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 2016  novembre 09 Mercoledì calendario

Tra i fan di Donald esplode la festa
. «Notte fantastica per tutto il mondo»

All’annuncio della conquista della Florida, il popolo di Donald Trump si è lasciato andare in un boato liberatorio, il primo dei traguardi raggiunti in questa grande avventura elettorale. La ristretta rappresentanza dell’Hilton hotel riunita su invito ad personam per il «Victory Party» è diventata un fiume in piena. La voce della maggioranza silenziosa, ormai non più silenziosa. L’ultimo atto della campagna elettorale di Trump, è diventata una festa trionfante, per i buoni esiti provenienti da ogni dove, Ohio, North Carolina, Michigan e Wisconsin. È il miracolo. Il tycoon non fa il suo ingresso sino a quando i numeri non sono certificati, ma chi lo attende vuole comunque celebrare. Ci sono uomini in smoking e doppiopetto, signore in abito da sera, eleganza e stile al cospetto della massa di clintoniani che prende d’assalto il Jacob Javits Center. Donald appare poco dopo le 2,30, sono le 8,30 in Italia. Parla a braccio davanti ai suoi sostenitori, si congratula con Hillary, promette di unire il Paese e di portare crescita maggiore nell’economia. Strizza l’occhio al mondo, «voglio alleanze con chi le vuole fare con noi non conflitti». Chiama tutti sul palco, il fratello, la moglie le figlie, il genere, poi elenca i preziosi collaboratori. Scherza anche, «dicono che ho pochi collaboratori», ma dall’elenco che fa non si direbbe. Chiude così fra festeggiamenti e qualche lacrima di gioia la notte elettorale più pazza degli ultimi 50 anni. 


Il conteggio della Florida èal cardiopalmo, risicato il vantaggio, lo spettro di un bis Gore-Bush del 2000 che si affaccia. Poi via via l’onda rossa è sembrata sempre più impetuosa con la gente che seguiva e applaudiva sugli schermi posti nella ballroom man mano cadevano le roccaforti blu sino al tripudio finale, il filotto negli Stati del Midwest. Pochissimi giornalisti (tra cui La Stampa) hanno avuto il privilegio di entrare. 

Trump rimane dietro le quinte, dicono dal suo entourage, consultando numeri e consiglieri. Così ha trascorso gran parte della sua giornata al netto di una fugace uscita per andare alle urne, una giornata di ordinaria politica per Donald Trump quella dell’«Election day», se non fosse per il viso che tradisce una pronunciata tensione nell’unico momento in cui si concede al pubblico. Manca poco a mezzogiorno quando il candidato repubblicano arriva al seggio con la moglie e il corteo dei Secret Service per recarsi alla scuola pubblica PS-59 di Midtown Manhattan. Indossa cappotto e cravatta blu come quella sfoggiata negli ultimi comizi di lunedì negli Stati indecisi, saluta i sostenitori. Accanto Melania, vestita di bianco con grandi occhiali e cappotto color cammello. Trump si sofferma con un bimbo, che ha allestito un banchetto all’interno del seggio per vendere dei biscotti, ne acquista uno. Viene accolto da applausi e dal saluto degli elettori in fila, ma anche da alcuni fischi. Prima del suo arrivo una donna a seno nudo con una scritta anti-Trump aveva provato ad avvicinarlo ma è stata portata via dagli agenti. Quando i giornalisti gli chiedono chi voti, il tycoon ostenta humor: «È una decisione molto difficile». Accanto a lui, oltre alla moglie Melania, c’è la figlia Ivanka accompagnata da uno dei nipoti del tycoon. 

Il «Victory Party»

L’uscita del tycoon dal seggio è scandita da qualche «buuu» dei contestatori che nonostante le misure di sicurezza si avvicinano al seggio gridando «New York ti odia». Dal marciapiede opposto, però, si levano applausi, in particolare da parte di alcuni operai edili al lavoro, sui cui caschi campeggiavano adesivi inneggianti al tycoon. Subito dopo il ritorno alla Quinta Avenue, dove Trump trascorre gran parte della giornata più lunga dell’avventura politica nella sua torre d’avorio. Poi il trasferimento all’Hilton Hotel per quello che chiama «Victory Party», ultimo atto della campagna elettorale. 


La giornata non è priva di contestazioni da parte del tycoon: seggi aperti oltre l’orario previsto, urne che trasformano voti repubblicani in democratici, sondaggi manipolati e quegli attacchi dei media che proprio non vanno giù al tycoon. Contestazioni che fanno presagire un finale al vetriolo. Ma alla fine arriva il trionfo. Curtis Ellis, alto consigliere del candidato repubblicano, è uno dei primi a parlare: «È una notte meravigliosa. È una notte fantastica per l’America. È una notte grandiosa per tutta la gente del mondo».