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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Un solo re

• Filippo II, imperatore di Spagna. Nato a Valladolid il 21/5/1527, figlio di Carlo V e di Isabella del Portogallo, salito al trono nel 1556 quando il padre abdicò e, dopo un soggiorno a Bruxelles, si ritirò fino alla morte in un monastero di Yuste. Caratteristiche fisiche: sempre vestito di nero, pallido al punto da sembrare albino, di aspetto malaticcio, di statura tendente al basso, ma proporzionato nelle membra e regale nell’incedere «al punto da non perdere mai un pollice della sua statura» (così un osservatore scozzese nel 1554). Mandibola sporgente come il padre (e come gli Absburgo in genere). Occhi grigio ferro. Parlava anche per questo a voce molto bassa e i cortigiani si lamentavano di non sentire mai quello che diceva. Malaticcio, in effetti: stitico (si faceva fare dei clisteri oppure prendeva una mistura fatta di olio di trementina ed emetici), asmatico, artritico (almeno a partire dal 1856), affetto all’ultimo da «mal della pietra», dopo il ’60 spesso febbricitante per via della malaria. Negli ultimi anni anche incontinente: «Non riusciva a trattenere l’urina e questo, indubbiamente, era per lui una delle pene peggiori, dato che era uno degli uomini più puliti, più ordinati e scrupolosi che si siano visti [...] non riusciva a sopportare che ci fosse una macchia sulle pareti o sul pavimento delle sue stanze... Il cattivo odore che emanava dalle piaghe era un’altra causa di tormento per lui e sicuramente non la minore, data la sua grande schifiltosità e pulizia» (osservazioni del suo valletto Jehan Lhermite, proveniente dai Paesi Bassi e che Filippo aveva ingaggiato nel 1587 perché pattinatore di professione: aveva voluto studiare i pattini e gli aveva imposto di organizzare uno spettacolo di pattinaggio a cui aveva assistito con i figli standosene chiuso in una carrozza riscaldata). Dopo la sua morte (13/9/1598) fu redatto un inventario dei suoi oggetti personali, che mostra l’ossessione per la cura di sè: una lente montata in oro, uno spazzolino da denti in avorio intarsiato d’oro, uno stuzzicandenti d’oro, una scatola apposita per tenervi dentro spazzolini e spugnette, ciotole per dentifricio in polvere o in pasta, strumenti per nettarsi le orecchie o per togliere la patina dalla lingua o per alleviare il mal di denti, una spazzola per capelli, una spazzola per pulire i pettini, un catino per l’acqua calda della rasatura, forbicine da unghie e altri strumenti per curare le mani, un «calice d’argento per i purganti che deve prendere Sua Maestà», fiale e scatole contenenti sostanze mediche e cioè ad esempio corno di rinoceronte, corallo, ambra, balsamo noce di cocco, «anello d’osso che si dice siano utili per le emorroidi». Nel 1540 acquistò pietre preziose, profumi, spade da scherma, lance da torneo e «un vaso di vetro veneziano che fu comprato quando Sua Altezza soffriva di diarrea» (lettera del 25/2/1540 citata dal Niñez).
• Carattere di Filippo II, el Rey prudente: non viaggiava volentieri, ma anzi tentò di governare sempre standosene chiuso nel suo palazzo di Castiglia. Diffidente, prudente, simulatore, cattolicissimo (ascoltava la messa tutti i giorni e una predica almeno una volta a settimana, si confessava e comunicava quattro volte l’anno, ma non s’intese mai troppo con i papi), gelosissimo della propria autorità al punto che solo nei casi in cui questa veniva messa in discussione fu davvero spietato, giungendo al punto di condannare a morte anche dei nobili. Definito spesso dagli storici un ragno che se ne sta fermo al centro della sua ragnatela. Non aveva alcuna indulgenza per la vanità e anche per questo non scrisse memorie: vestiva semplice (un vestito nuovo al mese), fu contento che lo si chiamasse semplicemente sire invece che Sacra Reale Maestà Cattolica e a un magistrato locale che nel 1589 si preoccupava se alla sua presenza dovesse inginocchiarsi, inchinarsi o camminare all’indietro, egli concesse addirittura di tenere il cappello in testa. Taciturno, anche quando aveva qualcuno davanti preferiva che lo informasse per iscritto. Nel 1585 accompagnò la figlia Catalina alla galea che la portava alle nozze col duca di Savoia e per tutto il tragitto non disse una parola. Tornato a palazzo le scrisse una lunga lettera. Solitario, lui e i suoi familiari: il re, la moglie e la sorella prendevano i pasti da soli. L’ambasciatore veneziano: «Star solo è il suo maggior piacere».
• « vero che suo padre - l’imperatore Carlo V - aveva regnato su territori più estesi, ma questo non toglie che Filippo II di Spagna fosse il sovrano del più grande impero che l’Europa avesse conosciuto dal tempo dei mongoli. Anzi, il suo era il primo impero che abbracciava tutto il globo, dato che si estendeva dalla punta meridionale del Cile non solo fino alla Florida, ma, oltre l’Oceano Pacifico, sino alle Filippine» (Filippine da Filippo II, appunto). Gli abitanti dell’impero erano circa cinquanta milioni. Modo di dire cinquecentesco: Dio si è fatto spagnolo.
• «Il protestantesimo, agli occhi di Filippo, significava disintegrazione e rivolta, mentre il cattolicesimo significava unità e rispettosa sottomissione».
• Filippo, grandissimo lavoratore, voleva vedere il più possibile di persona ogni carta, arrivò fino a firmare 400 documenti in un solo giorno.
• Amante della pittura, Tiziano e anche Hyeronimus Bosch. Non gli piaceva El Greco.
• Educazione di Filippo II: raramente stava solo, aveva cinquanta paggi e nel giro di un quinquennio (1535-1540) la sua corte arrivò a comprendere 191 persone, tra cui 51 paggi, 8 cappellani, cuochi e uno stuolo di domestici. Quando si spostava, per trasportare i cortigiani ci volevano 27 muli (uno adibito al trasporto di parecchie specie di uccelli chiusi nelle loro gabbie) e sei carri (uno per gli oggetti sacri, uno per i tappeti, tre per gli oggetti del gabinetto del principe, uno per altre cose).
• Filippo II non parlava bene il francese e nel 1555, durante la cerimonia di abdicazione del padre, non riuscì a tenere in francese il discorso che pure aveva preparato: gli uscirono di bocca solo due parole e il resto dovette essere letto da altri.
• Hobby di Filippo II: soprattutto stare all’aria aperta, in giardino. Ad Aranjuez aveva posto a dimora 223.000 piante e fiori che sbocciavano in ogni stagione. Piccolo zoo personale con quattro cammelli fatti venire negli anni Settanta che fece figliare sicché nel 1600 ce n’erano una quarantina (venivano adoperati come bestie da soma nelle opere murarie); struzzi (uno di questi attaccò un giardiniere che fu consolato con 20 ducati). Alla Casa del Campo c’erano elefanti, rinoceronti e leoni (nel 1563 una leonessa fuggita straziò un cortigiano, mentre la famiglia reale impotente guardava dalla carrozza. La famiglia reale assisteva volentieri, sempre dalla carrozza, anche allo spettacolo dei cani da caccia che sbranavano i cervi). Nel palazzo giocava con soldatini in miniatura e possedeva un cavaliere con l’armatura in argento. Altre manie: la musica (quando si spostava lo seguivano anche musici, cantori e strumenti musicali, difese il cantus firmus contro le innovazioni di Palestrina, sui campanili dell’Escuriale fece piazzare due concerti di campane fiamminghe, uno da diciannove campane e l’altro da quaranta, che si manovravano con una sola tastiera) e la caccia.
• Calligrafia di Filippo II, illeggibile, contorta e sempre peggiore col passar degli anni. In una lettera del ’16: ancora regolare, ma già con le parole drasticamente abbreviate e con le righe che si sovrappongono. In un’altra lettera (scritta a trent’anni) questi difetti già giunti alla loro dimensione parossistica. Ragioni: l’artrite che lo colpì al braccio destro e una vista probabilmente debole. Non si sa se abbia mai portato occhiali da vista, anche se si sa che aveva «occhiali da viaggio». Del resto, al suo tempo, non sapendosi ancora molare le lenti, pochissimi usavano gli occhiali da vista. A scrivere era lento. Sappiamo che l’11 aprile del 1578 iniziò a scrivere una nota per il segretario Matteo Vazquez «appena passate le nove di sera» e che stava ancora scrivendo quando l’orologio battè le dieci. Parole scritte in un’ora: 450 (2700 battute) per due facciate e mezza. Geoffrey Parker Un solo re, un solo impero.
• Tre quarti della produzione libraria uscita nel primo secolo dopo l’invenzione della stampa furono opere di argomento religioso.
• Frase scritta in due testamenti di Carlo V: «Nulla è più certo della morte e nulla è più incerto dell’ora in cui verrà».
• Carlo V compose quattro serie di istruzioni per il figlio Filippo II. Le più importanti sono quelle del 1543. Per esempio: «Tratta gli affari di stato con molte persone e non legarti o farti dipendente di una sola persona, perché la cosa, se può far risparmiare tempo, non porta a buon fine». «’Quando stai con tua moglie [...] sta attento a non fare inizialmente eccessi di sorta, per non procurarti un danno fisico, dato che oltre il fatto che [l’amplesso] può essere nocivo sia allo sviluppo del corpo sia alle forze fisiche, spesso poi insinua una tale debolezza da rendere sterili e potrebbe anche farti morire”. Filippo doveva poi ricordare che non si sposava per godere dei piaceri sessuali, ma per mettere al mondo degli eredi. E ”per questo motivo devi stare molto attento quando sei con tua moglie. E poiché la cosa riesce un po’ difficile, il rimedio è di tenerti lontano da lei il più possibile. E così ti prego e ti consiglio ardentemente che, appena avrai consumato il matrimonio, tu lasci con qualche pretesto la tua sposa e non faccia ritorno a visitarla né troppo presto né troppo spesso; e quando vi torni la cosa duri poco tempo”». Affidata la nuora (la cugina Maria Manuela di Portogallo) ai parenti, Carlo V intimò «che la tenessero lontano dal principe, fatta eccezione dei momenti in cui la sua vita e la sua salute possono reggere» i rapporti maritali. Carlo V continuò poi a dar consigli e di fatto a dirigere il figlio anche dopo l’abdicazione e fino al 1598. L’ultima carta dice: «L’andar in volta per li Regni per solo diporto non è utile né decente, e per visitarli e provederli da loro bisogni, non è necessario al principe». Alle istruzioni relative ai contatti con la moglie, Filippo II si tenne fedele: la prima, Maria del Portogallo, morì due anni dopo il matrimonio avendogli dato il figlio Don Carlos: il re la trattava con tale freddezza che ne fu rimproverato dallo stesso Carlo V. Accanto alla seconda, Elisabetta di Valois figlia di Caterina de’ Medici, passò non più di 15 mesi su quattro anni di matrimonio. Idem con la terza, Anna d’Austria (dopo un periodo di convivenza di quattro mesi, i rapporti si diradarono. Il re andava a trovarla di notte, ad ore fisse).
• La madre di Filippo II - Isabella del Portogallo - morì nel 1539 quando il principe aveva solo 12 anni. Filippo dovette seguire il funerale da Toledo a Granada, dov’era la cripta degli avi. Era estate e, aperta la bara al termine del viaggio per l’ultima identificazione, questa risultò impossibile perché la salma era già decomposta. Il marchese di Lombay - che era preposto a questo atto notarile - impressionato da questo spettacolo di «corruzione umana» rinunciò alla corte, prese gli ordini e divenne terzo generale dei gesuiti (canonizzato dopo la morte: San Francesco Borgia). Il vedovo imperatore Carlo V si chiuse in convento e pianse la moglie per otto settimane.
• Al tempo di Filippo II ci volevano due settimane perché una lettera spedita da Madrid arrivasse a Bruxelles o a Milano (città dell’impero). Due mesi perché una lettera da Madrid arrivasse in Messico (siamo ancora nell’impero). E un anno per Manila (idem).
• Nel 1575 il duca di Medina morente si lamentò per i grandi crediti che aveva nei confronti di Filippo e che non aveva riscosso. Filippo al segretario che glielo raccontava: «Sapete benissimo che preferisco fare di più per i morti che per i vivi; quando sarà morto, non mancherò di saldare il debito che ho con lui».
• Due cacciatori di frodo che le guardie sorpresero sul Pardo con la mani rosse del sangue di sette lepri, furono condannati a morte da Filippo II in persona per aver opposto resistenza. Le vedove dovettero pagare solo una multa, benché ugualmente responsabili. Filippo: «Con le mogli bisogna usare moderazione, dato i doveri che hanno verso i loro mariti in tali frangenti».
• Tutta l’architettura amata da Filippo copiata di sana pianta da quella fiamminga (El Bosque, El Pardo e il palazzo madrileno). Nel 1564 preoccupato perché gli operai arrivavano al lavoro con mezz’ora di ritardo. Impose l’orario delle 7 di mattina in punto («fate mettere un orologio nuovo e regolatelo sulla meridiana che sta nel giardino»), tranne quando lui era sul posto perché si alzava alle otto e non voleva sentir martellare fino a quell’ora.
• All’Escuriale Filippo lasciò la più grande biblioteca privata d’Occidente (14.000 volumi).
• Negli affreschi dipinti nella biblioteca dell’Escuriale (campata del soffitto dedicata all’astrologia) le stelle sono rappresentate nel firmamento così come stavano al momento della nascita di Filippo II.
• Secondo Cervantes, Filippo II - non amante del teatro popolare - ordinò che sulla scena non comparisse mai un personaggio che facesse la parte del sovrano.
• Filippo II difese Santa Teresa d’Avila da tutte le accuse di eteorodossia e quando morì si preoccupò che i suoi libri e le sue carte fossero depositati all’Escuriale. Tenne per tutta la vita i suoi libri accanto al capezzale. La terribile santa, però, una volta che fu alla sua presenza, per nulla intimorita gli disse: «Sire, dentro di voi state pensando: ecco davanti a me questa donna irrequieta e vagabonda». Poi gli ricordò la fine di Saul, disobbediente ai comandi divini.
• Filippo II amava le reliquie e conservava all’Escuriale (alla data del 1578) 7.422 reliquie, tra cui 12 corpi interi, 144 teste, 306 membra, ecc.
• «Allorquando il re riceve nuove sgradite e cattive, subito si sente male e comincia a patire di diarrea, come una pecora o un coniglio» (Relación anonima).
• Lenin ha scritto pensando all’Ottocento: «La politica ha inizio là dove ci sono le masse; non già dove ci sono migliaia di persone, ma dove la gente è a milioni. qui che comincia la politica seria». Tuttavia, nel Cinquecento le masse non si misuravano a milioni, bensì a migliaia di persone e il raduno di tanta gente quanta se ne vide ai sermoni calvinisti durante l’estate del 1566 andò oltre le possibilità di controllo di un qualsiasi governo della prima età moderna».
• Storia di Don Carlos (figlio di Filippo II, fatto uccidere dal padre) in Geoffrey Parker Un solo re, un solo impero. Filippo II di Spagna. Il Mulino 1998
• Nel Cinquecento esistevano 21 tribunali del Sant’Uffizio. Fra il 1550 e il 1700 vennero trattati 150 mila casi, molti dei quali concernevano la bigamia, l’omosessualità e la fornicazione. Costi notevoli di tutto il sistema: «almeno una volta il tribunale di Barcellona si vide costretto ad anticipare la data di un autodafé per fare economie sul vitto somministrato ai carcerati». Molti condannati stavano in carcere a loro spese, ma molti meno di quanto si crede finirono al rogo.
• Alla data del 1560 i missionari nel Nuovo Mondo erano quattrocento e dieci anni dopo mille. Ma gli indigeni da convertire erano 10 milioni! L’opera tuttavia fu portata compimento con successo e se oggi il Sud America è spagnolo e cattolico il merito va attribuito a Filippo II (operazione favorita dal fatto che indigeni americani furono reputati esplicitamente esseri razionali, aventi il diritto naturale alla vita, alla libertà, alla proprietà privata e ad una propria organizzazione sociale). Idem con le Filippine, sottomesse del tutto pacificamente.
• Filippo II, oberato dai costi enormi delle guerre (protestanti dei Paesi Bassi, turchi) disconobbe i debiti dell’impero, cioè dichiarò bancarotta nell’autunno del 1575. Il debito nel 1574 era di 74 milioni di ducati, pari a quattordici volte le entrate di tutto l’impero. Nel 1573 nominò una Commissione segreta, detta Commissione delle Indie, ma che in realtà doveva occuparsi di finanza. I membri di questa commissione tuttavia ne capivano poco e una volta che a una riunione l’unico vero esperto, Juan de Ovando, decise di star zitto, nessuno degli altri riuscì a spiccicare una sola parola. Neanche il re, del resto, se ne intedeva: «Non sono mai stato in grado di ficcarmi in testa questo garbuglio dei prestiti e degli interessi. E non son mai riuscito a capirci qualcosa» (11/2/1580). E un’altra volta, dopo aver ricevuto un promemoria su questioni finanziarie dal suo segretario Vazquez: «Per essere sincero, non ci capisco un’acca. Non so che cosa dovrei fare. Forse dovrei inviarlo a qualcun altro che vi faccia le sue osservazioni e, allora, a chi? Il tempo fugge: ditemi che cosa mi consigliate di fare. Se vedessi l’autore del pro-memoria, non credo che riuscirei a capirlo, ma se avessi le carte davanti agli occhi forse non me la caverei troppo male» (22/4/1577).
• Altri delitti di stato cinquecenteschi dopo quello di Don Carlos: nel 1572, appena prima della Notte di San Bartolomeo, il re di Francia aveva fatto ammazzare Gaspard de Coligny; Enrico Darnley, marito della regina di Scozia aveva ammazzato per ragioni politiche Davide Rizzio ed era stato poi ucciso (1566) per ordine del Bothwell e di Maria Stuarda. Idem per l’assassinio di Guglielmo d’Orange nel 1584. Poi c’è Juan Escobedo, fatto ammazzare da Filippo II, Antonio re di Navarra nel 1563, Enrico III re di Francia nel 1589. Enrico IV, prima di essere assassinato nel 1610, era sfuggito a 19 attentati. Filippo II ne subì due, Elisabetta d’Inghilterra numerosi, ecc.
• Vicenda dell’Invincibile Armada, costata dieci milioni di ducati, in Geoffrey Parker Un solo re, un solo impero. Filippo II di Spagna. Il Mulino 1998 pagine 178 e seguenti.
• «In genere durante il Cinquecento in Europa solo metà dei nati vivi riuscivano a raggiungere l’età adulta» dunque era normale che i genitori si rifiutassero di affezionarsi ai bambini finché non avevano raggiunto una certa età.
• Lettera di Filippo II a una delle figlie (Catalina): «Apprendo che vostro fratello più piccolo (il futuro Filippo III) ha or ora messo un dente. Credo che fosse tempo ormai, perché ha già tre anni; oggi è l’anniversario del suo battesimo, come ricorderete; sebbene non sappia bene se la cosa sia avvenuta due o tre anni fa. Penso che sia avvenuta tre anni fa. Come dite, deve essere un bel bambino. Non so bene con certezza quanti anni compirà in luglio, in occasione del suo compleanno, l’altro vostro fratello (Diego). Penso che abbia sei anni. Fatemi sapere il giusto e Dio conservi voi e loro come mi auguro».
• Filippo II, venti servitori per accudire i cani da caccia. La casa reale era numerossima: nel 1560, quando la corte si spostò da Madrid ad Aranjuez per una settimana, si mossero in tutto 4000 persone. Ogni alto dignitario della casa reale infatti aveva la sua cucina mobile e i propri cuochi «e tutta questa schiera di cortigiani era costretta a vivere sotto dei padiglioni fin tanto che ai reali fosse piaciuto intrattenersi nei giardini del palazzo del Tago».
• Per avere sempre il ghiaccio Filippo II fece costruire speciali ghiacciaie sui monti della Sierra Guadarrama.
• Storie dei nani, giocolieri e buffoni (specie Magdalena Ruiz) in Geoffrey Parker Un solo re, un solo impero. Filippo II di Spagna. Il Mulino 1998 201-202. Ibidem la descrizione di un gioco dell’oca dell’epoca e della pratica di scommettere su tutto
• Durante la costruzione dell’Escuriale (finito nel settembre 1584), gli operai scioperarono perché due di loro, colpevoli di rissa, erano stati incarcerati. Vi fu anche un corteo di protesta di cinquanta operai che suonavano zufoli e tamburi. Le autorità inorridirono, ma il re fu clemente perché di quegli operai aveva bisogno.
• Don Gonzalo Chacón, che aveva violentato una dama di Donna Giovanna, la sorella del re, si rifugiò in convento. Il frate che lo aveva protetto venne condotto a Madrid per il processo e quando lo ebbe di fronte il sovrano lo investì con queste parole: «O frate, chi ti ha insegnato a disobbedire al tuo re e chi ti ha persuaso di ospitare un malfattore simile?». Il frate alzò gli occhi con aria umile e rispose: «La carità». Il re rimase interdetto, mormorò due volte «La carità? La carità?» poi si volse al magistrato che gli stava a fianco e gli disse: «Rimandate subito quest’uomo al suo convento, poiché se ha agito per carità che cosa possiamo fargli?».
• I cortigiani dissero che non avevano mai visto re Filippo così felice come il giorno in cui, passando per Campomayor diretto in Portogallo, una donna s’era staccata dalla folla assiepata ai lati della strada e porgendogli una brocca d’acqua fresca gli aveva detto: «Dio vi benedica, sire. Desideriamo proprio constatare che vi comportate come noi».
• «Nel maggio del 1595 gli venne una febbre che gli durò ben trenta giorni. Dopo quella malattia il re trascorse la maggior parte del tempo che gli restava da vivere nell’equivalente cinquecentesco di una attuale sedia a rotelle. Si trattava di una specie di sofà o lettuccio, che si poteva alzare verticalmente o porre in posizione orizzontale, lungo più di due metri e largo quasi un metro, fornito di un materasso di crine. Il re sedeva, mangiava e dormiva in quel letto mobile, portando indumenti comodi che non gli stringessero le articolazioni affette da artrite. L’unico guaio di quel giaciglio era il suo enorme peso, che rendeva difficile spostarlo. Nell’agosto del 1596 capitò un disastro. Infatti il re stava prendendo un pasto in una casa contadina mentre era in viaggio per l’Escuriale, quando scoppiò d’improvviso un temporale. L’acqua cadeva così forte da trapassare il tetto della casa e ben presto la stanza dove stava il re, sdraiato nel suo lettuccio, fu tutta inondata. L’acqua salì fino a raggiungere il re all’altezza della cintura, ma il suo giaciglio era troppo pesante da muovere e il re era troppo debole e pieno di dolore per alzarsi. Così dovette attendere tutto ammollato che la pioggia cessasse e l’acqua si ritraesse». Dopo quest’avventura gli venne costruito il lettuccio portatile da invalido che si vede all’Escuriale sul quale passo gli ultimi tre anni della sua vita.
• Filippo II era antisemita. In Castiglia era proibito, a chi non fosse in grado di dimostrare di non avere neanche una goccia di sangue ebraico nelle vene, di ricoprire cariche ecclesiastiche.
• «Il secondo Cinquecento fu tutto un periodo di sovrani esitanti e che non sapevano che linea tenere. Fu quello un tempo in cui la situazione politica conobbe un’inconsueta complessità e questo a causa della lotta tra la Chiesa Romana in ripresa e i suoi avversari protestanti. La religione ebbe una parte cruciale nell’unica rivolta riuscita contro Carlo V (la ribellione dei principi tedeschi nel 1551) e nell’unica ribellione riuscita contro Filippo II (la Rivolta dei Paesi Bassi nel 1572). Il protestantesimo era rapidamente diventato un problema politico di massima gravità. Verso il 1570 quasi metà della popolazione europea aveva ripudiato l’autorità del papa e sebbene la Chiesa Cattolica nel cinquantennio successivo avesse una forte ripresa, resta il fatto che i Riformatori erano riusciti a creare divisioni di fondo che attraversavano tutte le frontiere e portarono tanti nella condizione di dibattersi tra due lealtà diverse (quella politica e quella religiosa). Durante le guerre d’Olanda, durate quasi ottant’anni, ci furono tedeschi che combatterono contro altri tedeschi, inglesi che combatterono contro altri inglesi e abitanti dei Paesi Bassi che andarono contro loro compatrioti perché in quella lotta ci si schierò in base alla confessione religiosa e non in base al principio di nazionalità. Lo stesso accadde nelle «guerre di religione» che dilaniarono la Francia e nella Guerra dei Trent’Anni» (pagg. 245-246).
• «Churchill soffriva di cuore al punto che a certe sedute del governo cadeva in un stato comatoso; e di Kennedy si è saputo che doveva far uso continuo di analgesici [...] Kennedy ebbe il tormento di questioni familiari e Churchill, al pari di Filippo II, non sapeva trattenersi dall’immischiarsi nelle questioni d’importanza minima e, infatti, ”si interessò di ogni minuzia, dal peso delle razioni di marmellata alla retta pronuncia dei toponimi stranieri”».