Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
«Si pensava che la liberazione individuale costituisse il rifiuto sia dell’autoritarismo comunista di tipo sovietico sia di quello capitalista, di cui quest’ansia di libertà di pensiero sembrava la crisi finale
• «Si pensava che la liberazione individuale costituisse il rifiuto sia dell’autoritarismo comunista di tipo sovietico sia di quello capitalista, di cui quest’ansia di libertà di pensiero sembrava la crisi finale. Più tardi sarebbe stato invece chiaro che si era trattato di un’evoluzione, non di una sconfitta del capitalismo, già in rinnovamento, già allora dialogante con il computer (a noi ignoto), e già fuori da una prospettiva di classe in nome di una società dei servizi e del ceto medio. Una società in cui la scolarizzazione di massa avrebbe prodotto, invece che frammentazione e oppressione, un’identità liberale sul terreno sociale, attentissima ai diritti individuali e cultrice del benessere. Senza più neppure un pensiero per la rivoluzione». (Lucia Annunziata)
• «Dire che la strage era di Stato, che Pinelli era stato assassinato, offriva nel terrore e nell’emozione di quel clima, nei lunghi anni delle stragi - da Piazza Fontana, a Brescia, all’Italicus - una chiarezza che suonava non solo politica ma anche etica. Invece un Pci che dopo piazza Fontana fa eleggere Leone sprecando i propri voti appariva - a chi non fosse sofisticato politicamente o perfettamente allineato al modo di ragionare del Pci - mosso da un cedimento etico, prima ancora che politico».
• «...il nuovo frontismo gramsciano sostenuto dal ”manifesto”, che lavorava a diventare il tratto d’unione fra il radicalismo edella sinistra estrema e la rassegnazione del Pci; la rivoluzione sociale di Lotta continua; lo scontro frontale di Potere operaio. Ma tutte - abbastanza vaghe - passavano per il collasso del Partito comunista».
• Il 17 maggio 1972 viene assassinato Calabresi. Lotta continua scrive che non è possibile «tacere quella verità che abbiamo sempre detto ad alta voce: che Calabresi era un assassino... L’omicidio politico non è certo l’arma decisiva per l’emancipazione delle masse così come l’azione armata clandestina non è certo la forma decisiva della lotta di classe nella fase che attraversiamo. Ma queste considerazioni non possono assolutamente indurci a deplorare l’uccisione di Calabresi, un atto in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustizia».
• «L’eroina dilaga, dai diecimila tossicodipendenti del 1976 ai sessantamila del 1978».
• L’autunno del 77, «autunno fannullone - con Roma al centro di questo cullarsi. Il mondo dorato della sinistra extraparlamentare, molti figli di borghesi, molti ormai avviati alle professioni, che invece di discutere, studiare e fare assemblee, approdano al ”giro, vedo gente, faccio cose”».
• Berlinguer sosteneva che l’austerità «non era una politica di livellamento verso l’indigenza ma uno strumento per instaurare giustizia: certe rinunce e certi sacrifici dovevano essere letti come un atto rinnovatore e al tempo stesso un atto liberatorio per grandi masse».
• «Il Psiup, dopo lo scarso successo elettorale del 1972 (1,9 per cento) ribattezzato "Partito scomparso in un pomeriggio"».
• «Il 77 fu l’anno in cui tutta la violenza maturata in Italia negli anni precedenti arriverà al suo culmine».
• Il 21 gennaio 1977 passa alla Camera la legge sull’aborto.
Il 18 gennaio 1977, ucciso Re Cecconi.
• Nel 1977 l’Università di Roma aveva 120 mila iscritti. Il ministro della Pubblica Istruzione era Franco Maria Malfatti, che abolì la liberalizzazione dei piani di studio («mi faccio gli esami che mi pare»).
• «I raid dei fascisti del Msi all’università e le violenze dei provocatori cosiddettai ”autonomi” sono due volti della stessa realtà» (Ugo Pecchioli, ministro degli interni del Pci, sull’Unità del 3 febbraio).
• Giornalisti processati di regola dal movimento: Duccio Trombadori dell’Unità, Lucia Visca (Bugia Visca) di Paese sera. Professori. Asor Rosa, Ferrarotti aggredito a Magistero che si rifugia in una profumeria, ecc, Rosario Romeo. Contestato anche Antonello Trombadori.
• febbraio si tiene il primo vertice sull’ordine pubblico, e la Dc annuncia una riforma del codice penale che prevede la chiusura dei covi e processi per direttissima per chi viene trovato armato. A ruota il Pci mostra il suo senso di responsabilità istituzionale rilanciando una sfida ancora più chiara: prende su di sé il compito di sgombrare l’università, sostenendo come ”una necessità politica e democratica" la ripresa delle attività didattiche e scientifiche
• Massimo D’Alema era stato mandato dal partito a fare il segretario della Fgci. Walter Veltroni era segretario della Fgci romana.
• «Il corpo come elemento non di pura efficienza è il vero atto rivoluzionario che il ’77 estrapola dal ’68 e ne fa strumento contro lo stesso ’68. Il corpo come diritto, come soddisfazione, come partecipazione, come soggetto, non più solo come oggetto»
• «Il mondo comunista pensa che la politica e la rivoluzione siano fatica e dovere. Il discorso di Berlinguer sui sacrifici e l’austerità è l’espressione di una visione della vita in cui la rivoluzione è soprattutto riduzione, restringimento, sacrificio - laddove questa nuova generazione vuole la rivoluzione non tanto per godere quanto per ”espandersi”. Da qui le spese proletarie come un diritto, la droga, il cinema gratis, la musica gratis, soprattutto il rifiuto del lavoro come elemento di sacrificio e inquadramento della classe operaia».
• «Nuovi soggetti insubordinati si presentavano nelle piazze ma - ciò che più importa - anche e soprattutto sulla scena della lotta di classe, nelle fabbriche come nei nuovi territori produttivi. Nuovi bisogni, dicevano i filosofi - il materialista traduce un nuovo altissimo prezzo della forza-lavoro. Nuovi desideri, dicevano i poeti - il materialista traduce un’implacabile desiderio di comunismo» (Toni Negri).
• «La popolarità della P38, nella sua forma reale e figurata (le prime tre dita della mano destra a formare una pistola) costituisce in sé la storia del fascino esercitato da Autonomia sui giovani. Per esteso questa pistola si chiama Walther P38, arma semiautomatica tedesca del 1938, frequentemente usata dai partigiani che la sottraevano ai militari tedeschi uccisi. Lo slogan che la lancia, ”Poliziotto fai fagotto, arriva la compagna P38” è del 1975, ma l’arma si materializza davvero a Roma - dopo tante evocazioni nei cortei - durante gli scontri del 12 marzo».
• «Il 77 è la stagione dell’odio [...] Senza odio non si sarebbero potute fare le cose che si fecero - e di cui la prima e più irresponsabile fu pensare che impugnare una pistola, dopo tutto, fosse un atto ”comprensibile».
• «Alla morte di Lorusso, come prima reazione, Zangheri critica le forze dell’ordine anche se decide di tenere gli studenti lontani da Piazza Maggiore. Il giorno seguente, con un voltafaccia clamoroso, si corregge dopo un lungo colloquio con il questore: "Siete in guerra e non si può criticare chi è in guerra". E’ troppo vedere, oggi come allora, lo zampino del ministro degli Interni e del Pci in questo cambiamento d’opinione?»
• «Il rapporto di questo coacervo (i movimenti extraparlamentari di sinistra) con la politica è estremamente difficile: non è casuale che almeno la grande massa abbia rifiutato qualsiasi delega di direzione a qualsiasi partito e gruppo politico, cercando una propria identità pre-politica o trans-politica, che in alcuni momenti diventa qualunquismo puro e in altri un tentativo, sia pure ingenuo, di individuare da sé una strategia di movimento, contrapposta alle istituzioni, a tutte le istituzioni» (Alberto Asor Rosa, l’Unità 11/2/77).
• 12 marzo 1977, «il singolo giorno di maggior violenza nella storia del paese».
• «La violenza allora era molto glamour» (nel 1977)
• Gli "idraulici", cioè il servizio d’ordine di Lotta continua così chiamato per la sua passione per i tubi di ferro e le luccicanti chiavi inglesi Hazet 36.
• Nel 1977 Lotta continua voleva controllare la violenza con metodi non autoritari.
• Slogan: «Lc non è qui, bacia il culo alla Dc» (1/5), «Il Pci/non è qui/ non sa andare sugli sci/ anzi no, fa di più/ resta chiusi negli igloo», «Tutta questa neve/ porca vacca/la manda giù Cossiga/d’accordo con Bernacca» (30 marzo, Bologna, manifestazione sotto la neve), «Cossiga, prenditelo in culo» (Roma, piazza del Popolo, 12 marzo 1977), «Magri scemo/guarda quanti semo» (Lucio Magri leader di Pdup).
• Nel 1977 il gruppo Zut creò il Cdna (Centro diffusione notizie arbitrarie), incaricato di diffondere notizie inventate di sana pianta capaci talvolta di produrre eventi veri.
• 1977, passione per la fotogenia di sé
• «Nell’agosto 1977 il vulcanico Renato Nicolini dà vita alla rassegna cinematografica dellestate romana, nella Basilica di Massenzio»
• Scritte. «Qui c’era un carruba, il compagno Lorusso è stato vendicato» (scritta apparsa vicino alla chiazza di sangue lasciata dal carabiniere Settimio Passamonti, ucciso all’università di Roma da un colpo alla nuca, 21 aprile 1977), «Bologna, migliaia e migliaia complottano alla luce del sole» (titolo del quotidiano "Lotta continua" in risposta a un’intervista di Giancarlo Pajetta al Corriere della Sera in cui sosteneva che gli autonomi erano il risultato di un complotto fascista. Il Corriere titolò il pezzo: «Anche il fascismo cominciò con la marcia su Bologna». L’Unità aveva raccolto tutti gli articoli imperniati sulla tesi del complotto in un libro intitolato Il complotto di Bologna), «Kossiga=Pekkioli=SS» («Il Pci li indicava come violenti e Kossiga li picchiava»); «Lama boia»;
• «Chi può affermare che un sanpietrino non fa arte? Può servire De Gregori? Non ho dubbi: che cominci però anche lui a prendere le pietre, a guardare come sono fatte e a lanciarle. Irrobustisce il bicipite e l’accordo di chitarra si strappa più duro» (Ivan Della Mea).
• «Sta nel fondo dei tuoi occhi/sulla punta delle labbra/sta nel mitra lucidato/nella fine dello Stato/nella gioia e nella rabbia/nel distruggere la gabbia/nella morte della scuola/nel rifiuto del lavoro/nella fabbrica deserta/nella casa senza porta...» (parole della canzone "Ma chi ha detto che non c’è" di Gianfranco Manfredi)
• «Signore, perdona loro perché sanno quello che fanno» (dalla rivista del 77 "Il cerchio di gesso")
• «Quel 12 marzo 1977 ero fuori dallo studio di Rossana [Rossanda], in fondo al lungo corridoio della redazione del "manifesto". Rossana arrivava in ufficio presto e andava via tardi. Quella stanza era il suo buco dentro la vita. Ne usciva pochissimo, e pochi vi entravano, perché lei era gelosa dell’intimità dei suoi scritti cui lavorava spesso a mano, dei fogli che girava quando qualcuno entrava, con pudore, gelosa persino dei libri aperti che consultava e che chiudeva rapidamente quando si apriva la porta. Era bianchissima già allora [...] Aveva già il collo piegato dalle ore di lavoro, occhiali che sollevava sulla testa. Solo il rosso delle labbra era sempre impeccabile. Indugiavo fuori della porta semiaperta. Essere chiamati in quella stanza non era mai un’esperienza tranquillizzante. Anche se si trattava di lodi, arrivavano sempre in forma severa, senza sconti. E spesso di lodi non si trattava affatto».
• «Un altro giornalista ha vita dura a Roma nel 77. Paolo Mieli, poi direttore del "Corriere della Sera", già allora con le stimmate del predestinato al grande ruolo. Mieli era com’è oggi: figura borghese, incline a vestire ordinati pulloverini, calvizie e una leggera pinguedine. Intelligente, carismatico. Scrives ull’"Espresso", ma è già a quell’incrocio che lo caratterizzerà tutta la vita, fra molte sensibilità e carriere: è parte del brillante gruppo di storici cresciuto intorno a Renzo De Felice, è amico di Colletti, professore che il movimento attacca, ma anche grande intellettuale della sinistra, conosce bene la politica extraparlamentare per un distante interessamento a Potere operaio. Tutto nella sua formazione lo porta a scontrarsi col Pci, di cui non ama l’autoritarismo, e di cui denuncia soprattutto lo spirito di setta, il richiamo del Gulag. Un imprinting ideologico che lui vede ben rappresentato nel segretario della Fgci, Massimo D’Alema [...] Mieli è contro il Pci, conosce bene il mondo extraparlamentare, conosce Roma e la politica come il palmo della sua mano, è pienamente dentro la movida del movimento che tiene la città impegnata fra riunioni, comizi e sabati sera in pizzeria. Cosa non va in lui?
Nemmeno Mieli viene infatti risparmiato dal processo popolare: durante un’assemblea agitata di quella primavera, è arrivato come al solito a vedere di persona e siede nell’ultima fila in alto dell’emiciclo. Qualcuno da quella ressa in basso lo riconosce e comincia ad urlare "Mieli, spia, spia". Tutti gli sguardi si rivolgono verso di lui, e l’urlo diventa un coro: "Spia, spia". Mieli si alza in piedi, con il suo mezzo sigaro in mano, e rimane a prendersi gli insulti, fermo, con un mezzo sorriso stampato sul viso. Che cosa dunque non andava bene in lui? Era contro il Pci, è vero. Ma le sue amicizie con gli intellettuali dell’Università non erano giuste: e poi nei suoi articoli parlava troppo di prevaricazioni, e non si capiva con chi cavolo fosse schierato».