Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Il denaro ´Sterco del demonioª. Storia di uníaffascinante scommessa sul nulla

• «Un paio d’anni fa il segretario del Pds, Massimo D’Alema, visitando a New York gli uffici di una grande finanziaria e vedendo due ragazzi di trent’anni, un bianco e un nero, che dai terminali di un computer spostano migliaia di miliardi, rimase sbigottito ed esclamò: «Se la Reuter batte una dichiarazione di Bertinotti che non vota la Finanziaria, questi, in due secondi, vendono mille miliardi di Bot e noi l’anno prossimo dobbiamo pagare un punto in più di interesse, 15 mila miliardi che se ne vengono via dalle nostre tasche. Quei due sono più importanti del governo e del Parlamento italiani».
• «Tutte le merci esistenti non sono ormai più in grado di soddifare la gigantesca massa di denaro che si è venuta a creare. E il denaro, non potendo comprare, se non in misura marginale, oggetti, merci, prodotti, servizi, lavoro e, nel contempo, avendo assoluta necessità di muoversi pena l’estinzione o comunque la svalorizzazione, si getta allora avidamente su se stesso: azioni, obbligazioni, titoli di Stato, valute...».
• «Futures, hedges, opzioni e gli altri derivati vanno ad aggiungersi all’enorme massa di denaro già in circolazione. Si calcola che attualmente i depositi transnazionali ammontino alla sbalorditiva cifra di 8000 miliardi di dollari. Un deposito è transnazionale quando è in valuta diversa da quella del Paese in cui la Banca ha sede e nazionalità». Antonio Fazio: «Questi 8000 miliardi di dollari sono più del prodotto lordo degli Stati Uniti, una volta e mezzo il valore delle esportazioni mondiali di merci; sono fuori dal controllo diretto delle Banche centrali e la loro velocità di circolazione è esaltata dal ricorso ai prodotti derivati».
• I ”circuiti deficitari internazionali”: «il Messico, indebitato con i paesi industrializzati per 50 miliardi di dollari di cui non riusciva a pagare neppure gli interessi, è stato sovvenzionato dai creditori esattamente con altri 50 miliardi di dollari. Il Giappone presta quattrini ai Paesi asiatici a lui vicini perché questi possano comprare beni in Giappone. E’ vero che poi alcuni di questi paesi esportano a più non posso soprattutto verso gli Stati Uniti i quali però a loro volta, per sostenere il proprio enorme surplus di importazioni, si fanno prestare denaro dal Giappone da cui pure acquistano una quota rilevante di beni. E osì il cercio è chiuso. Tutti i paesi dell’Unione europea hanno, chi più chi meno, un deficit commerciale con la Germania, cioè imprtano dai tedeschi molto più di quello che esportano. Come fanno allora? Elementare: per poter comprare beni in surplus dalla Germania si fanno prestare i soldi dalla Germania».
• «Se analizziamo la curva del Pil degli Stati Uniti dal 1910 al 1980 vediamo che i picchi più alti corrispondono tutti a periodi in cui l’America era in guerra: un 20% in più per la guerra di Corea e per il primo conflitto mondiale (dove gli Stati Uniti intervennero tardi) e addirittura un 40% per il secondo dove gli americani lasciarono sul terreno un milione di morti. Dopo la seconda guerra mondiale ci vollero cinque anni perché il reddito nazionale raggiungesse i livello del biennio 1944-1945».
• L’8 marzo del 1996 la Borsa di New York crollò, trascinandosi dietro le consorelle europee, alla notizia che nel mese di febbraio si erano creati 705 mila posti di lavoro. Pochi anni prima l’indice Dow Jones era salito alle stelle per un annuncio di segno opposto: la Xerox licenziava decine di migliaia di lavoratori. Il primo gennaio 1977 crollò invece la Borsa francese perché l’indice di produttività era salito di due punti.
• «Una volta avevamo le guerre, oggi le crisi finanziarie» (Gianni Agnelli).
• «Nel 1972, l’anno in cui il Sahel fu colpito più gravemente dalla siccità e dalla conseguente morte per fame, il governo degli Stati Uniti pagò ai suoi agricoltori tre miliardi di dollari perché lasciassero incolti 50 milioni di ettari che, se coltivati, sarebbero stati teoricamente più che sufficienti a sfamare le popolazioni del Sahel. Lo scopo era provocare un consistente rialzo del prezzo del grano (che infatti negli successivi aumento del 25%) per poterlo vendere con maggior profitto sui mercati che contano. I ”morti di fame” del Sahel non avevano invece i quattrini sufficienti per comprare il grano a un prezzo interessante per i produttori americani [...] Il risultato di tutto questo è che nei Paesi del Terzo mondo aumenta, sia pur lentamente, la produzione agricola destinata all’esportazione e diminuisce, drasticamente e drammaticamente, la produzione di alimenti primari per la popolazione indigena».
• «L’inflazione non è altro che il valore del denaro scontato al Giorno del Giudizio» (Mathieu).
• «I primi 385 miliardari del mondo posseggono un patrimonio che è pari al reddito complessivo di Paesi che rappresentano il 45% della popolazione mondiale, e Berlusconi con i suoi cinque miliardi di dollari, secondo le stime di Forbes, ha un patrimonio pari al reddito di tutti gli abitanti del Niger».
• «Il denaro, quale che sia la sua forma, è sempre credito» (Schumpeter). «E’ un fatto che, alla lunga, i debiti non sono pagati» (Vittorio Mathieu, 1985).
• -´? casi in il denaro si volatilizzò ovvero di banche saltate per aria in Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio». Storia di un’affascinante scommessa sul nulla. Marsilio, 1998 pagine 22 e seguenti con cronologia dell’inflazione di Weimar.
• «La scelta è un’ecatombe di possibili» (Epicuro).
• Il sistema di John Law in Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio». Storia di un’affascinante scommessa sul nulla. Marsilio, 1998 pagine 32 e seguenti
• «Susanna Agnelli mi raccontò una volta che suo fratello Gianni girava sempre senza un soldo in tasca e non conosceva il valore delle diecimila lire».
• Storia dell’economia antica. Prima fase. Paleolitico (dal 30.000 al 10.000 avanti Cristo) non esisteva né scambio né denaro. Denaro: elemento terzo, del tutto astratto, che consente di misurare valori altrimenti incommensurabili. Moneta: elemento comunque concreto, (il denaro che si fa carne?). Fritz Heichelheim: «Non esisteva alcun oggetto di scambio che non si potesse altrettanto facilmente procurare senza ricorrere al commercio». Seconda fase. Dal 10.000 al 3600 a.C. Con l’agricoltura (Turkestan) cessa il nomadismo, la tribù accampata ha dei vicini con cui è necessario manenere dei rapporti. Nasce lo scambio, tuttavia solo attraverso la tecnica del dono e del controdono. Non c’è alcun lucro e anzi è ben visibile, in quei popoli, la pericolosità del dono quando viene ricevuto. I Tlingit, indiani del Nord America: «Si mettono i doni sul dorso della gente che li riceve». Marcel Mauss (Saggio sul dono): «La cosa ricevuta non è inerte». Rito che annulla la pericolosità del dono o della dipendenza materiale: Potlach, cioè distruggere beni materiali, dando loro fuoco o fracassandoli, per il puro gusto di dimostrasene in-dipendenti. Analogia con la mistica odierna dello spreco. «Nulla è più lontano dalla mentalità dei primitivi dei concetti di risparmio, di investimento, di calcolo economico». Non c’è bisogno di scambi perché all’interno del gruppo o della tribù si trova tutto cioè di cui c’è bisogno. Forte solidarietà interna: nessuno è ricco, nessuno è povero, a nessuno manca niente di ciò che è necessario. Molto mal visti gli scambi di doni o baratti che facciano sospettare un guadagno di una o dell’altra parte. Terza fase: 3600 avanti Cristo. Urbanesimo, invenzione della scrittura. Rottura della struttura tribale e della solidarietà familiare. Giunti in città, uomini e donne si trovano per la prima volta privi di qualche cosa che si devono procurare. I Grandi Imperi dell’epoca regolano tuttavia il mercato attraverso un rigido concetto di equivalenza: l’equivalenza evita il profitto, sempre molto mal visto. «Una misura di frumento si scambia invariabilmente con una giara di vino, in ragione di uno a uno, un capo di bestiame di grande taglia con dieci di piccola taglia e così via». I ”prezzi” (cioè le equivalenze) restano stabili per centinaia di anni grazie al fatto che, nel periodo dei Grandi Imperi, lo Stato controlla al 90 per cento la produzione dei beni essenziali (Heichelheim). Gli antichi imperi si finanziavano esigendo tasse in natura o corvées. Erano società collettiviste. Quarta fase. Nascita del denaro. In Lidia, tra la fine dell’VIII secolo e l’inizio del VII «comparve per la prima volta nella storia dell’uomo la moneta coniata in metallo prezioso, garantita nel peso nella misura e quindi nel valore da chi l’aveva battuta, cioè lo Stato ma anche, almeno dall’inizio, da privati». Nasce anche il mercato insieme con la filsofia, la scienza, l’economia la polis , la democrazia, la personalità il lavoro individuale la povertà individuale e la solitudine dell’uomo. Testo letterario: le Opere e i giorni di Esiodo. Il mercato al minuto dei generi alimentari di Salamina (VII secolo). Secondo il mito fu Gige, re della Lidia, a coniare la prima moneta, l’elektron, combinazione di oro e argento. Di lì si diffonde rapidamente: a Corinto è attestata verso il 630 a.C. Nascono le monete nazionali - più deboli - e quelle internazionali, più forti. Monete internazionali: tetradrammi attici, moneta d’oro persiana, tartarughe di Egina, poloi di Corinto. I ricchi capiscono subito che conviene comprare spendendo le monete deboli (all’interno) e vendere incassando le monete forti (all’estero). Così come oggi con i dollari. Nasce anche l’interesse (a Babilonia tassi sui cereali oscillanti tra il 20 e il 33 per cento). Chi commercia con profitto o presta a usura è però considerato con disprezzo. «Il mercante individuale nel senso moderno del termine, che guadagna sulla differenza di prezzo tra ciò che acquista e ciò che vende, farà la sua prima apparizione in Grecia nel VII e VI secolo a.C., solo dopo l’introduzione della moneta coniata. Sarà in genere un meteco o uno straniero, agirà sul mercato interno, al dettaglio, col nome di kapelos e prenderà una posizione infima nella scala sociale, disprezzato da tutti». Per Platone e Aristotele il mercato era sospetto, qualcosa d’impuro. «Nell’ultimo secolo della Repubblica (romana) l’usura sfondò il muro del 50%. Molte delle rivolte di questo periodo, da Lepido a Catilina, sono dei tentativi di sottrarre l’aristocrazia e la plebe romana all’artiglio della nuova classe dei cavalieri (banchieri, mercanti, appaltatori di tasse) che teneva per la gola l’una e l’altra con il prestito a strozzo». All’inizio del IV secolo, a Delo, appaiono le banche «organismi che utilizzano i depsositi (fino a quel momento in mano a semplici cambiavalute) per concedere prestiti. Primo banchiere ricco di Grecia Pasione, che aveva accumulato quaranta talenti. Nascita anche dell’inflazione: all’epoca di Solone (fine del VI secolo) «un medimmo di grano costava una dracma. Nel 422 due dracme. Un bue 5 dracme sotto Solone e 51 nel 410 e 70-100 nel IV secolo. Dal VI al IV secolo il potere de’acquisto della moneta era crollato del 200% e dal 400 al 336 del 400%. Ultima fase: invasioni barbariche, distruzioni delle città, ritorno a un’economia autarchica, autosufficiente, votata all’autoconsumo dove per la moneta non c’è quasi più posto. vedi la Storia dell’economia moderna in 5943 Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio». Storia di un’affascinante scommessa sul nulla. Marsilio, 1998
• Gli Incas avevano costruito col sistema delle corvées 16 mila chilometri di strade di montagna spesso così ampie che potevano essere percorse da otto cavalieri. Un inca preferiva sottoporsi a 15 giorni di corvée piuttosto che consegnare uno staio di patate.
• «L’intensità del commercio e la perfezione delle sue forme che sono state attribuite dagli studiosi delle generazioni passate ai Fenici sono favole, come tutte le nostre fonti sul commercio estero dall’inizio del primo millennio a.C. rivelano chiaramente. I Fenici erano soprattutto pescatori».
• «In Cina la cartamoneta era in uso già nel II secolo dopo Cristo ad opera di privati. Dal IX secolo lo Stato si impadronisce del sistema e comincia ad emettere cartamoneta a suo piacimento. Nel XIII secolo, all’epoca di Marco Polo, la produzione cartacea era diventata impressionante ed erano in circolazione anche dei veri e propri assegni, nel senso che intendiamo noi, che potevano essere cambiati in argento alla banca cui venivano presentati. Il tutto provocò un’inflazione dell’80% e oltre, inaudita per quell’epoca, e convinse la dinastia Ming, agli inizi del XV secolo, ad abolire la cartamoneta e a sostituirla con l’argento. Di banconote non si parlò più per alcuni secoli. Storia diversissima ha il vicino Giappone dove l’economia naturale, cioè non monetaria, predominò fino al XVIII secolo come del resto avviene sempre in una società a struttura feudale. Fino a quella data il popolo adottò come moneta il riso e molto spesso adottava il baratto puro e semplice senza ricorrere ad alcun intermediario».
• Storia dell’economia moderna (per l’antica vedi scheda 5939). Il denaro resta in sonno per mille anni e riappare con i Comuni. «Nel XII secolo si nota che numerosi gruppi di mercanti di Asti, di Chieri, di Piacenza, di Lucca, di Siena cominciano a frequentare le fiere della Francia meridionale, di Parigi, della Champagne e più tardi di Bruges e di Londra».
• «In Giappone il samurai rieteneva vergognoso toccare la moneta e se gli veniva donata lo considerava un grave affronto. Addirittura il samurai non può nemmeno parlare e persino pensare in termini di denaro».
• Attitudini del borghese ai tempi del capitalismo commerciale o primo capitalismo (età dei Comuni). «individualista, inquieto, industrioso, attivo, anzi superattivo, doveristico, razionale, calcolatore, metodico, ordinato nelle sue cose, costante, frugale, moderato, parsimonioso, timorato di Dio e, infine, amante del rischio ma con juicio».
• «A un certo momento gli imprenditori introdussero il cottimo per aumentare la produttività. Ma ebbero una spiacevole sorpresa. Scrive Weber: ”I lavoratori risposero all’aumento del cottimo non con un aumento, ma con una diminuzione del loro lavoro giornaliero. Il maggior guadagno li attirava meno del minor lavoro [...] Il lavoratore non si chiedeva ”quanto posso guadagnare se do il massimo di lavoro” ma sibbene ”quanto debbo lavorare per guadagnare quel salario che ho percepito finora e che copre i miei bisogni tradizionali”» (condotta tradizionalista).
• Etica del risparmio. «Un picciolino che egli abbia messo da parte ha fatto più onore di cento che egli abbia speso» (Giovanni Rucellai, mercante del Quattrocento). Beniamino Franklin: «Chi uccide una scrofa uccide tutta la sua discendenza fino al millesimo maialino. Chi getta via un pezzo di cinque scellini uccide tutto ciò che si potrebbe produrre con esso; intere colonne di di lire sterline». Leon Battista Alberti: «La ricchezza... non bisogna mai lasciarla inattiva: sempre essa deve accrescere il patrimonio del suo padrone».
• Beniamino Franklin: «Mi feci un libriccino nel quale assegnai a ciascuna virtù [Moderazione, Silenzio, Ordine, Fermezza, Economia, Diligenza, Sincerità, Giustizia, Misura, Pulizia, Tranquillità, Castità] una pagina, vergai ciascuna pagina con inchiostro rosso, in modo che avesse sette sezioni, una per ciascun giorno della settimana, e segnai ciascuna sezione con l’iniziale del giorno. Queste sezioni io le traversai con tredici righe rosse e posi all’inziio di ciascuna riga le lettere iniziali di una delle virtù, per poter segnare su questa riga e nella sezione corrispondente con una crocetta nera ciascun errore di cui mi fossi trovato colpevole, dopo un accurato esame, in quel giorno riguardo alla corrispondente virtù».
• La prima lettera di cambio è di Stratocle (V-IV sec. a.C., pag. 86-87) la prima lettera di cambio girata nota è del 1410 (pag. 122), la prima banconota è del 1694 (Banca d’Inghilterra).
• La più antica truffa sulle monete: grattare i bordi esterni e tesaurizzare così l’oro e l’argento. Lo facevano anche gli Stati: il ”denaro” conteneva 1,7 grammi d’argento all’epoca di Carlo Magno, 0,25 alla fine del XII secolo.
• La scoperta dell’America e l’improvviso afflusso di oro e argento determina un’impennata dei prezzi e una grande inflazione (l’inflazione aveva serpeggiato per tutto il Medio Evo).
• «Per noi, buon amico, tutto oggi è d’oro, le aste, gli scudi, i ceppi, le corone... l’oro riduce schiavo chi è libero e liberi gli schiavi, assolve i rei, gli innocenti condanna, fa i muti facondi, riduce ogni eloquenza al silenzio. Per esso principi i servi, e servi i principi, audaci i timidi, paurosi gli arditi, solleciti i pigri... asciuga i fiumi, feconda i campi, sconvolge i mari, adegua ai piani i monti, rompe ogni chiusa, assalta ed espugna fortezze, abbatte castelli... Ed è pur l’oro che le amicizie dei grandi, le illustri clientele e gli splendidi matrimoni procaccia: per virtù sua infatti vengono gli uomini in fama di nobili, di valorosi, di sapienti, di belli e (mirabile a dirsi) persin di santi: e solo i ricchi oggimai sono nelle città creduti dabbene, a essi soli quella fede che ai poveri si nega» (Petrarca, Epistule de rebus familiaris).
• Fino alla Rivoluzione industriale la maggior parte della terra rimase non commerciabile.
• Nel periodo del feudalesimo i mendichi rappresentano l’uno per cento della popolazione e quasi tutti lo sono per loro volontà. La disoccupazione è pressoché sconosciuta e non solo nel settore agricolo.
• Nel periodo del feudalesimo la ristrettezza del mercato e l’impossibilità pratica che in troppi vivessero sullo stesso mercato impone le corporazioni.
• Durante il feudalesimo «la stessa pubblicità, la sovrana assoluta del nostro tempo, il motore di tutto il processo industriale, è molto malvista perché è giudicata concorrenza, per giunta sleale, e perché offende il decoro del commercio. Ancora nel XVIII secolo in Inghilterra, mentre sta per cominciare il decollo industriale, si scrive: «Il fare annunci sui giornali è ora venuto più in voga. Sino a pochi anni fa i commercianti di buon nome consideravano vile e spregevole rivolgersi al pubblico per mezzo di un pubblico annuncio».
• Yeomen, recinzioni e sviluppo della Rivoluzione industriale in Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio». Storia di un’affascinante scommessa sul nulla. Marsilio, 1998 134 e seguenti e 145 e seguenti
• Il primo commercio marittimo non era infestato dai pirati, ma era fatto dai pirati.
• «Gli uomini della prima rivoluzione industriale mentre si lasciarono facilmente trasformare in merce fecero invece una strenua resistenza perché almeno la terra non fosse considerata tale. Gli Stati, anche quando divennero i forti stati nazionali della fine del XVIII secolo, durarono molta fatica a far entrare nella testa dei loro sudditi contadini che anche la terra è una merce che va trattata come le altre. In Francia e in gran parte del continente solo il Codice napoleonico arrivò a statuire ufficialmente la piena commerciabilità della terra. In Inghilterra la libertà di contratto estesa anche al suolo fu inserita nella commn law ancora più tardi, fra il 1830 e il 1860. In Germania i divieti perdurarono ben oltre la mpetà dell’Ottocento. In quest’ultimo caso, nota Simmel, tali divieti «hanno motivi essenzialmente fiscali e solo in via del tutto generale motivi di politica agraria: ma sembra che qualche volta abbia agito l’idea che si fa un torto al contadino anche se gli si offre in cambio un adeguato risarcimento in denaro». Fra la metà del XVIII secolo e i nostri giorni si opera quindi un gigantesco esproprio. Alla stragrande maggioranza degli uomini viene tolta la terra e gli viene dato al suo posto del denaro. Lì per lì il cambio può sembrare, forse, vantaggioso perché col denaro si possono fare molte cose, alcune anche divertenti, mentre con la terra una sola e faticosa («la terra è bassa» dicono i contadini). In seguito sorge qualche dubbio [...] Simmel: «Nel XVIII secolo la frequente vendita della terra dà al contadino una momentanea libertà. Gli viene sottratto qualcosa, tuttavia, che non si può pagare: l’oggetto certo della sua attività personale. Nella terra si celava qualcosa di completamente diverso dal puro valore patrimoniale: era per il contadino la possibilità di un operare utile, il centro degli interessi, il contenuto che dava orientamento alla sua vita, e che egli perdeva quando invece che la terra possedeva soltanto il suo valore in denaro».
• Con la rivoluzione industriale gli orologi delle torri cominciarono a battere anche i quarti d’ora.
• Nel 1782 John Mc Farlane scriveva: «Il maggior numero di poveri non si trova nei paesi aridi o tra le nazioni barbare, ma invece nei più fertili e civili». E la forbice fra ricchi e poveri continuava ad aumentare così come la massa dei miserabili. Nel 1696 il totale dei sussidi per i poveri in Inghilterra ammontava a 400 mila sterline, nel 1796 era di due milioni, nel 1818 si avvicinava agli otto milioni senza che ci fosse stata un’inflazione di qualche rilievo. Nel frattempo la popolazione inglese era triplicata, ma il numero dei poveri era aumentato di circa sette volte. In quel periodo Robert Owen notava «i lavoratori sono attualmente in una situazione infinitamente più degradata e miserabile di quella in cui si trovavano prima dell’introduzione di quelle manifatture dal cui successo dipende ora la loro mera sussistenza».
• David Ricardo, per giustificare la creazione di poveri da parte del mercato: «Alla lunga tutto si riequilibra». Risposta di Keynes, secoli dopo: «Sì, ma alla lunga siamo tutti morti». Altra versione, forse migliore, della frase di Keynes: "Nel lungo periodo siamo tutti morti" (GdA).
• Alla fine del Settecento l’economia degli Stati Uniti era largamente di baratto.
• stato calcolato che per ogni dollaro ”donato” dal Nord del mondo ai paesi del Sahel, ”a questi stessi paesi sono stati venduti tre, a volte cinque a volte addirittura undici dollari di prodotto finito”. Impossibilitati a coltivare la propria terra per il fabbisogno e attratti dal miraggio, dalle lusinghe, dai prodotti finiti del modello industriale gli agricoltori del Sahel lasciano i campi e immigrano in città dove si proletarizzano e sottoproletarizzano perdendo ogni autosufficienza e venendo a dipendere in tutto e per tutto dal meccanismo del denaro. Nel frattempo la terra abbandonata si desertifica creando così una situazione di non ritorno. [...] L’imprenditore internazionale paga la manodopera dei Paesi del Terzo Mondo in moneta locale, cioè debole, e vende poi sui mercati, in cambio di dollari, i prodotti così realizzati. L’imprenditore si arricchisce facilmente, ma nel contempo si impoverisce globakmente il paese in cui è andato a ”portare lo sviluppo”. [...] Agli inizi del Novecento l’Africa era autosufficiente dal punto di vista alimentare. Ancora nel 1961 lo era al 98%. Nel 1971 l’indice era sceso all’89% e nel 1978 al 78%».
• Phil Bradley: «A quanto pare le materie prime riescono sempre ad arrivare al mare e i manufatti a raggiungere le zone più isolate. Pile elettriche, fiammiferi e Coca cola si trovano anche nei più miserbaili negozi del Terzo mondo».
• La moneta cattiva scaccia quella buona, legge di Thomas Gresham (186)
• «La banconota nacque da un accordo tra la Corona e la Banca d’Inghilterra: la Banca presta allo Stato moneta sonante (in oro, in argento), in cambio ha l’autorizzazione ad emettere dei biglietti a corso legale».
• Nel 1877 alla Borsa di New York si vendette 50 volte il ricavato del petrolio estratto in un anno».
• Storia della convertibilità della moneta in Massimo Fini Il denaro «Sterco del demonio». Storia di un’affascinante scommessa sul nulla. Marsilio, 1998, pagine 202 e seguenti
• «Prima degli anni Settanta i tassi di cambio variavano in media solo ogni quattro anni, i tassi di interesse due volte l’anno, le società ritoccavano i loro listini una volta l’anno e decidevano nuovi investimenti anche più di rado. Negli anni 70 e 80 le cose vanno molto diversamente. I tassi di cambio variano ogni quattro ore, i tassi di interesse e i prezzi molto molto spesso e le società decidono nuovi investimenti ogni anno. Attualmente i tassi di cambio variano a ogni istante».
• Henry Ford in pieno Novecento si rifiutò a lungo ostinatamente di ricorrere al credito bancario. Angelo Rizzoli disse sul letto di morte al figlio: «Non fare mai debiti con le banche».
• «Bisogna aumentare i consumi per aumentare la produzione» (Sergio D’Antoni).
• Nel 64 dopo Cristo Nerone è autore di quella che è forse la prima svalutazione monetaria varata ufficialmente da un governo e, a partire dallo stesso anno, di una moderata politica inflazionistica, agganciata a una poderosa attività di edilizia pubblica per reagire, keynesianamente, ad un periodo di stagnazione economica che aveva colpito l’Urbe».
• «Per concedere il primo prestito di 23 miliardi di dollari, il Fondo Monetario ha imposto all’Indonesia di chiudere sedici banche dalla solvibilità dubbia, e fra queste c’erano primari istituti di credito come Bank Giakarta e Bank Industri. Nel giro di valzer quindi i risparmiatori indonesiani hanno perso due volte: prima in Borsa come piccoli investitori, poi in Banca dove il loro denaro è stato azzerato».
• «La carestia che colpì la Francia negli anni 1816 e 1817 portò alla morte per fame e per inedia quasi 100 mila persone, provocò licenziamenti in massa, l’abbassamento dei salari e mise in seria difficoltà l’industria. Ci fu un solo beneficiario, la Banca di Francia, che negli anni della catastrofe realizzò utili superiori del 60 per cento a quelli che aveva segnato nel 1814 e nel 1815, cioè prima della carestia».