Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 12 settembre 2004
Dalla famiglia alla religione, dalla politica e dalla storia all’amore e ai giochi, dalle paure alla morte, nulla sfugge agli occhi curiosi dei bambini e al loro tentativo di capire e giudicare il mondo
• Dalla famiglia alla religione, dalla politica e dalla storia all’amore e ai giochi, dalle paure alla morte, nulla sfugge agli occhi curiosi dei bambini e al loro tentativo di capire e giudicare il mondo. I loro pensierini tratti dai quaderni fanno sorridere («da grande vorrei essere una mosca», «certo, se potessi scegliere mi piacerebbe fare il Duce, non il Duce d’Italia, ma il Duce della mia classe») e al tempo stesso riflettere («Hitler è buono, vuol bene all’Italia»). Queste argute e fantasiose osservazioni fatte dai banchi di scuola rappresentano uno specchio reale della società italiana del ventennio e del primo dopoguerra.
Lo stato in chiesa
Sotto il Regno di Vittorio Emanuele terzo si effettuò la concigliazione. Da allora lo Stato va in chiesa.
Pina F., classe III, Forlì, 1931
• Lampadine e catene.
Gli italiani appena arrivano, posano per terra strade e lampadine. Gli schiavi portano grossi pesi e qualche catena. Alla sera si mettono a piangere e pensano: quando arriverà il comandante Starace?
Teresa G., classe III, Parma, 1931
• Attenzioni.
Delle volte strappo le pagine ai quaderni, ma in tempo di sanzioni non le voglio strappare più. Voglio essere una brava Piccola italiana.
Lina S., classe IV, Firenze, 1935
• Tucul.
Siccome sono barbari gli Abissini dicono le brutte parole, dicono tucul.
classe III, Milano, 1935
• Sogno.
Nel mio sogno eravamo in classe e tutte le mie compagne mostravano i balocchi ricevuti in dono. E io ero tutta rossa mi veniva da piangere perché non avevo avuto nemmeno un pezzo di requilizia. Allora la signora maestra ci fece alzare tutte sull’attenti perché ci veniva a trovare il Duce. E il Duce si fermò davanti al mio banco e mi disse: Ma come, Anna, tu sei una brava piccola italiana e piangi? E allora gli raccontai dei balocchi e il Duce tirò fuori da un sacco che non avevo visto una bambola bellissima con tutti i vestitini e il ferro da stiro. Poi il Duce non c’era più ma io mi tenevo stretta i suoi regali.
Anna T., classe IV, Parma, 1936
• Quasi sempre muoiono.
Gli aeroplani buttano le pompe e quasi sempre gli abissini muoiono.
Luciana B., classe II, Bologna, 1935
• La battaglia alle mosche
Per la nostra battaglia alle mosche noi a casa prendiamo la sciucamana e cacciame le mosche con la porta chiusa.
Mariateresa A., classe I, Potenza, 1935
• Troppi denti.
Gli abissini hanno molti denti e devono mangiare molto. Hanno la pelle pesante.
Gabriella R., classe III, Parma, 1936
• Littoria e pomezia non bastano
Il Duce ha fondato cinque città: Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia, Pomezia. La mia madre non mi vuole accontentare di farmi la divisa di Piccola Italiana.
Antonietta G., classe III, Arezzo, 1935
• Crepare d’invidia.
Io al Duce darei tutto, fino anche il sangue e il mio orologino doro, per fare rabbiare d’invidia l’Inghilterra.
Luciana B., classe II, Bologna, 1935
• Am-ba-ra-dam
Giù nel cortile un maestro di quinta fa marciare i suoi balilla senza dire uno-due-uno-due. Ma Am-ba-ra-dam, am-ba-ra-dam per ricordare la nostra vittoria sulla Amba aradam.
Armando R., classe IV, Parma, 1937
• Noi duranteremo!
Il signor Direttore ci ha mostrato una scritta del Duce: la mia parola d’ordine è un verbo: durare. Duce, tu lo vuoi e noi duranteremo.
Giacomo R., Calcinaia (Pi), 1937
• Hitler è un pezzo di pane.
Hitler è buono e vuol bene all’Italia.
Romano D., classe III, Firenze, 1938
• Chi ha inventato la rana?
Il mondo si meraviglia che gli italiani inventano tutto, specialmente Marconi che ha fatto l’aradio e Galvani che ha scoperto la rana.
Ettore C., classe III, Bologna, 1940
• Il panchetto del duce.
Il Duce è arrivato su una lunga auto nera scoperta. Mussolini era in piedi con il braccio teso nel saluto romano. Per un momento ho avuto l’impressione che il suo sguardo si posasse su di me, e ho sentito dei brividi nella schiena, mentre rullavo sul mio tamburo a più non posso ho allungato il collo e ho visto che il Duce aveva sotto gli stivali un panchettino, come quello che usa mia nonna quando fa il cucito. I miei camerati dicono che mi sono sognato.
Piero B., classe V, Parma, 1942
• Il riso non abbonda.
Io sono sicuro che vinceremo perché i nostri alleati i Giapponesi si accontentano di un riso al giorno, mentre gli americani vogliono soltanto ballare.
Sergio Z., classe IV, Parma, 1942
• Fare il nipponico.
I giapponesi quando fanno i nipponici vincono tutti i giorni.
Ernesto C., classe II, Brescia, 1942
• Banditi.
Un mio amico ha raccontato che il suo treno è stato fermato a Pontremoli dai banditi con i fazzoletti in faccia, ma che loro gridavano che non erano banditi. Però il maestro ha confermato che erano banditi.
Carlo M., classe V, La Spezia, 1944
• Tutti contro tutti.
Per conquistare la libertà l’Italia ha dovuto combattere tutti, anche i tedeschi, anche gli americani, anche gli inglesi, anche gli italiani.
Alfredo P., classe III, Trento, 1947
• La volpe e il Re.
Il Re fu fermato da un contadino che, non conoscendolo, lo supplicò di ammazzargli la volpe malandrina. Il Re ci riuscì e il contadino gli diede uno scudo. Il Re disse: «Sono i primi denari, che ho duramente guadagnato».
Armando N., classe IV,
Sesto Fiorentino (Fi), 1953
• Maramao è una brutta canzone.
Mia sorella copia sempre il Triolescano quando canta maramao perché sei morto, che è una canzone brutta. Intanto non si fa maramao a uno che è morto, poi i gatti non mangiano l’insalata nell’orto se non quando lo fanno per purga.
Nicolina S., classe III, Padova, 1943
• Come Alida Valli.
Quando sarò grande vorrò fare l’Alida Valli quando è dentro nei film, però non lo so se quando sarò grande sarò così bella e caso mai bisognerà sentire Amedeo Nazzari.
Anna P., classe III, Reggio Emilia, 1940
• Il negus.
Stamane durante la lezione il mio Signor Maestro è andato alla lavagna e, preso il gessetto, si accingeva a scrivere dei numeri, quando si è dovuto fermare, perché dal soffitto pioveva misteriosamente dell’acqua. Il mistero era un buco. Il mio Signor Maestro, dovendo ancora scrivere qualche cosa, ritornò alla lavagna con l’ombrello. A quella vista mi è venuto in mente il Negus, ma attenti a non confondere, perché il nostro Signor Maestro non assomiglia certo a quell’individuo.
Alberto S., classe IV, Bologna, 1936
• Grazie al federale.
Ieri il Signor Maestro ci distribuì le pagelle e io fui contento. Però il Signor Maestro ci avvertì che il merito era di Sua Eccellenza il Federale che aveva detto di darci dei bei voti per far contenta l’Italia.
A.C., classe IV, Firenze, 1941
• Stranieri macacchi.
Stamane osservavo un nuvolo di forestieri in estatica contemplazione delle gallerie degli Ufizzi e pensavo fra me: Brutti macacchi! Restate pure a bocca aperta, che tanto le belezze che ha l’Italia nei vostri paesi non ve le sognate neppure! Io non ce l’ho con loro ma con Napoleone che ci portò via il tetto del Panteon in oro massiccio. Se non fosse perché questi stranieri ci portano soldi per il commercio io non ne lascerei passare nemmeno uno.
Luciano F., classe III, Firenze, 1935
• Botanica.
I fiori si dividono in fiori maschi, fiori femmine e fiori che non danno a vedere.
Lina T., classe III, Modena, 1932
• Visita didattica.
Le mosche mi piace infilarle con uno spillo sulla porta del gabinetto. L’ho imparato nella visita scolastica al museo.
Antonio C., classe IV, Bari, 1953
• Palo.
Io mi spiace dirlo non amo gli alberi spiegati dal maestro come sarebbero le querce, i cipressi, i salici, che però sono belli. Il mio albero preferito è il palo che sta sulla provinciale davanti casa mia che va a Montechiarugolo. Io ci metto un orecchio sopra e lo sento parlare che è proprio vivo e ci passano le voci di tutti quelli che telefonano anche se non le riconosco. Mi piacerebbe un giorno parlare nel telefono e correre al mio palo per sentire se passa la mia voce.
Gianni C., classe IV, Parma, 1932
• Due carriere.
Io da grande farò il santo o il formaggino.
Lino P., classe IV, Cernusco, Milano, 1939
• Ortiche eroiche
Io ammiro le ortiche perché sono come soldati che difendono le loro terre e non danno le confidenze. E poi hanno un verde incupissimo che sembra un verde maschio.
Renzo M., classe III, Arezzo, 1941
• Farò il Duce.
Certo che se proprio potessi scegliere mi piacerebbe fare il Duce. Non il Duce d’Italia, ma il Duce della mia classe. Allora comanderei a tutti i miei compagni e vorrei fare leggi sempre giuste. La Signora Maestra non conterebbe più e nemmeno la Signorina Direttrice. Ma no, mi dispiacerebbe. A loro due le farei colonelle.
Ennio T., classe III, Firenze, 1937
• Mare.
Il mare è molto utile all’uomo perché dal mare l’uomo estrarrà i pesci e l’elettricità. Quando si dice penisola è bagnata soltanto un po’ invece l’isola è tutta dentro l’acqua.
Lucio P., classe III, Bologna, 1935
• Sandocan.
A me piacerebbe diventare Sandocan e fare tanta caciara da spaventare tutti gli inglesi.
Enrico M., classe IV, Roma, 1941
• Non ci badare.
Caro soldato Rustignoni, non curarti dell’Inghilterra. (Lettera ai combattenti)
Cosimo R., classe IV, Ravenna, 1936
• Se conquisti, scrivi.
Caro soldato Brusighini, appena conquisti qualcosa, scrivicelo. (Lettera ai combattenti)
Edda D., classe III, Reggio Emilia, 1936.
• signore salva l’italia del duce
Alla sera si dicono le preghiere e si dice: Signore salva l’Italia, l’Italia del Duce.
Ernesto C., classe II, Brescia, 1942
• Caccia al negus.
Caro soldato Fucaretti, ogni sera prego San Francesco di Sales che ti faccia acchiappare il Negus.(Lettera ai combattenti)
Elide C., classe IV, Bolzano, 1936
• Le apparizioni di Mussolini.
Dicono che il Duce molte volte appare dove meno lo aspettano e allora quando volto una strada chiudo gli occhi e mi dico: «E se apparisse qui adesso in questa strada nuova?».
Gisella B., classe IV, Sant’Ilario d’Enza, Reggio Emilia, 1934
• La conquista degli Abissi(ni)
Come mi piacerebbe essere Sua Eccellenza Pietro Badoglio! Vincerei tutti gli Abissi.
Amedeo G., classe IV, Firenze, 1936