Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
ìI Lanzichenecchi. La loro storia e cultura dal tardo Medioevo alla guerra dei Trentíanniî
• Fin dalla metà del XII secolo è evidente che il futuro degli eserciti è dei mercenari. Nel 1166 e nel 1174 l’imperatore Barbarossa, nel suo scontro con Papato e Lega Lombarda, costretto ad agire con rapidità e bisognoso di immediato successo militare scese in Italia con un esercito messo insieme in fretta e furia avvalendosi di mercenari, emancipandosi così dalla dipendenza nei confronti delle leve feudali offerte dai principi tedeschi. I mercenari che costitutivano l’esercito imperiale erano cospicui contingenti di Brabanzoni, temute compagnie stabili provenienti dalle Fiandre e dal Brabante, le regioni a maggior sviluppo preindustriale del regno di Francia e del ducato di Lorena. Si trattò di una legittimazione di principio ai liberi mercenari. Altri mercenari dell’epoca erano quelli provenienti dalle meno sviluppate regioni dei Pirenei, come aragoneneses, navarii, bascoli.
• Le truppe mercenarie erano, per definizione, truppe di fanteria, contrapposte all’allora modello dominante del cavaliere di stampo feudale. Caratteristiche del nuovo modello militare erano la mobilità e il basso costo di equipaggiamento, da contrapporsi alle spese sostenute dai cavalieri per armatura, cavalcatura, scudieri, assistenti ecc. La fine dell’epoca militare dei cavalieri può segnarsi nella battaglia di Courtray (Kortryk), città fiamminga sulla Lys, combattuta l’11 luglio 1302 tra borghesia e nobiltà fiamminga da un lato e l’esercito francese di Filippo il Bello dall’altro: i combattenti a cavallo francesi si scontrarono con una falange fiamminga lunga seicento metri composta da borghesi sopratutto ma anche nobili e cavalieri scesi da cavallo e unitisi alla truppa a piedi armata di lance ed alabarde contro le quali si infransero gli assalti dei cavalieri francesi, ostacolati dalle pesanti armature. La vittoria fiamminga fu ottenuta grazie alla fiducia in sé della borghesia ed all’atteggiamento pragmatico della nobiltà. I settecento speroni dorati del bottino, strappati ai cavalieri francesi sconfitti, diedero alla battaglia il nome di bataille des éperons d’or . Da allora in poi nulla fu più come prima ed in Europa le battaglie furono combattute dalla fanteria.
• Il nuovo modello militare mercenario che porterà ai Lanzichenecchi proviene dalle vallate della Confederazione svizzera e delle Tre Leghe Rezie. Nel 1315, nella battaglia di Morgarten, 4.000 contadini sconfissero un esercito asburgico composto di cavalieri: la battaglia, descritta come una carneficina, fu decisa anche dall’abile sfruttamento del territorio da parte delle truppe contadine che gettarono i lenti cavalieri con lancio di sassi e tronchi dall’alto per poi finirli con le alabarde mentre questi erano in preda ad una generale confusione. Nel 1386 gli eserciti asburgici di vecchio stampo, a Sempach, in campo aperto, subirono una catastrofica sconfitta. La massa quadrata irta di lance era di gran lunga superiore sia ai cavalieri asburgici che alle loro truppe appiedate.
• Esercitazioni militari nelle vallate erano abituali da molto prima di quanto le fonti non possano documentare, che menzionano la prima volta un obbligo militare nel 1362. Il canto del cigno per gli eserciti di cavalieri fu nel 1476-77 con le sconfitte degli eserciti di Borgogna, massima espressione del modello militare nobile dei cavalieri.
• I mats erano i veri esponenti del modello militare delle leghe contadine. Nella cumpagnia de mats erano riuniti sotto il capitan tutti gli uomini non sposati della comunità del villaggio. La compagnia era un’associazione maschile con pratica costante di combattimento ed un armamento migliore della media dei fanti di leva. I Kriegsgurgeln erano liberi armati delle Tre Leghe: elementi instabili, ribelli, imprevedibili nella società del tempo, sempre pronti a dare dimostrazioni della loro forza, indisciplina e selvatichezza nei confronti delle autorità. Erano dei ”fuori legge” ma al tempo stesso dei combattenti d’élite fra gli armati delle leghe.
• I mercenari montanari svizzeri erano coscienti del loro valore sul campo di battaglia: ”niente denaro niente svizzeri” dicevano i reclutatori del tempo, e questi montani bestiales come venivano definiti pretendevano già mezzo fiorino in più dei non svizzeri. Se poi il soldo veniva a mancare, abbandonavano il campo o cambiavano fronte.
• Altra rivoluzione militare che modificò gli eserciti europei fu quella derivante dalla Rivolta Hussita in Boemia. Nel 1420 a Pilsen, seguaci entusiasti del riformatore ceco Jan Hus, capitanati dall’ex mercenario Jan Zizka di Trocnow, fondarono la città ”biblica” di Tabor: qui Zizka organizzò i radicali taboriti che divennero l’élite militare e fanatica dell’hussitismo. Nacque una nuova tecnica militare: i carri delle salmerie, corazzati, vennero messi in posizione formando una barriera contro la quale si nfrangevano gli assalti nemici. Vennero inoltre create compagnie armate uniformemente di moschetti e furono utilizzati cannoni ad affusto mobile, quindi velocemente trasportabili.
• La prima apparizione del termine Lanzichenecchi risale al 1480, e fu utilizzato per indicare le truppe utilizzate da Massimiliano di Asburgo Lorena per rimpiazzare i fanti svizzeri e delle Fiandre sino ad allora utilizzati, la scelta cadde su truppe mercenarie della Germania meridionale. Con il termine landtsknechten o lansquenetes (nella grafia francese) i cronisti contemporanei indicano truppe di fanti che combattono con lance lunghe alla maniera svizzera, ma anche con alabarde e moschetti, e che vengono dalla Germania Meridionale, differenziandosi dalle truppe dei territori settentrionali. Questa fanteria combatte in formazioni quadrate irte di lance e non ha scudi, in genere è poco equipaggiata di strumenti difensivi, usa i carri corazzati come difesa anche se in caso di attacco se li lascia alle spalle.
• Il rapporto dei comandanti con questa truppa orgogliosa ed indisciplinata era molto importante: Massimiliano lo comprese subito e così anche i suoi generali. L’imperatore ed i nobili comandanti scendevano da cavallo, impugnavano le lance e combattevano con le avanguardie lanzichenecche spalla a spalla con i loro uomini, che apprezzavano molto il gesto.
• Nel 1486 in occasione dell’ingresso degli eserciti di Massimiliano a Bruxelles, furono evidenti anche i problemi derivanti da queste unità, oltre i loro pregi. I Lanzichenecchi, insoddisfatti delle vettovaglie fornite dalla città, che a ciò era obbligata, si disposero in formazione quadrata e marciarono verso il palazzo del governo cittadino. Qui erano alcuni carri carichi di botti di vino che il consiglio cittadino aveva donato all’imperatore, ciò non impedì ai fanti di impossessarsene e dare vita ad una selvaggia gozzoviglia che terminò solo quando l’ultima botte fu vuotata.
• L’universo lanzichenecco nacque e si formò durante le guerre di Borgogna, in esso confluirono tradizioni militari svizzere ed hussite, i sistemi militari della nascente borghesia. La truppa aveva proprie forme di autogoverno, e Massimiliano non esitò ad entrare più di una volta nella loro assemblea, il Ring, per trattare con loro, la lancia in mano.
• L’abbigliamento lanzichenecco è inconfondibilmente gotico. Il capo è coperto da un cappello calcato sulla testa o da un cappuccio, ma si portano anche cappelli piumati appoggiati sul capo, questo nel XVI secolo assumerà dimensioni stravaganti e addirittura gigantesche, diventando il copricapo tipico dei lanzichenecchi. Come biancheria portano una camicia di lino, di solito a forma di sacco aperto, arricciato nella parte superiore, con attaccate le maniche. Su di essa il farsetto, una giacca corta con le maniche, chiusa davanti o dietro, molto aderente sui fianchi. Fin dai primi tempi le maniche rappresentano un fenomeno caratteristico della moda lanzichenecca: sono aperte a sbuffo, rendendo larghe e sporgenti le spalle: la cosa è ulteriromente sottlineata dal farsetto aderente. I calzoni sono stretti e di taglio tardogotico, sono detti hosen o parhosen , all’origine doveva trattarsi di due lunghe calze separate che senza collegarsi fra loro erano fissate al farsetto che allora arrivava alle ginocchia: col ridursi del farsetto le calze divennero calzoni, sempre aderenti e fatti di tessuto grezzo ma estensibile, oppure di cuoio. Farsetto e brache sono confezionati di colore diverso per la destra e al sinistra combinando due o pù colori. Nella tarda epoca gotica si variano i calzoni usando stoffe a striscia o mettendo lacci colorati sotto le ginocchia. I calzoni furono poi allargati, in misura sempre maggiore, divenendo un tipo di indumento del tutto nuovo: la stoffa venne tagliata in più punti e le aperture vennero guarnite di fodera, si arriverà ad avere un ”sottocalzone” con una copertura variamente tagliata composta da strisce di tessuti multicolori o festoni sciolti, fermati al ginocchio che così diviene maggiormente libero nei movimenti. Nel corso del XVI secolo, strisce, sbuffi, guarniture e rigonfiamenti assunsero dimensioni enormi.
• Un pezzo particolarmente vistoso dell’abbigliamento lanzichenecco è il sacchetto dei genitali o braguette , detta anche Latz o Hosenlatz (braghetta o braghetta dei calzoni). Era confezionata con la stoffa il più possibile vistosa oppure con cuoio, con molta imbottitura, per essere di protezione ma anche per fare effetto. I lanzichenecchi la chiamavano, con un certo affetto, ”archetto di violino”, ”testa di bue” o ”guscio della chiocciola”, dimostrando quanto fosse per loro importante questa espressione di virilità.
• Alla fine del XV secolo i Lanzichenecchi indossano ancora la scarpa tardogotica a becco d’anitra, in seguito arriverà la loro calzatura tipica detta ”a muso di vacca” o, nella sua forma estrema ”zampa d’orso”. Nel 1540 si porta la ”scarpa a corno”, con un rigonfiamento piegato sulla punta. Gli ufficiali ed i nobili indossano sopratutto lo stivale a risvolto, detto anche Ledersen, comune alla gente a cavallo.
Nonostante sarebbero state più pratiche, nella stagione fredda, la giubba aperta tedesca o la mantellina portata sul farsetto, i Lanzichenecchi preferiscono lo scomodo ampio mantello avvolto intorno alle spalle, secondo la moda italiana. Non esistono uniformi, cosa ancor più caratteristica nella società del tempo caratterizzata da ordini, identificabili anche in base alla foggia dell’abbigliamento. Vestirsi come a loro piaceva fu il risultato di una consuetudine della fanteria dell’epoca che non avrebbero sopportato una standardizzazione, inoltre i mezzi finanziari dell’epoca non permettevano la realizzazione di uniformi per le truppe. Non esistevano gradi, e la gerarchia era evidente solo dalla maggiore ricchezza dell’abbigliamento dei superiori.
• Arma preferita era la lancia lunga, in rovere, con una lunghezza media di 4 metri, la punta in ferro è del tipo ”muso di rana”, cioé a losanga, molto diffusa sopratutto tra i comandanti è l’alabarda, più corta, che consente maggiore libertà nei movimenti. Fra le armi da fuoco lo schioppo, corto e leggero, ma di scarsa penetrazione e l’archibugio; nel 1520 si diffonde il pù pratico e funzionale moschetto. Immancabile è l’ ”arma corta”, dalla quale il lanzichenecco non si separa mai, visto che è necessaria oltre che per la battaglia nache per le risse causate da ubriacature o cntrasti nel gioco delle carte: questa è il Katzbalger, lama corta e larga ed una asta a forma di S che ripara la mano.
Se il fante è ricco, possiede anche un’armatura leggera, con collare in maglia di ferro, un pettorale, un elmo o cappuccio di ferro.
• I Lanzichenecchi venivano reclutati da veri e propri imprenditori. A differenza del condottiero italiano, che riceveva dal signore la lettera di condotta redatta in bello stile letterario, o della lettera di battaglia, Battbriefe, dei cavalieri tedeschi, l’imprenditore mercenario riceveva una ”lettera d’ordine” che impegnava lui ed un certo numero di fanti, un vero e proprio contratto. Lo scritto veniva redatto nella forma del ”foglio tagliato”: il testo veniva scritto due volte su di un foglio di pergamena poi tagliato nel mezzo secondo una linea dentellata. In caso di controversia, i due fogli dovevano combaciare per dimostrare la loro autenticità.
• Il nobile imprenditore mercenario si recava nei paesi in compagnia di due suoi capitani, uno scrivano e della ”musica”, cioè un pifferaio ed un tamburino che attiravano le reclute. Lo scritturale al tavolo registrava le incerte pronunce con le quali i futuri combattenti declinavano le proprie generalità e luogo di provenienza. Si annotava anche l’eventuale dotazione guerresca della recluta e la somma che ricevevano per l’acquisto delle armi, oltre la cifra percepita come ”soldo di viaggio” per recarsi sul luogo dell’adunata. Questo denaro impegnava la recluta ed aveva anche lo scopo di evitare che i lanzichenecchi, sulla strada per unirsi all’esercito, si dessero a saccheggi e ruberie, problema endemico dell’epoca. A tale scopo si avvertivano gli osti lungo le strade che sarebbero state battute dai neo assunti di tenere pronte provviste di carne, pane e vino, e di non alzare i prezzi per lucrare sul passaggio delle truppe, fatto che avrebbe attirato su di loro violenze immani. Alcune volte i soldati ricevevano anche anticipi sulla paga.
• Buona parte di coloro che iniziavano la carriera lanzichenecca erano garzoni delle varie corporazioni cittadine ed artigiani, ma non mancano uomini di ceto inferiore residenti in città nelle quali godevano diritti ridotti, e concorrevano fino al 40% a costituire le popolazioni cittadine. Numerosi erano poi figli cadetti di contadini, dall’incerto futuro. Non mancano i nobili ed i ricchi borghesi, visto che la vera ragione della scelta mercenaria era la voglia di avventura e di viaggi, resi ancor più affascinanti dal libero mondo lanzichenecco, privo di vincoli e valori che non fossero quelli guerreschi.
• L’ingresso fra gli effettivi avveniva durante la rassegna. Tutti i fanti erano riuniti in una massa vociante e caotica, che berciava ed urlava lamentandosi del soldo d’ingaggio, dei favoritismi riservati ad alcuni e delle truffe di altri che si facevano pagare il soldo varie volte. Per mettere ordine si usava il ”giogo”, cioé due alabarde conficcate a terra con una lancia di traverso sopra, sotto la quale il fante doveva passare per essere identificato: oltre la funzione organizzativa vi era anche quella mistico simbolica dell’investitura.
• Spesso capitani disonesti presentavano all’ingaggio anche personale ausiliario delle salmerie, malati, donne e bambini, per ottenere più stipendi di quelli dovuti, uno scrivano militare del 1577 dice del modo in cui si fanno gli ingaggi: «tutto deve essere buono, ognuno vale come un uomo, e anche se la cosa che sta nella braghetta è divisa in due, il risultato è sempre un buon lanzichenecco».
• Nelle formazioni lanzichenecche oltre il comandante e la sua corte di attendenti vi erano diverse cariche: lo sculdascio come giudice, il prevosto con funzioni di polizia, il sovrintendente alle salmerie e l’esecutore delle sentenze, il boia, che viaggiava solo, in fondo alla compagnia, da tutti sfuggito e disprezzato, era l’ultimo nella lista paga, mangiava da solo, beveva da solo, nessuno giocava con lui, era dotato di protezione speciale dell’Imperatore. Inoltre un barbiere, con funzioni anche di medico benché spesso sprovvisto di qualsiasi capacità professionale ma investito dell’incarico perché provvisto di strumenti adatti, ed il prete, di solito u membro di quel basso clero assolutamente ignorante, non solo in materia religiosa: a questi era solo richiesto essere cristiano. L’alfiere era colui il quale portava la bandiera del reggimento, simbolo sacro per i combattenti, era scelto giovane, alto, bello e di origini nobili o patrizie.
• Il Ring, l’assemblea lanzichenecca, esercitava le funzioni di tribunale, ed il giudizio veniva spesso esercitato tramite il ”diritto delle lunghe lance”, una sorta di auto da fé: il condannato veniva spinto all’interno di un cunicolo formato dall’intera assemblea con le lance abbassate, al termine delquale vi erano gli alfieri con le bandiere. Se il condannato riusciva a toccare una di queste era salvo, ma ciò accadeva molto raramente.
• Nemici giurati dei Lanzichenecchi erano i mercenari svizzeri, dai quali li divideva anche una rivalità ”professionale”. Per i Lanzichenecchi gli svizzeri erano mandriani che praticavano la sodomia con il loro bestiame, mentre gli svizzeri ritenevano i loro concorrenti degli spudorati mentitori che vantavano vittorie mai conseguite, oltre ad usare, somma onta, l’artiglieria in luogo dell’onorevole lancia. Un commentatore svizzero si rivolge agl odiati Lanzichenecchi in questi termini: «Ti caco una merda sul naso e te la giro nella barba». I lanzichenecchi furono sempre sconfitti dagli svizzeri, di gran lunga i migliori mercenari del tempo.
• I Lanzichenecchi si consideravano alla stregua di un ordine religioso, e si ritenevano ”poveri e pii”, anche se un detto molto in voga fra loro, sopratutto prima di dar inizio a risse o battaglie era ”sono un soldato, non un frate”. Un commentatore svevo del tempo dichiarava che quando il demonio dà denari e da lui si accolgono consigli ”allora piovono pii lanzichenecchi” che pii si definiscono da soli visto che nessuno li chiama così, abituati come sono a ”bestemmiare, sgozzare, depredare, saccheggiare e incendiare, compiere ogni genere di impudicizia, violentare vergini, catturare feriti...giocare a carte, a dadi, bere, puttaneggiare”, ”diffondere il Vangelo con le lunghe lance, augurare la pace con l’alabarda è, per loro mestiere, regola, pane quotidiano”.
• Jorg Graff, nel Canto dell’ Ordine dei Lanzichenecchi dice che il campo di battaglia è ”il libro del giudice”, nel quale ha corso un giudizio sospeso ”fino a quando il sangue ti scorre nelle scarpe”, «nel sangue dovemmo andare, nel sangue dovemmo andare, fin sopra, fin sopra le scarpe, Dio misericordioso, vedi la miseria! Altrimenti si deve perire». Dei Lanzichenecchi, peraltro, un detto popolare diceva «Al Lanzichenecco e al maiale del fornaio si deve dar bene da mangiare, perché né l’uno né l’altro sanno quando lo si sgozza o lo si abbatte».
• Negli intervalli fra un contratto e l’altro alcuni fanti venivano assunti per far da guarnigione in castelli, o come rinforzi in bande di predoni. Qualcuno sbarcava il lunario alla maniera dei saltimbanchi ambulanti, si metteva insieme a una vivandiera, ammaestrava uno dei cani delle salmerie a far esercizi e andava in giro per i paesi suonando il liuto, raccontando le storie di battaglia o intonando i canti di truppa dei quali avevano grandi scorte. Fra questi vi erano molti ”tacchini e fanfaroni”, come testimoniano alcuni editti imperiali riguardanti fanti che racconatavano di battagli e perse o alle quali non avevavno mai partecipato.
• Altre fonti di sostentamento del lanzichenecco disoccupato erano i furti ei saccheggi ai danni dei contadini; un loro canto istruisce così: «Se venite in casa di un contadino, dovete vivere con accortezza ed ingegno! Uno sta fuori, mentre l’altro va dentro, vede dove stanno le galline, le uova, il formaggio e le altre vivande, e prende tutto allegramente senza nessuna vergogna! Questo è il costume del soldato...».
• Amici dei Lanzichenecchi disoccupati erano gli osti, che li ospitavano e rifocillavano, e spesso fungevano da ricettatori per il bottino dei furti commessi. I lunghi periodi passati a girovagare li portarono in contatto con mendicanti, girovaghi, vagabondi, venditori ambulanti, merciai, pizzicagnoli, conciabrocche e zingari. Da questi mutuarono la lingua dei nomadi ed i loro segni convenzionali, con i quali marcare il territorio. Ad esempio se un contadino li ha ospitati generosamente, appongono sulla sua porta di casa un gemerck cioé una croce «burgunda con ramificazioni» o croce di Sant’Andrea, in modo che se un loro confratello si trova a passar di lì se ne vada da quella corte e cerchi un altro alloggio.
• Occupazione tipica del Lanzichenecco disoccupato è quella dell’incendiario, o per seminare il terrore nei territori nemici, per ciò pagato dal precedente datore di lavoro ”ufficiale”, o per esercitare ricatti ai danni dei contadini o per vendetta contro qualche nemico o villano ostile.
• Le salmerie al seguito degli eserciti lanzichenecchi raggiunsero dimensioni enormi, divenendo vere e proprie ”corti dei miracoli”, popolate da macellai, birrai, ciabattini e vari mercanti che prosperavano comprando e rivendendo il frutto dei saccheggi dei fanti che si tramutavano immediatamente in alcolici per l’enorme consumo che ne facevano questi soldati. Erano il luogo del divertmento e della vita privata del fante, dove si giocava e si beveva, e dove si incontravano le prostitute al seguito del convoglio, spesso madri delle torme di bambini che fornivano ai reggimenti una fonte di ”ricambio interno”. Le vivandiere erano le compagne inseparabili degli uomini d’arme, loro aiutanti, infermiere ed anche prostitute.
• Il prevosto di ogni reggimento era il responsabile della pulizia e dell’ordine nelle salmerie: il boia aveva l’ordine di rimuovere i cadaveri, gli spalatori quello di sotterrare le immondizie, talvolta però il prevosto designava a tale compito le donne delle salmerie, incaricandole anche della pulizia delle latrine sotto la volenterosa sorveglianza di fanti armati di bastone.
• Le donne delle salmerie vengono spesso definite huren (prostitute) e talvolta beyschlaf (compagne di letto). Queste ”donne di tutti”, secondo altre definizioni, sono sotto la protezione del comandante della guarnigione e vengono pagate a contaratto. Ad esperti soldati tale protezione sembrava necessaria per evitare che ”uno voglia far propria una donna comune..” e per evitare ciò fu stabilito che le prostitute ricevessero giornalmente il ”compenso della donna”.
• La vivandiera è riconoscibile dall’abbigliamento, funzionale ed adatto alla vita del campo: porta le stesse calzature del fante, la gonna e il corsetto o la veste sono rigonfi e con lo spacco, il copricapo varia dal classico fazzoletto alla cuffia o al berretto ornato di tante piume. Nell’iconografia popolare del tempo veniva raffigurata in compagnia del gallo o dello scoiattolo, simboli dell’accendersi della passione, spesso accompagnata da cagnolini da salotto.
• Il rapporto tra Lanzichenecco e vivandiera non è solo un rapporto tra prostituta e cliente, spesso nascevano unioni stabili ed anche gruppi organizzati di uomini e donne. Nel 1531 a Denkendorf, nel Wurttenberg, un gruppo di 15 girovaghi senza impiego venne alle mani con carrettieri e uomini del luogo. Erano sette fanti che si erano messi insieme con otto donne. Quattro di quelle donne risultarono sposate cn i loro compagni di vagabondaggio. Spesso i matrimoni lanzichenecchi erano Maienehen cioè matrimoni di maggio, durante la stagione calda uomini e donne si univano, in inverno, non avendo né casa né corte, ognuno andava per la propria strada.
• I lanzichenecchi sperperavano le loro paghe con le vivandiere, a danno delle famiglie che li attendevano a casa. Ma non sempre andava così: la moglie del capitano Jorg Stump di Ems approfittò dell’assenza del marito per frequentare abbondantemente bagni ed osterie, bevve e si divertì pubblicamente in modo tale che fu bandita dal paese per il suo comportamento scandaloso. La moglie del capitano Zernitz di stanza ad Anversa, impegnato ad imbrogliare i propri uomini sulle paghe e spaenderne i proventi con prostitute, fece anch’essa vita allegra ed era gravida quando, per ordine del colonnello del marito, avrebbe dovuto seguire quest’ultimo nei Paesi Bassi per tenerlo a freno.
• I Lanzichenecchi nei loro canti non parlano di Hur, prostitute, ma di ”belle ragazze”, ”brave giovani”, ”belle donne”, di ”ragazze dell’oste”, di ”locandiere” o di Buhle (amata) e di Feinslieb (graziosa cara), dimostrando un’isolita tenerezza nei confronti delle loro compagne di scorribande. L’amore lanzichenecco era però fragile, ed i rapporti molto elastici: in una immagine del tempo si vede il cadavere del lanzichenecco appeso all’albero conle civette intente a beccarne le carni, la sua bella vivandiera è sotto che lo guarda, soprappensiero ma non stupita e tantomeno addolorata.
• La vivandiera Entgen di Euskirchen, presso Bonn, figlia di lavoratori a giornata, nel 1607 scappò di casa e divenne cucitrice, poi incontrò Barbara, una prostituta, le divenne amica e girò il mondo insieme a lei. Camparono prostituendosi occasionalmente tra Coblenza e Linz. In seguito si unì ad un’altra prostituta detta ”l’Acciuffatopi” e con lei si trasferì a Colonia. ”L’Acciuffatopi” si unì ad un lanzichenecco, ed Entgen li seguì, le due donne aprirono una mescita di birra nell’accampamento militare presso Julich. Continuò battendo il marciapiede a colonia, Magonza e Francoforte. Unitasi ad un’altra donna e due fanti, Entgen vagabondò con questi lungo il basso Reno. Divenuta la donna di uno dei due, si fermò a Colonia, prostituendosi, con il consenso del suo compagno, sulle gradinate del duomo e nel chiostro St. Mariengarden, poi aprì la locanda ”Zum Buck” ed esercitò lì. Per alzare il prezzo delle prestazioni comprò anche begli abiti e si fece preparare belle acconciature, offrendo nel prezzo del servizio anche il pernottamento nelle stanze che utilizzava. Entgen finì nella Torre di Colonia e fece piena confessione della sua attività. Non se ne conosce la sorte.
• Il Sacco di Roma del 1527 è una delle imprese più note dei Lanzichenecchi: molti di loro erano di sentimenti Riformati ed avevano aderito alla Lega della Scarpa, le cui parole d’ordine erano semplicissime e dirette contro il ricco clero romano. Il sacco di Roma fu una rapina ed un saccheggio di dimensioni inimmaginabili, ma anche un gesto di protesta antipontificio. Cortei grotteschi e blasfemi per le strade della città, Lanzichenecchi con vesti e cappelli da cardinale inscenavano processioni e cavalcavano asini, i capitani mascherati da Papa benedicevano con il vino ed accoglievano l’omaggio dei loro ”cardinali”.
• I Lanzichenecchi arrivarono in diversi luoghi del mondo al seguito delle spedizioni, in ”Berberia”, Nord Africa, dove arrosirono felici dei delfini, Ungheria, Turchia, e fino al Nuovo Mondo, in Venezuela, per conto degli Spagnoli. Ulrich Schmidli, rampollo patrizio e lanzichenecco, narrò nel 1534 della ricerca dell’Eldorado, ed oggi l’Argentina lo ricorda come il primo cronista del paese con il nome di Ulrico Schmidl.
• La standardizzazione delle dimensioni delle unità militari e l’unificazione delle cariche trasformate in gradi trasformarono il Lanzichenecco nel semplice soldato della Guerra dei Trent’anni. Con la fine del XVI secolo scomparve il termine Lanzichenecco e l’organizzazione mercenaria corporativa con le sue forme organizzative protodemocratiche.