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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Storia sociale dell’acqua. Riti e culture

• Paolo Sorcinelli, Storia sociale dell’acqua. Riti e culture, Bruno Mondadori, Milano, 1998
1001 Coll. 12F35
• A Rimini nel Trecento era previsto il taglio della mano destra per coloro che danneggiassero i condotti dell’acqua.
• ”Nubi e pioggia”, espressione cinese per indicare l’atto sessuale.
• «Nel principio questo mondo era niente, et che dall’acqua del mare fu batuto come una spuma, et si coagulò come un formaggio, dal quale poi nacque gran moltitudine di vermi, et questi vermi diventorno homini» (la Genesi di Menocchio, mugnaio friulano del XVI secolo).
• Dragunara, dragone, dragù, bisciabova (siciliano, romagnolo, lombardo) termini dialettali per indicare i temporali, le trombe d’aria ecc. Il drago come biscia o grande biscia. Il mito del drago legato a quello della palude, l’uccisione del drago come metafora della bonifica di una palude e della fine dei miasmi e delle pestilenze provocate dalle acque putride e stagnanti.
• Tra i metodi adottati anticamente per capire se un annegato era davvero morto quello di praticare alla vittima un clistere di acqua e quattro once di sale oppure di tre parti d’acqua e una d’aceto (così nel manuale del 1819 Soccorsi da dare alle persone avvelenate o asfittiche seguiti da mezzi propri a distiguere la morte reale dalla morte apparente dove si raccomanda di non sospendere l’annegato per i piedi). Altri iniettavano senz’altro nell’ano dell’annegato del vino.
• Dal Diario di Samuel Pepys, 21 febbraio 1665: «Mia moglie è andata alle terme con la sua dama di compagnia, per bagnarsi dopo essere vissuta per tanto tempo nel sudiciume. Dice di aver preso la risoluzione di essere da ora in avanti molto pulita. Non so quanto durerà». Quattro anni dopo: «Rimasti soli abbiamo cenato, poi sono andato in camera da letto e ho pregato mia moglie di tagliarmi capelli e dare un’occhiata alla mia camicia perché da sei o sette giorni ho dei fastidiosissimi pruriti. In definitiva mia moglie si è accorta che avevo dei pidocchi: ne avevo una ventina fra grandi e piccoli sul corpo e in testa».
• Nei 64 anni (1647-1711) in cui fu controllato da tre medici - che annotavano scrupolosamente ogni giorno le notizie sulla salute del sovrano - Luigi XIV fece il bagno una sola volta, nel 1665. Di solito il re si limitava a pulirsi il viso con un panno imbevuto di alcol etilico.
• I medici medievali, convinti che l’acqua facesse male, incitavano i genitori a far bere il vino ai bambini. Convinzione che il vino mantenesse costante la temperatura corporea e salvaguardasse da parecchie malattie.
• Nel XVI secolo si temeva che un bagno caldo, dilatando i pori, favorisse l’ingresso nel corpo umano dei bacilli della peste. Di conseguenza: chi faceva un bagno caldo se ne stava spesso due o tre giorni chiuso dentro casa per non rischiare contagi.
• Epidemie di peste. A Venezia: trenta nel Quattrocento e dieci nel Cinquecento; a Milano: dieci nel Quattrocento e venti nel Cinquecento; a Firenze 16 e 11; a Roma: 16 e 13; a Napoli: 10 e 6; a Genova: 10 e 7.
• Luigi XIII, dopo la nascita, non verrà più lavato fino all’età di 6 anni.
• «Nei ritratti posteriori al 1480 la camicia bianca (le stoffe di questo colore, oltre alle note proprietà termoregolatrici, secondo alcuni avrebbero avuto anche il potere di ”assorbire le materie odorose in minor copia delle nere”) acquista uno spicco sempre più notevole. In questo modo ”la stoffa che tocca la pelle diventa un testimone discreto o insistito sui bordi dell’abito” e, oltre a indicare la pulizia del vestiario, sottolinea la pulizia ”interna” della persona. Il frequente cambio di camicia e di abito, insomma, viene additato, nei secoli che hanno scarsa confidenza con l’igiene, come un sistema alternativo e ugualmente efficace per tenere pulito il corpo senza dover ricorrere all’acqua.
• «Fino ad anni recente è sopravvissuta nelle campagne la convinzione che l’igiene delle parti genitali provocasse sterilità».
• Nel 1768 Diderot proibì alla figlia ogni abluzione totale per tenerla lontana da qualunque tentazione al vizio.
• Prima testimonianza assoluta sull’uso del bidet: madame de Prie che nel 1726 riceve il marchese d’Argenson mentre è intenta alla sua igiene intima. Il bidé fece la sua prima apparizione all’inizio del XVIII secolo, ma non fu usato all’inizio che da qualche aristocratico eccentrico e dalle prostitute.
• Fallopio, in un’opera del 1564, si attribuisce il merito di aver inventato il preservativo o ”guanto protettore”. Consiglia di ricoprire il glande con una guaina di lino e di ricoprirla con il prepuzio.
• Metodi cinesi per non ingravidar le donne. Coitus riservatus: «L’uomo chiude gli occhi e concentra i suoi pensieri: preme la lingua contro il palato, inarca la schiena e tende il collo. Apre le narici, chiude la bocca e inspira. Così il seme risale internamente da solo». Coitus obstructus: «Quando l’uomo sente che è prossimo all’eiaculazione, deve esercitare una ferma e rapida pressione, servendosi delle dita della mano sinistra, tra lo scroto e l’ano, inspirando profondamente e stringendo i denti molte volte, senza trattenere il respiro. Il seme verrà in tal modo attivato ma non emesso: retrocede dallo stele di Giada [pene] e sale nel cervello».
• Preparazione di un preservativo a metà Ottocento: «Prendete un intestino cieco di pecora; immergetelo in acqua , rivoltatelo da ambo i lati; ripetete poi l’operazione in una soluzione di soda che cambierete ogni 4-5 ore, cinque o sei volte. Togliete poi la membra mucosa con l’unghia; solforate, risciacquate, lavate con acqua e sapone; risciaquate, soffiate, fate asciugare. In seguito tagliate della lunghezza desiderata e attaccate all’estremità aperta un pezzo di nastro».
• Ai tempi di de Sade, le donne introducevano in vagina per non restare incinte spugnette imbevute di artemisia e aristolochia (erbe medicinali).
• Storia del bidet in Paolo Sorcinelli "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998 pagg. 77 e seguenti
• Fino alle soglie del XX secolo in Italia lavarsi i piedi era considerato immorale, mentre un’abluzione totale avrebbe di sicuro fatto piangere la Madonna.
• Ne Le médecin des dames si consiglia di sciogliere nell’acqua della tinozza polevere di mandorla e crusca in modo che l’acqua si intorbidi e non si vedano le nudità.
• Il water closet inventato da Joseph Bramah nel 1778.
• Paolo Mantegazza, il celebre igienista vissuto nella metà dell’Ottocento, «quando capitava il alberghi di second’ordine e si trovava al cospetto di una latrina ”fetida”, bruciava un po’ di carta e gettava ”quel carbone porosissimo improvvisato nell’atra voragine” provvedendo in questo modo a una personalissima e temporanea disinfezione».
• Trend demografico in Francia e quantità di evacuazioni corporee in Paolo Sorcinelli "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998, pag. 87 e seguenti.
• Disponibilità di acqua a Parigi nell’Ottocento e nel Novecento in Paolo Sorcinelli "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998, pag. 87 e seguenti.
• L’acqua che si beveva cent’anni fa, molto dura, con tracce spesso abbondanti di ammoniaca, nitrati, nitriti e 5-600 colonie batteriche per centimetro cubico (nessuna differenza tra le acque degli acquedotti e quelle dei pozzi dato che in parecchi punti tutt’e due le acque si mescolavano con quelle di fogna).
• In caso di peste, per prevenirla o per guarirla, Antonio Gualtiero (1576) consiglia un suo «remedio segreto» nel quale «li sani debbono bere ogni mattina nell’alba doi ditta della propria orina tolta a mezzo de la orina», mentre chi che teme d’esser già contagiati «subito che si sente male orini più che può et la beva tutta et poi la mattina bevi de la sua orina doi ditta siccome li sani et la sera avanti cena bevi doi ditta della sua orina et se si sentirà dolore o vederà tumor overo enfiason in alcuna parte del corpo subito togli della malizia sua [le feci - ndr.] o d’altri subito fatta et metterla sopra il brusco et cambiarla ogni tre ore et come la postiema sarà rotta lavarla bene con orina».
• «Nel 1665, per svuotare le loro fosse, i parigini pagavano sei franchi al metro cubo per un totale di sei milioni. La conseguente trasformazione dei residui organici in 300.000 ettolitri di polvere concimante e in sei milioni di chili di solfato d’ammoniaca procurava un movimento d’affari di altri sei milioni di franchi. [...] E’ storicamente accertato che gli svuotatori dei pozzi neri apprezzavano maggiormente quelli dei quartieri più poveri, dove le materie fecali non erano inondate dall’uso dell’acqua e quindi conservavano una maggior percentuale di azoto».
• «Oggi un miliardo di persone circa è ancora privo di acqua corrente e ogni anno, per l’uso di acque inquinate, muoiono quattro milioni di bambini per malattie infettive e gastroenterite».
• A Parigi, durante la Monarchia di Luglio, c’erano 1200 acquaioli (che portavano l’acqua dalle fontane pubbliche alle case), moltissimi dei quali erano pemontesi.
• A Ravenna i bagni pubblici furono inaugurati nel 1927. Quell’anno li frequentarono 25 mila persone, tra cui solo tremila donne. Si poteva scegliere tra doccia e bagno in vasca.
• Antica tecnica di lavarsi i denti: massaggi di foglie di salvia fresca sui denti e sulle gengive.
• Naufragi della marina inglese nel 1853: 832.
• I bagni di San Lorenzo (10 agosto). La convinzione che preservassero tutto l’anno dai malanni era così forte, che i contadini portavano sulla spiaggia per lavarli anche i cavalli, i somari e i buoi.
• Intorno alla fortuna e alla sfortuna dei bagni di mare vedi Paolo Sorcinelli "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998, pag. 135 e seguenti.
• Cronologia degli stabilimenti balneari. 1823: Trieste. 1825: Viareggio («un fabbricato piantato sul mare, in legno, con camerini, vani di servizio e scalette per scendere direttamente in acqua»). 1833: Venezia (un edificio sopra zattere «con una vasca grande pel nuoto, vari stanzini per vestirsi e spogliarsi e due camerini separati pei bagni nell’acqua minerale. 1843: Rimini, che deve la sua gloria a Paolo Mantegazza - direttore degli stabilimenti dal 1869 al 1880 - e al famoso clinico bolognese Augusto Murri (direttore dal 1880 al 1887).
• Sul costume da bagno vedi Paolo Sorcinelli "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998, pag. 142 e seguenti.
• Sull’abbronzatura vedi Paolo Sorcinelli, "Storia sociale dell’acqua. Riti e culture", Bruno Mondadori. Milano, 1998, pag. 148 e seguenti.