito anche del pensiero socialista. Il capitalismo oggi è diverso, ha introdotto degli ammortizzatori sociali, grazie all’azione dei sindacati. In alcuni Paesi del mondo, però, è rimasto nel suo stato ”selvaggio”, quasi come nel secolo scorso" (Giovanni Paolo II a Jas Gawronski).
• Bologna. "Perché una città ricca come Bologna vota sempre a sinistra?" (Giovanni Paolo II a Gustavo Selva).
• Risoluto. "Risoluto ed efficace nel combattere il comunismo. Giovanni Paolo II ha assistito a una progressiva scristianizzazione del mondo, di cui il capitalismo - una delle forze più rivoluzionarie e sradicanti della storia - è oggettivamente lo strumento, con la sua travolgente trasformazione della terra, della civiltà tradizionale e dei suoi valori. Per la prima volta dopo venti secoli, il Cristianesimo potrebbe essere assorbito e dissolto, volatilizzato, eliminato come le macerie da una ruspa. Questa consapevolezza ha gettato un’ombra di drammaticità dolente, quasi un senso d’impotenza, sul pontificato pur energico e trionfale di Giovanni Paolo II e ha dettato iniziative politiche contraddittorie, colpi a destra e a sinistra, apertura a Castro e appoggio a Tudjman, un anticapitalismo sferzante ma vago e dunque retorico, mosse infelici come l’iniziale simpatia verso la disgregazione della Iugoslavia presto foriera di tanto sangue e magnanime difese dell’umanità, mobilitazioni quasi demagogiche e sofferte testimonianze di altissimi valori che hanno aiutato credenti e non credenti a resistere agli idoli, ingerenze politiche indebite e regressioni a un invadente clericalismo per altri versi a lui estraneo, beatificazioni all’ingrosso e spettacolarità devozionali - come a Fatima - simili a karaoke, buone a riempire per qualche giorno le piazze ma non le chiese nella realtà quotidiana" (Claudio Magris).
• Santità. "Sua santità si è messo a roteare il bastone in una mano facendo l’imitazione di Charlot" (testimonianza di una ragazza di Tahiti).
• Condanna. "La condanna del preservativo poi, in un mondo dominato dall’Aids, la trovo assolutamente incredibile" (Adriana Cavarero, ordinaria di filosofica politica all’Università di Verona).
• Uomo. "Questo era un uomo che conosceva l’amore, conosceva le cantine, conosceva le miniere, conosceva la palestra, conosceva la cospirazione, l’arresto, la paura, l’allenamento, la preghiera costante, la scalata delle montagne, conosceva lo sguardo dei bambini e dei giovani, era l’uomo che si presentava come un rivoluzionario a Parigi e chiamava i giovani proprio a fare la rivoluzione, come ai tempi del jolie mai, il bel maggio del 1968, stavolta non per fracassare le vetrine e dar fuoco alle auto, ma per praticare l’amore, elogiare l’amore. Molti giovani lo presero veramente in parola e in un raduno simile avvenuto a Roma, con pernottamento nei sacchi, si registrò anche un inatteso passaggio dalla teoria alla pratica e non risulta che il Papa, un ferreo sostenitore dell’unità e dell’indissolubilità della famiglia, avesse niente, ma proprio niente contro l’uso della più divina creatura del creato, che è appunto l’amore fisico" (Paolo Guzzanti).
• Antico Testamento. "Ah, vedo che qui siamo nell’Antico Testamento" (Giovanni Paolo II in Africa di fronte a un re con otto mogli).
• Donne. "’...da parte di tutti, e in particolare degli stati e delle istituzioni internazionali, si faccia quanto necessario per restituire alle donne il pieno rispetto della loro dignità e del proprio ruolo” scriveva nella Lettera resa pubblica alla vigilia della Conferenza di Pechino nel 1995. A patto, potremmo aggiungere, che non venisse loro consentita la libertà di decidere del proprio corpo, di decidere se e quando essere madri. Questo è il limite che non si può valicare. La donna ha un valore insostituibile non in quanto uguale all’uomo e quindi degli stessi diritti (anche all’interno della Chiesa), ma in virtù della sua differenza. Una differenza e un ”genio” che risiedono proprio nella sua capacità di procreare, ”all’origine della specifica sensibilità femminile nei confronti della vita e della crescita umana”. Eppure, Wojtyla non appartiene a quel pensiero sessuofobico e misogino che nei secoli ha contraddistinto le posizioni della Chiesa Cattolica. Non gli appartiene la massima di San Girolamo che vuole ”niente di più immondo che amare la propria moglie come un’amante”. Al contrario. Egli riconosce e valorizza l’importanza dei rapporti sessuali, ne parla liberamente. Ai ragazzi, di cui si occupava da vescovo ausiliario di Cracovia, insegnava che ”la frigidità talvolta è conseguenza dell’egoismo dell’uomo che, cercando la propria soddisfazione, spesso in maniera brutale, non sa e non vuole capire i desideri soggettivi della donna né le leggi oggettive del processo sessuale che si svolge in lei”" (Miriam Mafai).
• Montanelli. Montanelli venne invitato a pranzo dal papa, che lo accolse tutto vestito di bianco "come se fosse abituato a vedermi da sempre", ma poi a tavola non toccò nulla, giustificandosi che poi aveva ancora da lavorare (dalle nove a mezzanotte). Il giornalista, mentre il pontefice lo osservava, prese un pezzetto di tonno in scatola, una sottiletta di mozzarella, una mela. C’erano Navarro-Valls, il segretario Dziwisz e "una monachina tutta attempata e bianca". "Quando ci alzammo da tavola, lui che c’era rimasto seduto quasi due ore a veder noi mangiare, mi accompagnò lungo il corridoio. Ma, passando davanti alla cappella, mi toccò il braccio e con qualche esitazione, come avesse paura di apparirmi indiscreto, mi disse: ”So che sua madre era una donna molto pia. Vogliamo dire una piccola preghiera per lei?”".
• Condanna. "La condanna della contraccezione e dell’aborto ha contrassegnato il suo pensiero che si è manifestato con sempre maggiore, terribile severità fino a negare il diritto di legiferare sulla materia ai Parlamenti liberamente eletti e a parlare dell’aborto come del nuovo moderno Olocausto" (Miriam Mafai).
• Comunismo/1. Lei si è battuto con energia e passione contro il comunismo. Ora nei Paesi che se ne sono liberati regna il degrado morale, si diffonde la droga, la prostituzione. Le capita mai di domandarsi se valeva veramente la pena sconfiggere il comunismo?
"Penso che sia sbagliato porre il problema in questi termini".
• Comunismo/2. "Il comunismo era stato sconfitto, ma sulle sue ceneri cresceva una società che non aveva più nulla di cristiano. ”Non abbiamo nessun bisogno di entrare in Europa” gridò nel suo discorso a Wloclawek. ”Quali dovrebbero essere i criteri dell’europeismo? Libertà? Che tipo di libertà? La libertà di togliere la vita a un bambino non ancora nato?”" (Miriam Mafai).
• Occidente. Da una parte quindi c’è l’Occidente sviluppato, ma come lei stesso osserva, troppo attento alle questioni economiche; dall’altra l’Europa ex comunista, che grazie alle sofferenze che ha patito dimostra tuttora una minore superficialità. Nel ravvicinamento fra queste due Europe, quale ha più da guadagnare?
"Ci sarebbe da riflettere quale ha più da perdere. Io non sarei re stio a sostenere che potrebbe perderci di più l’Est europeo, sotto l’aspetto della sua identità, perché l’Europa orientale, attraverso tutte le sue esperienze imposte dal sistema totalitario è maturata".
• Premonizione. Montanelli gli chiese se, partendo da Cracovia per il conclave, aveva avuto qualche premonizione del fatto che non vi sarebbe tornato. "Premonizione nessuna" rispose lui "non se ne hanno mai: le cose avvengono per volontà imperscrutabili. Posso solo dire che, partendo per il primo Conclave, quello di agosto (dopo la morte di Paolo VI, ndr.), ero molto turbato. Non so nemmeno io di che e perché. Ma ero turbato. Non lo ero invece per il secondo Conclave, quello di ottobre" (dopo la morte di papa Luciani). Montanelli dice che questa risposta lo lasciò interdetto: "Non riuscivo a capire bene. Aveva voluto dire che al primo Conclave era turbato perché sapeva che il suo nome circolava fra quelli papabili, mentre al secondo era sicuro che ormai la sua candidatura era stata accantonata? O viceversa?".
• Tramezzi. "Venivano tirati su tramezzi e approntati letti negli abbaini e nei sotterranei. Dormivamo nel palazzo apostolico in piccole celle ricavate con tavole di legno. Al conclave di papa Wojtyla la mia stanzuccia affacciava sul cortile del Belvedere".
Com’era fatta?
"Intelaiature molto semplici. Un lettino. E un piccolo tavolo, una caraffa d’acqua, un bicchiere, un crocefisso e un inginocchiatoio".
I servizi igienici?
"Erano in comune. Bisognava andare a lavarsi a turno. Tenevamo il pitale sotto il letto".
Il cibo?
"Arrivava nei piatti attraverso una ruota girevole. Lo stesso mezzo usato per inviare medicinali a chi ne aveva bisogno".
Quando è partito che cosa ha messo in valigia?
"Biancheria, spazzolino, dentifricio. Lo stretto necessario. Mica andavo a rinchiudermi lì per mesi. Sono finiti i tempi del medioevo, quando i conclavi si prolungavano molto. Adesso i conclavi durano pochi giorni".
Lei è un buon suonatore di chitarra. Ovviamente non poteva portarsela.
"Scherziamo?".
Lei era tra i papabili. Si ipotizzò che avrebbe preso il nome di Stefano X.
"Fantasie, Non si va lì con un accordo già preso. Le procedure per raggiungere una comunione di vedute sono complesse. un lavoro lento, si capisce un po’ alla volta chi è la persona sulla quale convergono le preferenze".
Come avviene la votazione?
"Ho bene in mente la scheda che portava la scritta in latino ”Eligo in Summum Pontificem” cioè eleggo come sommo pontefice, e sotto bisognava indicare il nome. La scheda aveva la grandezza di una normale busta, con una riga al centro lungo la quale andava piegata. Dopo averla compilata, andavamo a deporla in un calice. A una a una le schede scrutinate venivano poi inserite in un altro calice".
Era deluso quando le votazioni non davano il risultato necessario per l’elezione?
"Deluso no. Sapevo che alla scelta dell’uomo giusto si arriva a poco a poco. Nella nostra fede crediamo che in quei momenti una mano dall’alto ci guidi, lo Spirito Santo ci illumina per favorire una concordia generale" (Salvatore Pappalardo, 86 anni, che partecipò agli ultimi due conclavi, ma non sarà presente a questo).
• Sito. Sul sito del ”Corriere” la scheda dei 117 cardinali che compongono il Conclave.
• Composizione. "La composizione del Conclave, profondamente mutata nella sua geografia nazionale proprio da Giovanni Paolo II, si è radicalmente internazionalizzata. Il fatto che i cardinali italiani siano ormai in netta minoranza numerica non è però determinante per giudicare improbabile l’elezione di un Pontefice di tale nazionalità. Non solo per un’astratta regola dell’alternanza, peraltro inesistente neanche nella prassi, ma soprattutto perché un candidato nato nel nostro Paese potrebbe rappresentare una buona soluzione di compromesso tra le diverse ”anime” della Chiesa nel mondo. Una scelta che confermerebbe, tra l’altro, l’influenza crescente, negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II, di alcuni cardinali italiani, da Sodano a Ruini, da Re a Sepe. Sia nell’ipotesi di una loro diretta candidatura sia in quella di un ruolo di ”king-maker”, di grandi elettori. Se le divisioni fra gli italiani indebolissero la confluenza su un unico nome, la scelta potrebbe invece ritornare su un vescovo straniero e in questo caso, poco probabile una candidatura statunitense, la preponderanza numerica dei latino-americani indurrebbe a rivolgersi a quell’area geografica come primaria ricerca del candidato più favorito. Senza escludere alcune prestigiose figure di vescovi europei, come il viennese Schoenborn".
• Prima uscita. "La prima uscita davvero interessante di un ”papabile” sul futuro conclave è quella venuta ieri dal cardinale Claudio Hummes, 70 anni, arcivescovo di San Paolo del Brasile: ha detto che la Chiesa ha bisogno di un Papa che l’aiuti a condurre ”un serio dialogo con la scienza”, ad affrontare ”la sfida della povertà e dell’esclusione”, a continuare ”il dialogo con le altre religioni”.
Se si aggiunge la questione del decentramento e della ”collegialità” (cioè della partecipazione degli episcopati al governo della Chiesa, accanto al Papa), abbiamo le materie fatte valere da chi chiede passi in avanti, l’aggiornamento interno e l’uscita missionaria verso il mondo. Ma c’è anche chi è preoccupato del ”govern”, della ”dottrina” e della concentrazione sulle ”realtà spirituali”, che sarebbe stata danneggiata dalla dominante sociale del cattolicesimo contemporaneo: il campione di questa posizione potrebbe essere il cardinale Joseph Ratzinger, 77 anni, decano del collegio".
• Adesso. "E adesso? ”Adesso - dice il cardinale Walter Kasper, 72 anni, tedesco di Stoccarda, uno dei 118 porporati che tra pochi giorni entrerà in Conclave - non dovrà contare la geografia del mondo per scegliere il nuovo pontefice romano. Non dovrà contare affatto la geopolitica. Il nuovo Papa, innanzitutto, dovrà essere ”simpatico”, come lo è stato Wojtyla. Servirà questo alla Chiesa del futuro”. ”Vogliate capire quello che dico - spiega il cardinale -. Dovrà essere un Papa con una bella faccia, con un volto. Non importa che venga dall’America Latina, che sia tedesco, italiano o dell’Est europeo. Quello che importerà veramente è che sappia dialogare con i giovani, con la gente, come ha dialogato Wojtyla. Un Papa che parli anche con i documenti, certo, con i discorsi, con i libri, ma soprattutto che si mostri al mondo con la sua faccia autentica, con la sua sofferenza, con la sua vita umana. Questo voglio dire. Come Wojtyla. Un Papa che incarni, che testimoni direttamente il Vangelo”".
• Santità. "’Santità”, gli dissi ”voglio rassicurarla: di Comandamenti non ne abbiamo né tolti né aggiunti”. ”Vi ringrazio” rispose ”anche a nome di Mosè”".
Giorgio Dell’Arti stio a sostenere che potrebbe perderci di più l’Est europeo, sotto l’aspetto della sua identità, perché l’Europa orientale, attraverso tutte le sue esperienze imposte dal sistema totalitario è maturata".
• Premonizione. Montanelli gli chiese se, partendo da Cracovia per il conclave, aveva avuto qualche premonizione del fatto che non vi sarebbe tornato. "Premonizione nessuna" rispose lui "non se ne hanno mai: le cose avvengono per volontà imperscrutabili. Posso solo dire che, partendo per il primo Conclave, quello di agosto (dopo la morte di Paolo VI, ndr.), ero molto turbato. Non so nemmeno io di che e perché. Ma ero turbato. Non lo ero invece per il secondo Conclave, quello di ottobre" (dopo la morte di papa Luciani). Montanelli dice che questa risposta lo lasciò interdetto: "Non riuscivo a capire bene. Aveva voluto dire che al primo Conclave era turbato perché sapeva che il suo nome circolava fra quelli papabili, mentre al secondo era sicuro che ormai la sua candidatura era stata accantonata? O viceversa?".
• Tramezzi. "Venivano tirati su tramezzi e approntati letti negli abbaini e nei sotterranei. Dormivamo nel palazzo apostolico in piccole celle ricavate con tavole di legno. Al conclave di papa Wojtyla la mia stanzuccia affacciava sul cortile del Belvedere".
Com’era fatta?
"Intelaiature molto semplici. Un lettino. E un piccolo tavolo, una caraffa d’acqua, un bicchiere, un crocefisso e un inginocchiatoio".
I servizi igienici?
"Erano in comune. Bisognava andare a lavarsi a turno. Tenevamo il pitale sotto il letto".
Il cibo?
"Arrivava nei piatti attraverso una ruota girevole. Lo stesso mezzo usato per inviare medicinali a chi ne aveva bisogno".
Quando è partito che cosa ha messo in valigia?
"Biancheria, spazzolino, dentifricio. Lo stretto necessario. Mica andavo a rinchiudermi lì per mesi. Sono finiti i tempi del medioevo, quando i conclavi si prolungavano molto. Adesso i conclavi durano pochi giorni".
Lei è un buon suonatore di chitarra. Ovviamente non poteva portarsela.
"Scherziamo?".
Lei era tra i papabili. Si ipotizzò che avrebbe preso il nome di Stefano X.
"Fantasie, Non si va lì con un accordo già preso. Le procedure per raggiungere una comunione di vedute sono complesse. un lavoro lento, si capisce un po’ alla volta chi è la persona sulla quale convergono le preferenze".
Come avviene la votazione?
"Ho bene in mente la scheda che portava la scritta in latino ”Eligo in Summum Pontificem” cioè eleggo come sommo pontefice, e sotto bisognava indicare il nome. La scheda aveva la grandezza di una normale busta, con una riga al centro lungo la quale andava piegata. Dopo averla compilata, andavamo a deporla in un calice. A una a una le schede scrutinate venivano poi inserite in un altro calice".
Era deluso quando le votazioni non davano il risultato necessario per l’elezione?
"Deluso no. Sapevo che alla scelta dell’uomo giusto si arriva a poco a poco. Nella nostra fede crediamo che in quei momenti una mano dall’alto ci guidi, lo Spirito Santo ci illumina per favorire una concordia generale" (Salvatore Pappalardo, 86 anni, che partecipò agli ultimi due conclavi, ma non sarà presente a questo).
• Sito. Sul sito del ”Corriere” la scheda dei 117 cardinali che compongono il Conclave.
• Composizione. "La composizione del Conclave, profondamente mutata nella sua geografia nazionale proprio da Giovanni Paolo II, si è radicalmente internazionalizzata. Il fatto che i cardinali italiani siano ormai in netta minoranza numerica non è però determinante per giudicare improbabile l’elezione di un Pontefice di tale nazionalità. Non solo per un’astratta regola dell’alternanza, peraltro inesistente neanche nella prassi, ma soprattutto perché un candidato nato nel nostro Paese potrebbe rappresentare una buona soluzione di compromesso tra le diverse ”anime” della Chiesa nel mondo. Una scelta che confermerebbe, tra l’altro, l’influenza crescente, negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II, di alcuni cardinali italiani, da Sodano a Ruini, da Re a Sepe. Sia nell’ipotesi di una loro diretta candidatura sia in quella di un ruolo di ”king-maker”, di grandi elettori. Se le divisioni fra gli italiani indebolissero la confluenza su un unico nome, la scelta potrebbe invece ritornare su un vescovo straniero e in questo caso, poco probabile una candidatura statunitense, la preponderanza numerica dei latino-americani indurrebbe a rivolgersi a quell’area geografica come primaria ricerca del candidato più favorito. Senza escludere alcune prestigiose figure di vescovi europei, come il viennese Schoenborn".