Libero, 9 novembre 2016
Professione editor, anima buia della letteratura
Chi scrive un libro oltre il suo autore? Molte più persone di quanto si creda. Ci vuole spesso chi lo affianchi, la figura dell’editor, una mente pensante che mette le proprie capacità al servizio di un testo altrui, rendendolo spesso migliore, più leggibile o, in certi casi (autobiografie di calciatori e di celebrità della tv) portandolo a un livello minimo sindacale di comprensione.
Ma grandi furono le lotte fra autori ed editor, e parliamo qui di grandi libri, di pietre miliari, quando si trattò di trovare un compromesso fra tutto quello che c’era nella testa dell’artista, e che costui aveva sparso sulla carta in maniera anche torrenziale ed eccessiva, o perfino confusa, e quello che finì sotto gli occhi dei lettori e dei critici.
E comunque, le cose stanno ancora così. Una tensione dialettica pervade molti romanzi, e il risultato finale non ne è che la sintesi. Un film in uscita domani nelle sale italiane, Genius, parla proprio di questo. Ricostruisce il rapporto umano e professionale tra Thomas Wolfe (impersonato da Jude Law), lo scrittore nato in North Carolina nel 1900, e Max Perkins (Colin Firth) il suo editor della casa editrice newyorchese Scribner’s, l’unica che diede una chance a uno scartafaccio di migliaia di pagine, da tutti considerato un’impubblicabile follia e che divenne il capolavoro Look Homeward, Angel (Angelo, guarda il passato).
Il film si apre nel famigerato 1929, in una New York bicromatica, grigia e marrone. Quasi tutto è avvolto in questa luce spenta, forse perché il regista Michael Grandage ha fatto in moda da evitare che l’attività di scrittura e di riscrittura fosse velata dalla solita splendente tavolozza retorica dell’estasi creativa.
Ma quale estasi creativa: lottare su un testo di quelle dimensioni e di quelle pretese letterarie è come spalare carbone, con la differenza che un minatore sa esattamente quello che sta facendo, il riscrittore procede perlopiù a tentoni in cerca di una luce che illumini l’opera di significato. E poi, come dice Perkins/Firth nel film: «Non saprà mai se ha migliorato l’opera o se soltanto l’ha resa diversa».
A partire dal film, oggi alla Scuola Holden di Torino alle 18 si terrà un incontro con Alessandro Baricco e Rosaria Carpinelli sul tema «Genio letterario e ruolo dell’editor nel riconoscerlo e svilupparlo». Gli studenti potranno inoltre porre «i loro dubbi e domande sul presente e il futuro dell’editoria italiana». Dubbi che resteranno tali, visto che nemmeno alla scuola di Baricco si possiede la palla di vetro.
L’esempio classico di rapporto autore-editor è quello fra Raymond Carver e Gordon Lish. Carver non sarebbe divenuto il caposcuola del minimalismo se non avesse incrociato il suo destino con uno che, per l’appunto, gli riduceva i testi al minimo. Lish ne tenne anche testimonianza, prendendosene tutto il credito.
Il dramma, per il povero editor, è scontrarsi con un autore dall’ego grande come l’Alaska. Dal dramma si passa alla tragedia quando l’autore maniaco di grandezza è anche convinto di essere un genio. Lì si sa quando si comincia, ma non quando si finisce, o meglio: si finisce nel momento in cui un funzionario editoriale ghermisce letteralmente il manoscritto dalle mani dei due, glielo strappa e lo manda in stampa. Il che spiega alcuni curiosi risultati che ci ritroviamo poi sotto la copertina. Editare un testo vuol dire permettere all’autore di prenderne le distanze, di guardarlo da una prospettiva meno falsata dall’ego. Per questo ci sono scrittori che non pubblicano una riga se questa non ha ricevuto l’imprimatur del loro collaboratore; è una simbiosi. Editing in inglese significa anche «montaggio» (per esempio nel cinema). La costruzione di un dialogo è montaggio. L’alternarsi di piani temporali è montaggio. Dello scrittore Nanni Balestrini si dice che fosse solito prendere un testo, ritagliarne i paragrafi e poi disporli in un ordine diverso.
Gira un succoso aneddoto che riguarda Andrea Pinketts, autore noto perché scrive i suoi ponderosi testi a mano. La ragazza che glieli batteva al computer, per vendicarsi in seguito a un litigio, mescolò tutti i fogli. Quello che atterrò sulla scrivania dell’editor della Mondadori era una stratificazione di nonsense. E ce ne volle per ricondurlo a un senso compiuto.
Aldo Busi sostiene l’intoccabilità di ogni suo scritto, di ogni sua frase, di ogni sua virgola. L’ho visto però una volta fare le feste a una sua editor. Non so se per ringraziarla dei suoi saggi consigli o se per la riconoscenza di non avergliene forniti...