la Repubblica, 10 novembre 2016
L’amaca di Michele Serra
Poche ore prima dei risultati americani ero al cinema a vedere “I, Daniel Blake” di Ken Loach, spietato racconto del tracollo del Welfare occidentale. Nuove povertà, nuove insicurezze: la società di mercato non è più inclusiva dopo esserlo stata – dico all’ingrosso – per un paio di secoli. In termini di “spinta propulsiva” (come si disse a proposito del socialismo), il capitalismo non è messo granché meglio.
Quello che sta accadendo – dico sempre all’ingrosso – è che chiunque sia identificabile con lo status quo (chiamatelo establishment, “poteri forti”, Wall Street, “Europa delle banche”, tanto ci siamo intesi) è diventato impopolare ed è destinato a perdere potere. Qualunque cosa dica e perfino qualunque cosa faccia: neanche la coraggiosa riforma sanitaria di Obama è bastata a separare l’immagine dei Democratici dall’immagine di un Potere distante e inerte. Al contrario, chiunque si sia chiamato fuori per tempo (sia fascista, nazionalista, “populista” o miliardario poco importa) è destinato a essere premiato. Di questo beffardo paradosso – la sinistra che paga i conti in rosso del Capitale – è ovviamente la sinistra per prima a doversi fare carico, chiedendosi che cosa farà da grande, quando Trump (e gli altri che lo seguiranno) stringeranno, come è ovvio, eccellenti rapporti con i famosi “mercati”, e alla sinistra non rimarrà altro da fare, se vorrà ancora esistere, che ricominciare da dove è partita, cioè dalla strada.