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 2016  novembre 07 Lunedì calendario

Sia. «Giù i prelievi, su le carte Ora l’Italia usa meno contante»

Sta diminuendo l’uso del contante in Italia, «anche con il tetto dei 3 mila euro posto dal governo all’uso del cash», dice Massimo Arrighetti. L’amministratore delegato di Sia – la società italiana leader in Europa nei sistemi di pagamento digitale della quale Poste Italiane sta rilevando il 14,85% (indirettamente detenuto da Cassa depositi e prestiti) – snocciola i numeri dei primi nove mesi del 2016. Rispetto al gennaio-settembre 2015, le operazioni di monetica sono aumentate in Italia del 9% (vedi grafico), dicono le rilevazioni di Sia (che gestisce circa il 40% dei pagamenti con carte e il 25% degli altri strumenti). In particolare l’uso delle carte di debito (i Bancomat) è aumentato del 12%, quello delle carte di credito del 5%. Mentre l’uso degli assegni è diminuito del 16% e i prelievi Bancomat sono calati del 6%.
«Chi temeva il finimondo per il divieto ai pagamenti in contanti sopra i 3 mila euro è smentito dai fatti – dice Arrighetti, che ha da poco presentato in Germania, primo Paese estero, il sistema Jiffy di Sia per trasferire denaro tra privati all’istante via smartphone —. Anzi, ci sono meno prelevamenti Bancomat».
Ma non tutti i negozi hanno ancora un Pos, il lettore delle carte di pagamento. Eppure è obbligatorio.
«In Italia i Pos ora ci sono: 1,8 milioni, un limite quasi fisiologico. Ormai costano poco, con poche decine di euro ci si dota di un Pos mobile. Il problema è che non vengono usati dai cittadini. Nella grande distribuzione solo la metà dei pagamenti è con le carte. In Olanda e Danimarca siamo vicino al 100%, in Francia e Germania all’80%. E nei piccoli negozi italiani non si va oltre il 30%. Ma la barriera all’ingresso non c’è più».
Che misure proponete?
«Si potrebbero dedurre dalle tasse alcune spese pagate con il denaro di plastica. O abbassare l’Iva per i lavori in casa saldati con le carte. Ma ripeto ciò che ho già detto altre volte: serve l’esempio pubblico. È necessario che in tutti gli uffici pubblici si possa pagare con la carta, per esempio per il rinnovo del passaporto o della patente».
Come sta andando Jiffy? A dicembre Intesa lo attiverà in automatico.
«Ora sono circa 450 mila gli utenti attivati, con qualche migliaio di transazioni al giorno. Entro l’anno prevediamo oltre 3 milioni di clienti e mi aspetto che a breve l’80% dei conti correnti italiani abbiano Jiffy. La novità sarà usarlo per pagare online, dal primo semestre 2017. Ci sono già trattative in corso con società di ecommerce».
E i pagamenti a sfioro?
«Abbiamo lanciato in giugno il servizio Hce per i pagamenti contactless sicuri con il telefonino. In ottobre i 4.500 clienti italiani avevano fatto 250 operazioni. Quelle europee sono 27 mila. L’italiano è timido».
A che punto è l’ingresso di Poste nell’azionariato di Sia?
«Si sta aspettando l’autorizzazione della Banca d’Italia. Di fatto per noi non cambia nulla, il nostro azionista resta Fsia (il veicolo partecipato da Fsi Investimenti, a sua volta partecipato da Cdp Equity, che ha il 49,48% di Sia e di cui Cdp cede il 30% a Poste, ndr.). Con Poste che è già nostro cliente abbiamo dei progetti, per esempio sulla monetica, con Postepay e Postamat, o nei pagamenti istantanei. Si rafforzerà il legame industriale».
In agosto avete acquistato Ubis, il ramo dei pagamenti con carta di Unicredit. Impatto?
«Passiamo da 1.600 a 2 mila persone. Da Unicredit ne arrivano quasi 400: un centinaio in Romania, circa 50 in Germania, una decina in Austria, il resto in Italia, a Verona. Ubis ci porta 13,5 milioni di carte, 206 mila Pos e 12 mila sportelli Atm. Passiamo da 65 a 75 milioni di carte in gestione. Gestiremo il processing, la produzione delle carte, l’installazione dei terminali Pos. Unicredit ci paga una tariffa per ogni transazione».
A fine novembre approverete il piano industriale 2017-2019. Quali novità?
«Si porta a realizzazione l’acquisizione di Ubis che avrà un tempo di tre anni per l’integrazione. Investiremo circa 200 milioni in tre anni, contro i 150 del triennio 2014-2016, prevalentemente in tecnologia».
L’anno scorso Sia ha amentato i ricavi del 5% a 449,4 milioni, l’utile netto del 6% a 69,8 milioni. Come chiuderete il 2016?
«Si prevede un aumento del fatturato di circa il 20%».
Quotazione in Borsa?
«Finora non è stata necessaria. Abbiamo finanziato l’acquisto di Ubis da 500 milioni per cassa e con le banche, con cui stiamo ancora negoziando. La Borsa si potrà forse riproporre se ci sarà un’operazione straordinaria che non possiamo finanziare».