Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Quando l’astrologa consultata da Celia Guevara si disse perplessa perché secondo la data di nascita (14 giugno 1928) Ernesto Che Guevara doveva essere un Gemelli, per di più "opaco", ed avere quindi una personalità dipendente e grigia, destinato a una vita priva di eventi, Celia le confidò un segreto che custodiva gelosamente da più di trent’anni: il certificato di nascita era falso, avevano posticipato la nascita del bambino per celare all’alta società di Buenos Aires il fatto che Celia de la Serna (nobile lignaggio spagnolo) era incinta quando, il 10 novembre 1927, aveva sposato Ernesto Guevara Lynch (pronipote di uno degli uomini più ricchi di Argentina)

• Quando l’astrologa consultata da Celia Guevara si disse perplessa perché secondo la data di nascita (14 giugno 1928) Ernesto Che Guevara doveva essere un Gemelli, per di più "opaco", ed avere quindi una personalità dipendente e grigia, destinato a una vita priva di eventi, Celia le confidò un segreto che custodiva gelosamente da più di trent’anni: il certificato di nascita era falso, avevano posticipato la nascita del bambino per celare all’alta società di Buenos Aires il fatto che Celia de la Serna (nobile lignaggio spagnolo) era incinta quando, il 10 novembre 1927, aveva sposato Ernesto Guevara Lynch (pronipote di uno degli uomini più ricchi di Argentina).
• Ogni notte, mentre il Che bambino dormiva, il padre e il suo fattore Curtido bruciavano con la punta della sigaretta le larve degli acari annidatisi durante il giorno nella carne del bambino.
• Nel maggio del ’30 i medici diagnosticarono a Ernesto una forma di bronchite asmatica cronica. Il clima della piantagione, umido, non era adeguato e i Guevara andarono a vivere a Buenos Aires. A causa dell’asma Ernesto non andò a scuola fino a 9 anni. Fu la madre a insegnargli a leggere e scrivere.
• Nel marzo del ’37, più grande di quasi un anno rispetto ai suoi compagni, entrò in terza alla Escuela San Martin. «Brillante e birichino», per difendersi dagli sculaccioni impartiti dalla direttrice arrivò a mettersi un mattone nei pantaloni. Beveva inchiostro dai calamai, mangiava il gesso, si arrampicava sugli alberi in cortile, esplorava i pozzi di una miniera abbandonata e faceva il torero con un ariete.
• A 14 anni era iscritto al Colegio Nacional Dean Funes di Còrdova, dove la famiglia si era di nuovo trasferita. Per l’antiquato taglio a spazzola lo avevano soprannominato El Pelao. Volle entrare nella squadra di rugby e si guadagnò la fama di uno che attaccava senza paura. L’allenatore lo soprannominò "Fuser".
• Nel novembre del ’43 un amico di Ernesto venne arrestato per aver manifestato contro il governo. Gli chiesero di partecipare ad una manifestazione contro gli arresti, lui si rifiutò. L’avrebbe fatto, disse, solo se gli avessero dato una pistola perchè scendere in piazza era un gesto futile e agli studenti «i militari avrebbero fatto cacare sangue a colpi di manganello».
• A 17 anni rispose alle sue curiosità sessuali leggendo un’edizione integrale de "Le mille e una notte". La sua prima esperienza fu a 14-15 anni: un amico gli procurò una serva chiamata "la negra". Per non correre rischi Ernesto si portò in camera l’inalatore per l’asma.
• Soprannomi al tempo del liceo: el Loco (il pazzo); el Chancho (il maiale).
• Durante il primo anno di università (1947, Medicina, a Buenos Aires) passò la visita di leva e venne riformato per "diminuita capacità fisica". Con gli amici Ernesto «ringraziava i suoi merdosissimi polmoni che avevano fatto una volta tanto qualcosa di utile».
• Per guadagnare un po’ di soldi si mise a produrre un insetticida antiblatte a base di Gamexame (insetticida contro le cavallette) nel garage di casa. Voleva commercializzarlo col nome di "Al Capone", ma gli dissero che avrebbe avuto bisogno dell’autorizzazione della famiglia del gangster; pensò anche a "Atila" (Attila), poi si decise per "Vendaval", in spagnolo vento notturno. Smise di occuparsi dell’affare quando tutti, lui compreso, cominciarono a sentirsi male.
• Nel gennaio del ’52 partì con l’amico Alberto per un viaggio nel continente latino-americano. A maggio, ormai senza soldi, mangiavano quando trovavano "un candidato": parlando con esagerato accento argentino incuriosivano un malcapitato, poi raccontavano che erano in viaggio, e che proprio quel giorno era il primo anniversario della loro partenza. Alberto diceva: «Peccato essere in queste condizioni e non poter festeggiare...». Il "candidato" offriva da bere. Ernesto, dopo il primo bicchiere, si rifiutava di continuare. Sotto mille insistenze, con vergogna, diceva che in "Argentina siamo abituati a mangiare qualcosa quando beviamo». E il "candidato" pagava. Durante quel viaggio lavorarono in un lebbrosario e fecero gli allenatori di calcio a Leticia, in Colombia.
• In Guatemala, nel ’54, Ernesto conobbe Antonio "Nico" Lopez, esule cubano, che lo soprannominò "el Che argentino" per la sua abitudine a usare la parola guaranì "che" per dire "ehi, tu". Da lui venne a sapere della lotta cubana e del suo capo, Fidel Castro.
• Myrna Torres, figlia di Edelberto, esule politico nicaraguense, e la sua amica Blanca Méndez, figlia del direttore della Petroleum reserves del Guatemala, si giocarono Ernesto a testa o croce. Vinse Blanca, ma Myrna si accorse che Ernesto era attratto più di tutto da Hilda Gadea, leader in esilio dell’ala giovanile dell’Apra peruviano.
• Nell’estate del ’54, a Città del Messico, si guadagnò da vivere facendo ritratti con la macchina fotografica alla gente nei parchi e nelle piazze. Fece poi il guardiano notturno, il corrispondente-fotografo per l’agenzia di stampa argentina Agencia Latina, l’allergologo e il ricercatore presso l’Ospedale pediatrico. Alla fine di quell’anno, appena laureato, scrisse alla madre della sua "conversione": era un comunista. In aprile per aiutarlo a mantenersi, Hilda gli propose di sposarsi. Lui disse di no, ma andarono a vivere insieme. Desideroso di nuove avventure, tentò l’ascesa alla cima innevata del monte Popocàtepetl, uno dei vulcani di 5mila metri che dominano Città del Messico.
• Quando incontrò Fidel Castro, Guevara scrisse sul suo diario: «penso che tra noi ci sia una simpatia reciproca». Dopo poche ore Fidel invitò il "Che" , come avevano cominciato a chiamarlo i cubani, a unirsi al movimento guerrigliero: sarebbe stato il loro medico. Quando Ernesto disse a Hilda che voleva partecipare all’invasione ribelle di Cuba, lei gli rispose che era incinta. Il 18 agosto ’55 si sposarono nella cittadina di Tepotzotlan. Raùl Castro partecipò ma, per non dare nell’occhio, non firmò il registro dei presenti. Ernesto aveva preparato l’asado all’argentina. I genitori di lei regalarono agli sposi 500 dollari e chiesero delle foto. Lui avvisò la famiglia solo il 24 settembre.
• Nel marzo del ’54 aveva scritto della moglie. «E’ un peccato che sia così brutta».
• Ernesto era un accanito consumatore di mate, aveva sempre con sé il suo equipaggiamento: bombilla (cannuccia), boquilla (bocchino), e un thermos con due litri di acqua calda. Studiava e discuteva sempre bevendo mate, era la prima cosa che faceva quando si alzava e l’ultima prima di andare a letto. Gli piaceva amaro.
• Hilda Beatriz Guevara, la prima figlia, nacque il 15 febbraio 1956.
• Il Che e gli altri uomini di Fidel Castro addestrati alla guerriglia a Città del Messico si esercitavano a sparare al poligono Los Gamitos, tirando ai tacchini.
• Nel dicembre del ’56, in seguito al fallimento dell’impresa del Granma (invasione di Cuba), Guerava (ferito al collo) venne dato per morto. La famiglia ricevette il 31 dicembre una sua lettera "in codice" che li rassicura sulla sua sorte.
• Il primo uomo che il Che uccise, il 22 gennaio ’57, era un soldato cubano. Annotò nel suo diario: «Aveva un proiettile sotto il cuore che era uscito dal fianco destro».
• In quei mesi fece il suo debutto come dentista. Privo di anestesia da somministrare ai pazienti, usava quella che definiva "anestesia psicologica": bestemmiava in faccia a quelli che si lamentavano troppo. Anche lui stesso ebbe il mal di denti, ma pensò bene di non metter mano alla faccenda. Il mattino del 22 luglio ’57 Fidel lo nominò comandante dela seconda colonna dell’esercito guerrigliero (che più avanti sarebbe diventata famosa come la "colonna numero quattro"). Comandante era il grado più alto dell’esercito ribelle. Fino a quel momento lo era stato solo FIdel.
• Dalla primavera del ’58 il Che ebbe un’amante Zoila Rodriguez, giovane contadina incontrata a Las Vegas de Jibacoa. Era una ragazza madre di 18 anni che viveva nella fattoria del padre. Si incontrarono alle quattro del pomeriggio: lei stava spingendo delle mucche in un recinto, lui arrivò, «indossando una strana uniforme verde», sul dorso di una mula che voleva ferrare.
• Il Che prese l’abitudine di indossare il basco nero che diventò poi il suo "marchio di fabbrica" nel ’58, dopo aver perso il berretto militare appartenuto a Ciro Redondo. Fu per lui una grande sofferenza: quel cappello era diventato un disastro, la visiera era caduta, puzzava, ma era un modo per protrarre dopo la morte l’amicizia con Ciro.
• Quando nel novembre ’58, Aleida March lo conobbe lo trovò «vecchio» e «scheletrico e sporco». Lei era soprannominata dalla polizia segreta di Batista "Cara cordata" (la sfregiata) perché aveva una cicatrice sulla guancia, il morso di un cane ricevuto da bambina e anche "Teta manchada" (tetta macchiata) per una voglia rosa che si estendeva dal seno sinistro alla clavicola. In realtà Aleida era una bella donna bionda di 24 anni, considerata appartenente "alla classe media" perché la casa della sua famiglia aveva il pavimento di cemento. Diventarono amanti alla metà di dicembre di quell’anno, in una notte in cui lei, non riuscendo a dormire, uscì a sedersi in strada. Erano le tre del mattino. L’offensiva contro Cabaiguan era in corso. Arrivò una jeep, la guidava il Che. La invitò ad andare con lui ad attaccare Cabaiguan e lei accettò.
• Lui si accorse di essere innamorato durante la battaglia di Santa Clara, quando lei attraversò la strada sotto il fuoco dei proiettili e sparì. Per il tempo in cui la perse di vista restò «in agonia».
• Il primo gennaio del ’59, mentre la famiglia Guevara festeggiava la fuga di Batista, il Che venne dato, ancora una volta, per morto. Fu un rappresentante del Movimento "26 luglio" di Buenos Aires a chiamarli per avvertire che la notizia era falsa. Alla fine del mese, dal Perù arrivarono Hilda e la figlia Hildita, che aveva 3 anni. «Ernesto mi disse subito di avere un’altra donna, conosciuta durante la campagna di Santa Clara. Per me fu un grande dolore ma, seguendo le nostre convinzioni, ci accordammo per il divorzio». Hilda rimase a Cuba, le venne assegnato un lavoro socialmente utile. Dopo il divorzio Ernesto e Aleida si sposarono (2 giugno ’59). Le due donne si detestarono fin dal primo momento.
• Il Che cercò di stabilire un rapporto con la figlia che aveva conosciuto solo in foto. La bambina era arrivata a Cuba con l’unghia di un alluce incarnita e il Che chiese a Fernandez Mell di togliergliela. Non volle farlo lui: «Non mi ha quasi mai visto, e se lo farò io comincerà a odiarmi».
• Aleida, che gli faceva da segretaria, malsopportava l’irriducibile Hilda. La ex moglie del Che lavorava a un altro piano dello stesso edificio e non perdeva occasione di imporre la sua presenza, portandosi dietro la bambina. C’erano spesso scenate.
• Il 5 marzo 1960, mentre Fidel Castro pronunciava un discorso per il corteo funebre che accompagnava i cento e più morti del piroscafo da carico francese "La Coubre" (esploso nel porto dell’Avana con le armi acquistate in Belgio per conto di Fidel), il fotografo Alberto Korda immortalò un’immagine che meglio avrebbe fatto il giro del mondo. Il Che vi appare come l’icona della Rivoluzione, «i suoi occhi sembrano fissare il futuro», «la sua faccia è il simbolo dello sdegno davanti all’ingiustizia sociale».
• Aleida (Aleidita, Alyusha), seconda figlia del Che, nacque il 24 novembre del ’61. Aveva capelli e occhi scuri come il padre.
• Il Che si rifiutava di ricevere lo stipendio che gli spettava come presidente della Banca Nazionale, si ostinava a vivere con quello esiguo, da comandante. Quando un amico gli diede il suo orologio dal cinturino d’oro perché lui non lo aveva, si vide consegnare una ricevuta per la donazione di un cinturino d’oro come contributo alle riserve auree di Cuba. Al polso portava l’orologio, ma con cinturino di pelle.
• Celia, terza figlia, nacque il 14 giugno 1963: bionda come la madre venne chiamata come la nonna paterna, che in quel momento era in carcere.
• Il Che trascorreva ore nel sottotetto pieno di libri, leggendo, scrivendo, studiando. Dedicava alla famiglia i pomeriggi della domenica. Era un cattivo guidatore. Una volta tamponò un’auto, il guidatore scese urlando, poi si accorse chi era il tamporatore e con uno «sguardo di beatitudine» disse: «Che, comandante, quale onore avere la mia macchina investita dalla tua!»e giurò che non avrebbe mai fatto riparare il danno per tenerlo come ricordo di quell’incontro.
• La notte, nell’intimità della camera da letto, il Che era solito leggere poesie alla moglie, il che la eccitava. Poeta preferito: Neruda.
• Nell’estate del ’64 decise di lasciare Cuba: la Rivoluzione era al sicuro, lui voleva tornare sul campo di battaglia rivoluzionario. Scelse il Congo, dove i ribelli erano sostenuti dalla Cina.
• Il 31 marzo 1965 Aleida gli chiese di non partire. Lui stava prendendo il caffè. Disse che molte donne sposate ai cubani morti durante la rivoluzione si erano risposate e che nel caso fosse morto lei stessa avrebbe potuto portare il caffè a un altro.
• Partì il giorno dopo. Aveva l’aspetto di un signore serio, ben rasato, con gli occhiali. Il suo nome era Ramòn Benitez. Arrivò a Dares-Salaam (Tanzania) il 19 aprile, ancora travestito. Dal dizionario swahili, scelse un nuovo nome "Tatu", Tre. A Cuba, lasciata per sempre, aveva scritto una lettera a Fidel con la quale lasciava tutti gli incarichi, un’altra lettera per i genitori, un nastro per Aleida con incise poesie, molte di Neruda, una lettera ai figli da leggersi dopo la sua morte.
• In Congo Ernesto "Tatu" ebbe difficoltà ad organizzare i combattenti locali. Dovette ricorrere alla presenza di uno stregone, un "muganga", per gestire i rapporti al campo.
• All’alba dell’8 ottobre 1967, una pattuglia di ranger intrappolò il Che e i suoi uomini in un canalone nei pressi di Villagrande in Bolivia. Un proiettile colpì il tamburo della pistola del Che, che smise di sparare. Un secondo proiettile lo colpì al polpaccio sinistro. Un terzo gli perforò il berretto. Al sergente Bernardino Huanca disse: «Non sparare. Sono Che Guevara. Ti sono molto più utile da vivo che da morto». Un istante dopo arrivò il capitano Prado, che lo identificò e gli legò le mani con la sua cintura. Venne portato nella scuola di La Higuera e disteso sul pavimento con mani e piedi legati.
• Secondo Mario Teran, il sergente che si offrì volontario per ucciderlo, le ultime parole del Che furono: «So che sei venuto per uccidermi. Spara, ucciderai solo un uomo». Teran puntò il fucile semiautomatico e premette il grilletto colpendolo alle braccia e alle gambe. Il Che si contorceva sul pavimento mordendosi un polso per non gridare. Teran sparò un’altra raffica e un proiettile forò il torace del prigioniero. A 39 anni, il 9 ottobre del ’67, in Bolivia, Che Guerava morì. Il boia ebbe la sua pipa.
• "Reliquie" portate in Usa da Rodriguez: alcuni Rolex e del tabacco da pipa mezzo fumato dal Che, messo poi in un’ampolla e incastonato nel calcio della pistola preferita.
• Ernesto Che Guevara, dunque, ha avuto non solo un falso certificato di morte, ma anche un falso certificato di nascita: la madre Celia confidò all’amica Julia Constenla de Giussani che il bambino era nato il 14 maggio (segno zodiacale Toro, volitivo e caparbio), nello stesso giorno in cui un portuale in sciopero soprannominato "Diente de oro" era morto per ferite d’arma da fuoco.
• Per insegnare al figlio a camminare, il padre lo mandava in cucina con un vasetto di yerba mate da consegnare alla cuoca per farla bollire. I Guevara, infatti, possedevano una piantagione di questo tè eccitante che costituisce la bevanda nazionale del paese.
• Per combattere l’asma lo misero a dieta, durante gli attacchi digiunava. Placati gli attacchi si abbuffava, divenne presto nota la sua capacità di consumare in una volta grandi quantità di cibo.
• La madre era considerata una donna emancipata: fu la prima, ad Alta Gracias, a guidare la macchina e portare i pantaloni.
• Completamente privo di orecchio musicale, imparò a ballare solo quando gli amici gli insegnarono quali passi corrispondevano ai vari ritmi. Prima di ogni ballo chiedeva sempre di che tipo di danza si trattasse.
• Per migliorare i rapporti tra guerriglieri e abitanti della Sierra Maestra, il Che cominciò a organizzare consultorios di medicina all’aperto: "Era straziante, avevo poche medicine da offrire e i casi clinici erano sempre gli stessi: donne prematuramente invecchiate e senza denti, bambini con pance dilatate, parassiti, rachitismo, generale deficienza vitaminica..."
• Chivatos: informatori usati dalla Guardia per essere tenuta al corrente di qunato avveniva nella Sierra. Nella caccia a Fidel e ai suoi fedeli venne utilizzata la rete dei chivatos già in piedi.
• Il malcontento tra gli uomini (si ripetevano episodi di diserzione, ci fu anche un suicidio sotto gli occhi di tutti) spinse il Che a istituire una commissione disciplinare. Il suo capo controllava che non si parlasse ad alta voce, non si accendessero fuochi priva del buio, che ci fosse un secchio d’acqua accanto ad ogni falò per spengerlo in caso di necessità, ispezionava chi era di guardia, controllava che nessuno tenesse un diario.
• Alla fine del ’58 il Che mise in piedi una scuola per reclute nel nuovo campo di Caballete de Casas, insediamento fortificato che doveva essere la base permanente della sua retroguardia. Installarono una radio da campo, un ciclostile indispensabile per la fondazione del giornale ’El Miliciano’ e in breve tempo ebbero un impianto elettrico, un ospedale, una fabbrica di tabacco, negozi di pellame, botteghe per la lavorazione dei metalli e una fabbrica d’armi.
• Il 4 marzo gli venne diagnosticato un enfisema. I medici gli vietarono il fumo, si accordarono per un sigaro al giorno, e lo fecero trasferire a Tarara, una comunità balneare. Un giorno un amico lo trovò che fumava un sigaro lungo quasi mezzo metro: "Non preoccuparti dei medici, sono di parola: un sigaro al giorno, non di più".
• Era molto parco anche nei confronti della famiglia: i genitori desideravano tornare a Cuba, anche per conoscere la nuova nipotina (Aleida, intanto, era di nuovo incinta, Camilo nacque nel maggio del ’62), ma lui non possedeva denaro proprio e non voleva usare "denaro pubblico".
• Nel dicembre del ’59 ricevetta la laurea honoris causa dall’Università di Las Villas.
• Alla fine della primavera del ’60 oltre 60mila cubani benestanti avevano lasciato l’isola diretti a Miami.
• Il Che era un cattivo guidatore. Una volta tamponò un’auto, il guidatore scese urlando, poi si accorse chi era il tamponatore e con uno "sguardo di beatitudine" disse "Che, comandante, quale onore avere la mia macchina investita dalla tua!" e giurò che non avrebbe mai fatto riparare il danno per tenerlo come ricordo del suo incontro personale con Che Guevara.
• Girava perfino voce che i Guevara spesso non avessero abbastanza soldi per mangiare, e che Aleida dovesse farsi prestare i soldi dalle guardie del corpo. Il corrispondente della Tass da Cuba, Timur Gaidar, ricorda che durante un ricevimento all’ambasciata sovietica un funzionario solidale con la famiglia nascose nella borsa di Aleida degli antipasti mentre il Che non guardava.
• Il 19 maggio morì la madre Celia. Cercarono di rintracciarlo, ma lui era sulle sponde del lago Tanganica. Apprese la notizia solo qualche giorno più tardi. Al funerale di Celia, sulla bara, era esposta una foto di Ernesto.
• opo il disastro congolese, il Che si rifugiò in un bilocale dell’ambasciata cubana a Dar-es-Salaam. Nel novembre del ’65 il rivoluzionario marxista più conosciuto del mondo non sapeva dove andare, non aveva un Paese. Nel novembre del 1966 Guevara andò a Cuba a salutare la moglie e i figli, ma poté farlo solo nelle vesti di "tio Ramòn". Non poté toccare né stringere i bambini, si sarebbe tradito. Celia, tre anni, gli diede un bacetto frettoloso e poi disse alla madre "mi sa che quell’uomo è innamorato di me". Era l’ultima volta che Guevara vedeva la moglie e i figli. Poi partì per la Bolivia.
• Nel giugno ’67 la Cia, sospettando la presenza di Guevara in Bolivia stava selezionando uomini per catturarlo. Uno di loro era Félix Rodrìguez, giovane paramilitare cubano-americano. Ad agosto il Che era malato ed esausto, aveva con sé ormai solo ue dozzine di uomini. Alla fine di giugno aveva avuto un forte attacco di asma e, senza medicine, era rimasto nella sua amaca un giorno intero. Quando si svegliò scoprì di essersi defecato addosso: "Mi prestarono un paio di pantaloni, ma senza acqua la mia puzza si estende per alcune miglia", scrive nei suoi appunti.
• Abitudine dei militari in Bolivia: far sparire i corpi dei guerriglieri e trattenere come talismani oggetti degli uccisi. Per lo più si tenevano i documenti, mentre le agendine con i numeri di telefono venivano spedite ai servizi segreti.
• La notte tra il 7 e l’8 ottobre (ormai erano rimasti in 17), il Che scrisse sul diario le sue ultime parole: "2000 metri". Era l’altitudine a cui si trovavano lasciata la Quebrada del Churo, un burrone profondo e ripido vicino a La Higuera.
• Il corpo del Che venne portato in elicottero a Vallegrande. Restò adagiato sul marmo di un lavatoio nel giardino dell’ospedale Nuestro Segnôr de Malta fino al giorno seguente, con la testa sollevata e gli occhi aperti. Un medico, per impedire la decomposizione, gli aveva praticato un taglio alla gola e iniettato formaldeide. Tra le suore dell’ospedale e le altre donne di Vallegrande si diffuse l’impressione che la somiglianza con Cristo fosse straordinaria. Cominciarono a tagliargli di nascosto ciocche di capelli.
• La notte del 10 ottobre fu fatto un calco di cera del volto del Che, gli vennero prese le impronte digitali e infine tagliate le mani, che vennero messe in formaldeide. L’identificazione venne fatta poco tempo dopo da due esperti della polizia argentina.
• ottobre il corpo venne gettato in una cava segreta scavata da un bulldozer in una zona cespugliosa vicino alla pista d’atterraggio di Vallegrande. Il fratello del Che, Roberto, arrivò quella mattina ma gli dissero che il corpo era stato cremato.
• Sul muro dell’ufficio telefonico pubblico di Vallegrande, dove sono sempre continuate le ricerche per trovare il cadavere del Che, su un muro è scritto: "Che: vivo come non avrebbero mai voluto che fossi".